martedì 4 dicembre 2012

Aflatossine 2012.

Larva di piralide in azione - dal web.

Penso che molti tra coloro che mi seguono, non conoscano o non abbiano mai sentito parlare di aflatossine. E' un argomento interessante per capire la mentalità della gente e del sentire comune, per cui ci perdo un attimo, se permettete. Dunque, il granoturco, che in minima parte serve a fare la polenta, ma ha centinaia di usi alimentari diversi (dall'olio, all'amido, ecc.) serve nella quasi totalità per l'alimentazione degli animali. In Italia se ne producono da 6 a 10 milioni di tonnellate, più o meno per semplificare, circa la metà di quanto serve, il resto lo importiamo. Essendo una pianta totalmente artificiale (che non esisteva in natura) ma che è stata creata dall'uomo in 10.000 anni di miglioramento genetico, è, come tutti gli artifici, molto produttiva ma molto delicata e soggetta ad innumerevoli nemici animali e vegetali. Il più importante è la Piralide (Ostrinia nubilalis), una farfallina apparentemente innocua che deposita le sue uova sui residui di mais dell'anno precedente che rimangono nei campi durante l'inverno. Le sue larve scavano lunghe gallerie nelle pannocchie (che in realtà si chiamano spighe) e nei teneri culmi di mais che poi si spezzano al minimo soffio di vento con una perdita di produzione. E chi se ne frega direte voi, saranno cavoli del contadino. 

No, non è così, sono cavoli vostri perché all'interno di queste gallerie (in misura più o meno maggiore a seconda dell'umidità delle estati) si formano dei funghi (del genere Aspergillus), delle muffe insomma, che lasciano come residuo delle tossine, le famose aflatossine di cui vi ho detto, che sono uno dei più potenti cancerogeni naturali conosciuti (molto di più, tanto per dire, della diossina). Queste, dopo la trebbiatura passano dunque nelle farine e rimangono nei vari prodotti derivati fino a trasmettersi quasi inalterate nel latte degli animali che poi noi consumiamo (non nelle carni per fortuna). Ora, da tempo in Italia e in molti paesi del mondo, la questione è seguita con molta attenzione e ben monitorata, i controlli sono assolutamente stringenti e così è praticamente impossibile (se non con dolo) che nella filiera industriale passi un chilo di granoturco con un contenuto di aflatossina superiore alla quantità certamente non nociva, quantificata in 20 ppb (parti per miliardo). Naturalmente questi controlli non sono previsti, o sono meno esaustivi, in tutte quelle quantità che vanno direttamente dal produttore al consumatore (ehehehehe) o in quelle filiere "biologiche" e non "industriali" che amano appunto fregiarsi del lasciar fare alla natura e nelle cui situazioni si è obbligati a non combattere i parassiti delle colture con tradizionali pesticidi, preferendo sistemi "naturali". 

Ma quale è il problema di quest'anno? Data una estate particolarmente avversa alla produzione del granoturco, con basse rese, risulta che quasi un terzo di tutta la produzione italiana stoccata (quasi 2 milioni di tonnellate), presenta dopo i controlli, una quantità di aflatossine che supera le 20 ppb, il limite giudicato pericoloso (dati da L'Informatore Agrario). Capirete che non è possibile buttare via un terzo della produzione italiana, così come niente. Un decimo circa, potrebbe essere usato negli impianti a biogas, anche se con perdita di valore (circa 200 milioni di euro, non noccioline). Ma del resto che se ne fa? Ecco dunque spuntare la proposta per alzare i limiti a 100 ppm quantità certamente dannosa per l'uomo, ma di cui si potrebbe autorizzare l'uso nella produzione di alimenti per animali da carne, in cui come abbiamo detto non rimangono residui. Soluzione praticabile certamente in sicurezza, ma di cui si potrebbero avere ricadute pesanti in termini di immagine sul prodotto italiano di qualità, essendo i consumatori psicologicamente piuttosto sensibili a queste deroghe, più che alla dura realtà dei fatti. Questione piuttosto spinosa, non vi sembra? Con notevoli pericoli comunque, che ingenti quantità sfuggano ai controlli successivi, per incuria o per dolo. 

