domenica 27 aprile 2014

Verso Sapa

Risaie della valle di Mu Cang Chai

Con la famiglia Don
Il colore degli steli di riso illuminati dal sole in controluce che spunta dietro le nubi, è il più straordinario del mondo. Non sai neanche come descriverlo. E' tenerezza, è desiderio di crescere, è speranza di ricchezza, è fondamento di vita personale e comunitaria. A Mu Cang Chai i terrazzamenti delle risaie sono i più belli del Vietnam. Non puoi più dire altro. Solo dispiacerti per non poterti continuamente fermare a guardare, cercando di fissare nella memoria le immagini e siccome sai che queste a poco a poco svaniranno nella mente, rubarli in una serie di scatti continui e compulsivi. Nessuno resiste al tentativo di appropriarsi della bellezza. Salutata la famiglia Don e le loro nipotine, che ogni mattina passano dai nonni prima di andare a scuola, la più grande con zainetto di Hallo Kitty rosa e bicicletta elettrica, segno inequivocabile che i nonni sono uguali in tutto il mondo e che presto i foulard colorati dei Thai bianchi andranno in pensione, si sale lentamente verso il passo Tram Ton a 1800 metri, tra le montagne più alte del Vietnam. La strada non è lunga, ma la percorrerai molto lentamente, anche per non perderti dietro ogni curva, il nuovo quadro che ti si presenta dinnanzi. Qui i gradoni che salgono ripidi, con altissimi arginelli, mura di fango che uomini curvi continuamente rinforzano, dove ancora il riso non è piantato, specchi luminosi d'acqua che riflettono il cielo in un puzzle ribaltato; bufali grigi e pelosi che tirano aratri di legno; orme nel fango a segnare la fatica del vivere. Laggiù invece, dove le piantine sono già alte e fitte, il verde oro spalmato sul fianco del monte, è scalfito solo dai disegni scuri dei bordi che seguono le isoipse con la puntigliosità del cartografo. 

Risaie vicino al passo
Ma ad ogni fermata, ecco mercatini improvvisati, dove gli alti cappelli a cilindro delle H'mong nere si mescolano alle casacche azzurre delle Nung, sottili e delicate. Lungo la strada, teorie di donne cariche di gerle piene di canna o legna secca, accesa dalle sgargianti acconciature delle Dzao rosse che fanno a gara per competere con la fioritura dei mandorli e degli albicocchi, abbondante ed esagerata che punteggia ogni spazio tra le capanne. Salendo verso il passo, comincia a prevalere la foresta, la valle che si insinua nella catena più alta del paese è ancora più fresca e la strada si lascia alle spalle la nebbia e le nubi più basse. Sulla destra, le creste del Fan Si Pan, la cima più alta del Vietnam. Al di là il clima cambia completamente, è la valle che porta a Sapa, la città regina del nord, di certo la più conosciuta e visitata da chi è affascinato da questi aspetti del paese. Nei pochi spazi lasciati liberi dal bosco fitto di latifoglie, coltivazioni di rose e di foglie di carciofo, di cui, guarda un po', non si producono, né si mangiano i capolini. Ancora una sosta alla cascata di Thac Bac, in questa stagione solo un rivolo di un centinaio di metri di altezza, ma di cui riesci appena ad immaginare quale possa essere l'imponenza durante la stagione delle piogge. Poi, giù a precipizio fino a Sapa, il punto base per conoscere da vicino il mondo delle minoranze etniche. Qui è necessario fare un discorso complicato, che parte dal punto di cosa ci si aspetta venendo fin quassù. Se sperate di trovare villaggi idillici che vivono una realtà ancestrale e che guardano l'occidentale arrivato dall'altro mondo con stupita meraviglia, avete certo preso una cantonata. 

H'mong neri
D'altra parte è assolutamente assurdo lamentarsi del fatto che ci sia qui una enorme numero di turisti che si aggirano come volpi impazzite fotografando tutto quello che si muove, inseguite da una muta di predatori che si attaccano alle loro calcagna per vendere collanine, ricami e qualunque altra paccottiglia da turista, come da costume in ogni parte del mondo. Intanto se c'è un posto bello e con situazioni interessanti da vedere, non puoi avere la pretesa di arrivarci da solo e godertelo in santa pace. E' naturale che, dato che oggi è facilissimo arrivare in qualunque punto del mondo con relativamente pochi soldi, i luoghi famosi siano affollati di gente che si dà fastidio l'una con l'altra. In secondo luogo è altrettanto naturale che la gente che vive in questi luoghi, in genere poverissima, che fino a ieri aveva difficoltà a mettere insieme il cibo necessario a non far morire di fame i molti figli, che a sfoltirli ci pensavano comunque già le precarie condizioni sanitarie, all'arrivo di questa folla di portatori sani di dollari, pensino di modificare le proprie abitudini lavorative in funzione di questa straordinaria e impensabile opportunità. Inoltre è ovvio che questo mondo nuovo che spinge alle porte e la contezza di quanto accade nel resto del mondo, prima incognito, può indurre in tempi brevi, forti cambiamenti negli stili di vita, che non rimarrà solo legato all'uso ormai indispensabile del telefonino, ma probabilmente all'abbandono anche degli usi, dei vestiti e di ogni altro aspetto che caratterizza e rende così diversi ed interessanti questi popoli. 

