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Fiat 500 beige |
L'altro giorno stavo pensando, gli anziani hanno tanto tempo per pensare, anche se le sinapsi funzionano sempre più lentamente, alle tante emozioni che a tutti capitano nella vita. Quelle grandi, importanti, topiche, direi quasi ovvie, che segnano le tappe più importanti e significative della vita e quelle apparentemente minori e tecnicamente anche poco significative ad essere raccontate, ma che in quel momento sono sembrate così intense e importanti. Come mai molti ricordano come un colpo al cuore senza pari, quel gol segnato nella squadretta dell'oratorio, di certo assolutamente più stordente nella memoria di quando magari gli è nato un figlio o ha avuto il primo successo lavorativo? Sono i meandri insondabili della mente umana che forse collega in modo acritico materiali e momenti diversi, chissà forse ci sono stimolazioni chimiche che eccitano meccanismi che vanno anche contro la logica comune. Insomma per farla breve, non riesco a togliermi di testa quel momento incredibile in cui salii per la prima volta sulla mia prima automobile. Nella mia famiglia questo possesso non era mai esistito, d'altra parte in quegli anni '60 avere a disposizione un'auto, non era poi così comune.
Durante l'inverno, saltando un paio di esami all'università, avevo fatto un lavoretto di interviste porta a porta, allora si facevano così, il cosiddetto barometro d'ascolto della Rai a Torino (ancora non avevano inventato l'Auditel) a bassissimo compenso, mi sembra 150 lire cadauna, ma se ne facevano anche una ventina al giorno in poche ore e altre più complesse di natura industriale sui cuscinetti a sfera in centro Italia, che erano invece pagate benissimo. Insomma in primavera avevo raggranellato un bel gruzzoletto e mio papà aveva contattato, tramite amici, un carrozziere che aveva un usato che poteva fare al caso mio. E infine eccola là che occhieggiava in fondo al capannone una 500 di quel color beigiolino classico, già con le porte controvento e sedili ribaltabili, gadget giudicato genericamente indispensabile, splendente e desiderabilissima. Avrà avuto almeno 4 o 5 anni ed era stata sicuramente incidentata, ma costava solo 160.000 lirette, esattamente tutti i miei risparmi, anzi avanzavo ancora un bel 10.000 cosa che mi garantiva quasi 100 litri di benzina. La nuova invece sarebbe costata qualcosa in più di 500.000 svanziche, cosa assolutamente al di fuori della mia portata di ventenne rampante e strabordante di testosterone ma assolutamente squattrinato.
Non ricordo quasi nulla della transazione e di come fosse avvenuta, ma mi è rimasta stampata in testa quella sensazione di potenza assoluta, cosa che forse riesce a dare solo il senso di possesso, che mi prese nel momento in cui mi sono seduto su quel sedilino di plastica che strideva ogni volta che facevi qualche movimento di assestamento, che oggi si derebbe di ecopelle e sono uscito trionfalmente da quel garage, alla guida del mio, mio, mio bolide assoluto! La macchinetta andava da sola, bastava girare il volante e la strada si macinava chilometro dopo chilometro. Dal rione Pista diretto verso Valle San Bartolomeo, la via Falamera, Pecetto. Mi fermai un poco in cima alla collina a guardare verso la città mentre il sole scendeva, abbracciandola, come finalmente conquistata. Poi Bassignana e infine ritorno verso Alessandria, a casa dove mi aspettava ansioso mio papà. Che soddisfazione ineguagliabile! Io, che non avevo mai avuto la possibilità di avere la desideratissima Vespa, brama inespressa, coitus interruptus mai cominciato, finalmente motorizzato, padrone dello spazio e del tempo, libertà assoluta e insperata. Nei giorni successivi mi ci sarò di certo abituato, ma quella è stata davvero una grande giornata. Poi importò solo assicurarsi il plaid di ordinanza da mettere sui sedili posteriori e la manopola di legno prolungata per il cambio e potevo finalmente affrontare il mondo.
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