E' un po' l'estate, per me, del rispolvero dei Nobel e devo dire, molto interessante questo
autore, primo giapponese Nobel per la letteratura, che ha scritto molto nella prima
metà del secolo scorso. Uno stile conciso ed essenziale, si potrebbe definire
minimalista, per raccontare questa storia semplice e concisa, Mille gru, dal nome che indica un disegno tradizionale delle stoffe giapponesi, quasi un Haiku in
prosa, dove ogni descrizione minimal è un richiamo a un fiore, a una stagione,
a uno stilema orientale perfetto. Par quasi di scorrere un rotolo di pitture o
un libro delle brevi poesie di Basho. Tra i suoi temi, è sempre costantemente presente il concetto
di bellezza, spesso riferito ad oggetti e situazioni o ai classici
dell’estetica giapponese, l’ikebana, i bonsai, le pitture. All’interno del
racconto, poi, ci sono tutti gli ingredienti classici dei sentimenti forti del Sol Levante. I
suoi personaggi sono pallidi ed inquieti, ma mai vitali e prorompenti come
quelli del suo amico Mishima, del quale seguì la via del suicidio, dopo una serie di depressioni devastanti, proprie di molti giapponesi tradizionalisti dopo la fine della guerra.
Costantemente presente è inoltre un erotismo sempre legato alla morte ed alla
sofferenza, con la continua impossibilità di unirsi all’oggetto del proprio
desiderio. Un sottile intricarsi di obblighi a cui non ci si può sottrarre ed a
cui la infinita serie di sottintesi, di cortesie e di movimenti stereotipati, ti
costringono come in una gabbia virtuale da cui non si può uscire. Tutti temi
presenti in questo romanzo breve, Mille gru, dove i personaggi scivolano verso
il loro destino in un continuo intrecciarsi di vita, di desiderio e di morte.
Sullo sfondo, cornice in cui si inquadra tutto, la cerimonia del thé, simulacro
perfetto della vita giapponese, carica di un estetismo esangue e perfetto da
lasciare incantati e affascinati al tempo stesso, dai movimenti stereotipati, ai bellissimi ed antichi oggetti necessari. Uno scrittore definito
neoimpressionista, che a mio parere vale la pena di conoscere, per fare un
tentativo di comprendere culture ed estetiche così lontane dal nostro sentire.
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2 commenti:
Ho sul comodino 'Racconti in un palmo di mano' di Kawabata. Lo leggo a piccoli sorsi tra la valanga di romanzi e storie varie. I suoi libri vanno gustati piano. C'è qualcosa di nobile e di assoluto.
Enrico, mi piace sempre tutto quello che scrivi, prendo nota delle tue segnalazioni bibliografiche. A volte però si va di fretta e non si ha tempo di indugiare.
@Nidia - che piacere sentirti! concordo su quanto dici di kawabata. In effetti poi , se si ragiona sul fatto che io non riesco ad arrivare a leggere 30 libri all'anno....sulle migliaia che si pubblicano! Quante vite ci sarebbero necessarie...
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