lunedì 9 settembre 2013

Recensione: Pearl Buck - Figli

Un libro molto in linea con lo stile più classico dell’autrice, profonda conoscitrice della Cina e seguito ideale de La buona terra. Una saga familiare che pone la sua attenzione, come si evince dallo stesso titolo, sull’importanza che rivestono i figli, naturalmente maschi, nella storia delle famiglie. Nella Cina estremamente indebolita dell’inizio del secolo scorso, in cui il potere centrale aveva scarsa presa sulle provincie lontane, si creavano centri di potere locali nelle mani di piccoli signorotti della guerra che con milizie proprie tenevano un predominio sulle popolazioni. Su tutto, i concetti, comuni a tutte le culture, della roba e della terra, topoi costanti delle storie della Buck. I tre figli di un ricco proprietario terriero, che era partito da umili origini e che aveva creato dal nulla la potenza della famiglia, prendono strade diverse ed i loro figli ancora di più, vista la loro incapacità di trovare una dirittura di insegnamento che potesse metterli in grado di proseguire le orme del capostipite. Alla fine il ritorno a quella terra che aveva dato la potenza alla famiglia e che era stata poi snobbata in favore di altre, più lucenti chimere. Nel mezzo tutta una serie di figure tipiche della società contadina e provinciale cinese, come sempre godibilissime, sempre pronte a sottolineare la dura posizione della donna, davvero marginale e meschina in quella società. Ma il nuovo avanza e sullo sfondo incombono le avvisaglie di quei movimenti e quelle idee rivoluzionarie che ancora fumose ed embrionali di cui nessuno riesce ancora a capire la portata futura dirompente. Per chi ama il genere e soprattutto l'ambientazione, si può ancora leggere con piacere.

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