giovedì 2 ottobre 2014

Mozambico 8: Verso il lago Niassa


Villaggi



Materassi lungo la strada
Bisogna partire presto per arrivare al lago e tornare in tempo prima che faccia buio. Il lago Malawi qui conserva ancora il vecchio nome Niassa, che identifica anche questa provincia.  Ignazio guida la sua auto con estrema prudenza, probabilmente sa quanto costa e non vuole correre rischi sulla dissestatissima strada che esca da Lichinga verso ovest. Ad ogni momento ci può essere un topes, un avvallamento dissuasore di traverso, su cui occorre passare con grande lentezza, oppure una serie di buche da evitare con una serie di zigzag per prevenire qualche botta fatale ai semiassi. Quindi grande attenzione alla strada, anche se a prima vista sembra che riconosca a distanza la presenza delle varie trappole, posti di polizia inclusi. Inoltre deve tenere sotto controllo in contemporanea tre telefonini, che consulta compulsivamente a rotazione e utilizza in continuo, anche due allo stesso tempo, parlandoci alternativamente con uno scatto della testa, uno in una mano e l'altro nell'altra, mentre per il volante usa con efficacia il gomito. Diciamo un ragazzo multitasking che, conoscendo a menadito la strada, un tempo faceva l'autista di bus  su questa tratta e che non perde tempo alla faccia delle accuse di pigrizia che si fanno agli africani in genere. Lasciata la periferia, la strada procede rettilinea con pochi saliscendi. Lunghi tratti deserti in una terra rossa cosparsa di bassi alberi oppure di grandi superfici di boschi di conifere ordinate, frutto evidente di un programma di riforestazione, alternati a gruppi di capanne che si aggrappano alla strada come per rimanere in contatto col mondo. Di tanto in tanto l'agglomerazione si fa più densa, tanto da poter essere definita come paese, anche se non ne cambia la sostanza. 

La partita di calcetto
Purtroppo, dopo pochi chilometri, nonostante la cura che Ignazio evidentemente  profonde nella manutenzione del mezzo, il cofano comincia a fumare vistosamente. Ci fermiamo al lato della strada. In un avvallamento a fianco, sei ragazzi giocano al pallone, tre con la maglietta sdrucita e tre senza, due squadre definite insomma. Il pallone è fatto della plastica nera dei sacchetti dell'immondizia legata con spaghi sottili, ma deve avere un'anima elastica perché rimbalza piuttosto bene. Nessuno fa il portiere, di certo un ruolo negletto anche qui e quando il centroavanti fa goal, l'esultanza, braccia e occhi levati al cielo, corsetta danzante e segnali di giubilo e successiva capriola, corrispondono agli stereotipi internazionali mediati dalla televisione. Acquisito il risultato, si può venire a vedere cosa succede alla macchina ferma sul ciglio della strada. Intanto l'acqua si è raffreddata e si può constatare il danno. Un manicotto tra radiatore e motore presenta una consistente lacerazione da cui il liquido esce copioso. Purtroppo tra le mille precauzioni di Ignazio non era prevista una scorta di acqua. Usiamo dunque la preziosa bottiglia di minerale che ci eravamo portati da bere, per il rabbocco d'emergenza e per arrivare fino al successivo gruppo di capanne al centro delle quali un nutrito gruppo di donne attorno a un pozzo, pompano con decisione, mentre le altre aspettano il loro turno in uno dei più classici momenti di relazione della vita africana femminile. L'acqua sgorga fresca e pulita dal tubo di metallo, ti dà davvero una sensazione di ricchezza vitale, un bene primario che mette in sottordine anche la grande antenna telefonica che sbuca dietro i tetti di paglia delle capanne e rimette a posto una scala di valori.

L'aiuto meccanico
Ci si interroga se il danno è contenibile e se sia il caso di proseguire, mentre qualche uomo spuntato tra i tetti di paglia viene a controllare la novità della giornata. Acquistiamo una delle tanichette gialle da una signora che ha appena finito di riempire e poi inseguiti dal consueto stuolo di bambini, ripartiamo. Ignazio la sa lunga, dopo pochi chilometri infatti, c'è un grosso paese dove ha un amico che di macchine se ne intende. Ci arriviamo dopo una decina di minuti, durante i quali una fitta serie di conversazioni telefoniche, con la sua centrale operativa per segnalare l'inconveniente, con qualche ragazza con cui forse bisognava spostare gli appuntamenti e con il supposto meccanico in attesa. Il paese è abbastanza grosso, una fila di capanne sui bordi della strada, qualche casa in muratura, una specie di mercato da cui arrivano donne con pacchi e masserizie varie, qualche poverissimo esercizio commerciale e un vecchio forno coloniale portoghese in rovina tra grandi alberi secolari. Si raduna subito un gruppetto di esperti che discutono tra di loro sul da farsi davanti al cofano alzato. Si vede subito che ci sono disparità di opinioni, ma la discussione è pacata e nessuno cerca di far prevalere il proprio punto di vista con la prepotenza. Il maestro di motori ha un inizio di barbetta salafita e occhi furbi, lascia parlare tutti, anche quelli che di tanto in tanto si aggiungono al dibattito, lasciando bicicletta o motorino carichi di canna da zucchero o di legni da ardere appoggiati a qualche albero, poi fa cenni sicuri con la testa e mette al lavoro il suo aiutante, che spicca tra gli altri per l'abbigliamento islamico, evidentemente anche suo discepolo religioso. 

