Il monastero Shwe Yaunghwe Kyaung |
Dalla finestra |
Ko Kyan ha dodici anni. Se ne sta seduto sul caldo pavimento di tek, con le gambe allungate in avanti ed un braccio appoggiato al grande ovale dell'apertura che dà sul cortile davanti alla sala delle ordinazioni. Giocherella distrattamente con il gatto giallo che rizza la lunga coda verso il soffitto e ronfa di soddisfazione. E' grassoccio il gatto gallo, segno che il cibo non manca qui intorno. Ko Kyan ha lo sguardo tranquillo, anche se un po' perso nel vuoto. E' stato ordinato qualche mese fa. Una gran bella cerimonia in cui lui, con un gruppetto di altri ragazzini, sono stati accettati come novizi. C'erano stati canti e benedizioni, la sua mamma piangeva di commozione, mentre i suoi fratellini più piccoli invece non se ne davano per inteso e facevano un chiasso del diavolo. L'anziano monaco a capo del tempio aveva pregato a lungo e poi aveva benedetto tutti quanti, dopo aver pronunciato un sacco di belle parole che lui non ricordava neppure. Proprio in quel momento si era distratto completamente, un po' perché gli facevano male le ginocchia e un po' perché seguiva con gli occhi quel grasso gatto giallo che si muoveva ciondolando sulle zampotte corte, avanti e indietro sui gradini bianchi dello zedi che spuntava proprio dietro la sala delle ordinazioni. Niente di strano, per tutti i ragazzini questo periodo passato al tempio è un passaggio obbligatorio della vita. Il padre gli aveva detto, prima di uscire dalla capanna palafitta sul lago dove viveca la sua famiglia, che questo è un momento formativo della sua vita futura e che gli sarà utile per affrontare meglio le difficoltà.
La sala delle ordinazioni |
Lui non ci ha capito molto, ma quel giorno era contento, con lui ci sarebbero stati anche Ei Ei e Moe Pwint, i suoi due amici del cuore, quindi non si sarebbe sentito del tutto solo, lontano per la prima volta dalla famiglia. Poi, quando ha cominciato ad uscire la mattina, in fila con gli altri novizi per la questua e ha notato la deferenza con cui la gente metteva il cibo offerto, i pugnetti di riso o i bastoncini dolci, nel vaso che gli aveva donato la nonna, si era sentito a suo modo importante e aveva cominciato a camminare diritto con lo sguardo serio in avanti senza badare a chi porgeva le offerte come si conviene ad un monaco vero, distaccato dalle passioni del mondo. Il pomeriggio, la lettura dei libri sacri, col monaco maestro che legge un versetto alla volta e tutta la classe che ripete a voce alta e scandita in un coro monocorde a cui a poco a poco l'orecchio si abitua e poi liberi tutti in cortile a giocare e correre dietro ad un pallone, oppure a nascondersi tra i muraccioli bianchi tra gli stupa dorati, fingendo di spararsi a vicenda con i fuciletti di bambù che fanno rattattatà. In fondo una vita non tanto diversa da quando stava al villaggio e andava alla scuola del paese spingendo sul remo corto della sua barca. Però a dire il vero, una emozione forte l'aveva provata il secondo giorno in cui era arrivato al monastero. Proprio dietro il grande cortile, attraversata la porta dei pilastri bianchi si entra nel tempio, una costruzione massiccia i cui gradoni circondano, nascondendone la base, un grande zedi dalla punta acuminata rivolta verso il cielo, sulla cui superficie l'oro vivo brilla quasi a ferirti gli occhi quando i raggi del sole la sfiorano.
