giovedì 18 gennaio 2024

Corea 46 - Ritorno

Seul - Corea del sud - ottobre 2023



 
Insandong
Quando arrivi all'ultimo giorno di un viaggio, i sentimenti sono sempre due, gli stessi ma opposti. Da un lato la sottile malinconia di essere alla fine, con il tenue dispiacere di non avere fatto tutto quello che ti proponevi di fare o anche solo di vedere e poi la voglia insopprimibile di tornare a casa, perché comunque l'esperienza è conclusa ed è inutile rinvangare, bisogna solamente rimettere ordine nelle emozioni, catalogare, fare spazio tra gli altri ricordi, far paragoni, insomma dare un senso a quello che si è fatto. Nel primo caso, vuoi solo cercare di diminuire i rimpianti, per quello che avresti dovuto prevedere e solo per pigrizia non hai fatto, mescolando il tutto con la sgradevole certezza che le realtà anagrafiche che ti competono, non ti daranno più seconde occasioni per ritornare da queste parti a riprendere in mano quello che hai lasciato e quindi quel senso di saudade diventa ancora più penetrante. Nel secondo, hai la soddisfazione di aver comunque compiuto qualcosa, certamente positivo per te stesso, ma sei come un po' spaventato di fronte alla mole del lavoro che ti aspetta a casa e che in ogni caso non riuscirai a compiere completamente come vorresti e in fondo a chi importerebbe? 

Tanto non ti fare illusioni, ormai non mancherà molto e poi tutte queste cose, questi dati, queste emozioni scompariranno per sempre e non ne rimarrà più traccia. Forse è proprio questo il nostro terrore inconscio, l'essere completamente dimenticati, come se il nostro passaggio qui fosse stato un inutile dispendio di DNA a perdere, nel gorgo nero e senza fondo della storia. Quindi in ogni caso l'ultimo giorno è sempre un poco grigio, diciamo di evidenza negativa, anche se qualche cosa ancora rimane pur sempre da fare. Va bene intanto prepariamoci a tornare. Ci sono ancora un po' di ore prima di dare il valigione alla gentile signorina del check-in. Bisogna come sempre sfruttarle fino all'ultimo, come dice il turista incallito. Intanto liberiamo la stanza che il nostro Hung poi, se no ci critica e lasciamo il valigione nell'apposito spazio della piccola hall. Non mi sembra il caso di usare i lucchetti dedicati a disposizione per cautelarci dagli inesistenti furti e via a colazione. Come ho già detto ci tocca rinunciare al vicino tempio di Jongmyo che è all'interno del parco del castello a noi più vicino e mi ero tenuto come chicca finale per addolcire i dolori della partenza, ma come ho detto è chiuso al martedi e bisognava pensarci ieri. 

Ma a Seul c'è sempre qualche cosa di interessante da fare, per cui facciamo due passi per andare a vedere il museo del design e dell'artigianato, posizionato proprio sul confine del Bukchon Hanok Village che avevamo visitato il primo giorno a Seul. Non è ancora aperto per chi mi siedo ai tavolini del baretto che sta davanti, tra un  negozio dove farsi le foto e uno che affitta hambok. Arrivano un paio di ragazze giovani, scendendo le scale dal piano superiore dove ci sono i vestiti più belli. Effettivamente le hanno conciate magnificamente, fiorellini bianchi tra i capelli e nastri dorati che scendono sulle trine dell'abito vaporoso; poi ne arrivano altre due con le ampie gonne che roteano leggere, nuvole di rosa e giallo pallidissimo. Poi anche loro se ne vanno verso il vicino castello come damine ottocentesche. Vicino a me una giovane mammina imbocca una pargoletta che sembra un peluche, con cucchiaiate a corto raggio che paiono ingozzarla come un pollo da allevamento, ma che alla fine riesce ad ingurgitare con grazia. I bambini sono sempre deliziosi a questa età. Un po' più in là una altro anziano, in una specie di tuta mimetica sta aspettando la nipotina che quando arriva, vestita di tutto punto, è tutta vergognosa e si rianima solamente con un bel pezzo di croissant; anche loro di certo aspettano che aprano i castelli. 

Abiti

Finalmente arriva l'ora di staccare il biglietto. Il nostro museo dell'artigianato è costituito da una serie di cosrtuzioni moderne, disposte tanto per cambiare nei congrui spazi di un grande parco fiancheggiato dalla Yulgok-ro, davanti a Insadong. Appena entrato ti perdi in volumi immensi dove le opere sono disposte in una perfetta posizione minimalista che ti fa immediatamente capire l'amore assoluto di questo popolo per la bellezza ed il design. Linee pure, colori assoluti, oggetti emblematici che fanno della loro attrattiva assoluta il loro necessario esistere, al di là della loro specifica funzione. Vasi stupendi, vesti e tessuti, scatole, mobili ed oggettistica di ogni tipo, dai ventagli agli ombrelli, tutti uniti dal fil rouge della loro spettacolare bellezza. Una bellezza assoluta fatta di linee e di forme apparentemente semplici ed invece di certo studiatissime. Ricami di una complessità straordinaria, sete fruscianti, separè intrecciati di stoffe prezione e listelli di legni ricurvi e tante altre cose delle quali ho preferito mantenere l'emozione di insieme piuttosto che il ricordo singolo, destinato ad essere poi irrimediabilmente confuso o peggio smorzato nel ricordo, dal passare del tempo. E ancora sculture di giada, lacche preziose, portaocchiali e fiori di carta; ogni oggetto è uno splendido monumento a se stesso eppure parte attiva di questa arte evidentemente curata e diffusa. 

