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martedì 10 dicembre 2013

Manuale di economia politica: Tagliamo gli sprechi?

Siccome vi ho promesso che non parlerò più di politica oggi voglio andare su un argomento più economico, che appare così banale da trovare d'accordo oltre che tutti i miei lettori, anche ogni politico che apre la bocca e dà fiato. Il taglio degli sprechi della spesa pubblica. Tralasciamo quella parte che riguarda i costi della politica. Quella va fatta in ogni caso e subito, non perché serva effettivamente a qualche cosa, se Renzi riuscirà a far tagliare un miliardo sarà certo un'impresa titanica e quasi impossibile,  ma perché sarebbe un simbolo, un'icona di merito, una mossa dal sapore etico e dimostrativo indispensabile a dare credibilità e forza, in modo da far accettare ogni successivo taglio. Parlo invece degli invocatissimi tagli degli sprechi, quelli di cui si occupano gli esperti di spending review e che per servire davvero all'efficacia del bilancio dello stato, devono essere almeno dell'ordine di cifre consistenti, tra i 50 e i 100 miliardi. Credo che tutti siano d'accordo su questo, politici di governo che ovviamente non lo hanno mai fatto potendolo fare,  politici di opposizione che lo chiedono a gran voce appena si siedono sui banchi non governativi, dimenticandosi che il giorno prima lo avrebbero potuto fare ma avevano altro a cui pensare, giornalisti di ogni tendenza politica e soprattutto i cittadini che ritengono in questo modo di aver trovato qualcun altro che paghi il conto al posto loro.  Posso andare contro corrente? Posso levare una fievole voce per dire che tutto questo è una illusione, che si guarda in una direzione del tutto sbagliata, improduttiva come le spese stesse e dannosa alla fine per il paese? Sono cretino? Intanto lo dico lo stesso. 

Partiamo dal fatto che se fosse una cosa facile o anche non molto difficile, sarebbe già stata fatta pure dagli innominabili politici che si sono succeduti negli ultimi venti anni. Poi bisogna considerare e accettare perché è la verità, che la spesa pubblica italiana è in effetti uguale o anche inferiore percentualmente a quella dei principali stati sviluppati che considerano moderno il nostro sistema di socialità. E' così, ficcatevelo nella zucca. Se volete sanità, istruzione e pensioni generalizzate, i costi sono più o meno questi e anche maggiori. Se a queste voci aggiungiamo gli interessi sul debito, gli 800 miliardi circa di spesa sono nella maggior parte (come hanno già rilevato tutti quelli che li hanno esaminati per tagliarli) a tutti gli effetti incomprimibili o quasi, se non si vuole cambiare il concetto di spesa sociale, tagliando le pensioni a chi le percepisce già (19 milioni di persone), togliendo la sanità a qualcuno (ma che siano milioni) o un po' a tutti, mettendo le scuole a pagamento come in altre parti del mondo, cose che tutti noi, io per primo, giudichiamo sommamente ingiuste. Eh ma no! Il coro si leva unanime da ogni bocca e dalle massaie al mercato, tutte grandi esperte di macroeconomia, noi parliamo degli sprechi e lì so ben io quanto si potrebbe tagliare! Posto che è ormai appurato che la platea su cui si potrebbe dunque andare per salvare qualcosa, sterilizzando i cosiddetti sprechi, sta tra i 100 e i 120 miliardi (cifra su cui tutti si trovano più o meno d'accordo) e che, effettuarci tagli, crea resistenze, ricorsi, frenate, sabbia nelle ruote, di proporzioni epocali e che sarebbe davvero utopistico sperare di ridurli del 50%, siete così sicuri che questo sarebbe una cosa buona e utile? Urla dalla piazza coi forconi in mano. 