Il negozio di magliette senza magliette
Lo manda dapprima vicino ad un rottame abbandonato senza ruote fuori dalla carreggiata, dove viene cannibalizzato un pezzo di tubo più o meno della stessa lunghezza anche se più grande e sotto le attente indicazioni del capo il pezzo viene alla meglio sostituito, anche se col disaccordo di molti presenti. Mentre si svolgono le operazioni, il capo non perde occasione di portare con me la discussione sul piano della politica religiosa, mostrandosi stupito di come noi occidentali invece di amare la pace, non perdiamo occasione di attaccare briga con i vari popoli islamici. Mostra sincera convinzione in quanto dice, poi, saputo che siamo italiani, si ricrede, pare infatti che la fama del nostro paese come garante dei processi di pacificazione sia conclamata, come ha dimostrato la storia mozambicana recente. Tutti attorno assentiscono vigorosamente, sembra il solo punto su cui c'è accordo totale, intanto il lavorante prosegue il suo compito staccando e ricollegando tubi e manichette e serrando guarnizioni e fascette. C'è il tempo per dare un'occhiata ai negozi dei dintorni, un venditore di magliette, così almeno dice lui, in quanto è privo di merci da vendere, ma dispone soltanto dei bastoncini su cui esporle;un asse su due bidoni dove sono esposte ordinatamente bottigliette di olio e appese ad un filo salamotti di plastica pieni di liquido zuccherato da succhiare, che quando è possibile vengono gelati, per simulare un tipo di ghiacciolo sui generis, scarpe ammucchiate a terra e poi in uno strambugio, quasi uno scatolone si direbbe, da cui esce musica africana a tutto volume. Sembrava un baretto tanto era affollato di ragazzi, invece si rivela il barbiere, ma gli astanti sono solo spettatori e amici dell'unico cliente che, appena finito di essere rapato a zero si alza portando con sé tutta la compagnia; invano il proprietario cerca di convincermi ad utilizzare i suoi servigi, mostrandomi la perizia con cui usa la macchinetta. 

Il barbiere
Intanto il cofano si è abbassato, un breve giro di prova, il capo meccanico saluta e ripartiamo, il lago è ancora lontano. La strada diventa tortuosa e in saliscendi continuo tra colline di terra e roccia solitarie. Un successivo paese è tutto in subbuglio. Centinaia di persone a gruppi di ragazzi urlanti e di donne che cantano sbattendo ritmicamente bastoni sulle gialle ed onnipresenti taniche di plastica, corrono lungo la strada verso il fondo del villaggio. Si sente musica da qualche altoparlante, c'è davvero un sacco di gente di certo arrivata dai villaggi vicini. E' una festa di circoncisione e la gente è vestita a festa, le ragazze ridono e vorrebbero tirarci giù dall'auto che procede lentamente tra la folla. Poi prevale la necessità della molta strada ancora da fare. La festa continua tra le capanne di terra, mentre, lasciato alla destra il bivio per la Tanzania, la strada si infila in mezzo alle colline. C'è ancora una specie di rilievo da superare. Sulla cima in fondo ad una salita, l'acqua riprende a bollire. La riparazione garantita, non ha sortito bene il suo effetto. Altre telefonate, altra acqua di rabbocco, un taxi collettivo che si ferma a dare consigli, poi si riparte. Dopo un'ultima curva tra gli alberi un baluginare lontano, che il sole alto del meriggio rende quasi accecante. L'orizzonte non è più fatto di colline dai rilievi tormentati, ma solamente una sottile riga orizzontale infinita, di cui non scorgi il termine. Mille piccoli specchietti fanno la gibigianna lontana. Forse è per questo, forse è proprio dall'alto di questa collina che arrivò qui per la prima volta Livingstone e ammirando questa superficie scintillante lo battezzò il Lago delle stelle.
Festa della circoncisione


SURVIVAL KIT

Per arrivare al lago Niassa da Lichinga ci sono circa 130 km. Calcolate un paio d'ore, se non avete problemi con la macchina. Per affittare una macchina privata per tutto il giorno calcolate 7/8000 Meticais (200 €) oppure 5000 + la benzina che costa circa 1,20 € al litro. Quindi alla fine fa più o meno la stessa cifra. La strada è quella che si percorre per arrivare alla frontiera con la Tanzania e più avanti alla frontiera con il Malawi.


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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ah , l'Afrique !
Quelle envie d'y retourner .je me régale avec ton blog qui m'y transporte ......sans avoir un comprimé de Malarone à avaler .
jac.

Enrico Bo ha detto...

en effect c'è plus facile, j'ai encore trois semaines de tablettes!

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!