Naturalmente nessuno, in particolare le associazioni agricole, colpevolmente schierate in questi problemi, solleva la questione che in Italia sia vietato l'uso di mais OGM nelle varietà BT, costituite appunto per non essere attaccate dalla piralide e quindi praticamente esenti e senza uso di specifici pesticidi da questo problema, che avrebbe ridotto notevolmente questo problema. Così come, ben uniti a tutti i biotalebani,  fanno ben finta di non ricordarsi che quasi tutto il mais che importiamo (abbiamo detto circa il 50% del fabbisogno) è OGM appunto di questo tipo (e usatissimo nell'alimentazione degli animali che producono le nostre eccellenze, formaggio grana o prosciutto in prima fila, tanto per dire). Così per dare retta a Capanna e i suoi adepti, siamo in questo trappolone. Banditi gli OGM, che rientrano poi dalla finestra dell'importazione, e pieni di aflatossine cancerogene. Pensate che questa gente, non sapendo più a che santo votarsi mettono addirittura in dubbio la pericolosità delle aflatossine, attribuendole ad una invenzione delle cattive multinazionali per diffondere l'uso dei perfidi e questi sì pericolosissimi OGM! Non puoi metterti contro la religione, non c'è niente da fare, ti bruceranno sul rogo. Meditate gente e occhio comunque, alla polenta biologica del contadino.



cfr. Informatore Agrario - n. 45/2012 - pag. 15


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6 commenti:

Martino ha detto...

Pirla profeta in patria.

Scusami per la frase che ho appena scritto, nella quale traligno dalle mie solite abitudini di buona educazione. Considerala una sorta di "libera associazione", come quelle pratiche psicologiche in cui si chiede di pronunciare la prima cosa che ti passa per la testa sentendo una parola. C'è chi a "gatto" risponde "coccole" e chi risponde "pulci".

E, ovviamente, Pirla non sei tu.
Tu, io, e troppo pochi altri, purtroppo siamo Nemo.

Chi sia Pirla lo lascio alla libera associazione dei lettori.

Juhan ha detto...

Va detto che subito dopo la trebbiatura i campi vengo prima passati con il ripper (chissà come si dice in italiano, lo scuarciatore?) e poi arati. Ma non credo basti.
Fatto curioso: mentre per i mangimi trovi sempre l'indicazione che la soya è GM per il mais solo a volte.

Marco Bruno ha detto...

Enrico,

grazie per il post. Conoscevo le aflatossine ma non il casino che sta dietro. Tienici informati su cosa decideranno i guru.

Enrico Bo ha detto...

@Marty - tanto sai che è fiato sprecato.

@Juhan - vero , è anche un obbligo di legge arare le stoppie di mais prima dell'inverno proprio per ridurre la piralide, ahimé spesso disatteso da agricoltori poltroni.

@Marco - cercherò di mantenere l'info attiva se i biotalebani non mi incendiano il PC, Sai com'è.

bacillus ha detto...

A dire il vero non c'è un'evidente correlazione tra attacchi di piralide e contaminazione di aflatossine. La correlazione è evidente per un'altra classe di micotossine, ovvero le fumonisine (non meno pericolose).
Le aflatossine sono più legate all'andamento climatico ed alle condizioni di conservazione della granaglia.

Enrico Bo ha detto...

@bac - Ringrazio bacillus per la corretta precisazione, non volevo scendere a fondo nelle notazioni tecniche e quindi ho assimilato tutto nel gruppo delle aflatossine, ma è assolutamente giusto dire che quelle più direttamente collegate alla piralide sono fumotossine.

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