lunedì 27 luglio 2020

Luoghi del cuore 40: I laghi di Plitvice

Laghi di Plitvice - Croazia - agosto 1990

I cevapcici
La Yugoslavia, nel'90, era una meta fin troppo vicina, ma allo stesso tempo piuttosto esotica per noi del nord est, in quanto faceva sempre parte di quel mondo tecnicamente oltre cortina, anche se per la verità quella cortina era in corso di totale e completo sfaldamento, visto dai più, sia all'interno che all'esterno come una auspicata ed a lungo attesa liberazione, da pochi invece con il timore di disastri in arrivo, della cui portata non si riuscivano ancora ad intravedere i limiti. Questo valeva assolutamente per quella Yugoslavia, ufficialmente ancora territorio unitario, nella realtà percorsa da crepe centrifughe, in attesa di esplodere da un momento all'altro. Di tutto questo in realtà non si percepiva, dal di fuori, assolutamente nulla. Così col mio bel camper usato, che aveva sostituito il vecchio topone grigio, ceduto ad un prezzo di affezione, in sostanza presi gli stessi soldi di quanto l'avevo pagato, ci accingemmo a farci un mese di agosto al completo, lungo un itinerario che doveva scandagliare con attenzione tutte le aree del paese, dove ero già stato, certo, ma sempre a spizzichi e bocconi, senza avere la possibilità di vederne le parti più interessanti e magari segrete. Della Croazia, che già conoscevo per un lungo soggiorno marino nell'isola di Krk, quando ancor giovine si correva di qua e di là senza mete precise in cerca di quella che era la movida della fine degli anni '60 e cioè il cazzeggio marino, tra bagni vicino al bagnasciuga e gelati in riva al mare, guardando da lontano le ragazze in bikini, mi interessavano le città della costa con le loro vestigia storiche da Spalato a Dubrovnik, da Zara a Sibenik, che ci godemmo appieno campeggiando di fronte alle isole Incoronate.

Cascate
Il mare della Croazia, dalle rive tormentate e piene di insenature dall'acqua verde smeraldo erano un richiamo irresistibile, ma anche volevo ritornare nel bellissimo parco di Plitvice, che avevo già visto precedentemente, anche se solo di passaggio. Devo dire che la bellezza di questa zona costituita di una serie di laghi comunicanti tra di loro, tra cascate e passaggi d'acqua, è davvero impareggiabile e ce li godemmo per tre o quattro giorni, passando da uno specchio d'acqua all'altro, navigandoli con barchette a fondo piatto che penetravano tra i canneti, tra un turbinio di paperelle ed aironi, fermandoci sulle rive a mangiare rasnici e cevabcici alle bancarelle di grill nascoste nei boschi. Mi figlia era eccitatissima per quel sentore di selvatico e tuttavia di languore bucolico che la zona ispirava in ogni suo angolo e soprattutto per la vita un po' selvatica del campeggio tra i boschi. In realtà c'era pochissima gente in giro pur essendo ad agosto e non saprei dire se perché la zona non era ancora stata scoperta dal turismo di massa o se perché invece non si sentisse nell'aria qualche refolo stonato di quanto stava aggirandosi in quel mondo e che era ormai in procinto di deflagrare. Quando, ebbri di bellezza e di toni verdi e blu, tra acque calme, scrosci di torrenti argentati, spessi muschi che coprivano il sottobosco fitto e misterioso, nel quale si potevano raccogliere porcini di dimensioni considerevoli, ce ne tornammo verso la costa, non avemmo davvero il minimo sentore di quello che si stava addensando come un nero temporale. 

Venditrici di pancette
Solo in un campeggio vicino a Zara, trovammo un gruppo di ragazze che rideva e si divertiva nella zona comune. Qualcuno suonava una chitarra e i giovani, come da ogni parte del mondo si scambiavano occhiate allusive. Forse parlavano della ripresa delle scuole in autunno, forse dei loro progetti per gli anni a venire. Nell'aria, da lontano, dalle colline adiacenti si sentirono dei colpi forti, come delle esplosioni in successione. Un aria cupa scese sul gruppo e la chitarra smise di suonare, le ragazze di civettare tra di loro. Non si capiva bene di cosa si trattasse, tuttavia i ragazzi smisero di ridere e alle nostre facce interrogative, una biondina dai lineamenti delicati, ma con gli zigomi alti dal taglio slavo e gli occhi da gatta, ci disse, - State tranquilli, sono dei pazzi che girano per le colline e hanno voglia di far casino, sparando a vanvera dappertutto, ma li metteranno a posto presto, non c'è pericolo -. Dopo pochi mesi la fiamma della guerra più tremenda e crudele dell'ultima metà del secolo, a poche centinaia di chilometri da casa nostra, deflagrò in tutta la sua violenza bestiale con atti di crudeltà, che non pensavamo potessero essere più possibili nel nostro mondo. E invece per oltre dieci anni quella terra bellissima si ricoprì di sangue, per la più parte innocente. Bisogna pensarci a queste cose, quando l'odio che spira potente è ancora solamente verbale e i più pensano che si tratti soltanto di sciocchezze. Quando partono le guerre civili e dall'odio parlato si passa ai fatti, non esistono più limiti a quanto l'efferatezza umana può scatenate tra genti che pochi mesi prima erano vicini di casa, che magari si guardavano soltanto di storto. Bisogna ricordarselo sempre. Partimmo per il mare senza penarci più, mentre l'orrore stava montando la panna.

Piccola turista




2 commenti:

OLga ha detto...

Bel post,amo la ex Jugoslavija!OLga

Enrico Bo ha detto...

Certo, purtroppo ha subito sofferenze esagerate

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