Ma certo è ovvio, basta con le consulenze, basta con i corsi di formazione fasulli, basta con i 5000 euro per la sagra del capitone, basta soprattutto con le decine di migliaia di stipendi dati a gente che non ha niente da fare, guardie forestali, uscieri, auto blu o grige, regali di natale delle pubbliche amministrazioni, coi pranzi offerti a destra e a manca, mutande verdi comprate coi soldi miei e qui se continuo con l'elenco delle cose che indignano il benpensante, non mi basta lo spazio. Certo avete ragione, in teoria. Chi non si indigna a queste cose disdicevoli? Quindi eliminate queste, posto che  assommino alla cifra necessaria (tra i 50 e 100 miliardi) abbiamo risolto il problema? Col cavolo cara la mia gente. Accendete il cervello, pensate con le cifre non con il cuore e lo sdegno (sacrosanto). Ogni contributo fasullo o spesa immotivata soppressa, in macroeconomia significa soltanto un ulteriore calo del PIL già depresso. Ogni posto di lavoro di fannullone eliminato, sedia di impiegato provinciale o ministero liberata, ogni pranzo elettorale cancellato o auto blu non sostituita, significano aumenti della percentuale di disoccupazione e di richiesta di sussidio ulteriore di sopravvivenza, aumento delle code alla Caritas, carrozzieri che si suicidano, ristoratori che chiudono i battenti, commercio che langue, altre aziende che chiudono. Esattamente quello che  volevate evitare. Ogni provvedimento, ogni azione crea una reazione obbligata, che va considerata e valutata in modo che le sue conseguenze non siano magari ancora più dannose. 

Si potrebbe pensare allora di ridurre di 1/5 il 250 miliardi di pensioni (ma a tutti perché se fatto solo alle poche e scandalose pensioni d'oro, darebbe un importo miserevole e insufficiente alla bisogna) con un altro tragico dramma per il PIL e ulteriori code alle mense sociali, o far pagare ai malati metà della spesa sanitaria di 120 miliardi. Poi vi voglio vedere, altro che forconi. Mettetevelo bene nelle zucche il solo modo efficace per risolvere il problema è aumentarlo il PIL, non diminuirlo. Operare in modo che aumentino le occasioni di lavoro, di impresa, di investimento produttivo, rendendolo allettante, detassandolo se nuovo e agevolandolo in ogni modo. Spingere al massimo sull'emersione del nero e dell'evasione, incrementando, non certo diminuendo l'azione di Equitalia. Migliorare la legislazione sul lavoro, incentivando (fiscalmente) e facilitando burocraticamente la creazione di lavoro stabile. Evitare infine sommovimenti di governo che producano movimenti dello spread, che in questo momento, da solo è indirizzato a calare, al fine di non aumentare la spesa di interessi passivi. Le nazioni che erano con noi nella cacca, Irlanda, Portogallo, Spagna e anche guarda un po' la famigerata Grecia, stanno piano piano risalendo la china. Anche questo potrebbe aiutarci a discutere in sede europea condizioni più efficaci sul fronte di una spesa ragionata per creare nuovo lavoro. La decrescita felice, datemi retta, fa crescere soltanto la merda in cui siamo già fino al collo. E adesso basta davvero con la politica. Stavolta prometto.


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domenica 30 dicembre 2012

Lamento di fine anno.


