venerdì 8 gennaio 2016

Gujarat 4 - Le scale di Palitana

Il colonnato di uno dei templi di Palitana


Lasciare Bhanavgar verso sud è la strada obbligata che ti porta a compiere un giro completo della grande penisola che costituisce la parte maggiore del Gujarat. Come in ogni viaggio non riesci a vedere tutto quello di imperdibile che ci sarebbe da vedere. Ogni volta devi recriminare sul fatto che non c'è abbastanza tempo per fermarsi in quel dato posto, insomma ci vorrebbe la classica settimana in più. Questa volta le cose da saltare sono molte e io che sono maligno e malvagio, nella programmazione del viaggio le ho identificate, anche se non tutte, come Diu e il parco del Gir, in quelle che avevo già visto trenta anni fa, quando sono passato da queste parti e per la verità ancora molte ne rimarrebbero, ma sarà per una prossima volta o una vita successiva. Certo i miei accompagnatori non me ne vorranno se ho escluso la scalata alla città templare di Palitana, vista la loro scarsa propensione, per lo meno così si sono espressi, a compiere faticose scalate. Ma per non privare invece i miei lettori, che da questa fatica rimarrebbero comunque esenti, ho pensato di riproporvi un pezzo amarcord che avevo proposto sull'argomento sei anni fa, agli albori del blog, quando ancora era più tuttologico, anche se orientato ad est. Ecco qua dunque: I gradini di Palitana. 


I gradini di Palitana

Oggi di nuovo India. D'altra parte sapete quanto sono legato a questa terra e quindi mi verrà perdonato il fatto di non mollare il filone una volta intrapresa la strada. Tra le altre cose io sono morbosamente attratto dai luoghi di culto di massa. Mi piace perdermi nelle folle oranti con gli occhi e la mente rivolti al trascendente. La speranza di un premio alla sofferenza reale, il desiderio di ricevere protezione alla debolezza propria dell'uomo, il voler credere in ciò che razionalmente non è credibile per assopire la sofferenza; tutto questo crea atmosfere ed emozioni che difficilmente si vivono in altri contesti. Palitana, una città templare perduta su una alta collina del Gujarat, è uno di questi luoghi. Ma per raggiungerla, come per altre di queste realtà, bisogna soffrire, forse aiuta ad ottundere la mente o solo prepararla al trascendente. Intanto, quando si raggiunge il villaggio situato alla base del monte, si è già depurati fisicamente da una dieta rigorosamente vegetariana, che in questo stato indiano è obbligatoria e da qualche giorno nei ristorantini avrete trovato solo pappe di cereali, verdure in ogni salsa e quantità di chilly tali da avere la mucosa del palato ormai completamente insensibile. 

Il calore estivo brutale, coopererà a levarvi ogni volontà e forza. I vostri chackra ormai saranno belli e bolliti, quando ai piedi del monte osserverete con orrore l'inizio della scala che attraverso ottomila scalini si inerpica sinuosa lungo le cornici, prima di giungere al Nirvana. Ma a tutto c'è rimedio, dove non arriva la divinità ecco l'inventiva dell'uomo misericordioso che si preoccupa del benessere del pellegrino. Come non ricordare che ogni luogo santo è anche business e fonte di reddito per molti, oltre che per le gerarchie religiose naturalmente, che attendono in cima alla collina stropicciandosi le mani in attesa di pingui offerte di chi richiede i favori divini. Dunque, agli sgomenti pellegrini che si affastellano nella piazza antistante la salita, ecco offrirsi degli uomini muniti di attrezzature atte al trasporto umano manuale, anzi a spalla. Ogni coppia di portatori è dotata infatti di un robusto fusto di bambù, le cui estremità vengono poste a bilanciere sulla spalla. In mezzo è appeso un sedile approssimativo dove prende posto il trasportato e così, lentamente, faticosamente, inizia la salita, scandita dal passo ritmato dall'esperienza e dal dondolio ansimante dei portantini stessi. 

Con la saggezza dovuta all'esperienza secolare, la coppia è formata da un uomo più piccolo che sta avanti per pareggiare berlusconianamente la statura con quello che segue, ma non dovete pensare a giovani nerboruti abituati a sostenere senza sforzo delle ciccione ricoperte di sari colorati. Il bisogno (e la dieta) in effetti, costringe a questa attività degli omarini di magrezza inquietante che danno l'impressione di esalare ad ogni passo l'ultimo respiro. Questo non pare commuovere affatto i buoni e ricchi indù che vogliono raggiungere la vetta, i quali, anzi, se osservi gli astanti, noti subito come con noncuranza sembrino incitare i portatori a muoversi con maggiore alacrità. Fatto sta che ogni cinquantina di gradini ci si ferma per una breve sosta. Gli omini appoggiano gli estremi del bilanciere sul tripode di robusti bastoni che servono loro anche per sostenersi nel cammino (sarà da qui che è nata la moda di camminare con i bastoncini, il cosiddetto nordik walking?) e tirano il fiano. Era l'86 e casualmente in quel tempo questo numero corrispondeva alla mia massa in kg. Bei tempi direte voi, ma comunque, alla prima sosta i miei due desperados, ansimavano come mantici di una fonderia di villaggio. 