Lo zedi del tempio |
Era entrato per la prima volta nello stretto corridoio scoperto che girava intorno, con la deferenza ed il rispetto che quel luogo sembravano incutere. Massicci archi scandivano il percorso in quadro, che appariva come obbligato, mentre ai suoi fianchi una teoria apparentemente infinita di piccole nicchie si aprivano nelle pareti. In ognuna di esse, un piccolo Buddha bianco o nero o dorato, i più rivestiti di un minuscolo drappo di stoffa rossa, quasi a proteggerli dal freddo e dall'umidità della sera; una attenzione di certo inutile, in fondo il Buddha non si accorge delle intemperie, è così lontano dalle sensazioni fisiche e dai dolori del mondo che vento e pioggia lo sfiorano senza che lui dia a vedere di accorgersene, forse neppure pensa, la sua mente sta così come immobile, in un torpore senza tempo. Sarà questa l'illuminazione? Se lo è chiesto ogni tanto Ko Kyan, quando gli viene chiesto di provare a starsene qualche tempo seduto ed immobile, senza essere distratto da quanto lo circonda, ma è troppo difficile, gli viene sempre da pensare alla partita della sera prima quando con un bellissimo calcio ha gettato la palla al di là dei picchetti piantati nella terra a segnare le porte. Oppure quando proprio riesce a concentrarsi con gli occhi chiusi ed i muscoli delle fronte stretti stretti che quasi gli fanno male, all'improvviso gli viene in mente quel gatto giallo che gli si struscia vicino e fa le fusa. Invece qui all'interno della pagoda la sensazione è diversa, c'è un'aria di antico e di mistero.
Corridoio interno |
Appena attraversati gli archi bianchi che danno sui corridoi interni tutto cambia ed alla luce delle aperture d'improvviso appaiono le pareti delle gallerie interne tutte dipinte di un rosso carminio forte che pare sangue e tra le nicchie infinite una serie di figure fatte di piccoli pezzi di vetro multicolore che raccontano storie. Ecco principi dai cappelli importanti che lottano con belve feroci, mostri dell'inferno che sputano fiamme, drappelli di fedeli adoranti e animali e piante che brillano e sembrano prendere vita al tremolio delle fiammelle delle offerte che con la loro luce fioca sembrano far muovere la parete intera, come se gli spiriti del racconto la animassero per renderlo più reale. All'inizio ci stava ore lì dentro, mai sazio di quello spettacolo sempre diverso, ad immaginare storie indovinandone i finali più fantasiosi, con le fate del lago che venivano ad aiutare l'eroe a vincere i malvagi. Quando ne usciva per andare al refettorio era sempre un po' confuso e silenzioso e neanche rispondeva agli amici che gli ridacchiavano alle spalle, dandogli ogni tanto una spintarella per farlo inciampare nella tunica che striscia un po' a terra. Così anche questa sera, Ko Kyan se ne sta lì da solo davanti alla grande finestra ovale della sala delle ordinazioni, con lo sguardo perso nel vuoto a sognare, mentre il gatto giallo, a cui ha dato un nome, Gatto, si struscia contro il suo mantello rosso mattone di monaco novizio.
Studiando |
SURVIVAL KIT
Monastero Shwe Yaunghwe Kyaung - Questo è uno dei templi più affascinanti della Birmania, a soli tre chilometri a nord di Nyaung Shwe sulla strada verso Taunggyi. Il monastero in legno di tek ha circa 200 anni ed è l'unico con curiosi finestroni ovali. Il tempio a fianco molto più antico ha lo zedi dorato centrale a pianta quadrata con una serie di gallerie e di corridoi interni completamente traforati di nicchie contenenti statuette di Buddha. Le pareti rosse, sono ricoperte di mosaici a tessere di vetro colorato che raccontano storie della vita di Buddha, di grande suggestione. Il complesso è pieno di ragazzini novizi.
Le nicchie dei Buddha |
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Transit to Yangon
2 commenti:
Che storie senza tempo...
@Ench - Quello è davvero un luogo magico, non fosse per la serie di bancarelle in attesa di turisti spendaccioni davanti al portone d'ingresso ahahahah!
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