Voglio buttare giù oggi, l'ultimo post malevolo e brontolone dell'anno, lasciando la giornata di domani solo ad un sobrio augurio di fine d'anno. E già, perché mi sono proprio stufato di sentire ogni volta che parlo con qualcuno, solo lamentele e ricerca di colpe negli altri, istituzioni in testa, le banche, le multinazionali, i politici, capri espiatori di tutti i mali del mondo (che ce la mettono tutta eh, per farsi considerare tali). Per saziare la folla bisogna trovare dei colpevoli pur che sia, come i presidi che hanno lasciato crollare le scuole non avendo previsto il terremoto e via cantando. Ci vuole un patibolo sulle piazze per permettere alle donnette di sedersi attorno a fare la maglia mentre cadono le teste (altrui) sotto la mannaia. Nessuno vuole ammettere che un paese è lo specchio di chi lo abita. Se la maggior parte dei politici, non sa fare nulla, se non rubacchiare e essere corrotti da interessati corruttori, è perché la maggioranza degli italiani è così, quantomeno in pectore e li ha eletti nella speranza di essere portata nel giro della clientela e accedere ai benefici del fieno che cade dalla greppia. Se trionfano i populismi e i guitti diventano capipopolo seguitissimi è perché tanta gente lo è, si bea della forca ed è la prima a sostenere che non bisogna pagare i debiti contratti per foraggiare lo spreco che loro per primi hanno preteso, vagheggiato e provocato da parte di chi voleva il loro consenso. Eccoli a frotte nelle farmacie a rimpinzarsi di farmaci inutili e semigratuiti, eccoli ad affollare i pronti soccorsi per un ginocchio sbucciato, eccoli in fila a pretender sgravi e gratuità nascondendosi al fisco e ancora a schiumar di rabbia non contro gli evasori, ma per la loro impossibilità di evadere a loro volta. 

Siamo quel che meritiamo. Il paese è in declino? Perché l'italiano manca di etica di fondo e ha eletto quindi chi manca di morale ed è pronto a rivotarlo in massa appena annuncia il suo ritorno, perché così sente la propria amoralità latente più giustificata e ne invidia i vantaggi. Chi se ne frega delle generazioni future; non certo ad un sindacato arroccato nel difendere l'indifendibile e incapace di guardare avanti e neppure ad una generazione di industriali, incapaci di visione, disinteressati ad innovare, che vogliono fondare le loro aziende sulla competitività che viene dalle svalutazioni successive e quindi appoggiano chi insanamente le propone e non a quella che nasce dalla creatività e dall'etica dei rapporti di lavoro. E non parlo solo degli industrialotti di basso conio che hanno fondato le loro piccole fortune, destinate ad esaurirsi nella loro generazione, lavorando nei sottoscala e sfruttando una flessibilità malata, ma anche di grosse imprese in cui si è perduto ogni ritegno e visione del futuro. Ci sono grandi aziende che fanno firmare ai neoassunti, oltre ai consueti impegni, anche un codice morale di comportamento e poi trattano i dipendenti come cespiti materiali meno importanti delle scrivanie che occupano. Alla fine non rinnovano loro i contratti a tempo (fasullo sistema che nessuno ha interesse a cambiare) comunicandoglielo a voce l'ultimo giorno di lavoro alla faccia dell'etica che propugnano a parole. Tutto questo è il fondamento del declino. Non c'è speranza? Sono tutti così? Diversi da quel capitalismo sociale che aveva fondato le sue fortune sulla valorizzazione dell'uomo? Per fortuna no. 

Leggo sulla Stampa della Cucinelli, azienda della moda, nata quasi quaranta anni fa con l'idea di colorare i maglioni, mica di fare missili spaziali. Direte sarà stata travolta dalla concorrenza delocalizzata di chi va a risparmiare un euro a testa in Vietnam. Ma no. E' più florida che mai, ha quasi triplicato l fatturato negli ultimi dieci anni (280 milioni, mica bubbole) ed esporta l'80% della sua produzione. Non si lamenta del tremendo costo del lavoro in Italia, anzi guadagna così tanto (circa il 20% nel 2011) che quest'anno ha dato un premio di produzione di 6000 euro a ciascuno dei suoi 783 dipendenti. Il suo proprietario non si lamenta del fatto che si lavori poco, che alla gente cada la penna di mano quando scocca l'ora di uscita, non guarda con occhi sognanti i precari che stanno dieci ore in azienda magari non pagati timorosi di non essere confermati, anzi alle 18 pretende che tutti se ne vadano a casa, perché se uno ha lavorato con coscienza per otto ore, ha fornito una operatività notevole e più che sufficiente ai successi dell'azienda. Guardatevi da chi dice che bisogna lavorare di più, che non basta mai, tutta gente che non ha mai lavorato davvero. Perché quello che conta è il coinvolgimento di chi lavora, il fatto di credere nell'azienda che verso di te ha un atteggiamento etico vero e ti considera come una persona e non come una cosa. Chi è soddisfatto lavora meglio, è il suo credo e poiché bisogna saper riconoscere che pure in prodotti in cui la manualità è importante, il costo del lavoro arriva a malapena al 7%,  si può retribuirlo meglio, infatti lì, gli stipendi sono del 20% superiori al contratto nazionale, senza pregiudizio degli utili. 

