giovedì 13 dicembre 2012

Santa Lucia.

Lacabòn - da wiki
E' arrivato anche quest'anno il 13 dicembre. Il giorno di Santa Lucia ha un sapore particolare per noi alessandrini. Chissà perché c'era la diffusa convinzione che fosse il giorno più corto dell'anno. In ogni caso a Santa Lucia il tempo, miracolosamente, è sempre  lo stesso, tipicamente alessandrino. Una cappa grigia e fredda avvolge la città, rendendo ancor più scuro il cielo. L'aria però non è frizzantina come potrebbe suggerire la stagione, ma pesante, umida e offensiva al punto di fare intabarrare ancor più i passanti infagottati che si stringono nei cappotti mai abbastanza pesanti per difendere da questa voja d'lasmi stè. Tutto si traduce in sbuffi di condensa che escono al di sotto delle sciarpe, grige anch'esse come i cuori della gente che si ammucchia per entrare alla posta per pagare l'IMU. Eppure in linea teorica oggi è festa qui in città. In piazzetta Santa Lucia ci sono le bancarelle di un tempo. Non quelle ricche e smaglianti ricoperte di piccole cose rosse ed oro dei tanti mercatini di Natale che ormai spuntano come funghi dovunque. Chissà com'è che tanti ne sono affascinati, partono in pullman per andare a girare intorno a questi baraccotti, infreddoliti e in cerca di una serenità che non c'è più dentro e si vuole importare dall'esterno, inutilmente. 

Cosa vuoi portare a casa? Una pallina dorata per l'albero finto o la statuetta di Berlusconi che scende in campo (no, oggi è giorno dispari e fa un passo indietro. Chissà se sono previste entrambe le statuine, da cambiare ogni giorno, il Berlusconi dell'Avvento)? A noi alessandrini invece bastano queste di bancarelle, con qualche torrone spaiato e i bastoncini del lacabòn, corti stecchi di caramello indurito di miele e zucchero, avvolto in povera carta oleate in pacchettini da 1 o due euro. Ci siamo anche inventata una Denominazione Comunale di Origine (come per i Meardini, tanto per farvi capire di cosa è capace la mia città). Lo metti in bocca come un legnetto di liquirizia e succhi quel gusto dolceamaro dell'infanzia perduta, per ritrovare il senso di una innocenza che lo spread ti ha levato. Ci andavo per mano con il mio papà. Io mi guardavo intorno nella piazzetta illuminata da luci  fioche, anche loro in tono di festa minore, senza desiderare niente di particolare, perché su quei banchetti non c'era niente da desiderare. Mio padre comprava un pacchettino e subito me lo apriva; io staccavo uno dei bastoncini, che l'appiccicume dello zucchero attaccava sempre un poco agli altri e me lo ficcavo in bocca succhiandolo come un dovere. Non resistevo molto e dopo poco, quando la salivazione ne aveva già un po' ridotto il diametro infragilendone la fibra, cominciavo a rosicchiarlo, scrocchiandolo coi denti per consumarlo più in fretta. 

Stai attento a non romperti i denti, mi diceva invariabilmente mio papà, forse memore di quella volta che al bastoncino era rimasto attaccato uno dei primi denti da latte, caduto così ingloriosamente sull'altare del dolciume, croce e delizia del mio futuro di bambino grassoccio. C'erano anche gli sbuffi bianchi dello zucchero filato che però, misteriosamente, non hanno mai attratto la mia attenzione interessata. Roba da bambini viziati, forse, mi sembrava. Chissà. Il più ruspante lacabòn era l'unico complemento corretto per quella giornata e mai si sarebbe ipotizzata la sua messa in discussione, il '68 e l'età del dubbio erano ancora così lontani. E oggi, eccoli lì, uguali ad allora, pacchettini e banchetti, con i croccanti di arachidi ambrate e marroncine, che a quel tempo neppure vedevo, semplicemente perché non erano previsti. Non so come mai, ma c'era in casa mia una avversione decisa per le arachidi, 'l giapuneisi (chissà perché poi giapponesi),  roba di bassa qualità, di serie B, succedanea delle mandorle, quelle sì da preferire tassativamente nel torrone. In piazzetta Santa Lucia il tempo si è cristallizzato, forse è davvero il giorno più corto dell'anno; noi, qui, nella città della paglia, non abbiamo tempo di aspettare fino al 21, per quanto ci riguarda, la fine del mondo possiamo anticiparla anche subito.


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6 commenti:

Sandra M. ha detto...

Devono essere buoni i lacabòn. Santa Lucia mi ricorda il lato materno della mia famiglia. Mamma, nonna,...originarie di Carpi: lì i bimbi aspettano i doni di santa Lucia e anche io come te ho mille dolci ricordi. Qui il cielo oggi è "color neve".

Anonimo ha detto...

Laccaboni e neve.Infatti certi anni ce n'erano già trenta o quaranta
centimetri e nella luce spettrale della giornata era bello camminare
nella "puciaca" di neve ormai sfilacciata e nerognola. Io,che a quel tempo abitavo in via Chenna ,scendevo parecchie volte per compere di lacabon e torroncini ma anche di zucchero filato,che sorgeva quasi per magia dal calderone in cui si scioglieva la materia prima. Ma il culmine
della festa avveniva nel pomeggio,quando nella luce incerta della sera precoce e dei miseri lumi dei banchetti, si assisteva alla cerimonia religiosa nella chiesetta. Non mi stancavo di guardare la statua della
Santa avvolta nella nebbia dell'incenso e fantasticavo sulla sua storia che ogni anno mia madre pazientemente ci ( a me e a Luciana ) raccontava. Poi uscivo un po' stordita dall'incenso e dal freddo e tornavo ad immergere i piedi nella neve che cadeva fitta fitta e
pregustavo per l'indomani una bella "sghiarola" da fare al ritorno da
scuola con alcune compagne maschiacce" come me. Penso che la Santa mi abbia sempre protetta dalla rottura di ossa o altri importanti organi del corpo. Poi è subentrato l'agnosticismo e il distacco da queste tradizioni, lasciandomi la bocca amara ed un enorme rimpianto.


Paola

Enrico Bo ha detto...

@Sandra : Da noi non porta i doni, ma è un giorno un po' speciale lo stesso.

@paola : Non nevica più come una volta. Eheheheh niente è più come una volta. Le parole dell'anziano non cambiano mai!

Rossana ha detto...

Molto bello!

Ambra ha detto...

Il tuo post è intriso di nostalgia, ma è così per tutti noi che abbiamo più tempo dietro le spalle che non davanti.

Adriano Maini ha detto...

Domani chiedo a certe mie conoscenze perché non mi hanno mai parlato dei lacabòn. A meno che io non mi confermi essere il solito smemorato!

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