Torino - Cimitero monumentale - foto T.Sofi |
Due giorni di sole, splendidi, rasserenanti, con un'aria tersa e cristallina che ti lascia guardare lontano. Raramente avevo visto subito dopo Asti, sull'autostrada, l'intero arco delle Alpi dalle Marittime fino alle Lombarde splendidamente bianche con la base scura leggermente tremula che non ne lasciava indovinare anche i paesini delle ultime colline. Che spettacolo, la pennellata bianca distesa con cura sulle ondulazioni dolci, i rami ormai spogli a segnalare che la vita è ancor lì dormiente ad aspettare. Non una asperità, non un disturbo a sporcarne la purezza ghiacciata che riflette la luce mentre fa la gibigianna come un monello giocoso. E il freddo che ti pizzica il viso non è neppure fastidioso se ti coglie vicino al Po, la sagoma della Mole di fronte e Superga lontana sulla collina, a chiacchierare con vecchi amici del tempo passato, il grande piacere dei vecchi, se hanno la fortuna di arrivare a questo momento. A rivangarlo, questo passato, avvoltolandone le zolle con amore perché rappresenta il nostro essere, quello che siamo stati, quello che avremmo voluto essere, nella consapevolezza di quello che saremo, inevitabilmente secondo un ciclo che non sarebbe neppure giusto voler cambiare. Ed il velo bianco sopra quelle lastre di marmo, sulle statue pensose, sui simulacri ormai secchi di fiori avvizziti ma ancora presenti, racconta la pace di una scelta che comunque non si sceglie; si accetta, si aspetta. Buoni i peperoni con la bagna caôda leggera.
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