domenica 9 settembre 2018

Voglia di far poco

Sarà l'aria. E' un mistero, ma quando sono qui sulla Cote, che qualche giorno di riposo, il pensionato bolso ha disperato bisogno di trascorrerle anche qui, vengo preso da un senso inesplicabile di sdilinquimento che mi farebbere trascorrere un lasso di tempo anche illimitato in una sorta di quieto abbandono, quasi un sonno dei sensi e dei pensieri, uno stato di assenza cosciente, che mi permetterebbe un dormiveglia indefinito, abbandonato indifferentemente sulla spiaggia o su una poltrona in terrazza, senza fare assolutamente nulla, se non leggiucchiare distrattamente un libro o scarabocchiare, sbagliandolo, un sudoku. E, dirò di più, non mi sento assolutamente in colpa, anzi meno faccio e meno farei; quasi quasi mi pesa anche varare faticosamente il mio imponente corpaccio lungo la pendenza della spiaggia, lasciandolo scivolare sulla battigia fino allo sciabordio dell'onda. Poi nell'acqua, l'amico Archimede aiuta molto e di nuovo diventa faticosissimo riguadagnare la riva. Però quello che stupisce, è proprio quell'atmosfera atona, in cui tutto è in stand by, specialmente il cervello, per cui leggi i titoli del giornale e invece di fare un balzo terrorizzato per quello che sta accadendo, ti giri dall'altra parte emettendo al massimo un leggero sospiro. 

O forse sarà la luce, questa luce forte che ti appanna l'occhio e rivigorisce i colori magnificandoli all'estremo, il verde delle piante, i viola, i rossi, gli amaranto dei fiori che a cascate si affacciano fuori delle case, le gonne leggere delle ragazze che svolazzano, le attrezzature da mare. E' una luce assolutamente diversa da quella a cui siamo abituati noi della bassa che del mare, da piccoli, avevamo solo sentito parlare. Per forza che tutti i grandi pittori dell'800 venivano qui, incantati proprio da questa luce assordante che ti segna l'anima e la pelle, ovviamente se non usi la protezione 50. Così rimango qui, neghittoso, ma senza sensi di colpa, in posizione orizzontale a respirare come diceva il Buddha, ma almeno lui stava seduto sui calcagni, io no, mi farebbero male le ginocchia. Non mi smuovono neppure sentori leggeri di fritture di pesce, pissaladière e bouillabbesse, che pure qui dovrebbero smuovere i morti. Non ho neanche la voglia o il desiderio di mettere insieme le informazioni, di studiare, di preparare tutta la logistica per la prossima partenza, che ormai è già lì che sta incombendo. Si sa, tempus fugit.  Già scrivere queste poche righe rappresenta uno sforzo notevole, per cui scusatene la povertà. Vuol dire che finisco di leggiucchiare il libro che stavo sfogliando, poi scivolerò nell'acqua con la grazia di un tritone innamorato di un affresco seicentesco. Domani vedremo.



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3 commenti:

Juhan ha detto...

Però fammi capire 'na roba: uno (p.es. me) deve arrivare alla riga numero 6 per trovare un punto. Che a dirla tutta non è nemmeno un punto fermo (punto e a capo) ma il ragionamento sottostante continua /v. "E"). Adesso non andiamo a considerare quanto sia controproducente on-teh-toobz una roba pareil ma viene voglia di mettere in dubbio la (come si dice, non mi viene la parolina) fancazzaggine dichiarata.

Enrico Bo ha detto...

Come hai ragione, la mia sintassi è contorta, complessa, involuta, un po' ciceroniana, se vogliamo, insomma chi ha fatto suo malgrado studi classici se li porta dietro tutta la vita, anche se poi ha fatto più o meno il contadino vendendo concimi e mangimi per buona parte della vita!

Laura ha detto...

Un po’ (ma solo un po’....) ti invidio questa calma serafica, abbastanza in contrasto con la frenesia da viaggio. Confesso che io morirei di noia dopo dieci minuti..

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