venerdì 3 ottobre 2014

Mozambico 9: Il lago delle stelle

 
La riva del lago Niassa a metangula



Sulla riva
La sensazione è quella di avere davanti un mare, immenso e senza confini visibili non potendo vedere le altre sponde oltre quella da cui guardi la superficie azzurra e solo leggermente increspata. Il lago Niassa è lungo 365 miglia e largo 52, per questo veniva chiamato anche il lago del calendario. Anche le sue coste, più di 1000 chilometri, sono popolate di rari e minuscoli villaggi, ma senza importanti città, la sensazione che ti prende subito è di non avvertire la presenza dell'uomo. Le poche capanne sono nascoste tra gli alberi della riva e le acque non sono solcate da barche o navi. Visto dall'alto delle colline ti pare di essere in una terra che non ha mai conosciuto l'uomo, un Eden deserto, solo a tratti pericolosamente misterioso. Soltanto avvicinandosi si vede qualcuno che si lava sulla battigia di pietra e qualche rozza barca di pescatori, ricavata da tronchi scavati. Dove termina la strada, un gruppo di case, una cittadina e un pontile in metallo, qui attracca una specie di traghetto che compie il giro del lago in due giorni collegando Tanzania e Malawi. Una costruzione bassa in cui dovrebbe stare qualcuno addetto al controllo delle merci che arrivano e vanno via, un bar e gruppi di donne che risalgono dal lago con grandi mastelli di plastica colorata sulla testa pieni di panni lavati. 

IL ficus della piazza della dogana
Più in basso sulla spiaggia, gruppi di bambini sguazzano nell'acqua che, azzurra in superficie, diventa subito cupa e scura a pochi passi dalla riva. Ha un'aria invitante il lago, forse perché non l'aria trista che invita al suicidio dei nostri, grigi e piatti, ma sembra davvero un mare azzurro, anche se una sensazione malevola ti tiene comunque lontano dal desiderio di bagnarsi che prende tutti alla vista dell'acqua pulita. E non si tratta neanche dei coccodrilli, che pure sembra siano presenti in gran numero, ma quelli non si vedono così vicini al pontile e comunque avrebbero già mangiato un bel po' di gente se fossero acquattati sul fondale, oltretutto non ci sono neanche zone stagnanti e fangose in cui rincantucciarsi a prendere il sole a bocca spalancata. No, direi che piuttosto si tratta dello Schistosoma, nome poetico e gentile di un delicato e piccolissimo verme platelminto che ha trovato un suo luogo ideale, così pare, nell'utilizzare come ospite intermedio i gasteropodi di cui il lago pullula. Provoca la ben nota bilharziosi, la malattia tropicale più frequente dopo la malaria, responsabile nella fase acuta della febbre di Katayama e secondo i dati, circa 5000 persone all'anno se la beccano nelle acque di questo lago e sembra che non sia una roba bella. 

Il pontile di carico
Sul pontile invece si ammucchiano una serie di bidoni di carburante  e di taniche di olio alimentare, in attesa che arrivi un barcone a portarsele via. Le operazioni di carico si svolgono in maniera piuttosto approssimativa e a sola forza di braccia. Un bambino di una decina d'anni trascina due contenitori da una ventina di chili l'uno lungo il pontile ansimando sulle sbarre di ferro, poi mostra i muscoli orgoglioso. Una stradina in terra battuta segue verso nord la riva circondata da enormi piante di baobab. Dopo un paio di chilometri un altro gruppo di casette sulla riva, una serie di bungalow malandati che vorrebbero pomposamente essere definiti "resort". C'è anche qualche ricco locale che evidentemente ha portato moglie e figlie in vacanza al lago. Sembrano molto annoiate con gli occhi socchiusi e le cuffiette dell'ipod nelle orecchie. Poi tutti fanno il bagno schizzandosi nell'acqua, come tutte le famigliole di questo mondo. Auguri. Noi ci mangiamo una bella carpa del pescosissimo lago con un brodetto saporito al pomodoro, riso e patate e una birra fresca. 

