E così è venuto finalmente il momento di partire per i
monti. Era quasi ora col caldo che fa. Intanto,
di primo mattino è cominciato lo stivaggio dei materiali. Macchina in cortile e
montagna di masserizie accumulate a fondo scala. Nascosti con cura dietro le
finestre i vicini ridacchiano. Ogni volta sempre di più, un cumulo immenso di pacchi, borse, sacchetti
che rigurgitano di ogni cosa pensabile e occupano una superficie talmente vasta
da far pensare ad un esodo biblico, una transumanza definitiva, un cambio di
vita con conseguente abbandono di un territorio sfruttato al massimo, una
migrazione senza ritorno. Una fuga impietosa da un paese dei Calderoli e degli
Alfani, vani desideri, sogni impraticabili. Appare quasi certo, invece, che l'auto,
con i suoi spazi pur piuttosto capienti tra bagagliaio e sedili lasciati liberi
dagli esuli, possa contenere tutto il carico. Ma l'addetto allo stivaggio è
vecchio del mestiere e la lunga esperienza fa sì che a poco a poco, provando
varianti diverse con pazienza certosina, tutto trovi il suo giusto spazio, ogni
più piccolo pertugio sia colmato, ogni bagaglio si incunei nella posizione
perfetta che consenta anche agli altri di prendere il proprio posto. Infin si
parte, il nonno convinto a fatica e timoroso per l'avventura, gli altri
frementi di abbandonare la città fallita, precorritrice di Detroit, avvolta fino
all'ottavo miglio, dalla cappa rovente dell'afa estiva implacabile.
Con tante
cose imbarcate, c'è praticamente la certezza che nulla sarà stato dimenticato.
Si risale la val Chisone, dopo aver lasciato al fianco Piùbes, per l'ennesima
volta senza andare a trovare l'amico Juhan del Tamburo a scroccargli un caffè,
valle che risplende, verde e selvatica per la pioggia frequente di questa umida
estate e finalmente la silhouette frastagliata del Forte si staglia sul fianco
della montagna. Riaprire una casa dopo un anno è sempre impresa dura, non fosse
altro per lo scarico di tutto quanto portato seco. Ragnatele e terra dovunque,
polvere che impasta l'occhio umido del nonno che sale a fatica i gradini,
terrorizzato per il temuto freddo montano, il vero incubo che ha impedito fino
ad oggi una partenza più anticipata. Nella concitazione della partenza, ha
dimenticato gli occhiali da lettura, suo unico svago. Sarà dura. Ma non il
termometro per controllare con attenzione la temperatura. Eccola là, ci sono
diciannove gradi e giù maglioni. Bisogna correre ai ripari, che non siamo mica
a pettinare le bambole. Tutto previsto. Mano allo scatolone preparato per la
bisogna. Conoscendo la situazione ecco saltar fuori una apposita stufa da
montagna portatile.
Sarà sufficiente istallarla per avere un bel tepore in
pochi minuti. Si sa che io appartengo
alla categoria degli inetti nelle cose pratiche, pertanto mi ero preoccupato di
acquistare un attrezzo idiot proof. Il venditore, cui la mia insistenza di avere una cosa davvero
semplice da maneggiare, aveva causato una manifestazione di quasi
insopportazione malcelata, alla mia ennesima richiesta di rassicurazioni, mi
aveva tagliato corto con un: Guardi c'è un bottone On/off e aveva battuto lo
scontrino abbandonandomi al mio destino con lo scatolone tra le braccia. Tirato
fuori l'attrezzo, spunta subito un libretto di istruzioni di 124 pagine. Non mi sembra che ci sia solo un bottone di accensione. Anzi, noto subito un display
di dimensioni generose. Ho già capito che sarà una grana. Intanto la lettura
del libro dell'illuminazione, come dicono i cinesi, è subito superiore alle mie
forze per cui lo metto subito da parte. E' chiaro che l'operazione fondamentale
deve essere quella del riempimento del serbatoio di carburante di cui sono
fornito di una generosa tanica. Subito si nota che l'estrazione del
marchingegno non combacia coi disegni del libretto. Non riesco neanche a capire
come si apre il tappo, non parliamo della pompa di plastica, in stile
"sigugnòla" da travaso del vino che mi ricorda antiche battaglie tra
il mio papà ed una damigiana da 54 litri.
Dopo diversi tentativi qualcosa
scorre dalla tanica al serbatoio, ma troppo presto si gridò vittoria, il
liquido arriva impetuoso, abbondante ed al momento del troppo pieno, il flusso
si presenta inarrestabile e subito trabocca in ogni dove, inondando il
pavimento di pericoloso materiale infiammabile. Parole di cui poi ci si pente,
cominciano a salire al cielo con toni sempre più alti ed accezioni decisamente
inurbane, da festa della Lega. Bisogna rendersi
conto, una volta per tutte, che ognuno dovrebbe dedicarsi alle cose che sa fare
e basta, invece le esperienze passate non servono a nulla ed ogni volta si
ripetono gli stessi errori idioti. Ed eccomi qui alle prese con il fiotto di
liquido che deborda e mi sta corrodendo le mani peggio dell'acido muriatico. La
devastazione è totale, ne è finito più fuori che dentro. Toccherà aspettare che
asciughi la più grossa, per lo meno sulle pareti del serbatoio prima di reintrodurlo
nella sua sede, sempre che riesca a rinserrare il tappo, che le istruzioni
minacciano di maneggiarlo con speciali cure pena la decadenza della garanzia o
in alternativa l'esplosione della stufa stessa. Le pagine del libretto dedicate
allo scoppio di incendi sono più di quelle che mettono in guardia
dall'avvelenamento dell' ossido di carbonio.
Speruma bén. Devo accelerare i
tempi per sottrarmi allo sguardo disperato dell'avo intirizzito, mentre a me
cola il sudore dalla fronte per la difficoltà dell'operazione. Basta, succeda
quel che deve succedere, infiliamo la spina e muoia Sansone con tutti i Filistei.
Troppo semplice, come prevede la legge di Murfy, se devi infilare una spina in
una presa nuova, benché a possibilità multiple, questa sarà certamente
dell'unico tipo non previsto dall'elettricista installatore. Mentre il nonno
sempre più preoccupato rinserra i lembi di una ulteriore coperta attorno alle
spalle, un veloce messo viene inviato alla ricerca di un apposito raccordo che
consenta l'accensione. Finalmente tutto sembra a posto. E' l'ora della verità. Accendiamo
e se alte si alzeranno le fiamme dell'inferno, accada quello che deve accadere,
il fuoco purificatore farà giustizia di tutto. Ma una serie infinita di opzioni
deve ancora essere tarata, altitudine, data e ora, temperatura di spegnimento
automatico e altre piacevolezze del genere. Infine con un piccolo scoppio una
fiamma azzurrognola si leva e un grato puzzo di idrocarburo combusto avvolge
l'ambiente. Mentre il nonno si rannicchia sotto le coperte in attesa che
l'ambiente si arroventi, crollo esausto sul
terrazzino. Finalmente le vacanze sono cominciate.
Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:
2 commenti:
Ad maiora! Un po' mi mancano i monti...
@Adri -Anche il mare però...
Posta un commento