Guardatevi qui il suo manifesto sulla dignità del lavoro. Si può fare impresa in Italia, proprio perché il mondo è innamorato della nostra produzione e non aspetta altro che glieli proponiamo i nostri prodotti. Chiunque abbia lavorato, come me, trattando con i paesi di tutto il mondo, ha sempre avuto ben chiaro che basta dire "la mia azienda è italiana" e subito ti si spalancano le porte, poi certo tocca a te dimostrare che il tuo prodotto è valido, ma intanto sei già il primo della lista e questo è un vantaggio che tutti vorrebbero avere e che è delittuoso disperdere. Far tornare l'etica e la dignità al centro della mentalità della gente prima di tutto, isolare il furbastro che è in noi, in tutti noi e possibilmente farlo ritornare nelle fogne dell'animo dove è il suo posto naturale, è indispensabile per creare un nuovo Rinascimento di cui il nostro paese potrebbe essere promotore. E la gente deve farlo per prima cosa su sé stessa, smettendola di dire che i politici rubano e che ci sono troppe tasse e che tocca agli altri per primi dimostrare. No, cominci ognuno di noi perché come diceva Marco Aurelio prima della battaglia contro i Germani: "O miei stimati uomini, domani Roma ha bisogno di noi". Subito dopo, certamente e automaticamente non verranno più eletti gli indegni, i venditori di false promesse, i capipopolo del tutto facile e so ben io da dove cominciare. Gli imprenditori incapaci falliranno con buona pace di tutti e quelli bravi saranno più forti, come accade ogni volta che è passata la peste e forse potremmo avere davvero una nuova politica e un nuovo umanesimo.  

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lunedì 24 dicembre 2012

Confrontare e scegliere.

Big mac - dal web
La capacità di confrontare è forse una delle caratteristiche che contraddistinguono la specie umana dagli altri animali. Nel momento in cui una scimmia più o meno pelosa, guardò due frutti appesi ad un albero e decise di scegliere il più succoso e buono, base alle sue esperienze precedenti, ricordando i mali di pancia che le aveva procurato uno, magari più colorato nei confronti di un altro apparentemente meno bello ma più nutriente, si è probabilmente staccato un ramo di discendenza che ha diviso definitivamente quello che poi ha potuto fregiarsi del nome di Homo sapiens, appunto un animale nuovo, che ragiona, che pensa e sceglie. Ecco che questa caratteristica si è poi sempre di più affinata attraverso i millenni e ha fatto del confronto e della successiva scelta la base della nostra civiltà. L'importante è certo poter continuare a scegliere, cosa che non è consentita a tutti. A volte poi è difficile decidere, perché l'oggetto in questione, dotato di vita propria,  è diventato furbo e astuto, conscio della possibilità di essere scartato e quindi si è attrezzato con bei modi e lusinghe al fine di ingannare chi è lì, perplesso ed indeciso; ma in altri casi proprio la differenza è così tanta, così esageratamente a sfavore di una delle due parti da rendere incomprensibile il dubbio stesso. Ieri, ad esempio, che grande spettacolo. Da una parte vedere lo stereotipo stesso della serietà, della competenza e della correttezza, un mostrare insieme autorevolezza e comprensione dei problemi, saper dire le cose come stanno senza dare illusorie aspettative o nascondere le difficoltà reali che altri, colpevolmente, nella propria brama di razzia hanno provocato. 