Ignazio sciupafemmine
Buona la birra da queste parti, ti fa sentire parte di questo mondo e comunque rimane un punto di riferimento, una sorta di DNA culturale comune. Ignazio mangia distrattamente sempre impegnatissimo sui tre telefoni. Comunque visto anche lo stato precario della macchina, è già ora di tornare, come sempre farà buio presto. Ci si ferma ancora alla stazione vicino al pontile, qui Ignazio conosce tutti, era il capolinea del suo bus, e pare che abbia spezzato diversi cuori, a vedere quantomeno le ragazzotte che gli corrono addosso e se lo sbaciucchiano ridendo. Lui usa il più tecnologico dei tre telefonini per fare qualche foto, poi le saluta con l'aria vissuta di chi vive ormai nella città tentacolare ed è abituato a ben altro e si riparte attraversando un gruppo di banchetti di frutta e di pesci secchi così ricoperti di polvere rossa da sembrare già impanati e pronti per la frittura. Riprendiamo la strada delle colline. Dall'alto il sole sta per scivolare verso la superficie d'argento del lago, sparpagliando la luce in mille e mille paiettes, una veste da sera che si insanguina a poco a poco e che la notte andrà ad indossare sotto il mantello nero, quando lui starà per scendere definitivamente dietro la riva opposta, invisibile ai nostri occhi. Appena dopo la salita, l'acqua ricomincia a bollire. 

Il lago Niassa dalla collina
Sarà un viaggio faticoso. Lungo la strada gruppi di donne stanno ritornando alle loro capanne, le più con grandi fascine di legna da ardere in testa, le taniche di acqua sono un trasporto in genere riservato al mattino. Nel paese della festa della circoncisione la gente si è radunata in un grande spiazzo tra le case e canta e balla con una certa dedizione. Poi la notte scende di colpo. Non ci si dovrebbe far sorprendere dalla oscurità per strada in Africa. Non ci sono luci, la strada è strettissima e piena di buche e i fari dell'auto sono nella maggior parte dei casi, claudicanti. All'opposto, mentre di giorno hai sempre la sensazione di una landa spopolata, la sera, i bordi della strada sembrano affollatissimi di gente che cammina a piedi, attraversa la strada, di biciclette senza luci, di moto sovraccariche di masserizie che arrivano dalla città e occupano gran parte della carreggiata. Ignazio telefona ad un amico per spiegargli una causa che ha in corso, ma forse non ha a che vedere col codice stradale. A ogni metro pensi di caricare qualcuno sul cofano o di passare su qualche bici  che attraversa, non parliamo della eventuale presenza di ubriachi o simili. Insomma un vero terno al lotto che ti fa stare teso come una corda da violino fino a che, lontani, non vedi in fondo alla valle i lumini gialli e fiochi della periferia di Lichinga che appare ora, da misero borgo polveroso di giorno, come porto sicuro a cui approdare, vista anche la possibilità di rimanere col radiatore fuso in mezzo alla campagna. Alle sette, i radi lampioni illuminati del centro fanno sembrare Lichinga una vera metropoli e il pollo al cocco con patate del ristorante dell'albergo un vero piatto da gourmet.

I baobab lungo le rive

SURVIVAL KIT

Trasporto legna
La strada che da Lichinga conduce al lago arriva a Metangula e termina sul pontile. Il confine col Malawi è a sud, ma non c'è accesso carrozzabile da qui, per arrivare via terra bisogna fare un lungo giro più a sud per raggiungere la frontiera e portarsi nel punto più a sud del lago, in Malawi ,dove c'è la Riserva naturale di Capo McClear. Il lago, profondo 700 metri è il terzo come dimensioni e quello più a sud tra i grandi laghi della Rift Valley. E' il meno popolato, tuttavia è molto pescoso e con una grande varietà di pesci che prima servivano solo alle popolazioni rivierasche, mentre adesso arrivano anche ai mercati della città. La forte presenza di bilharziosi, come già detto ne sconsiglierebbe la balneazione.

Il traghetto Ilala, in servizio dal 1951, dovrebbe passare ogni due giorni e potrebbe essere una avventura arrivare da qui in Tanzania o in Malawi, invece che via terra.


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