Aveva un cartello al collo e un gran cappello a punta in testa, con due lunghe orecchie d'asino che pendevano ai lati, virtuali s'intende. Lo sguardo basso e volto all'ingiù, gli occhi tristi ed una piega amara sulla bocca chiusa, come chi sa di essere colpevole, seduto al centro dell'aula dove si svolgeva quella farsa di processo. Sul cartello potevi immaginarci una scritta del tipo: "Sono uno sporco revisionista" oppure "Ho tradito la causa". La tensione forte sembrava scandita quasi in automatico, come colpi di lama impietosi che affondavano nell'aria rarefatta. Ad uno ad uno, i presenti all'assemblea puntavano il dito, scandendo i termini dell'accusa sulla sua figura curva che pareva ormai sopportare le bastonate virtuali, senza porre nessuna opposizione. Sì, ci sei andato in spregio alle indicazioni tassative del maestro! Hai disobbedito alle indicazioni del partito! Eppure ti dovevano essere ben chiare le massime del libretto! Hai parlato per appagare la tua vanità personale in spregio al benessere collettivo! Pentiti ed autoaccusati, solo così potrai essere rieducato! Il tuo orgoglio colpevole ti ha fatto dimenticare che il nostro pensiero, se mai ci fosse, deve prima essere sottoposto al vaglio ed al giudizio critico delle masse, le sole che possono dare il loro assenso alle decisioni! I giovani accusatori avevano le ciglia aggrottate e uno dopo l'altro lanciavano le loro pesanti reprimende con astio e certezza di possedere la verità dei padri del partito. Ad ogni colpo, ad ogni vergata, sempre più dolorose e violente, il colpevole chinava il capo, qualche volta cercando una umile giustificazione di facciata, un tentativo disperato ed inutile di difendere il malfatto, pur sapendo che la condanna era già stata pronunciata e la pena pronta ad essere eseguita. Ma io non credevo. Erano solo consigli. Pensavo che non si trattasse di questo, le norme parlavano solo dei talk show. La voce sempre più debole, quasi indistinguibile. Tutto inutile, ma prima della inevitabile e giusta cacciata, col reprobo coperto di vergogna e di insulti, colpirne uno per educarne cento, una mano pietosa ha spento la telecamera della diretta streaming, forse per vergogna, forse per non mostrare a tutti la vera faccia indecente del partito, quella che poi rimarrà nella storia e così non si è potuto assistere alla sfilata del reo sulla carretta, tra le due ali di folla festante che lo insultava brandendo al cielo il libretto rosso. Ma si trattava in fondo della D'Urso, mica di Santoro!
P.S. Volevo mettervi il video del processo di 天使老 - Tian Shi Lao (il Maestro degli Angeli, tutti i cinesi hanno nomi curiosi). Ma non si trova più nel web. Per lo meno, io non lo trovo. Si sa in Cina queste cose, spariscono subito da Weibo (il social network più seguito laggiù). E' un paese così. La censura è una necessità. Così è giusto fare, per salvare la purezza del popolo. Raccapricciante. Speriamo che chi ha votato se le ricordi, queste cose la prossima volta (o non ci sarà una prossima volta?).
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