domenica 29 marzo 2020

Annapurna sud

Annapurna - Nepal - Gennaio 1976
Mamma mia come ero giovane! A trenta anni, neanche ancora compiuti, pensi di poter spaccare il mondo e allora 44 anni fa, di mondo da spaccare ce n'era così tanto. Dalla balconata naturale di Ghandruk, la cima dell'Annapurna è lontana all'incirca cinque chilometri e con il suo vicino minore, l'Himachuli ti guarda con quell'occhio tumido della bella che sembra volerti dire, sono qui, prendimi se sei capace. Io non ho mai avuto le velleità della vetta, però stare sotto a questo gigante ti dà una scarica di emozioni che poche altre volte. Ce l'hai proprio lì a portata di mano, quasi che allungando la tu la possa afferrare, quella montagna immensa che torreggia sopra di te, anche se sei già tu così in alto, quasi a 4000 metri, da sentire il fiato mozzo per la fatica del camminare su un banale sentierino. Erano straordinarie giornate di gennaio, col cielo terso  color cobalto che pareva un tappeto di velluto. L'aria frizzantina, ma non fredda ancora a quelle quote, che dobbiamo considerare basse se proporzionate a quello che avevi davanti. 

Avevamo lasciato il villaggio da poco per raggiungere questo punto di osservazione prima discendere poi e attraversare la valle, un su e giù, già allora mortale per le mie gambe sedentarie, ma rimanemmo seduti a lungo a guardare questo spettacolo sbocconcellando un chapatti che ci aveva regalato una donna, che li stava cuocendo su un fuoco davanti alla sua casa di pietra. Mi sembrava vecchissima, ma forse le rughe potenti che le solcavano il volto erano il frutto di quel sole feroce che mordeva la pelle. Il marito invece pareva ancora atletico mentre spaccava legna, con un lungo coltellaccio, protetto da un vecchio maglione sdrucito, residuo di quando ancora militava nei Gurkha dell'esercito inglese. Gli unici rumori erano quei colpi sul ceppo ed il crepitare del fuoco sotto la piastra di ghisa. Poi solo il refolo di vento che muoveva le foglie degli alberi di rododendro portando in alto il profumo dei fiori. Non ho mai visto altri 8000 così da vicino, perché non è mai stato nelle mie priorità; io preferisco le pendici, l'ambiente che circonda il santuario e soprattutto la gente che le abita. 

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