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mercoledì 22 febbraio 2023

II -23 Giornata AMAP

Museo Egizio di Torino - Vacche pezzate nere e rosse


Zebù e caprino

Ed eccoci alla seconda giornata AMAP di quest'anno, organizzata come  sempre dalla nostra Presidente Giacomina Caligaris, che questa volta ha avuto luogo nientemeno che al Museo Egizio, gloria Torinese al quale, penso, nessuno riesca a resistere. Questa volta tuttavia l'interesse specifico della visita è stata data dal fatto che il tema base a cui si è attenuto il nostro competente accompagnatore era appunto, l'aspetto agricolo ed economico, rilevabile dai reperti esposti nel grande contenitore, nel quale evidentemente si possono davvero riconoscere moltissime sfumature diverse che condurrebbero ad  infiniti itinerari tematici. Dunque grazie a questo fil rouge, siamo potuti passare all'esame di una serie spettacolare di affreschi tombali che illustravano le diverse fasi e le tipologie dell'allevamento nell'Antico Egitto. La presenza, ad esempio, degli animali domestici e di quelli domesticati propri dell'Africa e dei quali si è persa l'abitudine, come gazzelle, antilopi ed altri ungulati, oggi esclusivamente selvatici. Molte invece le testimonianze dell'allevamento bovino con razze che si identificano immediatamente grazie alle grandi corna lunate come di discendenza zebù, con specifiche differenziazioni in razze locali, pezzate bianche e rosse e bianche e nere. Sono presenti anche scene di macellazione, che ne illustrano la tecnica. Poi gli affreschi contenenti greggi di ovini e caprini e scene di trasporto con asini e muli, riconoscibilissimi dalla lunghe orecchie e preziosa la testimonianza del primo cane domestico registrabile nelle testimonianze artistiche a noi arrivate e che risale a circa 4000 anni fa, ben riconoscibile come un levriero egiziano munito di collare. 

Asino da soma e ungulati

Insomma una iconografia di tutto rispetto da cui sono rilevabili anche le colture, in particolare quella dell'orzo, probabilmente il cereale principale che veniva coltivato assieme al monococco Korassan, il precursore di tutti gli attuali frumenti, tipico di tutta la mezzaluna fertile e che ha dato luogo a tutta una serie di leggende e bufale per giustificare operazioni commerciali su grani che vanno oggi commercialmente per la maggiore e che vengono riferiti a fantomatici ritrovamenti appunto all'interno di piramidi. E qui naturalmente si aggiunge tutta la ricchissima parte dei materiali veri e propri rinvenuti veramente nelle tombe che venivano messi per accompagnare il morto nel suo ultimo viaggio, tra cui sono ben visibili, molti tipi di frutti, come fichi, datteri, uva e altri materiali che evidentemente facevano parte integrante della dieta del tempo, in particolare la birra, che tuttavia era una specie di zuppa alcoolica a base di orzo piuttosto spessa, di anforette contenenti olio e anche il vino ancora contenuto in preziosi contenitori sigillati,  che al momento non si osano aprire per indagarne a fondo il contenuto; insomma tutta una spettacolare collezione di materiali che riescono bene ad illustrare l'economia agricola di quel tempo. Ma forse la parte più interessante del visibile su questo argomento è dato dai papiri che riportano i particolari della vita reale degli uomini comuni che vivevano in Egitto lavorando ogni giorno secondo le proprie inclinazioni e possibilità, dai semplici operai agli artigiani più raffinati. 

