Jonathan |
Ed eccomi di nuovo qui ad inaugurare, come vi avevo preannunciato l’inizio della mia vacanza autunnale, composita e piena di stimoli interessanti come non mai, cosa di cui sono naturalmente molto contento, anche se tutto sommato impegnativa, ma questo sarà argomento futuro. Intano, dopo qualche indispensabile giorno per tentare, con grande fatica, cosa che mi ha quasi annullato il beneficio della vacanza estiva, di sistemare gli inevitabili strascichi che la burocrazia ti butta tra le gambe per farti inciampare e sbattere il muso per terra e che per tanto faccia continui a portarti dietro come la bava di una lumaca che cerca di scappare in un campo di lattuga. Così me li sono portati dietro anche qui sulla Côte, che è diventato un altro dei miei luoghi elettivi che, come pochi altri, riesce a darmi un piacevole senso di tranquillità davvero unico e che, per troppo poco tempo purtroppo, riesco a frequentare per aggiungere riposo a riposo, momentaneo ed episodico certo, ma sempre meglio che eterno. A quello ci penseremo spero, unitamente ad un gesto apotropaico, più avanti. Anche qui risolti facilmente alcuni piccoli problemi, ma bisogna dire che l’amministrazione francese, al contrario della nostra, anche se assai più rapace ed esosa, è sempre molto collaborativa e ti aiuta al massimo se si tratta di farti pagare, contrariamente alla nostra che nel succhiarti via il grano ti impone anche di subire sofferenza, perché pensa che comunque te la meriti.
Comunque, risolto tutto in pochi minuti eccomi nuovamente disteso su questa ineguagliabile battigia sassosa, mentre il mare ne lambisce il bordo con cura delicata, come la mano carezzevole di un amante delicato e dolcissimo. E’ davvero una situazione impagabile, di certo il momento migliore per delibarne le caratteristiche più piacevoli. Giugno come settembre sono i momenti topici per questo tratto di costa, lontani dal bailamme estivo e parimenti dai rigori invernali, che il mare d’inverno sarà pure suggestivo, ma a me pare triste, col vento che ti sferza il viso e il freddo diventa fastidio, quando in montagna è piacere. Invece adesso la temperatura è perfetta, il sole tiepido ma non fastidioso, sulla spiaggia ci si conta, inutili pensionati in attesa della fine, ma non domi e pronti a sfruttare fino all’ultimo il sostegno dell’INPS, resistendo dispettosamente alle onde del Covid e di ogni altra peste che il cielo ci vorrà mandare. Come si sta bene, gli occhi socchiusi, un libro, leggero, anzi leggerissimo, in mano, il sentore di iodio da inalare che arriva da sud, sommo beneficio per me che ho lasciato a maggio l’ennesimo importante organo di questo mio corpaccio inutile e magagnoso nella pattumiera di una sala chirurgica, carne morta da smaltire come trippa per gatti.
Un gabbiamo vola radendo il confine tra mare e terra, mi sfiora e poi plana via verso lidi lontani, quasi a volermi segnare la via; vai Jonathan, goditi la libertà che ti compete, vai verso l’infinito, per le strade del mondo, vai a scagazzare lontano da qui, dove invece tutto è pulito, la spiaggia pulita, l’acqua pulita, la passeggiata pulita, quasi mi sento a disagio io, che ieri non mi sono lavato i capelli. Certo, dove tutto è in ordine e pulito si sta bene, si sta meglio e addirittura cerchi di capire le motivazioni per quei blocchi all’uscita dell’autostrada che porta in paese, con stanchi gendarmi che ti fermano per controllare che non porti qualche nero in fuga sul sedile posteriore, miserevole dimostrazione di fermezza senza se e senza ma, esaltazione muscolare di facciata anche se totalmente inutile, di fronte ad una opinione pubblica disturbata e che comunque non servirà, né ad evitare che l’acqua continui a fare il suo naturale corso, da dove si sta male a dove si spera di stare bene, né a bloccare l’ascesa al potere delle orrende ideologie che si pensavano affondate nelle fogne della storia ed invece ogni tanto, con malevola periodicità riaffiorano, perché comunque sia non muoiono mai, qualunque cosa sia mai stata fatta.
Bisogna lasciare passare i decenni,
poi la storia ridarà le carte e i nostri ripoti, come già abbiamo fatto noi, si
chiederanno come poteva la gente non sapere o fare finta di non sapere e
ignorare questa volta, la gente che muore, che viene uccisa, torturata,
violata, solo perché è nata nel posto sbagliato. Il mare invece, rimane qui di
fronte a me, quasi immobile, culla e liquido amniotico allo stesso tempo; come
immaginarlo onda violenta e distruttiva, assassino ed insensibile giustiziere
allo stesso tempo, livella impietosa che spezza i fili della vita a caso,
natura leopardiana priva di sensibilità verso quel genere estraneo ai suoi
ritmi. Va bene, adesso basta, io sono nato dalla parte giusta e posso godermi
questo otium impagabile e meraviglioso, dove altri vorrebbero invece
aggrapparsi alle rocce con le mani sanguinanti. Chissà se prima o poi, magari
in un’altra vita, ci toccherà pagare il conto.
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