lunedì 18 gennaio 2016

Gujarat 10 - Dwarka, una notte al tempio

Pellegrini a Dwarka


Il venditore di zucchero filato
Nella via tortuosa che forma il bazar di Dwarka, si sono accese mille piccole luci a far da contrasto al velluto della notte appena discesa. Ogni piccolo negozietto offre la sua merce affastellandola dove può, all'esterno delle ante che non chiudono mai, mentre lampadine fioche penzolano dall'alto, mantenute in vita da fili precari che si aggrumano in grovigli da paura solo un poco più in alto. Il fiume della folla si muove verso il tempio da cui senti arrivare canti convinti e rumor di cembali. Anche le vacche seguono la corrente come consapevoli di quanto sta accadendo. Quando arrivi davanti alle mura del tempio la confusione è palpabile tra la massa assiepata che cerca di entrare e quella un poco più sparuta che ha già terminato i suoi doveri e tenta invece di uscire, creando un'onda contraria che però si frange con difficoltà con i nuovi arrivi. Davanti all'ingresso principale si è formata quasi una piramide di scarpe e ciabatte abbandonate dai fedeli e che devi superare a fatica. Ammonticchiamo le nostre tutte assieme per essere sicuri di ritrovarle a colpo sicuro quando usciremo. La fila degli uomini è più disordinata e convulsa e l'ingorgo si crea subito poco prima della supposta barriera elettronica, che però non funziona, ma l'ispezione manuale è assolutamente formale per lo straniero, merce inusitata che desta più curiosità che sospetto. Poi cerchi soltanto di penetrare il muro di carne che si frappone tra te e le stanze più segrete del tempio. 

Un pastore Rabari
Tuttavia è inutile agitarsi troppo, in fondo basta lasciarsi portare dalla corrente che segue un percorso obbligato stretto tra le transenne e di volta in volta arrivi ai vari punti di questa via crucis sui generis. Angoli dove sacerdoti concentrati salmodiano a bassa voce davanti alla statua del Dio, cappelle più appartate dove i devoti a quella manifestazione particolare si accoccolano a terra pregando e chiedendo grazie; altri punti più gettonati dove si raccoglie una piccola folla ed un gruppo di sacerdoti li accudisce con cura dividendosi i compiti, chi raccoglie la preghiera, chi le offerte, chi distribuisce benedizioni , chi impone la tikka rossa sulla fronte, chi infine raccoglie i soldi lasciando collanine o petali di fiori. A lato del percorso si formano gruppi numerosi che, seduti a terra cantano inni  o seguono la musica suonata da qualche musicante occasionale. Ogni tanto passano ridendo drappelli di giovani completamente truccati, le palpebre coperte di kajal e con vesti ridondanti e colorate; devono essere una sorta di confraternita che rende omaggio a Lord Khrishna rifacendosi alla sua icona di bel ragazzo dalla carnagione blu che sorride suonando il flauto in equilibrio su una gamba e facendo innamorare tutte le ragazze con la sua bellezza quasi femminea e divina al tempo stesso. 

Nel bazar
Le ragazze li guardano motteggiandoli e ridacchiano coprendosi il viso con le lunghe falde di sari e dupatte, un rutilare di colori e trasparenze, di tintinnare di cembali e cavigliere che si frangono nell'eco basso delle cupole di pietra scolpita come una trina complicata e sempre diversa. Dalla parte più interna, da quello che dovrebbe essere il sancta sanctorum del tempio, arrivano rimbombi più cupi e tintinnar di campanelli. Le voci diventano via via più forti fino ad esplodere in quello che forse è una invocazione collettiva; l'atmosfera diventa via via più convulsa man mano che vieni spinto più avanti verso le viscere del tempio. Pare di leggere il brano de I misteri della jungla nera, quando Sandokan e Yanez arrivano in fondo al tempio dei ferocissimi thugs, mescolati tra i fedeli. Hai desiderio di confonderti e di non essere notato, ma tra l'attenzione che devi porre a non essere schiacciato dalla folla e la sensazione di calpestare ad ogni momento, coi tuoi piedi nudi e disabituati al contatto col mondo, liquami scivolosi di dubbia origine, sei chiaramente individuabile mentre ti abbarbichi alle transenne invece di alzare le braccia al cielo osannando il simulacro del Dio avvolto da corone di tageti arancioni, che troneggia in fondo nel cuore del tempio. Tutti gridano, cantano, suonano e pregano in una sorta di sabba confusionario e coinvolgente. Il sudore tuo si mescola a quello altrui e ti appiccica la maglietta alla pelle, ma forse è soltanto l'umidità feroce che si addensa sui soffitti di questi corridoi chiusi da secoli, condensandosi sulla pietra per poi gocciolare sulle teste di chi sfila lentamente, una volta compiuti i propri doveri verso l'uscita. 