Il levriero

Ecco quindi emergere papiri che riportano, come regolari libri mastri, compilati con cura ed attenzione da schiere di scribi, le paghe degli addetti alla costruzione delle tombe dei faraoni, debitamente annotate. E qui cade il mito delle moltitudini di schiavi obbligati con la frusta a morire sotto il sole spostando pietre colossali. Si trattava al contrario di regolari maestranze, che lavoravano 11 mesi all'anno (mentre uno era dedicato invece ai lavori agricoli presso i propri campi). Mesi composti di tre decadi con due giorni di riposo ognuna e tre giorni di ferie, regolarmente pagate, più altri tre giorni di permesso non retribuito, ma del quale bisognava dare giustificazione accettabile, es. necessità di andare dalla moglie, ecc. e che veniva accuratamente annotato. Gli stipendi erano piuttosto congrui e variabili a seconda delle qualifiche dei lavoratori. Ed è pur vero che non esisteva il denaro, non l'avevano ancora inventato, ma in pratica c'era una sorta di unità di conto che valutava la proporzione tra le varie derrate od oggetti che venivano dati come stipendi, per cui un'anfora di birra equivaleva ad un certo numero di libbre di carne secca e così via. Da qui si deduce che, purtroppo o per fortuna, l'uomo è sempre stato soggetto al mercato, anche in assenza di denaro. Insomma non si è mai lavorato per il piacere di farlo e di certo il trattamento di quelli che noi consideravamo schiavi era certamente preferibile come tipologia di contratto a quello dei raccoglitori di pomodori, molto a noi più vicini. E comunque, di certo c'erano anche robuste rappresentanze sindacali, visto che nel famoso papiro dello sciopero si fa riferimento proprio ad una protesta per avere aumenti generalizzati di stipendio, poi alla fine ottenuti. Insomma un punto di vista di grandissimo interesse che vi esorto ad esplorare se capitate a Torino.

Scena di macellazione


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lunedì 23 maggio 2022

XI conferenza AMAP

Castello di Moncalieri


Anche quest'anno si avvia alla conclusione il ciclo delle conferenze promosse dall'AMAP e dalla instancabile Dott. Giacomina Caligaris. Questa volta si è parlato dell'Evoluzione del giardino storico, argomento davvero interessante altre che sommamente piacevole dal punto di vista estetico. Il compimento della giornata è stata infine la visita agli Appartamenti reali del Castello di Moncalieri, che ci ha permesso di visitare tutti i luoghi recentemente riaperti al pubblico, tra cui l’appartamento delle Principesse Maria Letizia e Maria Clotilde, la Cappella Reale e l’Appartamento di Vittorio Emanuele II, in un susseguirsi di ambienti riccamente decorati. Si tratta di uno di quei luoghi del quale, data la disponbilità e la vicinanza, finisci sempre per rimandare la visita. Invece il tortuoso itinerario attraverso gli immensi spazi di questa opera davvero monumentale, ha consentito una convincente visione di insieme e anche se l'arredo contenuto, al di fuori di alcune sale particolarmente sontuose, non riveste caratteri di specifica eccezionalità, consente comunque un buon colpo d'occhio su questa recente ambientazione storica piemontese. Insomma un'altra giornata ben spesa.


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domenica 27 giugno 2021

Museo dell'Agricoltura del Piemonte - XVII giornata di Istruzione


Sembra di essere tornati indietro nel tempo, ormai da un anno e mezzo non ci ero più abituato. Già, l'altro ieri sono ripresi i viaggi di istruzione del Museo dell'Agricoltura del Piemonte ed è un'altra tessera che aiuta a ritrovare la normalità perduta, desiderata da tanto tempo, speriamo solo che duri. Intanto la piana della provincia granda scorre attorno a te, sullo sfondo quell'arco alpino testimone connivente che ti strizza l'occhio per dimostrarti ancora una volta, casomai te lo fossi dimenticato, che hai la fortuna di vivere in una delle terre più belle del mondo e che tutti ti invidiano per questo. I campi dorati dei cereali si apprestano ad essere raccolti, quelli di orzo già lo sono stati, lasciando le terre gialle di paglie cadute con gli spuntoni dei culmi tagliati alla base che formano una tavola da fachiro con le punte rivolte verso l'alto in attesa che passi l'estate. I campi di mais invece sono nel loro pieno rigoglio, verdissimi con le foglie apicali che svettano dritte verso l'alto, una caratteristica genetica di cui quasi nessuno si rende conto, praticamente un OGM, anche se tecnicamente non lo si può chiamare così, che ha migliorato la produzione almeno di un 10%; ah, la ricerca ... altro che belinate bio o, ancora peggio, le stregonerie biodinamiche che la saggia politica approva all'unanimità, pensate al disastro che potranno produrre questi politici con la auspicata svolta verde!!! 

