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martedì 1 gennaio 2013

2013

L'Anno Nuovo per Gino Gemme alias Baleta.


Eccoci qua l'anno è cominciato. Mi sento positivo, voglio essere ottimista. Intanto ci sono le previsioni di tutti gli esperti economici e finanziari che sentenziano che il prossimo, sarà un anno peggiore di quello appena trascorso. Bene, è un buon segno. Un vecchio amico, che mi aveva introdotto ai piaceri ed alle delizie della Borsa e del mercato azionario, mi aveva subito svelato il suo segreto per un guadagno quasi sicuro. Avere uno o più conoscenti grandi esperti finanziari. Chiedere a loro consiglio e fare esattamente il contrario di quanto suggerito. Non è che gli esperti siano stupidi o non capiscano nulla, non è disprezzo per chi è del mestiere, anzi è necessario scegliere proprio i più bravi ed affidabili, che diano indicazioni corrette e basate su analisi reali ed inappuntabili. Il fatto è che l'economia non è una scienza davvero esatta, ma è influenzata fortemente da eventi assolutamente imprevedibili e casuali, che stravolgono le previsioni corrette nella maggioranza dei casi. Quindi, operando come si dice au contraire, ci si azzecca, non sempre certo, ma in più del 50% dei casi. Dunque ho buone sensazioni per il prossimo anno, come si dice, I feel good. E poi ho anche tanta fiducia nei miei connazionali. Non è vero che poi alla fine siano tutti dei mentecatti e furfanti o idioti che vanno dietro al primo pifferaio che si presenta o si ripresenta, certo qualche volta lo hanno fatto, ma ho tanta fiducia, sentendo quello che dice la gente in giro, avverto che c'è una gran voglia di serietà, di persone che non fanno promesse ma dicono le cose come stanno, dure, difficili, ma vere e se hai una brutta malattia, tutti ormai hanno capito che è un grave errore affrontarla con un medico che dica: non si preoccupi, è solo un orticaria, con un paio di leccalecca al giorno passa tutto, basta che li compri nella mia farmacia. 

La gente è un po' stanca di sentire fanfaronate e promesse mirabolanti, ha voglia di credere alle cose ed alle persone serie.  Però anche io, oltre a farvi i migliori auguri per l'anno che è appena cominciato, voglio fare i miei buoni propositi. Sarò positivo fino in fondo, cercherò di mantenere questa positività anche quando vedrò la sfilata dei ladri che non appena sdoganati si ripresenteranno sul palcoscenico offesi e stupiti, chiedendo ancora fiducia, gridando al complotto; prometto di non adirarmi più quando dalla TV ricompariranno mummie e risorti, devastatori che hanno già compiuto la loro opera nefanda a promettere nuove e ancor più sensazionali meraviglie, inneggiatori di vecchie teorie che hanno già dimostrato la loro povera inutilità ed i loro errori, nuovi pifferai con facili ricette per curare le ferite infette con pannicelli caldi, capipopolo e masanielli che vogliono convincere a tagliare teste senza nulla mettere al loro posto se non il vuoto pneumatico. Prometto che non cercherò di rompere lo schermo a mazzate, come tante volte ho avuto desiderio di fare, perché, con l'età, ho capito che non serve. Perché come diceva mia nonna quando vide per le prima volta quelle figure in bianco e nero che si agitavano sul teleschermo nuovo appena esibito al bar del paese: "Sa gent lé a l'è tuta 'na finta, i fan ammà balè di buratén". Aveva già capito tutto, chi erano i burattini e chi i burattinai anche se aveva fatto solo la seconda elementare e poteva dirlo con ragione, lei che aveva visto davvero Buffalo Bill e il suo circo, in carne ed ossa, in piazza Garibaldi, incinta di  mio papà nel 1911. 


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Capodanno tra la neve.
Nong li

lunedì 28 marzo 2011

Il circo di Buffalo Bill.

La mia nonna paterna è stata l'ultima ad andarsene ed è anche l'unica di cui conservo qualche ricordo, pur se la dimestichezza era comunque poca. Ne rammento solo un carattere burbero ed imbronciato, molto alessandrino in verità. Chissà se avesse avuto anche lei sogni di gioventù e aspirazioni di ragazza che guarda il mondo a venire con occhi carichi di attese. La vita in fondo non le assegnò gravi prove, pur avendo passato due guerre che fortunatamente non lasciarono nella famiglia lutti o strazi penosi come in tante altre. Non mi passò neppure i racconti tipici che i nonni lasciano ai nipoti come dote della famiglia da tramandare alle generazioni a venire. D'accordo ero piccolo e forse me ne sono dimenticato. Ho salvato soltanto una cosa che pur doveva esser stata importante per la nostra città, che in quell'inizio secolo era arrivata ad essere la quinta provincia italiana per sviluppo industriale.
Se non sbaglio fu nel 1911 che, in piazza Garibaldi, la grande sala per gli ospiti della città, già circondata dalle quinte uniformi che una saggia amministrazione aveva obbligato con un disegno urbanistico lungimirante, giunse, atteso come uno dei massimi eventi possibili, il famoso Circo di Buffalo Bill, direttamente dalle lontane Americhe, terre di favola e di esotismo. Lei aveva poco più di 20 anni e la Belle epoque era nel suo massimo splendore, un periodo ricco di grande spensieratezza che non poteva di certo far presagire gli orrori in agguato che il secolo ancora bambino stava per generare. Me lo raccontava con occhi sognanti, per una volta dismesso il borbottio corrucciato e mi sapeva far apparire quella grande tenda colorata che andava mostrando una serie di meraviglie arrivata da mondi lontani e sconosciuti.
Gli indiani con i grandi copricapi piumati che a rotta di collo invadevano la pista sui cavalli selvaggi, l'inseguimento alla diligenza, gli spari delle carabine e i personaggi di quell'universo di fiaba che forse aveva generato desideri incoffessati, deliqui e trasporti proibiti al vedere quei baffi a manubrio, quelle cavalcate impetuose, quegli uomini dai profili scolpiti giunti dalle praterie sconfiinate popolate di bisonti e di pericoli. E soprattutto lui, l'eroe dai lunghi capelli che arrivava al galoppo su un grande cavallo bianco, con la giacca gialla sfrangiata, che girava per la pista salutando col grande cappello a raccogliere gli applausi e le grida estatiche degli spettatori entusiasti. Buffalo Bill dal cuore gentil lasciò il segno anche qui, certo non era come quei burattini che mostravano dentro quel piccolo mobile nuovo che da poco era comparso al bar. Non credette mai che gli omarini che si vedevano un po' tremolanti nel bianco e nero delle prime trasmissioni televisive, fossere uomini reali in carne ed ossa. Buffalo Bill, quello sì che era un uomo vero.
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