domenica 1 marzo 2020

Cina Taiwan 62 - L'isola di Cijin


Prevedendo il futuro


Pronto per l'hot pot
Alla fine qualcosa bisogna buttar giù per cena e guardando meglio, tanto per non andare fino al night market, c'è un ristorantino proprio dietro all'albergo che, pur essendo di una catena, attira l'occhio. In pratica tu ordini un vassoio a scelta tra 7 od 8 proposte, che consiste in una serie di fettine sottili come quando vai a prendere lo speck affettato da noi, saranno almeno un paio di etti di roba, qualcuno sembra bel lardo rosato, oppure altro maiale o manzo o pollo e ti danno il classico hot pot a cui puoi aggiungere verdure, funghi e altro, tutto compreso, bevande incluse, più noodles da zuppa col brodo che rimane alla fine. C'è la coda fuori, vuol dire che non è tanto male e bisogna prendere il numero, ma vi assicuro che la vista dei vassoi che continuo a credere di lardo, credo che si chiami maiale fiocco di neve, fanno venire l'acquolina in bocca. Breve attesa e scelta un po' a caso la salsa da aggiungere al brodo, arriva la pentola da mettere sul fuoco; ogni tavolo ha il fornello elettrico in mezzo e poi puoi cominciare a tuffare le fette di lardo e di carne, che bollono assieme alle verdure che hai messo in precedenza e insaporiscono il tutto come nel più classico shabu shabu giapponese. Vero che qui siamo in area cinese, ma possiamo considerarla anche zona mista. I ragazzi corrono come matti e il ricambio di gente è velocissimo. La coda fuori cresce. Alla fine abbiamo mangiato benone e bevuto una serie di succhi di frutta di cui non ho capito bene l'origine vegetale, ma pazienza. In tutto abbiamo speso 456 NDT, che farebbe circa 15 Euro in due, che non è male.

Il teatro preparato per la festa religiosa
Usciamo con poca voglia di fare strada, visto che che oggi abbiamo trottato parecchio, anche se mi pare che le gambe piano piano si stiano adattando al ritmo e la fatica è più psicologica che reale. Che cominci ad essere allenato? Può darsi, l'unico problema è che siamo quasi alla fine del viaggio ed al ritorno riprenderò la mia consueta vita da bradipo da poltrona e la cura benessere farà presto ad esaurire il suo effetto. Diamo pertanto ancora un'occhiata nella via dietro al l'albergo, dove c'è una gran luminaria. In effetti tra le case, in uno spazio lasciato libero da un'abbattimento di qualche palazzo più vecchio e malandato, in questa zona della città ce ne sono parecchi, credo risalenti agli anni '60, hanno eretto una specie di scenario coloratissimo, alto almeno tre o quattro piani, che rappresenta una sorta di fondale di tempio con nicchie e statue di cartapesta e architetture colorate: una quinta teatrale che potrebbe essere usata per qualche sacra rappresentazione, ma ricchissima e tutta cosparsa di centinaia di luci che la rendono fiabesca oltre che ricca e barocca. L'area però è tutta chiusa; dal varco ancora aperto, si intravedono gruppi di donne indaffarate e ragazzi che stanno mettendo a posto materiali vari, come se la costruzione non fosse ancora terminata. Mi affaccio e cerco di entrare per fare qualche foto, ma mi fanno cenno che non si può e che tutto, se capisco bene, è in preparazione di una grande festa religiosa che si terrà tra qualche giorno. Devo dire che è un bell'impegno di mezzi perché il teatro che sta venendo su è di proporzioni assolutamente generose, ma da queste parti le feste sono sempre piuttosto partecipate. Peccato non esserci.


La città di Kao Hsiung
Comunque andiamo pure aletto a godere del sonno del giusto, che oggi una bella dormita ce la meritiamo. Alla reception c'è sempre il solito semimuto, per cui rimando all'indomani la richiesta di consigli per andare all'isola di Cijin. Il nuovo giorno si apre di nuovo con la promessa di non piovere per cui alleggeriamo gli zaini degli ombrelli, mantenendo gli impermeabilini preservativo, che non si sa mai. Dopo la colazione in cui mi sono concesso, dato che l'albergo le offre, anche le uova strapazzate, mentre ho preferito passare la parte di riso congee, zuppa di noodles, fagioli e altri classici della colazione cinese. Arriviamo quindi di buon ora al ferry che porta all'isola, che è una lunga lista di sabbia di diversi chilometri e larga solo qualche centinaio di metri. Il paesotto è sulla punta nord, ma l'antico tempio della dea Matsu è tutto chiuso per restauro, si riescono a vedere dal di fuori, tra i varchi lasciati liberi dai teli dei lavori, solo le cime dei famosi pilastri scolpiti. Vuol dire che sarà per la prossima volta. Intanto procediamo a piedi per il parco che comprende tutta la punta che ha un piccolo rilievo dove sorge l'antico forte a guardia dell'entrata del porto ed il faro. Questa è una delle aree della città dedicata allo svago ed ai passatempi all'aria aperta. Piste ciclabili e boschetti con gente che corre e fa ginnastica. Si sente molto però lo stile occidentale, con i corridori in canotta dotati di strumentazioni elettroniche al braccio per avere i dati certi della propria fatica e le fasce di spugna sulla testa. Insomma qui la tradizione cinese del Tai chi e delle varie tecniche del corpo orientali, sono state piuttosto trascurate, forse perché anche la politica trainava in un altro senso.