Poi, a scacchiera l'altra grande ricchezza di questa zona, le ordinate e ricche estensioni a frutteto, per lo più coperte da reti antigrandine, meteora che sta diventando sempre più devastante. Man mano che ci si avvicina all'albese sembra di sentire l'odore di Nutella che si spande nell'aria, quel dolce corposo e serico, ricco di olio di palma sposato alla pasta di nocciola, squisitezza erotica e spalmabile. Mai succedaneo fu più riuscito dello stesso originale. Tutto 'sto cappello perché la strada per arrivare a Rocca de Baldi è lunga, c'è poco da dire, gli spazi del cuneese sono ampi e le strade antiche e lente. Qui si va piano e l'autostrada per raggiungere il capoluogo è ancora un troncone che si perde nel vuoto di un campo di mais, appunto. Per la Cuneo-Nizza. orgoglio di altri tempi ci penseremo con altrettanta calma, se del caso. Il paesino, che ha conosciuto un passato di grande importanza storica, è delizioso; la chiesa parrocchiale di S. Marco, chiaramente sovradimensionata all'attuale centinaio di residenti, aperta dunque apposta per noi, testimonia di un passato ricco e glorioso, con il suo decoro interno sei-settecentesco fastoso e baroccheggiante, con i suoi affreschi importanti, i quadri, gli altari secondari e soprattutto quello principale addirittura sproporzionato come dimensioni al già grande contenitore, che contiene una strepitosa Annunciazione. 

Ricco di marmi e di statue di pregio racconta la storia della famiglia dei Morozzo di antica nobiltà, oltre un millennio. che ancora oggi resiste, che lo salvò, rivendicandone la proprietà, per salvarlo dalla furia ladronesca napoleonica che voleva portarselo in Francia. Gli fu concesso, a patto che lo portassero via da Mondovì, dove era locato e dove la razzia dei beni ecclesiastici si stava svolgendo, ecco le ragioni della sproporzione, in questa chiesa di proprietà, ma ormai periferica. Già perché la Rocca ed il vicino abitato di Morozzo, gloria della famiglia, aveva ormai perso di importanza a favore delle vicine Mondovì e Cuneo, a cui preesisteva praticamente in mezzo da qualche secolo, rimanendo feudo sempre più dimenticato della famiglia che di mano in mano perdeva di potenza e di importanza. Il bel castello, del quale, nonostante le rimaneggiature successive, riesci a leggere le fasi storiche, ospita nel giardino, oltre ad alberi centenari, un grande frutteto di ricerca che il Comizio Agrario di Mondovì, segue con la collaborazione della facoltà di agraria di Torino, conservando una importante collezione di varietà di meli e seguendo una sperimentazione di grande interesse scientifico. D'altro canto il castello ospita nelle sue sale, al secondo piano un bellissimo museo che valorizza la la cultura contadina del Cuneese ed ha realizzato gli spazi della collezione Doro, nucleo iniziale del museo, con allestimenti multimediali di forte impatto visivo. 

In particolare ho trovato la selezione iconografica delle fotografie d'epoca, assolutamente straordinaria. Al piano nobile, godibilissime le sale del castello riportate da un attento restauro ai suoi fasti settecenteschi, dopo essere rimasto per decenni in stato di assoluto abbandono e predato di ogni arredo asportabile, come spesso è accaduto in siti di questo tipo. Altrettanto interessante l'ala dedicata al periodo in cui il castello aveva ospitato l'Istituto per orfani di guerra. Poco distante l'abitato di Morozzo con le sue viste sul territorio circostante ed il colossale nido di cicogne che occupa un albero secolare. Sulla strada abbiamo poi potuto dare un'occhiata al monastero di S. Biagio che aveva ospitato una importante comunità monastica, attualmente abbandonato ed in vendita, in attesa di un futuro da definire ed infine l'oasi naturalistica di Crava Morozzo, un'ampia area umida con laghetti e stagni nascosti in una fitta vegetazione, con tanti punti di osservazione nascosti tra i canneti dove osservare la fauna avicola, ricca e variegata, con numerosissime specie stanziali e di passo. Non poteva mancare una sosta tecnica all'Azienda Agricola Agritrutta, nota per il suo allevamento ittico di trote salmonate che affumica direttamente in azienda, il cui indispensabile assaggio ha dato completezza alla giornata, organizzata magistralmente come consueto dalla insostituibile Dott. Giacomina Caligaris, che fortunatamente conserva viva la volontà di portare avanti questi incontri appassionanti. Direi dunque alla prossima.

