domenica 26 marzo 2023

Lebanon 13 - Beiteddine

Palazzo Beiteddine - Cortile interno - Libano -marzo 23


La filanda francese abbandonata

Continuiamo, in una mattinata chiara e sorprendentemente accompagnata da un piacevole tepore primaverile, a percorrere le strade del Chouf. Dalla presenza di tante costruzioni importanti, case fortificate, castelli ed edifici pubblici e religiosi, sorprendentemente ben conservati nonostante i sommovimenti e le guerre avvenute in questa area, comprendi subito come questo sia sempre stato un territorio molto importante per il controllo del potere in terra libanese. Ma non soltanto, la zona è sempre stata anche ricca, intanto perché ha avuto sempre una sua rilevanza politica ed essendo sempre stata residenza dei governatori o presunti tali, messi qui dai vari imperi, ultimo quello Ottomano, a raccogliere le tasse, si deve considerare che qui girava il soldo, unito al potere e per questo si erano sviluppate molte attività economiche legate all'agricoltura, ma anche alla nascente industria, ad esempio le filature nate con l'espansione della produzione di seta, che conobbero qui un vero boom durante l''800. Se ne vuoi una testimonianza, basta fermarsi lungo la strada che risale una delle colline verso Deir el-Qamar e da una deviazione abbandonata ormai trasformatasi in un sentiero pieno di rovi, arrivi a quella che era una delle più importanti filande del paese. Un edificio tipico, costruito secondo i canoni europei per queste produzioni, stretto e lunghissimo, dove operavano centinaia di donne che provocarono, con il lavoro, per la prima volta esterno alla famiglia, una vera e propria rivoluzione sociale e di mutamento di costumi. 

L'ingresso esterno

Oggi possiamo parlare solo più di archeologia industriale, ma la presenza di una grande quantità di gelsi nei dintorni che ancora sono rimasti, provano l'espansione avuta quaggiù dall'allevamento del baco da seta. D'altra parte la produzione di stoffe è stata tradizione fenicia da millenni. Ma la gemma del Chouf non è molto lontana e ci arriviamo infatti dopo poche curve scendendo lungo la valle. Si tratta di Beiteddine, come viene denominata oggi, da Beit ed-Din (الدين بيت Bayt al-Dīn, la casa della fede), un palazzo residenziale e di potere, costruito dall'emiro Bechir II Chebab, su un preesistente luogo religioso Druso. Si tratta di  uno dei più importanti monumenti storici del paese, passato allo stato già nel 1840 e trasformato in palazzo del governatore del Chouf prima e dopo l'indipendenza, in residenza estiva del Presidente della Repubblica e finalmente oggi, con gli opportuni restauri, trasformato in museo. Obiettivamente è un bellissimo esempio dell'architettura libanese ottocentesca, che mescola richiami europei alle forti influenze orientali, dato che nella sua progettazione si è avvalso del lavoro di architetti tanto per cambiare italiani e di artigiani siriani di grande qualità. Nell'edificio, dalle dimensioni sterminate, anzi sarebbe più corretto parlare di più edifici che si allargano attorno a tre enormi cortili, si riconosce subito una zona bassa ed in larga parte sotterranea, che avvolge il primo cortile di rappresentanza, una sorta di piazza d'armi nella quale avvenivano le sfilate, spettacoli e le manifestazioni, che fungeva da scuderia per gli almeno un migliaio di cavalli dell'emiro. 

Le scuderie

Tutta questa arte ospita attualmente il museo che raccoglie una spettacolare collezione di mosaici bizantini dal IV al VI secolo, provenienti dai tanti luoghi archeologici libanesi, molti dal sito di Jiyeh, la antica Porphiryon, che rimangono ancora oggi una vera miniera a cielo aperto di reperti di ogni epoca, ancora tutta da scoprire. Ora, bisogna dire che l'italiano ha il palato piuttosto raffinato in materia e quindi, subito rileverà che la pur spettacolare collezione non può paragonarsi ad esempio, alla raffinata eleganza di quelli del museo del Bardo di Tunisi o alla ricchezza pur sguaiata e da ricco parvenu di Villa Armerina in Sicilia, ma tuttavia il grande numero dei pezzi esposti e la presenza di tutta la simbologia iconografica tipica del vicino Oriente, che li ha popolati di animali fantastici, di elaborate scansioni grafiche e soprattutto la splendido stato di conservazione degli stessi, ne fanno un unicum che non si può fare a meno di apprezzare e guardare con attenzione. Quindi, dopo la serie degli appartamenti dedicati ad ospiti e visitatori, che possiamo considerare la parte pubblica del palazzo, si accede attraverso l'elegante cortile interno, dominato da una bella fontana, attraverso una bella scalinata, alla parte privata del castello, l'harem, con una serie di bellissime sale ancora ben arredate con materiali di epoca, che mostrano bene come si svolgesse la vita privata all'interno del palazzo, tra i cosiddetti Divan, le sale di ricevimento, tra sedili, tappeti e cuscini e una ricca serie iconografica d'epoca che mostra tutti i personaggi che hanno usufruito del palazzo nel tempo. 

