venerdì 28 marzo 2014

La storia di zia Ncoc


La statua di zio Ho a Can Tho

Negozio di frutta a Saigon
Zia Ncoc se ne andata qualche anno fa. Per la verità non si sapeva bene neppure quanti anni avesse di preciso, perché veniva da un piccolo villaggio del delta e laggiù, all'inizio del secolo scorso, i bambini crescevano un po' selvatici tra le piene dei canali e nessuno andava a scuola, tanto meno le ragazze, figuriamoci se contavano gli anni. Però tutti i nipoti concordano sul fatto che sia morta con un gran sorriso sulle labbra, quando la trovarono al mattino senza vita, come se si fosse addormentata serena senza il problema di svegliarsi più. D'altra parte lei non si lamentava mai neppure dei dolori alle ossa che la facevano camminare un po' curva da molti anni ed era una presenza immutabile, seppure così minuta, sempre seduta in un angolo della casa, senza quasi dire parole. Quando si era sposata se ne era venuta col marito a stare a Saigon. La vita nel delta era difficile e faticosa e il signor Hò pensava che in città si sarebbe potuto vivere molto meglio, c'erano i francesi e giravano molti soldi anche se già c'era la guerra. Quando i francesi furono sconfitti e il paese si spaccò in due i due figli, che avevano avuto uno dopo l'altro, Hung e Minh erano già più che adolescenti. Le cose stavano prendendo una piega strana a Saigon e cominciarono ad arrivare gli americani. Hung era affascinato da quel mondo che sembrava nuovo, moderno e pieno di promesse ed essendo il primogenito, si infilò negli uffici del nuovo esercito che stava prendendo posizione. Era sveglio e cominciò a parlare inglese almeno per farsi capire. In breve fu arruolato a supporto dei nuovi arrivati e a fare la sua piccola carriera, mentre l'escalation procedeva serpeggiando. Minh, il più piccolo, invece era un carattere chiuso e poco espansivo e a scuola aveva solo amici come lui. Cominciò a partecipare a riunioni politiche che si tenevano di nascosto, terminate le lezioni, in vecchi magazzini un po' defilati e rimase subito affascinato dalle idee di uguaglianza e su cui battevano quelle persone che venivano da fuori per parlare con gli studenti. 




Preghiere in un tempio
Non gli interessavano molto i dollari che vedeva scorrere tra le mani del fratello, ma una sorta di orgoglio nazionalistico cominciava a serpeggiare in lui sempre più forte, fino a fargli considerare come un sopruso la presenza di quei ragazzoni dal collo rosso sempre sudati, che alla sera cercavano solo di bere birra e di portarsi a letto le ragazzine che si sdilinquivano loro addosso pur di scucirgli qualche biglietto verde. Quando le cose presero una piega più pesante e la nuova guerra cominciò a dispiegarsi chiaramente, dopo aver litigato a lungo col fratello, rimproverandogli di aiutare chi voleva distruggere il paese, una notte abbracciò zia Ncoc forte forte e uscì nell'oscurità, dove lo aspettavano un paio di ragazzi della sua classe. Se ne andarono verso nord e dopo qualche giorno per campi e risaie, sempre di notte passarono la linea di confine. Si arruolarono nell'esercito del nord, ebbero una specie di divisa, un cappello coloniale verde, un fucile e dopo un breve addestramento erano pronti a combattere. Lui, essendo di Saigon ebbe un destino già scritto. Dopo qualche mese, mentre i bombardamenti a nord diventavano sempre più frequenti, partecipò all'offensiva del Tet e vide morire i suoi amici, poi dopo una breve tregua, in quasi due mesi di cammino di notte nelle foreste, nei cunicoli nascosti, percorse tutto il sentiero di Ho Chi Minh e finì in un gruppo di guerriglia nel Delta, proprio dalle parti di Ben Tre, da dove veniva la famiglia, a pochi chilometri da casa. Per qualche anno fu un tira e molla terribile, si stava nascosti quasi tutto il giorno tra i canneti del fiume o in cunicoli stretti e profondi, per evitare bombe e napalm, poi quando gettavano il defogliante, il famigerato agente Orange, si cercava riparo ancora più sotto la terra, che rimaneva nuda e senza vegetazione. Di notte erano le truppe del sud a ritirarsi nei loro avamposti, chiusi nelle ridotte o sulle torri di osservazione. 