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XIV giornata 

lunedì 24 giugno 2019

XIV gionata di istruzione AMAP

Oasi Zegna

Fioritura di rododendri
Ed ecco qualche cenno all'ultima giornata di istruzione dell'AMAP, di questo anno sociale, che si è svolta il 30 maggio nei parchi del biellese, ma io come al solito sono un po' in ritardo anche se cerco affannosamente di recuperare, pertanto mi scuserete. Dunque, complice una magnifica giornata, anche questo ultimo appuntamento dell'anno prima delle vacanze, è partito con tutti i crismi di un magnifico successo. D'altra parte è un omaggio a monsieur De LaPalisse, dire che, con una bella giornata di sole e il cielo azzurro, i parchi del territorio biellese si presentano nella loro immagine migliore. In particolare l'Oasi Zegna, un vallone che a pochi chilometri da Trivero, la lungimiranza di un grande imprenditore della zona, Ermenegildo Zegna, fece piantumare quasi cento anni fa con oltre mezzo milione di conifere e centinaia di alberi di rododendro, provenienti dal Belgio. La montagna era completamente spoglia e nuda, devastata da un prelievo boschivo implacabile e imprevidente e lo Zegna volle creare in questi luoghi, vicini alle sue fabbriche, un oasi di verde e di fioriture primaverili a disposizione di tutti i suoi dipendenti e della cittadinanza al completo, riconoscendo l'importanza di vivere in un ambiente piacevole per avere una qualità di vita migliore. 

La fabbrica Zegna
Questo industriale illuminato, come del resto ce n'erano a quei tempi molti, ad esempio l'alessandrino Borsalino, ha proseguito in questa opera sociale fornendo alla cittadinanza anche molte altre opere utili a partire dall'ospedale. Erano concetti diversi, quando qualcuno riteneva che la forza lavoro forse costituita da esseri umani e non da numeri o da risorse da sfruttare al massimo e quindi rottamare. Ma questo è un altro discorso. Tuttavia dopo la straordinaria piacevolezza della passeggiata nel parco, attraversando il bosco di rododendri fioriti, davvero bellissimi, anche la visita del Museo Casa Zegna, non ha fatto che ribadire il concetto sopra esposto, oltre ad illustrare bene, con la esposizione permanente "Cent'anni di eccellenza", la qualità tuttora ai vertici mondiali, della produzione tessile dell'azienda in questione. Toccare la eterea leggerezza del vello di vigogna o la morbida plasticità del tessuto di cachemire mongolo è sensazione unica. Al ristorante Il Castagneto poi, sosta obbligata per raccogliere pensieri ed emozioni, i prodotti del territorio l'hanno fatta da padrone e non poteva essere diversamente se vuoi apprezzarlo in tutti i suoi aspetti. 

Il parco della Bessa
Per questo è stato un pochino più difficile affrontare la passeggiata pomeridiana nel parco della Bessa, ai margini della collina morenica della Serra di Ivrea. Un'area credo, anche questa assolutamente unica nel suo genere, di circa cinque chilometri quadrati, completamente ricoperta da colline di sassi, cumuli infiniti di ciottoli prodotti dal lavaggio, per oltre una secolo e mezzo in epoca romana, della parte più grossolana dei depositi fluviali auriferi, di questa immensa miniera a cielo aperto, la Aurifodina, da cui sono state estratte da un esercito di uomini (o di schiavi) oltre 150 tonnellate di oro, tra pepite e pagliuzze. Questo enorme giacimento aurifero successivamente abbandonato, viene via via riconquistato da una natura impetuosa che fa crescere pur nel difficile terreno ricoperto di ammassi pietrosi, alberi, cespugli sparsi ed una sorta di bosco del tutto particolare, che rende tutta l'area molto suggestiva da visitare, essendo tra l'altro un luogo piuttosto misconosciuto. Quindi, prima di sciogliere definitivamente le righe, un grazie di cuore all'amica Giacomina Caligaris che ha pensato a questo itinerario davvero piacevole e inconsueto. E a questo punto buone vacanze agli amici del Museo dell'Agricoltura del Piemonte. 