I bovindi interni

L'atmosfera dall'interno, a cui si accede attraverso un sontuoso portale decorato di intarsi di marmi policromi, illuminato dai vetri colorati dei bovindi in legno che si affacciano sul bel giardino della terrazza sottostante, è particolarmente suggestiva e non fai fatica ad immergerti in questo ambiente d'antan, che immagini tra profumi carichi di spezia e volute di fumo di narghilè, mentre servitori bardati servono caffè turco da grandi pentolini di rame. Passi poi per grandi sale di ricevimento, denominate appunto salamlik, dove venivano ascoltate le varie delegazioni, con le pareti decorate di intarsi di legno profumato e da motivi calligrafici, come di consuetudine nel mondo arabo che, non ammettendo la rappresentazione della figura umana, vecchio retaggio culturale dei movimenti iconoclasti di ispirazione biblica dei secoli precedenti, non volendo rinunciare alla bellezza decorativa, utilizza al loro posto grafie estetiche che recitano versetti del Corano. I soffitti poi, che potremmo definire a cassettoni, sono un continuo caleidoscopio di motivi geometrici scolpiti e dipinti su legno di cedro. Un occhiata al grande mosaico che occupa la parte centrale della terrazza che si affaccia sulla valle, dà un'altra bella scossa di piacevole apprezzamento della bellezza. 

Ingresso alla parte privata

Qualcuno forse esagerando, definisce questo palazzo, l'Alhambra libanese, paragone che mi sembra un pochino azzardato, tuttavia non si può rimanere indifferenti a questo che è di certo uno dei pezzi forti del paese. In effetti, data la scarsità dei visitatori, te lo puoi visitare in tutta tranquillità, cosa che tra l'altro ne aumenta il fascino, permettendoti di girare quasi in solitudine i giganteschi ambienti. Solo qualche militare all'ingresso, più per scrupolo che per altro. Davanti agli appartamenti interni, apparentemente a controllare chi entra, c'è una signora seduta sui gradini di pietra, che lavora ad una sorta di tombolo. Fa, con esasperante pazienza e movimenti controllati e precisi, elaborati disegni con un filo sottile che, ritorto con cura, avanza con grande lentezza. La donna, ha uno sguardo triste e provato, è vedova e non ha alcun tipo di reddito e si è trovata di colpo precipitata in un vortice inestricabile di problemi economici, a causa soprattutto dello svilupparsi della crisi che incombe sul paese. Sta qui tutto il giorno, al momento senza stipendio, nella speranza di potere prima o poi avere un compito ufficiale che possa essere sia pur minimamente compensato. Nel frattempo cerca di tirare avanti in qualche modo. 

Parete in legno

Questa deve essere una situazione piuttosto comune nel Libano di oggi e non si può non pensare che la situazione potrebbe contribuire a far deflagrare contrasti sociali violenti, e qui trovare colpevoli è cosa di grande facilità, con tutte le diversità che ti trovi proprio sulla porta di casa. Ce ne andiamo con lentezza, traversando l'immenso cortile in compagnia di un gruppetto di turisti Iracheni, molto cordiali e disposti alla chiacchiera. Le ragazze, piuttosto disinibite con le gambe cicciotte fasciate in leggins strizzacosce, gli uomini corpulenti, pelati ma con barbacce inquietanti. Questi incontri, anche se fugaci e apparentemente improduttivi, aiutano sempre a scrollarsi di dosso il pregiudizio generalizzato. Anche paesi che giudichiamo popolati solo da immense folle di disperati coperti di stracci, producono invece una classe più o meno numerosa con capacità di spesa ed interessi a noi comuni e anche chi all'apparenza ha l'aria di un tagliagole barbuto che da un momento all'altro immagini estrarre un coltellaccio, bramoso di sangue infedele, alla fine si rivela come un gentilissimo gruppetto di amici, che vuole solamente comunicarti il piacere di un contatto tra genti di paesi lontani, dei quali si è curiosi e interessati. Apriamo gli occhi ragazzi e non solo, che a forza di camminare, salire e scendere altrui scale e ammirare opere d'arte, in fondo comincia a farsi vivo un certo languorino allo stomaco e sarebbe anche ora di andare a cercare l'assaggio di qualche specialità tipica del Chouf. Dai, presto che è tardi.

Grande mosaico esterno

SURVIVAL KIT

Palazzo di Beiteddine - Museo nazionale imperdibile al centro del Chouf, facilmente raggiungibile. Notevole la collezione esposta di mosaici bizantini e le sale del palazzo pubblico e privato che rappresentano anche uno spaccato molto interessante della vita del XIX secolo nei grandi palazzi del potere ottomano. Calcolate per la visita almeno un paio di ore. Nelle sale della parte privata del palazzo di può accedere solamente con la guida. Ingresso per stranieri attorno ai 3 $.



L'ammam

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