Dzao rossa
In una parola sentenzieremmo: la perdita della loro cultura. Certo tutti noi ci stracceremo subito le vesti, disperati, perché tutto questo andrà perduto, non si potrà più vedere e intanto pochi giorni dopo ce ne torniamo a casa su un comodo aereo, a mangiare piatti surgelati guardando programmi di cucina in TV e parlando da gastrofighetti della differenza tra il sale rosa dell'Himalaya nel confronto di quello nero delle Hawaii. Ma per queste popolazioni, è meglio rimanere con la loro meravigliosa cultura, i loro caleidoscopici vestiti, le feste nei campi che finiscono con tanti orci di vino di riso vuoti, coi ragazzi che occhieggiano le deliziose contadinelle dalle larghe gonne blu, per carpire uno sguardo di sfuggita, finendo poi a stendersi in una lurida capanna piena di insetti coperta di eternit, dopo aver seppellito quasi la metà dei figli morti di stenti e di dissenteria, oppure perderla definitivamente assieme alla lingua diversa, le tradizioni ancestrali, in cambio di un lavoro normale, una istruzione scolastica decente, cibo tutti i giorni, medicine efficaci al posto delle salutistiche erbe del bosco, unite alle benedizioni dello sciamano e magari un pozzo di acqua sana e un frigo dove conservare gli alimenti. Già certo, così aumenterà il consumo di energia e e la produzione di Co2 che riscalderà il pianeta, ma perché a questa gente, non glielo vuoi andare a raccontare tu, che di frighi e congelatori ne hai tre, oltre a cinque televisori e sei arrivato fin qui in aereo consumando più cherosene che questo villaggio in tutta la sua esistenza, che loro non hanno diritto di bere un bicchiere di acqua fresca!

La cascata Thac Bac
Guardate che ci si abitua subito a queste cose e andare a spiegare che era meglio prima, di come era fantastica la vita bucolica, delle caprette che fanno beh, va bene per i ragionieri che, stufi della banca, giocano all'agricoltore biodinamico, ma se lo dici a questa gente, ti prendi giustamente una roncolata sulla testa e fa male. Inutile dire anche che si potrebbe prendere il meglio della modernità e mantenere la bellezza della tradizione, sono sacrosante balle, il mondo non funziona così, lo star meglio, con tutti i suoi svantaggi, si mangia in un boccone lo star peggio, anche se c'erano cose piacevoli, con tanti saluti ai complottisti che vorrebbero distruggere Big Pharma o la cattiva Monsanto. Bisogna farsene una ragione, vuol dire che rimarrà come nelle nostre valli, una sorta di Proloco che una volta l'anno vestirà un po' di ragazze coi vecchi costumi e farà la festa del paese con la polentata e le salcicce e ci sarà sicuramente un predicatore santo, un Carlin Nguyen Pet Rin che riscoprirà le costine di maialino nero e il decotto di foglia di carciofo del passo di Tran Tom e ci farà il suo business assieme a un Fa Ri Net che aprirà i suoi Viet Food ad Hanoi e magari anche ad Hong Kong. Ah che delizia la manioca dell'altipiani seccata al sole e assolutamente garantita senza OGM! Ma mi faccia il piacere, diceva Totò. Comunque date retta a me, cercate di impattare il meno possibile e poi godetevi quel che c'è da vedere senza recriminazioni, l'acqua scorre verso il basso e non si può fermarla con le dita.

Spianatura del terreno in risaia


SURVIVAL KIT

Il Fransipan
Fransipan - E' la montagna più alta del Vietnam (3143 m), si può scalare, ma la cosa è più complicata di quanto non suggerisca la sua non eccessiva altezza, a causa della zona piuttosto impervia. Occorre buona preparazione escursionistica e guide locali.

Passo di Tran Ton - Anche questo il più alto del paese a quasi 1900 m,  a 15 km da Sapa. Strada molto panoramica, Questa assieme alla precedente valle di Mu Cang Chai, in cui sono presenti forse le più impressionati risaie terrazzate del nord, dà la possibiltà di osservare lungo la strada popolazioni di H'mong neri e bianchi, Dzao rossi e Nung. Molto fotogenico.

Cascata Thac Bac (Cascata d'argento - ingresso 3000 dong) a 12 km da Sapa, si può fare un breve circuito a piedi che porta a metà del salto (circa 100 m) molto più impressionante di certo in estate, quando la portata sarà imponente. Mercatino alla base.


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2 commenti:

Unknown ha detto...

Facile, sì, la sicumera certa da tappeto che non sa d'uomo e non se lo cammina, curiosa

Enrico Bo ha detto...

@Tent - cammina cammina e se ancora non cammina camminerà domani...

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!