L'oracolo di Delfi |
E' uno delle aspirazioni dell'uomo fin dagli albori della civiltà: conoscere il sé, vedere dentro di sé, guardarsi dentro, farsi guardare dentro, per capire, per interpretare, per vivere meglio insomma. E nel tempo ogni filosofo, ogni linea di pensiero, religiosa, culturale, di superstizione, ha escogitato le più complesse metodologie per farlo, sempre meglio e con maggiore precisione. E' necessario perché tutto questo contribuisce e molto, anche a migliorare in modo decisivo il nostro livello di benessere fisico e mentale. Dunque, per quanto doloroso o impegnativo o fastidioso sia, bisogna quando è necessario seguire questa via introspettiva che praticamente impossibile da perseguire senza una guida, un maestro, un mentore che ti conduca per mano o che, meglio ancora, effettui lui stesso questa ricerca interiore di conoscenza. E' strada spirituale che non va trascurata, anche se per perseguirla è obbligatoria una prescrizione impegnativa, anche se spesso capita che dia segnali ambivalenti o difficili da interpretare. In fondo anche gli oracoli dell'antichità da Delfi in poi, te la raccontavano con frasi ambigue o pro domo sua come da Ἕπου
θεῷ (segui quel che dice il Dio), a Νόμῳ
πείθου (obbedisci alla legge), a Χρησμοὺς
θαύμαζε (ammira gli oracoli), ma sapevano anche ammonire con Φρόνει
θνητά (pensala da mortale) e voglio palesemente trascurare il classico Γυναικὸς
ἄρχε (comanda tua moglie) diretto agli uomini deboli e poco attuale, mi sembra, ma in ogni caso la morale era sempre sottolineata dal classico γνῶθι
σεαυτόν (Conosci te stesso) che è poi la sottolineautura sempiterna anche degli oracoli di oggi.
Così eccomi pronto ed obbediente al doloroso carico, in una mattina grigia di falsa primavera, con l'aria fredda e per nulla carezzevole, quasi volesse ricordarmi che l'impegno morale è anche sofferenza fisica, mentre mi dirigo verso il tempio dove il me stesso sarà esplorato nei suoi più segreti e bui meandri. E' una strada che ho già più volte percorso in passato, diciamo periodicamente affondando l'occhio curioso e indecente nei forami più intimi della mia anima e del mio corpo, pur di conoscerne meglio i segreti nascosti, le tabi più oscure che neppure io sapevo di contenere, di creare, di autoprodurre, neri grovigli dai quali affrancarsi solo grazie all'aiuto dei guardia di porta e dei mastri di chiavi che sanno come accedervi e finalmente renderti libero. Così, il tempio stava lì enorme e grigio coi suoi alti pinnacoli e le sue icone misteriche, che i non iniziati hanno difficoltà anche solo ad interpretare, così da renderne difficile anche l'accesso, forse per misurare la tua vera volontà di purificazione, quasi a volere convincerti a girare le spalle e ad andartene, nell'alba gelida, fino a ritornare nel calore umido della tua caverna a crogiolarti nel tuo non voler sapere. Anche questo tempio è simile ai tamti altri suoi confratelli a qualunque religione appartengano, quasi come in un gioco di ruolo per cui devi penetrare nei livelli successivi risolvendo un enigma dopo l'altro e che mettono alla prova il tuo ormai debole intelletto. Intorno a te, stuoli di fedeli che entrano per convergere anche loro seguendo le vie del credo, qualcuno in pio silenzio, altri imprecando contro la malasorte che lì li ha condotti, menre altri escono qualcuno allegro segno che ha risolto le sue ansie interne, altri con sguardo scuro, incerto, deluso.
