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Anche scegliere le priorità, quando si tratta di decidere verso quale parte del mondo dirigere il proprio interesse, non è così semplice. Troppe sono le pulsioni, i richiami, a volte dovuti a semplici rimembranze giovanili, a tarli che si sono incistati nella mente e nel tempo si sono sviluppati autonomamente oppure interessi che si sono via via sviluppati in maniera autonoma e certamente con giusta ragione. Se mi fermo ad esaminare le mie valenze specifiche, non ci sono dubbi che io abbia sempre avuto una grande attrazione per l'estremo oriente. Forse attrazioni giovanili dei tigrotti di Mompracem o dei misteri della jungla nera, che mi hanno fatto sognare troppo e quindi poi sono diventati calamite attrattive verso quel mondo in cui domina un ché di esotismo dal quale non riesco a distogliermi, cosicché potrei dire di aver percorso quel mondo con grande attenzione e ragionevole continuità, lasciando pochissimi spazi aperti e per lo meno, riguardo al sud est asiatico, avendo esaurito tutti i paesi possibili. Un'altra area di eccezionale attrattività è l'Africa, non si può negarlo, con i suoi irresistibili richiami di selvaticità ancestrale, il senso primario dell'origine della specie, i suoi spazi primitivi in cui puoi ancora sentire bene l'essenza dell'uomo nudo di fronte alla natura. Qui le mie scorribande, se pur molte, non sono potute essere completive. Gli spazi bianchi sono ancora moltissimi, i paesi irraggiungibili, almeno per le mie forze, ancora molti, vuoi per ragioni economiche (l'Africa costa molto di più delle altre aree, generalmente), vuoi per ragioni logistiche, guerre, insicurezza conclamata e problemi vari, me lo hanno in alcuni casi, impedito definitivamente, in altri, posposto nei cassetti dei desideri, per la maggior parte ormai irrealizzabili.
Per il Sudamerica, l'attrazione mi è sempre stata minore, per carità, presente anch'essa, ma per così dire frenata, da chissà cosa, in fondo non lo so bene, la distanza, i costi, un ché di difficoltà organizzativa maggiore o semplicemente da una minore abitudine. Ma veniamo invece a quell'area che alla fine, secondo me più delle altre, presenta un'insieme di punti attrattivi innegabili, che formano una miscela spesso vincente quando si tratta di scegliere. L'area Mediterranea infatti ha dei punti di forza difficili da scalfire. Innanzitutto, la maggiore vicinanza, i costi più governabili ed inoltre una facilità e comodità organizzativa dovuta alle somiglianze al nostro stile di vita e alle conoscenze comuni, che rendono assolutamente agevole, programmazione e assenza di sorprese. Inoltre è un bacino culturale ricco di tali fermenti e interessi incrociati da renderlo così ricco di stimoli che non vi è praticamente punto che si possa ritenere immeritevole di una visita. A tutto ciò, già assolutamente sufficiente, si aggiunga tutta la parte naturalistica, dai mari alle montagne che ne completano il quadro globale. Che vuoi di più quindi, arte, cultura, storia, benessere, natura e last but dont least la cucina e tutto il comparto enogastronomico, che pure vuole la sua parte, mentre tutto il resto del mondo, anche per me che un tempo ero così bramoso di provare le curiosità culinarie del diverso da me, anche se molto lontane dalla nostra cultura, e che col progredire dell'età mi hanno invece fatto regredire ad un tradizionalismo culinario che mi fa godere quasi solamente coi sapori della mia tradizione. So che si tratta di una perdita, ma l'anziano è fatto così e bisogna sopportarlo.
Dunque l'esplorazione del Mediterraneo, lo confermo con forza, rappresenta per me uno degli stimoli più forti a cui non so resistere. Nel tempo, attraverso certosine esplorazioni, condotte attraverso toccate e fuga, oppure con centellinate e certosine e plurime puntate, sono riuscito a percorrerne, tratto per tratto, quasi l'intero periplo e sono rimaste solamente tre le nazioni che vi si affacciano e nelle quali non ho potuto ancora posare il piede, due delle quali purtroppo sono al momento praticamente interdette e quindi, temo definitivamente precluse alla mia mania collezionistica. E pensare che uno di questi paesi, la Libia, è anche l'unico paese straniero visitato da mio padre a suo tempo, lui che non ha mai più oltre messo piede, fuori dai patri confini, unica puntata dunque in terra straniera. Per la verità non sarebbe andato neanche in quello per suo espresso desiderio, se non ce lo avessero inviato a presidiare qualche duna di sabbia, in mezzo agli ascari e alle cimici, quando alla fine degli anni '30, conquistavamo l'impero. Certo non ha messo piede, pur presidiando il suo bidone di benzina in Cirenaica, né a Leptis Magna o a Sabratha, per goderne le bellezze ineguagliabili, e delle quali di certo non sospettava neppure l'esistenza e quindi le dune del golfo della Sirte non suscitarono in lui una grande impressione, interessato più che altro a tornarsene a casa, per sottrarsi ai pidocchi e agli scarponi di cartone di cui era stato dotato.
Le stesse impressioni hanno albergato anche nei ricordi di mio suocero Giuseppino, negli stessi luoghi condotto dalla insensatezza di un regime anche allora così plaudito dagli italiani e pur scelta da lui in alternativa alla Russia che pur gli era stata proposta, dalla quale una indovinata decisione lo salvò, cosicché la Libia percorse a ritroso qualche anno più tardi, inseguito dagli inglesi in una ritirata che lo costrinsero dunque alla cattura nella adiacente Tunisia e alla conseguente prigionia. Anche in questo caso, solo ricordi di nostalgico desiderio di un ritorno a casa, dopo due anni. Le storie, la storia, amano ripetersi, solo che gli uomini non se ne accorgono e corrono in piazza ad inneggiare alla morte e a seguire bandiere tenute da tromboneggianti Masanielli vari. Comunque sia, diciamo che lì ci ho messo una pietra sopra, ma rimane pur sempre inestinguibile, la mia sete di Mediterraneo, di mare azzurro, di montagne bianche di neve sullo sfondo, dai fianchi coperte di verdi alberi e di città di mare, aperte al mondo, al commercio e allo scambio di idee, dove la furia dei massimalismi, può certo albergare come dappertutto, ma è sempre una parentesi storica che prima o poi viene superata. Di vestigia millenarie che stanno lì, innalzando al cielo colonne smozzicate come dita che indicano il cielo, teatri di pietra, templi innalzati nella ricerca di un trascendente cercato senza tregua, spesso con rabbia, lasciando dietro come utile scoria, una scia di arte che non può più essere cancellata. Profumi di olivi e di lentischi, di rosmarini e di rose, di zagare e limoni, di occhi neri e di forme flessuose. Di sole che brucia anche in inverno. Mediterraneo, culla della mia civiltà; incrocio inestricabile di culture, trascendenze e saperi diversi; mescolanza di idee, di filosofie, di progresso. Mediterraneo, amore infinito.
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