Un mettersi a disposizione per continuare un lavoro che riesca a portare a una soluzione attraverso una strada difficile e faticosa, ma anche unica, perché non ci sono scorciatoie per arrivare ad uscire da quella stretta porticina di un inferno in cui altri, indecenti, ti hanno cacciato ed ora dan la colpa ad altri e dopo aver fatto il disastro vogliono tornare a risolverlo con le stesse armi che lo hanno provocato. Un mostrarsi credibile a quelli a cui, volente o nolente dovrai andare a chiedere, per poterli convincere a non strangolarti, perché altri hanno messo loro in mano il cappio che ti stringe il collo ed ora ti vengono a raccontare che avevano già capito tutto. Un sapersi mostrare ragionevole e non iroso verso coloro, spesso primi responsabili del disastro che ti insultano e ti deridono, ansiosi solo di ritornare alla greppia o di condurre la mandria verso inesistenti pascoli celesti. Dall'altra invece, lo squallore della continua menzogna, dell'imbonimento da piazza, dell'insistito disprezzo verso l'altro. Senti pronunciare parole come "morale" da chi le ha ormai cancellate da tempo dal suo vocabolario e non dovrebbe neppure essere autorizzato a ripeterle, vedi con orrore il siparietto della vellicazione delle prurigini più basse della plebe, odi promesse sempre uguali, alcune sempre poi disattese, altre foriere del disastro già una volta provocato eppur così ricoperte di giulebbe per apparir appetitose solo a branchi di scimmie ammaestrare a ingozzar la pancia nell'immediato. Una mancanza di vergogna che offende ad ogni richiamo alla verità, costruendo fantasiose teorie nel disperante tentativo dell'ultimo inganno. Sembra così facile scegliere, par non si ponga neppure il problema. Invece forse non è così. Tra un grasso e colorito hamburger   surgelato, malamente ricondizionato e ricoperto di mostarda, maionese e ketchup e un piatto di pasta, ceci e fagioli con un filo d'olio, qualcuno sceglie ancora il primo. Forse il genere umano sta di nuovo dividendosi in due specie diverse.

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mercoledì 9 maggio 2012

Neokeynesiani all'attacco.

Di elezioni non ci sono state solo le nostre. Allora diamo un'occhiata a quanto è successo in Europa. In Germania anche la bionda ha qualche problemino, la sua maggioranza se ne va in pezzi e bisognerà trovare un accordo con la sinistra dopo il risultato delle regionali piuttosto sfavorevoli alla sua coalizione. La poveraccia è stritolata da una parte dalla perdita di consensi presso il suo elettorato e dall'accidia dei tedeschi in generale, che dopo aver sistemato le loro cose per bene in un decennio, con il buon lavoro di sindacati intelligenti e industriali lungimiranti, andando a gonfie vele favoriti da un Euro che li mantiene estremamente competitivi, se ne fregano delle difficoltà degli altri e non sono per nulla disposti a sacrificare alcunché per i mandolinari del sud che se la sono goduta per decenni spendendo e spandendo i soldi altrui. Naturalmente l'egoismo teutonico non vuole assolutamente rendersi conto che la nostra rovina sarebbe soprattutto anche la loro, perché nel disastro generale non si salva nessuno, quando affonda il Titanic affogano anche quelli della prima classe, ma non vogliono accettare in nessun modo di fare la loro parte, avendo anche una fobia storica per la svalutazione di weimariana memoria. 