Scatole laccate

Spesso vengono esposte le foto od i ritratti dei maestri che queste opere hanno prodotto. Il tempo dedicato ad godere della bellezza è sempre ben speso ed un popolo che tiene questo aspetto in così grande considerazione non si può che apprezzate ed ammirare profondamente. Fuori la giornata è bella e il sole pieno riesce a scaldare un poco l'aria ormai decisamente frizzante della capitale. Nel vicino giardino una sorta di esibizione che ha come tema proposte di paesaggio urbano per una città del futuro, con molti ambienti e simulacri di costruzioni, aiuole e laghetti dove le ultime libellule dell'autunno si accoppiano leggere e stormi di bambini giocano inconsapevoli dei problemi che a poche decine di chilometri da qui potrebbero in ogni istante decidere del loro futuro. Torniamo sui nostri passi, per recuperare la valigia e cominciare l'itinerario obbligato del nostro personale gioco dell'oca che ci dovrebbe ricondurre, speriamo, fino alla casella finale di casa. Ma non appena riguadagnamo la hall della nostra guesthose deserta, ci accorgiamo con orrore che la nostra valigia, per eccesso di zelo e di prudenza è stata lucchettata per il manico alla sbarra antifurto. Maledizione e adesso chi ci dice la combinazione di sblocco. 

Comincio disperatamente a provare le calssiche 0000, 1111, 1234 e così via. Niente da fare. Il bus passerà tra un quarti d'ora al massimo e io non ce la farò sicuramente a provare le 9999 combinazioni possibili. Accidenti, per una belinata del genere non mi vorrei rassegnare ad abbandonare la valigia a Seul. In questo casi comincia a salirmi l'affanno, Calma ragazzi, cerchiamo quantomeno di evitare lo sc-iupùn come si dice da noi. Ad un certo punto, quando la disperazione comincia a prendere il sopravvento, sento rumori che provengono dal piano di sopra ed ecco il sorridente e benedettissimo sig. Hung che arriva di corsa e sbloccare la catena ed a liberare i nostri averi che ormai temevo perduti per sempre. Naturalmente il tutto tra mille inchini di scuse e spiegazione del fatto che non si sa mai ed è sempre meglio essere prudenti. Insomma pericolo scampato, ma non puoi mai stare un minuto tranquillo. Ce ne andiamo così piano piano al nostro bus stop dove ogni mezz'ora passa la navetta per l'aeroporto dove arriviamo tanto per cambiare con largo anticipo. All'aeroporto ci sono due operazioni da svolgere. Andare al convenience store a fare svuotare la T-money card dei soldi rimasti, poi andare al cambista a ricambiare i won in Euro, operazioni che si svolgono in pochi minuti. 

Parco

Poi spendere gli ultimi won rimasti nel Paris Baguette e mollare la valigia prima di aspettare l'imbarco. Naturalmente poi in Italia mi ritroverò un bel biglietto da 50.000 W che avevo messo da parte per le emergenze e che le banche qui giudica valuta sconosciuta. Comunque tutto fila via come l'olio, si arriva nell'immenso spazioporto dalle lineee avveniristiche di Pechino nel cuore della notte. I controllori sono molto puntuali nei controlli, tant'è che mi fanno completamente svuotare lo zaino esaminando con cura  minuziosa tutta la mia attrezzatura fotografica, obiettivo per obiettivo ed alla fine mi sequestrano pure una vecchia power bank, che per fortuna neanche funzionava, ma è la legge capirà, c'era pure scritto sul cartello e si mostrano anche sinceramente dispiaciti, i falsi. Rimangono solo più le ore di attesa nella buia solitudine degli spazi sconfinati di questo non luogo assoluto, semibuio e silenziosissimo, come si conviene ad un ambiente di un futuro distopico e distante. Che nostalgia per i tempi in cui l'aeroporto di Pechino era solamente uno stanzone circolare con otto gate che si aprivano sull'esterno e una folla in attesa di essere imbarcata. Chissà se riconoscerei ancora la città dove tante volte sono sbarcato a cercare di portare a casa lavoro per chi a casa mi aspettava ansioso. Inutile rivangare. Anche questa volta è proprio finita.

SURVIVAL KIT

Ingresso

SeMoCA - Seul museum of Craft Art - Aperto solo nel 2021 in pieno periodo Covid, presenta tre grandi edifici per l'esposizione di materiali riguardanti i tipi di artigianato più caratteristici della Corea, ordinati per tipologia, con esempi di oggetti antichi fino alla presentazione di quelli di più moderno design, con l'aggiunta di una serie di filmati molto interessanti che si riferiscono soprattutto alle metodologie di produzione e le lavorazioni necessarie ad ottenete gli oggetti stessi, nonchè il richiamo ad artigiani famosi del passato e del presente. Nel quartiere di Insadong di fianco al Bukchon. Metro stazione di Anguk. Gratuito. Disponibili le audioguide. Dedicategli almeno un'ora.

Terminal bus per l'aeroporto 6011- Fermata davanti al Changdeokgung, ogni mezz'ora - 17.000 W. Durata quasi un'ora.

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