martedì 21 aprile 2020

Da Hodeidah a Manakha


Al Hajjarah - agosto 1977


La Tihama
Hodeidah è una città piuttosto anonima, essendo cresciuta negli anni sessanta e quindi con un aspetto decisamente moderno rispetto alle altre città yemenite. Allora aveva circa 100.000 abitanti, ma dando un'occhiata sul web per capire la situazione attuale, mi risulterebbe che nel 2019 fosse uno dei punti clou della guerra e che verso metà anno la città contasse ancora, nonostante i profughi in fuga verso la montagna, quasi mezzo milione di abitanti e che verso metà anno il governo, appoggiato dai Sauditi, avesse costretto alla fuga la ribellione Houthi filoiraniana. Noi ci svegliammo presto, ma già faceva talmente caldo, tra l'altro umidissimo, essendo abbastanza vicini al mare, che decidemmo di non arrivare neppure vicino all'acqua, ma ci dirigemmo velocemente verso la stazione dei taxi collettivi per trovare un trasposto verso Sana'à al fine di raggiungere il più presto possibile i 2000 metri della montagna, che pur essendo calda in estate, manteneva una temperatura respirabile. In pratica scappavamo alla minima velocità consentita, sotto una cappa plumbea di un'afa veramente mortale. Eppure a trenta anni eravamo due sgarzolini al limite minimo di peso di tutta la nostra vita presente e futura. La nostra macchina, riempitasi velocemente, partì quasi subito. Era piena di donne piuttosto corpulente che avevano riempito il bagagliaio sul tetto diceste e scatoloni. Noi riuscimmo a sederci vicino all'autista, senza proferir parola per tutto il viaggio, godendo così della condotta sportiva del pilota, già sotto qat, che guidava con una mano sola, necessitandogli la sinistra per strappare le foglioline, nettarle tra pollice ed indice e cacciarsele in bocca. 

Pianta xerofila
Quando cambiava con la destra necessariamente abbandonava il volante, ma quasi sempre in rettilineo, d'altra parte non è che si possono avere tre mani. Pensate che con la vecchia strada, per percorrere i soli 226 chilometriche separano Hodeida da Sana'a ci volevano ben tre giorni, quindi questa nuova opera è stata davvero importante per le comunicazioni del paese. Il primo tratto della strada, costruita dai cinesi, che evidentemente e con lungimiranza, si impegnavano fin dagli anni '70 alla loro espansione mondiale, che cominciava a partire dal cippo commemorativo appena fuori città, traversava orizzontalmente la fascia pianeggiante della Tihama, un pianoro solitario che appena lontano dal mare manifestava la sua natura di deserto pietroso e privo di vita, salvo qualche arbusto xerofilo dalle foglie grigioverde pallido. Questo territorio è veramente un unicum assoluto, completamente invivibile a causa di un clima assolutamente insopportabile per quasi tutto l'anno. Tuttavia questa striscia larga una trentina di chilometri e lunga meno di 400 che costeggia il mar Rosso dal confine Saudita fino allo stretto di Bab ed Mandeb, deve avere un suo particolare fascino, proprio per questa sua invivibilità assoluta, le sue spiagge infinite, i piccoli paesi un tempo semiabbandonati coi porticcioli insabbiati, oggi chissà. 

La strada Hodeida Sana'a
Di certo uno dei punti più interessanti devono essere le sue isole disabitate, sabbia e rocce che affiorano in questo mare sempre calmo e senza onda, dai fondali, si dice, assolutamente strepitosi e naturalmente sconosciuti se paragonati all'affollamento che avviene all'altra estremità nord di questo mare. Ma noi intanto, dopo il piccolo centro di Bajil, affrontavamo i primi contrafforti della strada che si inerpicava sulla montagna, una strada difficile e tutta curve che saliva subito forte, dopo il bivio per Mabar che segue il tragitto della vecchia strada,  verso una catena di molti selvatici ed aspri. Tuttavia guardandoci attorno, man mano che si procedeva in valli laterali e profondissime, seguendo il percorso del wadi Bani Saad,  il verde cominciava a riprendere spazio sui fianchi scoscesi, che presto si mostrarono fitti di una serie di terrazzamenti complicati e vertiginosi, procedendo verso quello che oggi vedo sulla mappa è segnalato addirittura come Haraz wildlife sanctuary, cosa che sta a significare che probabilmente, almeno nell'intenzione la zona è così bella e selvatica da considerarla come un parco naturale e mi risulta da qualche ricerca sul web, sia stata addirittura inserita in una lista di candidati a diventare sito Unesco, cosa che poi, come ovvio, è stata accantonata dalla guerra senza fine che proprio in questa area trova i suoi principali punti di sfogo. 

Gruppi di case sparse
Questa zona era abitata attorno all'anno 1000 da popolazioni sciite che facevano capo al regno Himyarita della dinastia Sulayhide, da sempre in lotta coi vicini e che per questo aveva costellato la cima di queste montagne con tanti piccoli agglomerati fortezza che ancora oggi sono, almeno credo, ben visibili e isolatissimi. Il centro dell'area, nel cuore della catena di montagne, è Manakhah, una città di mercati da sempre punto di riferimento per tutta la popolazione della zona che la utilizzava come punto di scambio, per le povere merci agricole prodotte tra le montagne, per lo scambio di animali e punto di arrivo per quanto arrivava dalla costa. La città, un agglomerato di case di pietra sparsa in un su e giù di terreno difficile e scosceso al bordo della montagna, presenta molti spazi liberi, quelli appunto dove si svolgono i mercati. Scendemmo qui, lasciando la nostra macchina che proseguiva per la capitale. Il mercato grande ci sarebbe stato solo il giorno dopo, ma nella piazza principale cominciava già ad aggirarsi gente che occupava i posti migliori, anche se era ancora mattina. 

La pista per Hutayab

In fondo al paese, al fianco della montagna una strada bianca che costeggiava una parete rocciosa girava verso una valle secondaria con viste a strapiombo che precipitava attraverso balze successive di terrazzamenti popolati da stentate piantine di mais mezze secche e scarse foglie di tabacco. Secondo le indicazioni, la pista procedeva in direzione ovest per circa quattro chilometri e mezzo, la temperatura era accettabile e cominciammo la nostra scarpinata con cuore leggero grazie agli anni ed al peso che allora lo consentiva senza problemi. Ad ogni curva della strada i punti di vista sulla valle strettissima cambiavano mostrando panorami sempre più selvatici e solitari. Neanche una capra a fare compagnia,incrociammo solo un vecchio con una gerla sulle spalle ed un asinello che si dirigeva verso il mercato. Dopo un'oretta di cammino incrociammo un pastore seduto su un cippo appena al di fuori della strada. Il suo gregge era disperso per la discesa, ma lui non se ne dava evidentemente pena. Gli chiedemmo indicazione e lui fece cenno di proseguire avanti. Dopo l'ultima curva ci si parò dinnanzi uno strapiombo di cui si faticava a scorgere il fondo. Di fronte, su un promontorio roccioso che si sporgeva sul precipizio sottostante, la visione inattesa ed incredibile delle case torri di pietra di Al Hajjarah.

Terrazze sulla strada per Sana'a



Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

1 commento:

Anonimo ha detto...

Affascinante paese lo yemen, ti entra dentro e ti lascia un ricordo che non ti abbandona mai.

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 114 (a seconda dei calcoli) su 250!