Spontaneamente non accetteranno mai gli eurobond o un rilassamento del rigore sulla spesa, men che meno vogliono ridiscutere il patto fiscale. In Francia invece si è girata la frittata. Partito per la pensione lo sbruffone con l'italiana al braccio, salta fuori dal cappello l'uomo invisibile che ha saputo intortare i galli, avendo capito che stava soffiando il vento antieuropeista da parte del ppopppolo, che anche lì non è mica diverso dagli altri, se gli tocchi due lire, si sente spellato vivo e vorrebbe che fossero gli altri a pagare. Di far sacrifici non se ne parla. Ora è probabile che le sparate anti euro fatte in campagna elettorale si stemperino con la realtà, ma di certo il nuovo corso non promette una luna di miele Merkhollandese. Oltre a questo tra 15 giorni ci saranno le altre elezioni francesi, dove la neonazi vorrà la sua parte di seggi, che non saranno neanche pochi. Infine abbiamo la Grecia, dove abbiamo visto dove possono condurre i grillismi e la furia acefala della folla. Un paese ingovernabile; forse nuove elezioni; il 7% di spartani con la svastica sulle bandiere che scorrazzano per le strade e dentro il parlamento, farneticando di non dare i soldi ai banchieri ebrei e altre cose del genere. Un paese ad un passo dalla guerra civile e dalla dittatura che azzererebbe tutto, dando il via alla caduta del primo mattone del muro europeo. 

Qui si potrebbe vedere se il nostro Monti ha le capacità che io gli accredito. potrebbe infatti avere la credibilità e la statura, in questo clima di generale debolezza di riunire il fronte dei paesi deboli e mettere i teutonici con le spalle al muro, portandoli di fronte con crudezza al baratro che si sta aprendo, anche per loro. Naturalmente nessuno dovrà dare l'impressione di cedere; si potranno trovare artifizi retorici in cui la sua democristianità potrà rifulgere, magari gli eurobond potrebbero chiamarsi Bond a progetto e lo sforamento del debito, finalizzarsi a casi specifici, una specie di co.co.pro. finanziari in cui noi siamo ormai maestri, ma una scelta di queste soluzioni accoppiate ad una certa garanzia che comunque un certo rigore verrà mantenuto, potrebbe essere accettabile per tutti e dare un po' di fiato alla macchina. Naturalmente bisognerebbe avere la forza di stroncare senza pietà il cagnaio dei politici locali, che appena sentito l'odore di un possibile riaccendersi delle possibilità di spesa, sono improvvisamente tutti diventati neokeynesiani d'accatto e cominciano a fregarsi le mani, mentre la luce sinistra dei lupi famelici brilla già nel loro occhi. Nuovi pacchi di soldi da divorare, per mantenere elettorato, clientele, loschi giri e mignotteria varia. Sarà una partita difficile e delicata, da giocarsi col fioretto ed il pugnale, qui invece le strade sono percorse dalla maraglia degli unni cornuti. I cervelli sono tutti emigrati a Tirana.


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martedì 8 maggio 2012

Cabina elettorale.

Piccolo esame a bocce ferme? In questi giorni di dibattito politico ma soprattutto economico, sono stato molto a sentire le affermazioni di tutte le persone che conosco personalmente. Purtroppo non conosco nessuno di coloro che la crisi ha messo pesantemente in ginocchio, pensionati al minimo, cassintegrati, disoccupati che con ragione lamentano una difficoltà reale. Le persone con cui ho avuto contatto, invece, non hanno nella realtà alcun problema davvero importante di natura economica e se ragionassero, non potrebbero che dedurre di essere toccate dai vari provvedimenti, che in misura davvero marginale. Io, tanto per fare un esempio, che sono colpito da quasi tutti i provvedimenti di rigore governativi (forse l'unico da cui sono immune è la barca, poi non so neanche nuotare), se ragiono, pur girandomi l'anima, devo concludere che preferisco fare questo sacrificio invece di perdere tutto il cucuzzaro, andare alla posta a ritirare la pensione e trovare lo sportello chiuso, controllare l'ammontare dei miei piccoli risparmi di una vita e constatare che sono diventati fogli di carta straccia e così via, cosa di cui mi pare nessuno o pochi delle decine di milioni di italiani nelle mie condizioni si renda conto che accadrebbe. Perché deduco questo? Da tutti costoro, nessuno escluso, ho sentito solo urla belluine contro i tragici errori di questo governo che toglie loro anche l'aria che respirano invece di prendere i soldi a chi davvero ce li ha e so ben io chi sono!