Spiaggia a Cijin
Comunque nei boschetti che circondano la collina e che dalle radure concedono belle viste sul mare aperto e sulle spiagge dell'isola, c'è una sensazione di solitudine piuttosto strana rispetto al consueto affollamento cittadino. Facciamo tutto il perimetro della punta, fermandoci spesso in riva al mare a goderci il frangere dell'onda sugli scogli di granito scuro ed a guardare la fila di navi mercantili che entrano nel porto, vecchie carrette del mare, mezze arrugginite e moderne portacontainer. Le spiagge lontane verso l'oceano aperto sono bordate di palme da betel, lunghe lunghe coi fusti magri ed il ciuffo spargolo di foglie in cima che sventola al soffio che arriva dal mare. Scendiamo con calma aggirando le mura del forte fino alla spiaggia nera e vulcanica che si stende a perdita d'occhio per chilometri. Durante i mesi estivi deve essere popolatissima ed i servizi sono tutti comunali e gratuiti. Alle sue spalle, giardini con panchine e chioschi, percorsi per correre o pattinare e aree attrezzate per bambini e ginnasti. Una specie di Venice californiana in tono più casalingo. Ce la prendiamo con calme e la malaugurata idea di arrivare fino al museo delle conchiglie che sulla cartina sembra subito lì, ci costringe ad una camminata senza fine, secondo me almeno 3 chilometri visto che l'isola è più o meno lunga sei. Il museo è piccolino ma espone una quantità enorme di pezzi di ogni genere, non soltanto presenti in queste acque, ma di tutto il mondo, dalle enormi tridacne ad altre microscopiche che riesci ad apprezzare solo per mezzo  di apposite lenti. Insomma non da venirci apposta ma si può vedere.


La seppia fritta
Le due vecchiette volontarie all'ingresso hanno subito tirato fuori, ingorde, il mazzo dei biglietti, ma come segnalo l'età, si profondono in mille scuse fingendo di non credere che siamo over 65 e ci invitano subito ad entrare come diciamo da noi, a gratis. Potenza del grey power. Ritorniamo al paese in taxi vista la distanza e percorriamo la strada del mercato nota per i suoi ristoranti di pesce, che espongono la merce sui banchi esterni, dove tu scegli, pesi e paghi. Dopo lunga indecisione ci facciamo una bella pseudo orata, almeno dalla forma, che ci viene consigliata spassionatamente come buonissima dal proprietario che non cede di una lira, come si dice, sul prezzo. Aggiungiamo un paio di seppie di rinforzo da grigliare e poi andiamo dentro ad aspettare sorseggiano una bella birra tiepida. Intorno a noi tutti sbafano piatti giganti di ogni genere di pesci e crostacei, gamberoni giganti e vari altri doni del mare grondanti sughi, accompagnati da verdure all'apparenza succulente, disposte sui consueti tavoli rotondi che gli avventori girano in continuazione per avvicinarsi alle pietanze desiderate. Tutti prendono dai piatti senza posa e mangiano, mangiano, mangiano. Noi coi nostri due miseri piattini sembriamo frati trappisti. Comunque ce ne facciamo una ragione, insomma non si vive solo per mangiare e scacciamo via sdegnosamente il ragazzo che chiede insistentemente se vogliamo altro. Poi torniamo con calma al ferry, ci infiliamo nella breve coda e mentre fa la sua carica di motorini e biciclette, saliamo sul ponte a dare un'ultima occhiata all'isola e la mattinata è belle che andata.

Molo dei ferry

SURVIVAL KIT

La spiaggia nera
Ristorante 12 Hot Pot - All'806 della San Duo 3°, in pratica subito a sinistra uscendo dall'albergo San Duo. Prendete il numero e quandovi chiamano entrate, scegliete un vassoio (a testa), tra i 200 e 250 NDT, il resto verdura, bevande, salse è tutto incluso e a volontà. Qualche tipo particolare con lieve sovrapprezzo, es. i noodles +10. Ottima esperienza di hot pot a prezzo decisamente valido. La carne (abbiamo preso lardo e manzo) di ottima qualità. Pieno di giovani. Consigliato.

Isola di Cijin - Una delle zone di svago della città. Andare fino al molo del ferry per l'isola, tutti i taxisti capiscono al volo. Il tratto costa 30 NTS e dura 5 minuti. Sicuramente d'estate troverete coda ma i ferry sono continui. Da vedere: la collina col forte e il faro, la spiaggia nera, il museo delle conchiglie, la cittadina con il suo mercato e la via dei ristoranti di pesce. Al momento l'attrazione principale, il tempio della dea Matsu è chiuso in un cantiere per il restauro. D'estate potreste tranquillamente prevedere un bagno.

Nave che entra in porto



Pesci secchi
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