Santuario Madonna della Brughiera






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giovedì 18 aprile 2019

XIII giornata di istruzione AMAP

Tori piemontesi da riproduzione

S. Fiorenzo - La volta
La giornata di istruzione di aprile organizzata dall'Associazione del Museo dell'Agricoltura del Piemonte, si è svolta ieri nell'Alta Langa, un territorio di grandissimo interesse, diventato ormai a pieno titolo Patrimonio Mondiale dell'Unesco. L'interesse di questi luoghi parte ovviamente dalla straordinaria bellezza paesaggistica data dall'alternarsi delle colline ricoperte di ordinatissimi oltre che pregiati vigneti, ma presenta allo stesso tempo un insieme di temi enograstronomici che si sono sviluppati in modo esponenziale negli ultimi anni, rendendola un'area tra le più conosciute al mondo proprio per le tante eccellenze che conserva come uno scrigno prezioso. Dunque l'itinerario di ieri è partito dalla visita al centro dell'Associazione Nazionale Allevatori Bovini Piemontesi, che ospita da qualche anno anche il primo museo dedicato ad una razza bovina, quella che tutto il mondo ormai riconosce come la migliore in assoluto per la qualità della carne prodotta. Attraverso una ben esposta serie di oggetti e di immagini, si può percorrere il cammino di questa razza bovina sviluppatosi interamente nel secolo scorso fino all'ottenimento degli attuali risultati, una delle carni migliori del mondo sia in termini organolettici che qualitativi dal punto di vista salutistico (quantità di grasso, colesterolo, ecc.), che la rendono unica soprattutto per l'uso a crudo.

L'inferno
Bisogna ricordare che siamo a Carrù, città nota dappertutto in particolar modo per la sua fiera del bue grasso che celebra un dei piatti più famosi del Piemonte, il bollito alla piemontese. Nel museo, su prenotazione di gruppi, vengono anche organizzati assaggi. Di grandissimo interesse è poi stata la visita delle stalle dove vengono allevati i tori da riproduzione, per la raccolta del seme che viene congelato e inviato poi in tutto il mondo. E' importante notare come questa razza sia il prodotto di una intensa ricerca di miglioramento gentico, l'unico modo (assolutamente innaturale, come tutta l'agricoltura e l'allevamento fin dalla notte dei tempi) in grado di garantire lo sviluppo intelligente e  realistico del settore primario, con buona pace dei culturi del "natural teo bio". Il secondo appuntamento della giornata è stata la visita di un piccolo e poco conosciuto gioiello artistico, nascosto tra le colline vicine a Bastia di Mondovì, la cappella cimiteriale di San Fiorenzo, una chiesetta del XIII secolo che nasconde al suo interno un ciclo pittorico di affreschi molto ben conservato. Questa biblia pauperum, creata dalla mano di diversi artisti, tra i quali il noto Canavesio, che operarono qui verso la fine del 1400, raccontano in quadri successivi, come fossero un meraviglioso fumetto, vite di santi, storie di Cristo e dei Vangeli apocrifi ed infine due grandi superfici a tutta parete, le delizie del paradiso e le pene dell'inferno, monito terribile per le torme di viandanti e pellegrini che qui si fermavano, percorrendo una dei tanti rami medioevali della via per Roma.

Ilmiracolo del grano
Le immagini sono davvero bellissime e ben leggibili e fanno di questa cappella un unicum davvero importante ed imperdibile, se farete un salto da queste parti. La trattoria del Peso poi, aperta ininterrottamente dal 1912 a Belvedere Langhe dalla famiglia Schellino, ha provveduto a far ben comprendere cosa significhi un menù assolutamente tradizionale, coi classici antipasti piemontesi, dal vitello tonnato alla battuta alcoltello, visto che si discuteva di carni di eccellenza, seguiti dai famosi e assolutamente deliziosi plìn dalla sfoglia sottilissima, seguiti da un roast beef sapido e convincente, accompagnato da un semolino dolce al sentore di arance. Un assaggio di dolci altrettanto tipici, dalla panna cotta classica alla torta di nocciola, altra eccellenza di queste parti, con il sanbajùn, (grande santo piemontese, assieme a Sant'Onoré) spesso e delicatissimo, ha completato la sperimentazione gustativa, lasciando spazio al pomeriggio alla visita di una cantina (e come avremmo potuto mancare a questa esperienza nelle Langhe?) dal grandissimo nome, quella dei Ceretto, nome fondamentale nella geografia dei grandissimi Baroli. Situata alle porte di Alba, la Tenuta Monsordo Bernardina è storicamente legata alle vicende amorose di Vittorio e della Bella Rusìn, ma è ormai diventata il centrologistico e di rappresentanza di questa azienda nota in tutto il mondo come produttrice di vini, soprattutto Barolo e Barbaresco di altissima qualità.