Anche molti sacerdoti e ancelle delle divinità racchiuse nei vari sancta sanctorum, percorrono i lunghi corridoi mescolati al flusso dei fedeli, quasi senza scorgerli, immersi nella loro meditazione trascendentale che li porterà poi alla trance necessaria ad eseguire il loro terribile ma salvifico compito. Poi, con la determinazione dei forti, penetri nei reconditi oscuri dell'antro del tempio, interpreti i segni, superi le prove che ti fanno accedere al successivo livello, esegui le necessarie e obbligatorie offerte, che giustamente anche il tempio deve sopravvivere nelle sue necessità quotidiane, minime per la verità se paragonate a quelle necessarie per entrare in templi esclusivi nei quali i sacerdoti ed i vari addetti, blanditi dalle cospicue somme necessarie ad assicurarsi rapidità ed efficienza di giudizio, si mostrano all'apparenza più attenti e collaborativi. Alla fine riesci ad arrivare alle sale di meditazione, dove è previsto che tu trascorra un tempo apparentemente infinito, certo per annullare i tuoi pensieri più malvagi o per creare draghi ancora peggiori che ti divorino l'anima, promettere a te stesso di condurre una vita futura, se mai l'avrai, in modo più monastico e assolutamente morigerato e prepararti all'incontro con sacerdoti e sacerdotesse che compiranno la funzione prevista ,per scendere all'interno del te stesso, che ancora rifiuta l'autoanalisi, alla ricerca di quanto non vuoi sapere, ma che è necessario fare per la tua definitiva liberazione. Il tempo è scandito da ancelle che ad uno ad uno prelevano i fedeli in meditazione che affollano il luogo di attesa e li conducono nelle varie celle, nelle quali poi spariscono definitivmente. Le vedi entrare a schiena bassa, con il loro carico di debiti da pagare e non li vedi più uscire, forse liberati del loro peso o forse soppressi e smaltiti, inutili fardelli che non hanno potuto travare la via della salvezza.
Qui ti sei liberato della tua personale entità, sei un numero anonimo e senza anima, un corpo da guardare, esaminare, mondare eventualmente se sarai giudicato meritevole, dei peccati che neppure sai di aver commesso. Così il mio numero è alfine chiamato e la cella in cui vengo condotto è misteriosa e piena di oggetti sacri da venerare, da trattare con cura estrema e tuttavia da subire. Aghi puntuti, sostanze venefiche, occhi misteriosi per scrutare la tua anima. La paura ti coglie, divenuta terrore ingigantita dall'attesa e a nulla valgono le rassicurazioni di ancelle bellissime che, paludate in sacre vesti, verde speranza, cercano con melense litanie consolatorie di confonderti e farti perdere il senno. Ti hanno messo su una sorta di altare sacrificale, dove avverà la cerimonia al termine della quale sapranno tutto di te. Strumenti sacri, come cembali cerimoniali, scandiscono suoni e numeri magici, cabale premonitrici da interpretare, foriere di passaggi successivi. Aghi malevoli ti penetrano, poi il salmodiare continuo delle sacerdotesse e le pozioni impiegate, veleni misterici, vincono in parte i tuoi sensi e ti par di scivolare in una sorta di oblio, succeda quel che deve succedere, guardate dentro di me, cercate, interpretate, compite il mio destino. Come nell'antico Egitto i sacerdoti attraverso la bocca penetravano il corpo di quelli che venivano loro affidati per acquisire l'ingresso all'eternità, anche qui il sommo sacerdote introduce i suoi pensieri e non solo quelli, nel luogo dove fino ad ora si era fatto strada solamente l'afflato necessario alla vita e coglie il necessario, l'indispensabile sapere per il sacrificio finale al quale mi sto preparando, ma per il quale ho ancora qualche giorno di meditazione da compiere. E' stato forse un tempo eternamente lunghissimo, ma nel mjo sentire è durato solo un attimo, come in quelle abduzioni di esseri alieni che ti rapiscono per esaminarti a fondo e dopo quello che ti è sembrato un istante, ti riportano sulla strada da cui eri scomparso anni prima. Così te ne vai, ancora necessariamente stordito e rincoglionito più di quanto non lo fossi da prima, con il tuo responso in mano che ti racconta, da consegnare ad altri sacerdoti, per la cerimonia finale. Esci dal tempio sempre più grigio, malfermo sulle gambe, ma decisamente più sereno di quando sei entrato per sentire la Sibilla, l'Oracolo, il Mago. In fondo 'sta tracheobroncoscopia non era proprio lo spauracchio che mi avevano dipinto.
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