Un canale del Delta
Allora uscivano a riprendersi un villaggio, a cercare cibo, a parlare coi contadini che non si sapeva bene da che parte stessero. Ogni tanto si spingeva fino ad entrare a Saigon, fingendo di portare al mercato un carretto di ananas o di papaye. Arrivava dietro casa ed entrava di nascosto. Abbracciava la madre che ogni volta piangeva a dirotto, ma piano piano, per non farsi sentire da fuori. Zia Ncoc era terrorizzata che il figlio fosse preso e gettato in una delle prigioni di Thieu o portato nei campi sulle isole di cui si dicevano cose terribili o che peggio, si trovasse un giorno faccia a faccia col fratello in mezzo alle risaie a spararsi l'un l'altro. Minh la abbracciava stretta, le diceva di stare tranquilla che la fine della guerra era vicina e poi filava via da dove era venuto. Anche Hung le diceva le stesse cose, ma intendendo un finale opposto al fratello e Zia Ncoc non era contenta, continuava a piangere perché ognuno dei due finali avrebbe significato cose tristi per almeno uno dei suoi due figli. Una volta Hung rientrò prima e sorprese Minh che parlava con la mamma. I due si guardarono come se fossero due estranei, poi cominciarono a gettarsi l'un l'altro le recriminazioni più dure. Minh aveva tra le mani la lunga baionetta che portava sempre su di sé e si gettò sul fratello che estrasse la pistola di ordinanza con gli occhi carichi di odio. Zia Ncoc si gettò tra i due disperata, si mise in ginocchio, pregò, pianse e supplicò fino a che Minh raccolte le sue cose scappò dalla porta del retro mischiandosi alle ombre della notte. Nei mesi successivi, stette bene attenta e quando arrivava, silenzioso come un gatto nel cortiletto, lei lo nascondeva, bene attenta a non farli più incontrare. Intanto le cose volgeva al peggio a Saigon. La guerra aveva preso una piega inarrestabile, tutti avevano ormai capito come sarebbe finita e gli americani cominciarono ad abbandonare il campo. Tra chi gli aveva aiutati serpeggiava un malessere sempre più profondo, capivano di essere stati abbandonati e mescolavano quindi allo stesso tempo odio verso chi lasciava il campo in rovina e disperata richiesta di aiuto. 

Vita nel Delta
A questo si aggiungeva la paura per quello che sarebbe potuto succedere non appena il nuovo esercito e il potere del nord sarebbe arrivato a fare giustizia di chi aveva collaborato con gli invasori. Si parlava di stragi terribili, un bagno di sangue vero e proprio nelle zone già liberate. Queste per lo meno erano le voci che metteva in giro il regime morente. Bisognava cercare di fuggire. Hung ottenne da un comandante di San Francisco un foglio che gli accreditava meriti per avere aiutato gli americani e con quello cercò un passaggio per le navi che stavano abbandonando il paese. Ma non era così facile, nel fuggi fuggio generale, mentre cadevano le bombe, si scatenarono gli appetiti più maligni e voraci. Anche nel disastro c'era chi sapeva approfittare delle situazioni che si erano create  e ci volevano soldi, molti soldi, per avere un posto verso la salvezza. Tutta la famiglia si attivò per salvare il figlio compromesso, vendettero tutto. Zia Ncoc portò i suoi orecchini d'oro, l'ultima cosa che possedeva, la casa se ne era già andata, alla sorella in cambio di un ultimo mazzetto di biglietti verdi. Con tutto quello che riuscì a raccogliere e una piccola valigia piena di niente, Hung riusci a trovare un posto su uno degli ultimi aerei che, in quel terribile aprile di attesa e di paura, lasciarono Saigon, verso l'America, verso la salvezza. Nessuno seppe più nulla di lui, ma zia Ncoc era finalmente contenta, figlio era salvo, libero e felice, l'altro sarebbe arrivato vincitore. In quella fine di aprile del '75 carica di attese, Minh entrò in città con le prime truppe, accolto dalle feste di gioia della popolazione. Abbracciò la madre serena finalmente per il fatto che entrambi i suoi figli erano salvi e la guerra era finita. Non ci fu bagno di sangue e le cose presero il loro verso; certo furono anni di fame e miseria, ma la famiglia a poco a poco si riprese, Minh stava diventando importante e aveva incarichi via via più prestigiosi, il futuro non era poi così brutto e Hung in America era di certo diventato ricco e finalmente tranquillo. Gli anni passarono in fretta e la famiglia si arricchì di nipoti e della serenità di una vita normale, ma zia Ncoc aveva sempre il tarlo nel cuore del suo figlio lontano, che certo se la passava molto meglio di loro, ma di cui non sapeva più nulla. 