Cantine Ceretto - La bottaia
Oltre alle cantine spettacolarmente restaurate e contenenti la bottaia dell'azienda, che fanno bella mostra di sé tra le volte di mattoni a vista mantenute a temperatura ed umidità costante, dal 2009, è stata arricchita con una installazione permanente, il cosiddetto Acino, un globo trasparente che si affaccia sulla spettacolare valle tra le colline circostanti, ricoperte di trenta ettari di vigneto, dal quale potrete ammirare il panorama circostate. E' seguita come logica vuole una degustazione del Blangé, il loro noto marchio di Arneis, molto convincente e di un Barolo. L'azienda si è lanciata anche recentemente nella produzione della nocciola tonda gentile piemontese, per la produzione di dolci e torroni, altra caratteristica della zona. Inoltre da tempo la produzione di questo marchio si è indirizzato verso un tipo di produzione biologica e recentemente sta operando anche nel campo della biodinamica, evidentemente sensibile alle richieste di un mercato molto orientato in queste direzioni. Sapete come la penso al riguardo e pertanto non mi dilungo in merito. In ogni caso la visita delle cantine e gli splendidi scenari dei vigneti circostanti sono uno spettacolo assolutamente imperdibile che consiglio assolutamente di fare, quando avrete voglia di girare così, senza mete precise, tra queste colline di una bellezza commovente, sia se avrete come noi una bella giornata di sole, sia se sarete accompagnati dalle brume fatate d'autunno. 

Paesaggio di Langa

SURVIVAL KIT

S. Fiorenzo
Museo della razza Piemontese - Presso Anaborapi - Carrù - Aperto 2° e 4° domenica del mese (ingresso 6 Euro) o per gruppi su prenotazione (4 Euro)

S. Fiorenzo -  In locapità San Fiorenzo, davanti al cimitero, a poca di stanza da Bastia. Aperta per cerimonie religiose e suprenotazione per gruppi. 

Cantine Ceretto - Tenuta Monsordo Bernardina - Località S. Cassiano 34 - Alba. Telefonare per levisite e la degustazione (per i cru a partire da 10 Euro al bicchiere). I Baroli e i Barbareschi vanno dai 50 Euro in su, il Blangé, sui 16. Cantina mirabile.



Una chiesetta a Belvedere delle Langhe


Vigneti Ceretto
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giovedì 28 marzo 2019

XII percorso didattico dell'AMAP

La mandria di Chivasso
 
Il Museo Nossi Rais
Un'altra delle sempre interessantissime giornate di studio organizzate dal Museo di Agricoltura del Piemonte (AMAP, di cui consiglio una visitina al sito), ha avuto compimento ieri nel sempre piacevole quadro del Canavese. L'esplorazione è cominciata dalla visita della Mandria di Chivasso, un complesso imponente nato nella seconda metà del '700, in un'area allora improduttiva per l'esigenza di casa Savoia di provvedere all'allevamento dei cavalli di corte. L'insieme delle costruzioni, che ha attraversato molte peripezie dopo che era venuto meno lo scopo primario del progetto, è in parte recuperato, ma mostra ancora molte strutture in stato assai precario ed è un altro dei tanti casi evidenti di complessi enormi per la cui manutenzione e conservazione servirebbero fondi cospicui che, se non messi a disposizione dalla comunità in un'ottica di puro interesse culturale, difficilmente potrebbero avere ritorni misurabili. E' purtroppo la storia di molte strutture straordinarie per le quali non si riesce a trovare una quadra sostenibile, come ad esempio, e non lo dico per solo campanilismo, la Cittadella di Alessandria, monumenti di enorme valore storico e culturale per i quali è difficilissimo progettare un futuro che stia in piedi economicamente. 

