mercoledì 4 settembre 2013

Otarie in pensione.



Non so darmi una spiegazione. Certo anche la montagna mi piace molto, ma il mare ha qualche cosa di indefinibile e di indefinito che mi prende non appena arrivo a vedere la linea retta di quell’orizzonte incerto, di quel confine che quasi si confonde col cielo, in quella leggera sfumatura di azzurri che si sfrangia lontano. In fondo anche in montagna sto da papa, mi spaparanzo a guardare il verde cupo dei contrafforti e i crinali corrosi dalla natura, tranquillo e beato, ma al mare, c’è un non so che di mistero e di possibilità aperta che mi tiene più sulla corda, mi fa sentire tonico invece che mollaccione, sebbene spiaggiato sul bordo dell'arenile a sentire l’onda che si frange leggera. La montagna è chiusa; il mare è aperto; all'esterno, alla conoscenza, all'altro da sé, alla possibilità di esplorare il mondo. Anche quest’anno dunque ce l’ho fatta a conquistarmi questo posto al sole, protetto da regolamentare ombrellone casalingo s’intenda e posso fare esibizione di me tra i sassi consumati dalla risacca, come un robusto tricheco a protezione del suo harem. Butto l’occhio appannato intorno. Siamo ormai nella stagione di appannaggio del pensionato nullafacente che intasa le spiagge, lamentandosi di tutto, salvo ringraziare il cielo che ancora gli viene consentita questa vita di delizie. Molti di questi sono probabilmente già morti, solo che ancora non se ne sono resi conto. 

Sulle spiagge sassose di Mentone, la fauna è varia ma sempre uguale, come la popolazione delle otarie sulla costa della Namibia, ci si ammucchia sdraiati in ordine sparso cercando una buona posizione tra il ciotolame. In massima parte italiani arrivati qui non avendo abbastanza dané per permettersi un monolocale in Liguria e qualche francese con in mano Nice Matin dove campeggia il faccione della Le Pen che spara contumelie contro les Arabes. Niente di nuovo insomma neanche quest’anno. I gruppi misti di madame che sferruzzano, lanciando un’occhiata distratta ai nipoti lasciati in ostaggio da genitori lavoratori, parlano di pomodori e di bouillabaisse e ormai non si tirano nemmeno più in ballo cavaliere e bunga bunga, argomenti già venuti a noia. Posso sonnecchiare sereno; mollare a lato il libro che ho tra le mani e che ormai faccio fatica a tener su (ma quando mi deciderò a prendere un e-reader) e aspettare di aver troppo caldo per rimanere sdraiato e far scivolare il corpaccio unto verso l’acqua che aspetta di abbracciarmi, dandomi la deliziosa sensazione di una congrua diminuzione di peso corrispettiva al volume dell'ingente volume d'acqua spostato. Grazie Archimede.


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