Davanti al tempio
Se trovi un angolino un poco più appartato, non puoi resistere al fermarti per guardare sfilare questa folla informe, corpo unico e determinato dai  mille colori, che si agita, si gonfia e avanza sinuoso come un serpente magico per poi avviarsi ebbro e felice verso l'uscita. Un senso di festa barbarica e convinta, comune a tutte le religioni che, in verità ho ritrovato con similitudini quasi identiche in ogni parte del mondo, sotto la guida di Dei sempre diversi, ma sempre totalizzanti ed esclusivi, che una volta imposto il loro credo, possono ottenere, con una attenta guida, dall'esercito di chi li segue, ogni cosa, anche quello che non si crederebbe possibile ad una mente razionale. Forse questo è un bisogno insopprimibile dell'uomo, una soddisfazione che cementa la tribù rendendola più forte e coesa. In fondo l'individuo ed il pensiero personale mina la società nei suoi fondamenti di sicure certezze. Il tarlo del dubbio rafforza la mente del singolo ma indebolisce inevitabilmente il pensiero collettivo. E' con queste pensate insulse, frutto di un illuminismo mal digerito, che, invece di lasciarmi andare all'alito di leggerezza garantito a chi crede nella bontà intrinseca dell'uomo, mi avvio lentamente verso l'esterno del tempio lasciando alle mie spalle la gigantesca ogiva centrale di oltre settanta metri, facendo lo slalom tra i pilastri tra i quali invece, la folla dei fedeli cerca di rimanere il più possibile per assorbirne forse l'afflato divino, la spiritualità che allontana dai mali del mondo, la trascendenza che attutisce quando non annulla il senso negativo della vita di ogni giorno. Torno a testa bassa, ebbro di colori e indecorosamente muto nella mia ottusità di occidentale concreto e dubbioso, quasi vergognandomi di non riuscire ad aderire alla necessità di allontanarsi dalla corporeità più bruta per lasciarsi andare al buono ed al senso positivo che in fondo pervade l'universo. 

Al mercato di Dwarka
Vengo quasi trascinato verso il deposito delle scarpe che sta davanti all'entrata, quasi in una trance emotiva, che si riscuote soltanto quando, nonostante ogni tentativo di attenta ricerca, scopro che le mie calzature seminuove, magnifiche e funzionali alla bisogna, se pur di ascendenza cinese, sono scomparse. La triste realtà di questa era di Kali Yuga, cala all'improvviso alimentando le mie nervose e stizzite reazioni. Il beneficio morale della cerimonia religiosa e le benemerenze acquisite in termini di numero di future reincarnazioni evitate, si sciolgono come neve al tropico, complice la sequela di male parole che impropriamente escono dalla mia  bocca diventata improvvisamente impura ed il sordo risentimento malevolo che sorge spontaneo dal mio lato oscuro. Maledizione questa proprio non ci voleva, oltretutto la tragica occorrenza non suscita alcun sentimento pietistico, né tra i miei compari che anzi sghignazzano a tutta forza, né tra gli astanti locali, per i quali la cosa non deve apparire troppo anomala. Insomma se vai al tempio con le scarpe nuove, un po' te la vai a cercare. Memento dunque per il futuro, trarre da ogni esperienza un insegnamento positivo. Il mio lato zen si riaffaccia per fortuna. Intanto il problema principale, adesso è andare a piedi nudi alla ricerca di un negozio di scarpe, cercando se è possibile di evitare, scoli sospetti, merde di vacca, sputazzi rossi di betel e tutto quanto orna le usuali vie di un bazar indiano. Uno scarparo illuminato e gremito di clienti sta proprio davanti al tempio, evidentemente una location studiata con intelligenza. Trovarsi al posto giusto nel momento giusto. Contrariamente all'usuale, data la folla, non c'è molta attenzione alle esigenze del cliente, tanto deve comprare per forza. Tento, come di consueto, una trattativa estenuante. Sorry, fixed price, mi rilancia con un largo sorriso il grasso proprietario, incamerando le banconote sudice. E' la legge del mercato, ragazzo mio.



SURVIVAL KIT

La jeunesse dorée di Dwarka
Hotel Nova Narayan Inn - Opp. Home Guard Off. - Dwarka - Comodo in centro a pochi minuti a piedi dal tempio. Doppia con colazione attorno ai 30 €. Tenendo conto che questa è una cittadina completamente fuori dagli itinerari turistici, l'albergo è nuovo, ragionevolmente pulito. Camere un po' piccole ma ben arredate. TV, AC, ventilatore e free wifi anche in camera. E' tra i pochi hotel che fornisce una bottiglietta di complimentary water. No frigo. Dotazioni del bagno basiche ma tutto funzionante. Personale gentile e disponibile anche se quasi nessuno parla inglese.

Govinda multicuisine restaurant - E' il ristorante dell'albergo dove si fa anche la colazione. Ad onta del nome,  in realtà dei piatti sulla carta, molti non sono disponibili. Alla fine ripiegherete sui soliti cinesi (noodles e risi) o su un thali punjabi. Le bevande le vanno a comprare dal baracchino di fronte dopo l'ordinazione. I prezzi però sono estremamente economici per ristoranti di questo, tipo con piatti tra le 100 e le 200 R. Anche la colazione è piuttosto scarsina, thé, toast e jam. 


3 commenti:

Luisa ha detto...

Quello che non hai colto è che a questo punto del viaggio l'esperienza della scarpa rubata era un espediente degli dei per testare il tuo livello di "mucchizzazione", purtroppo non è stato superato tanto brillantemente ed al cantilenare delle preghiere si è sommato lo smoccolamento alessandrino (o mandrogno).
Forse, come sempre, ti ci voleva ancora una settimana...

Simona ha detto...

In Corea uscita da un tempio non trovavo le mie (nuove) scarpe da ginnastica. Poi le ho viste, spiaccicate sotto ai piedi di un signore che le stava usando tipo tappetino! Almeno non sono andata via scalza ^_^

Enrico Bo ha detto...

@Lui - altro che una mi sa che anche due non sarebbero bastate a questo punto!

@Cic - mi sa che è un'esperienza che condivido con parecchie persone, oggi ne ho sentito un'altro! Va beh mettiamola che almeno sarà uno che aveva bisogno.

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