mercoledì 23 aprile 2014

La famiglia Cuong

Il dormitorio


Il paese di Van
Il signor Cuong ha la faccia serena di chi pensa che le cose andranno sempre meglio.Pensa di aver trovato la strada giusta insomma. La sua è una una grande palafitta ai margini del gruppo di case che sta tra collina e risaie. Qualche costruzione intorno, fatta di recente che racchiude un cortile in cui scorrazzano galline e un piccolo cane. Se fosse da noi, lo chiameremmo agriturismo. L'idea gli è venuta cinque anni fa. Da queste parti, nella valle incantata, circondata da colline che  dietro si cambiano in montagne, disegnando un palcoscenico naturale alle risaie a gradoni, arrivavano parecchi stranieri, giravano un po' qua e là e cercavano sempre qualcosa da mangiare e poi da dormire. Qualche volta ne ospitava qualcuno anche per capiva cosa cercavano questi ragazzi strani e tra l'altro, pieni di dollari. La moglie, come tutte le donne sempre più sveglia, capì subito che quella gente continuava a venire per passaparola, folgorata da una bellezza che a loro non appariva così, evidente, forse abituati ad averla da sempre sotto gli occhi. Così pensarono di farne un lavoro. Sulla palafitta grande prepararono una serie di futon e di coperte per la notte e un po' di tavoli sotto e poi cominciarono a far girare la voce nelle agenzie di Hanoi. Così adesso la gente arriva, scarica i sacchi di sopra, lui ha preparato le biciclette, e quelli se ne vanno tutto il giorno in giro nella valle tra le risaie e tornano a casa contenti come grilli. Quando torna la moglie prepara del buon thè caldo e lui si siede con loro a chiacchierare dei vecchi tempi. 

Al lavoro del telaio
Aveva dodici anni il signor Cuong quando finì la guerra con gli Americani. Suo padre stava al sud nel Delta a combattere e sua mamma con le altre donne del paese mandavano avanti la risaia. Erano tempi duri e ricorda di aver sempre avuto fame. Paura no, anche se quando sentiva il rumore degli aerei che passavano altissimi nel cielo, tutti scappavano a nascondersi nel bosco e lui, bambino, rimaneva a guardare quei piccoli uccelli d'argento che volavano dritti verso le città a scaricare la morte, rimuginando nella sua testa bambina da dove venissero e dove sarebbero andati ogni volta. Non si chiedeva mai perché lo facessero, erano un po' parte delle sue giornate di ragazzo che doveva solo andare a pescare rane dagli arginelli e correre verso il bosco quando la mamma gli gridava qualche cosa raddrizzando la schiena curva dal centro della risaia. Ricorda ancora una grande festa quando si seppe che gli aerei non sarebbero più passati. Tutte le donne del paese ridevano e per qualche giorno nessuno andò nei campi anche se erano i primi di maggio e bisognava togliere le erbacce che soffocavano le piantine di riso. Poi, dopo la mietitura, mentre tutte le donne raccoglievano i covoni secchi nei cortili, arrivò un gruppetto di soldati. Erano tutti mal messi, magri, con le divise malandate e le ciabatte ai piedi. Le donne corsero loro incontro abbracciandoli. 

Le risaie di Mai Chau
Piangevano tutti, specialmente quelle che non avevano nessuno da abbracciare e se ne stavano sedute da sole davanti alla loro capanne. Sua madre arrivò davanti a lui tenendo per mano un uomo che lui non riconosceva più. La faccia incavata e talmente magro che le sue gambe ballavano nel pigiama nero troppo largo e quando si chinò per abbracciarlo, lui cercò di nascondersi spaventato, ma poi capì e rimase a lungo tra le sue braccia, cullato dal suo sorriso. Vennero anni duri, ma in campagna in fondo qualcosa da mangiare c'è sempre e adesso non si sta per niente male, le figlie tutte sposate e tanti nipoti da godere; così è proprio piacevole stare qui a chiacchierare con questi stranieri, che arrivano sempre più numerosi. Ormai ha capito bene anche lui quanto sono belle le colline della sua valle. Certo, erano molto più belle una volta volta, quando in primavera si coloravano tutte dei petali bianchi e rosa del papavero che coltivavano i H'mong e comincia a ridacchiare e a raccontare del nonno che si ritirava di sopra sulla stuoia mentre la nonna gli preparava una bella pipa. Ancora adesso girano della grandi pipe fatte con la canna del bamboo, ma dentro c'è solo tabacco che vendono al mercato, i H'mong che stanno nelle capanne sulle colline, da oltre vent'anni seminano solo mais e manioca. 

Danze dei Thai bianchi
- Eh! Tutta roba naturale da noi, roba che fa bene, ci teniamo alla salute - dice il signor Cuong, mentre la moglie arriva con gli involtini di carne, la carpa fritta, le verdure alla griglia e le frittate. Il sentimento ecologico ha fatto breccia anche qui, almeno così pare. Intanto sulla piazza del villaggio arriva un camioncino che comincia a scaricare lastre di eternit bene impilate. C'è la fila, qualcuno col motorino, altri con un piccolo carrello se ne prendono avidamente due o tre a testa e se ne vanno a casa a tagliarsele in pezzi più piccoli, con un seghetto a mano, per finire la copertura del tetto della capanna. Certo, volete mica che teniamo ancora le foglie di palma secche che bisogna cambiare ogni cinque o sei anni. Adesso c'è il Pro Si Man (dal francese Cément), roba moderna che tiene il caldo ed è eterna! Guardi in giro e non vedi una capanna che non abbia il suo bel tetto di lastre di eternit che si sfarina al sole ed alla pioggia. E sarà così per tutto il nord del Vietnam. Intanto cala la notte e si raccontano storie strane. Sembra che in questo villaggio ci siano stati bambini che hanno ricordato la loro vita anteriore e siano andati dritti filati verso capanne dove dicevano aver abitato nell'altra vita descrivendole minuziosamente senza averle mai viste prima. Il signor Cuong dice che è un paese di gente buona, dove si vive bene e tranquilli e le anime non vogliono più andarsene, così ritornano e rinascono lì. Altro che Eternit. Allora andiamo a berci dalle lunghe cannucce, un orcio di vino dolce di riso che è meglio, intanto che le figlie e le altre ragazze del villaggio, appositamente convocate ballano come quando si fa la festa vera del paese.

Bevuta di ruou can

SURVIVAL KIT

A Mai Chau ci sono diverse sistemazioni in homestay attorno ai 100/150.000 dong a notte, si dorme in cameroni comuni su palafitta con zanzariere, in villaggi Thai. Docce calde, pulizia accettabile, Free Wifi! Consiglio quello al centro del paese, Van - 93, road Dien Bien Phu. Affitta anche le biciclette. Dopo cena balli tradizionali e vino di riso (ruou can) in una specie di grolla dell'amicizia, molto buono.

Giro in bici (o trekking a piedi tra le colline), assolutamente imperdibile. Attraversare su facili sentieri tutto il fondo valle dal villaggio di Van fino a Nhot. Risaie, orti e canali, nei villaggi, donne al telaio, contadini e vita di campagna che vi sembrerà assolutamente idillica, visto che tanto il giorno dopo ve ne andate. In stagione occhio alle zanzare.


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2 commenti:

acquaviva ha detto...

no, va be'... troppo tutto. Così però non vale...

Enrico Bo ha detto...

@Acquaviva - Ciao bella tutto bene? Guarda quello è proprio un posto da incantarsi. Dipende anche dalla quantità di vino di riso che bevi, naturalmente.

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!