Traffico a Cam Tho
Minh non parlò mai più del fratello lontano, si sentiva tradito come vietnamita da quella fuga, anche se questo intristiva la madre. Poi, dopo il disgelo degli anni '90, il secolo di guerre finì e col nuovo millennio arrivò una lettera dagli USA. Hung era ancora vivo certo, ma aveva avuto una vita triste e malandata, era malato e prima di morire avrebbe voluto rivedere almeno una volta sua madre, il padre era già morto qualche anno prima, ma era talmente povero da non potersi pagare il viaggio fino alla vecchia patria di origine. Zia Ncoc pianse molto. Rimaneva seduta per ore sulla sua piccola seggiolina in fondo alla cucina con quella lettera tra le mani ormai consumata dalle lacrime. Gettava di tanto in tanto verso il figlio Minh uno sguardo di supplica, una richiesta di aiuto muta che lui non raccoglieva. Anzi, si girava dall'altra parte con un moto d'ira repressa. Ci mancava ancora che lui aiutasse quel traditore. Zia Ncoc diventava sempre più piccola e curva. Un giorno Minh arrivò a casa più presto del solito dal ministero dove ancora lavorava e con un movimento brusco gettò sul tavolo una busta che conteneva il biglietto e i documenti necessari. Hung arrivò dopo un mese. Tutta la famiglia tranne Minh, lo andò a prendere all'aeroporto. Era molto invecchiato, curvo e malato. La madre se lo coccolava con gli occhi e non riusciva a staccarsi da lui, gli accarezzava le mani, gli parlava piano all'orecchio, dicendogli cose che nessuno sentiva. Quando arrivarono a casa c'erano anche tutti i vicini, una gran confusione, Minh se ne stava appartato e seduto in fondo al giardino senza partecipare. Quando tutti se ne andarono, Hung andò anche lui a sedersi su una panca sotto l'albero di frangipane appena fiorito. C'era un bel profumo nell'aria. Rimasero soli, muti, guardandosi a lungo negli occhi. Nessuno aveva cuore di disturbarli. Dopo più di un'ora zia Ncoc prese il vassoio del the e uscì da quella porticina del retro da dove il suo ragazzo scappava nella notte, tanti anni prima e lo portò sul tavolino di pietra. Li trovò abbracciati e muti. Pianse molto zia Ncoc, ma questa volta pianse di gioia, anche se fu triste quando Hung se ne ritornò in America. Poi per gli anni che ancora le rimasero non pianse più e quando se ne andò, quel mattino di primavera, trovarono tutti che aveva davvero un bel sorriso e che, nonostante l'età, quasi non si vedevano le rughe.


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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bellissima la storia di zia Ncoc. Vorrei che tu ti sforzassi un pochino e componessi ,non dico un romanzo,ma una lunga novella come da antica tradizione italiana. Non spendo altre parole per "nenta fastidieti trop", tu però pensaci.

Paola

Enrico Bo ha detto...

@Paola - Grazie cara , ma credo di non essere ancora pronto.

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!