La chiesa di S. Giorgio canavese
Anche qui alla Mandria puoi apprezzare i giganteschi cortili e la dedizione architettonica che si poneva in quei tempi anche in queste costruzioni adibite ad uso rurale. Purtroppo gli edifici principali che hanno potuto essere mantenute sono proprio quelli che, venduti a spezzatino ad uso privato, sono poi state modificate anche strutturalmente per adattarle alle nuove esigenze, snaturando anche l'aspetto originale. Rimane l'impianto di base, sullo schema della corte agricola piemontese chiusa, che si può ancora apprezzare, magari sbirciando dal buco della serratura quanto rimane delle immense scuderie in rovina, con colonne di granito, che ricordano addirittura quelle leonardesche del Castello di Vigevano. Si può dare anche uno sguardo triste all'insieme delle grandi macchine di proprietà proprio del nostro Museo AMAG, ospitate a suo tempo, sotto un portico ormai cadente, quandosi pensava possibile utilizzare questi spazi come sede del Museo stesso, progetto di cui esiste la fattibilità, ma ormai svanito per mancanza dei fondi necessari. Del grande abbeveratoio centrale di oltre sedici metri di diametro, una vasca monolitica circolare che era stata ottenuta da un'unica pietra in mezzo alla grande corte, rimangono invece solamente i disegni reperiti negli archivi. 
La macchina Michela per la fono stenografia
Caduto l'interesse per l'allevamento equino, il centro divenne base per un grande progetto di allevamento di pecore merinos, che perse poi anch'esso gradualmente interesse. Tracce anche di un tragico passato si possono rilevare, nelle costruzioni esterne alla grande corte, quando durante la prima guerra mondiale, il complesso divenne una sorta di campo destinato ad accogliere oltre 20.000 soldati volontari polacchi, da inviare poi a combattere in Francia, un migliaio dei quali qui, lasciò la vita, tra privazioni e malattie. Insomma un monumento tutto sommato poco conosciuto che presenta molti lati davvero interessanti, oltre a fornire spunti di discussione sul futuro di questa tipologia di realtà. La vicinanza del cinquecentesco canale di Caluso, modificato ed ampliato proprio per fornire l'acqua necessaria al progetto originale, ha fornito poi ulteriori spunti di interesse alla visita. Ci siamo poi spostati nell'abitato di S. Giorgio Canavese, per visitare il piccolo ma ricco museo Nossi Rais, contenuto nelle quattro sale di una casa storica che ha dato i natali a Michele Botta, al centro del paese. Tra i tanti reperti, donati nella maggior parte dei casi dagli stessi abitanti del paese, che raccontano lo stile della vita contadina del Canavese, molti partecipano alla ricostruzione, attraverso gli attrezzi raccolti, di botteghe artigiane o ambienti della casa e della scuola. 

La fontana dei Fiumi nel parco del castello di Aglié
Moltissimi gli attrezzi curiosi ed i reperti rari e godibili. Una parte del museo è poi dedicata anche alla gloria locale Antonio Michela, inventore nell'800, della macchina fonostenografica, attualmente in uso nel Senato italiano, a cui è stato ceduto il brevetto e assai comune in aule parlamentari e tribunali di tutto il mondo occidentale, incluso quelli americani, canadesi ed australiani. Il museo, che segue anche le vicende del presidio Slow Food del fagiolo conosciuto come Piattella Canavesana di Cortereggio, una vera rarità salvata dalla scomparsa, con caratteristiche organolettiche assolutamente uniche, tra le quali, la consistenza tenerissima della buccia, che non rende necessario l'ammollo, è aperto il sabato e alla domenica gratuitamente e in settimana per gruppi su appuntamento. Infine l'intero pomeriggio è stato dedicato ad Aglié, con il famoso castello residenza sabauda, dai sontuosi interni e dal magnifico parco nel quale proseguono gli studi strutturali della regimazione delle acque, oggi chiuso alle visite e concesso eccezionalmente, per un esaustivo colpo d'occhio alla nostra associazione con la guida magnificamente esplicativa dell'ing. Quagliolo che questo progetto sta seguendo. Il complesso del castello nel suo insieme, con le eventuali possibili passeggiate nell'antistante vastissimo spazio agricolo, i suoi edifici rurali sei-settecenteschi ed il borgo che lo circonda, credete a me, valgono assolutamente un salto da queste parti.


Il Castello, ingresso posteriore.





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