Il sudore colava lungo le schiene dal colore del cuoio battuto, come se piovesse; le pupille dilatate faticavano a mantenersi nelle orbite nell'afa opprimente. Si tolsero la pezzuola che tenevano sulla spalla per evitare l'attrito e solo allora mi accorsi con orrore dei due grossi lividi violacei che occupavano tutto l'incavo sulle clavicole dei miei due, così come a tutti quelli che ci circondavano ansanti. Non si poteva procedere oltre in questo modo. Sia io che Tiziana, anche se a stento superava allora i 40 kg, senza neppure consultarci, scendemmo subito dai bilancieri e versammo il compenso pattuito per la salita al monte, tra i dinieghi timorosi di non essere stati sufficientemente confortevoli. Se ne tornarono indietro, i nostri, senza ben comprendere, spiaciuti di non essere stati apprezzati, ma, tutto sommato ben contenti di potersi presentare alla partenza pronti per altri clienti. Così a noi toccò l'onere della salita dei rimanenti 7950 scalini. La giornata fu molto pesante ed il bramino che, tra i mille templi ci impose il punto rosso sulla fronte, mormorò parole meditate, forse di comprensione, forse di pietà, prima di raccogliere l'obolo e sparire tra le mille antiche colonne di pietra scolpita.


Ecco, questa fu l'esperienza che ho negato hai miei compagni di oggi; ancora non so se mi ringraziano o mi maledicono.

SURVIVAL KIT

Palitana - a 50 km a sud di Bhanavgar, raggiungibile anche con mezzi pubblici piuttosto frequenti sia da lì (1,30 h) che da Ahmedabad (5 h). Cittadina affollatissima essendo uno dei più famosi luoghi di pellegrinaggio. Lo scopo è la salita alla collina di Shatrunjaya, una collina la cui cima è letteralmente ricoperta da centinaia di templi e guglie jainiste che formano una cittadella religiosa davvero ineguagliabile. Vista spettacolare in ogni direzione. Cercate di partire il più presto possibile almeno alle 8 di mattina, perché il calore è davvero forte, anche in inverno. Mi dicono che adesso si riesce a partire da un punto più alto cosa che ridurrebbe la scala a 3300 gradini, ma non sono sicuro. Io comunque ci avevo messo circa 4 ore arrivando in cima verso mezzogiorno; calcolando di rimanerci almeno un paio d'ore, per guardarsi intorno e vi assicuro che ne vale la pena, più la discesa, bisogna dedicarci almeno un giorno pieno. Prima di salire assicurarsi di avere vestiti appropriati (specialmente le donne, che inoltre, come in tutti i templi jainisti non devono essere nel periodo mestruale, anche se mi sembra che non vengano effettuati controlli al riguardo...) e non avere borse, contenitori, cibi e bevande e oggetti di pelle vera. 

Si può dormire in città alla base dove ci sono molti alberghi per tutte le tasche. Tenete conto che specialmente nei periodi di festa come il Kartik Purnima a novembre o dicembre, i pellegrini sono a decine di migliaia. Sempre sulla collina c'è anche un santuario mussulmano a cui si recano le donne desiderose di maternità offrendo culle in miniatura, costruito da un santo sufi, che ha protetto i templi jainisti dalla distruzione durante il periodo della iconoclastia Moghul, tanto per capire che allora i tempi erano diversi. Le sculture delle colonne, delle volte e delle pareti dei templi sono di qualità straordinaria e spaziano dall'XVI in poi, essendo comunque distrutti in larga parte, i primi insediamenti dell'XI secolo. Si può camminare ancora un po' sulla collina che fiancheggia la città templare per vedere dall'alto l'intero complesso. Il problema che deluderà molti è che da un paio d'anni è stata vietata ogni possibilità di fare fotografie all'interno dell'area, quindi io mi tengo ben strette quelle che ho fatto allora e non le pubblico tranne una, per non provocare la vostra invidia (e anche perché ho rotto lo scanner per diapositive anche se aspetto con fiducia di recuperarlo).  



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2 commenti:

Luisa ha detto...

Ringraziano ringraziano, ci volevano 2 settimane

Enrico Bo ha detto...

Ma anche una sarebbe bastata per poter poi dire ci voleva ancora qualche giorno in più...

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