da Musei di Genova. |
Il sabato è giorno di riflessione, della calma e del riposo dal lavoro, curiosamente anche per il pensionato, non si sa bene se per abitudine o per inedia. Una giornata tranquilla che inclina alle meditazioni filosofiche ed estetiche. Così oggi vorrei parlare di fiori e di come goderne l'esistenza. Ecco là, mi direte, andiamo sull'ikebana, ben sfruttato e manipolato in mille modi anche dall'occidente, che riesce a piegare ai suoi modelli tutto quanto arriva da laggiù; pensiamo che siamo riusciti a dare credito pure alla bufala omeopatica, business multinazionale da cinema, partendo da teoremi orientaleggianti ed olistici. Ma tant'è siamo fatti così, ci piace spendere 100 per una cosa che ha valore 1, d'altra parte pagare tanto per qualche cosa, ne aumenta automaticamente la credibilità e l'efficacia, anche se nell'omeopatia io consiglierei il farmaco equivalente, l'acqua fresca a costo zero, di pari efficacia, ma questo è un'altro discorso. Ma veniamo ai nostri fiori. Anche qui, come al solito, parte tutto dalla Cina, altro che Giappone, infatti uno dei più importanti trattati sull'argomento è il Ping Shi, stilato nel XVI secolo da Yuan Chung Lang, apprezzatissimo anche nel paese del Sol Levante, dove si parla specificamente di uno stile "Yuan". Per la verità, con il consueto pragmatismo cinese, il buon Yuan premette che è molto meglio godersi fiori direttamente nei giardini o meglio ancora ammirando le distese di prati e colline, ma, dovendo richiudersi tra le quattro pareti, il piacere dei colori e dei profumi offerte da tanta bellezza, non ha eguali.
Tutto il trattato pone però l'attenzione sul fatto di non commettere l'errore di considerare i fiori come cosa, pur bellissima, ma fine a se stessa, ma di trattarli come insieme di sensazioni piacevoli che devono essere abbinate e godute assieme ad altre. Insomma come sempre abbasso gli specialisti monomaniaci e sì alla tuttologia applicata. Non bisogna rifiutare nulla, e assaggiare tutto. Intanto, dice Yuan, se si vuole combinare un insieme di cose piacevoli, occorre mettersi sempre dal punto di vista dell'altro, in questo caso dei fiori stessi. Ecco alcune delle condizioni da tenere presente che piacciono ai fiori. Una finestra luminosa, una stanza pulita, un proprietario che ami la poesia, un monaco in visita che si intenda di thé, un ospite che porti del vino, la presenza di amici spensierati, una bella concubina che scriva storie di fiori. Sembra che soprattutto quest'ultima condizione rivesta una certa importanza. Al contrario ci sono altre situazioni assolutamente umilianti per i fiori stessi, da evitare come la peste, come ad esempio: Un padrone di casa a caccia di ospiti importanti, cani che si azzuffano sotto la finestra, donne brutte che di fiori si ornino i capelli, false espressioni d'amore e poesie scritte per piaggeria, non aver pagato i propri debiti, tracce lasciate dalle lumache, vino che viene a mancare durante la serata, discutere di politica o di promozioni di impiegati statali, frasi fatte e libri in cattive condizioni lì intorno, un cattivo scrittore che verghi frasi banali e scontate come "l'aria porporina del mattino", espressione consueta del tempo nelle poesie di lode al potente. Ecco, ho capito perché io non son capace a disporre fiori.
Refoli spiranti da:
Lin Yu Tang - Importanza di vivere - 1937
Yuan chung Lang - ping Shi - XVI sec.
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3 commenti:
Anche un fiore di carta ha i suoi pensieri
Modificherei le condizioni aggiungendo un concubino che canti storie d'amore volteggiando attorno ai fiori
@Tent - e sempre positivi direi.
@An. - E' vero che in cinese le parole non hanno genere, ma "concubina", ha valenza esclusivamente femminile (nel carattere c'è anche l'ideogramma di "donna"). E' una questione più che altro linguistica ;-)
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