Diyarbakir - agosto 1981 |
Continuano a scorrere immagini terribili, di mura sbriciolate e vite spezzate e dei molti, molti di più naturalmente. che oltre a piangere i loro morti, avranno davanti a sé anni di disgraziato sopravvivere, sempre che ce la facciano. O se saranno costretti, i più in forze almeno, a percorrere la via dell'esilio in cerca di fortuna, quella che la loro terra gli nega. Aiuti di certo ne avranno ben pochi, sono in aree dove i loro governi opprimono più che aiutare, con scuse varie, giudicati spesso nemici dalla loro stessa gente, destinati già prima alla sofferenza di chi non si piega, figuriamoci quando basta un tweet sbagliato o di lamentela per richiamare l'attenzione sui problemi da risolvere, per essere messo in galera come "disfattista". Già qui al mattino se qualcuno bussa alla tua porta, più che la mezzaluna rossa che ti porta un pasto caldo, più probabilmente è la polizia politica che ti viene a carcerare. Gli aiuti internazionali, arriveranno certo, ma con il contagocce e intercettati da mani avide ed adunche, che ne faranno altro destino. ed i morti rimarranno lì sotto a lungo, quelli non schiacciati dalle mura crollate, uccisi con calma dalla morsa del gelo. Questa è terra di terremoti, inutile negarlo, da sempre devastanti ed implacabili. Qui vicino, le cime del Nemrut Dagi, dove la tomba di Antioco Commagene è una intera montagna, con le sue statue colossali e i suoi altari giganti, sono state tutte via via devastate nei secoli da terremoti così tremendi da far rotolare teste di due metri di diametro giù per i fianchi del monte come fossero birilli, testimonianza inequivocabile di quello che succede qui ogni tanto e che dovrebbe essere di monito a chi voglia costruire case e palazzi, soprattutto se li fa con la sabbia e poco cemento. Ma quelli sono luoghi dove è già molto avercela una casa, prima di discuterne la qualità. Quella delle foto era Diyarbakir nel 1981, con l'acquaiolo in cerca di clienti nel mercato pieno di gente a fare compere. Nessuna donna in giro, già allora era Anatolia profonda, carica di antichi modi di vita, lontana come oggi dall'Europa. Il confine vicino ma teorico, questa era in fondo terra kurda, come si affrettavano a dirti quando avevi un contatto qualunque. Anche per questo dall'una parte e dall'altra, oggi, l'interesse ad intervenire attivamente è tiepido, molto tiepido, mentre i morti si accatastano e per i vivi non ci sono neppure le tende. Un qualche dio se ne ricorderà prima o poi.
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