 Naturalmente gli altri. La morte della giustizia, macelleria sociale, perdita di sovranità, non ascoltare il grido di dolore del ppopppolo e così via. Quindi naturalmente ci si è comportati di conseguenza nella gabina (come si dice ad Alessandria) elettorale. Costoro, che naturalmente alla fine sono andati a votare (c'è stato nella realtà solo un piccolo calo fisiologico) hanno premiato Grillo in maniera pesante, in Alessandria terzo col 12%, fregandosene del fatto che se fossero presi in esame le sue proposte deliranti (ritorno al medioevo tecnologico, ma internettiano, uscita dall'euro, annullamento del debito pubblico e altre grandi idee del genere) farebbero un bel falò di quanto loro rimane invece dei quattro spiccioli che gli ha preso il vituperato Monti. I partiti naturalmente hanno dato la loro bella mano, in totale crisi isterica, chi inseguito dai Carabinieri, chi terrorizzato dalle pernacchie dei vecchi elettori disamorati, erano chiamati in questa fase a lasciar fare le riforme di struttura che erano incapaci a impostare a qualcuno che si prendesse gli insulti e i pomodori, mentre veniva loro lasciato il compito di risolvere pochissime cose per tornare ad avere un minimo di credibilità. Eliminare o ridurre fortemente i compensi e i rimborsi elettorali, cambiare il porcellum, ridurre i mille rappresentanti ad un numero più umano. Nel loro ormai irrefrenabile cupio dissolvi, non sono neppure capaci di iniziare una di queste semplici cose e si avviano al suicidio definitivo cantando allegramente le stesse canzoni di sempre. Il PDL ormai dissolto, col capo (vero) in vacanza dal compagno di merende, il PD spaccato e assediato dai cani feroci della sinistra e del centro in gara a portargli via consensi, l'UDC che fa i conti di quanti voti perde sostenendo il governo. 

In aula devono votare a favore e appena usciti fanno proclami personali contro dicendo che sono contrari a tutte le decisioni che hanno appena votato, mettendo tutti i possibili bastoni tra le ruote ai provvedimenti solo per poter dire ai propri sostenitori, avete visto che siamo riusciti a far cambiare idea? La Slega, corrosa dal proprio marciume, fa a gara con SEL e IDV a chi la spara più grosse per poter carpire qualche votarello che se ne freghi di Tanzania e Albania, alzando la classica ultima bandiera di chi non sa più dove attaccarsi: non paghiamo le tasse, ottimo slogan per ogni stagione. Nessuno sembra rendersi conto che in questo paese, puoi mettere al timone le persone più serie possibili, ma non si può, non si riesce a fare niente, neppure le cose che all'apparenza sembrerebbero più semplici. Vuoi liberalizzare, cominciamo dalle cose piccole che sono più facili. Urla senza fine, farmacisti, tassisti, barellieri sulle barricate, gli avvocati no, quelli lavorano da dietro ma altrettanto efficacemente. Alla fine devi cedere ed annacquare il tutto. Vuoi fare una riforma del lavoro che finalmente consenta di correggere lo schifo che, con la complicità menefreghista di chi i lavoratori li doveva proteggere, ha devastato una generazione, dando il bocconcino dell'art.18 per farla passare? Niente da fare. Chi dice di essere dalla parte di chi lavora, si oppone fieramente, gli altri che prima erano d'accordo, terrorizzati di essere sulla barricata sbagliata, subito si accodano. 

Allora gli industriali, che per decenni hanno campato di svalutazioni competitive, rinunciando ad innovare e delocalizzando non per conquistare mercati, ma solo per risparmiare stipendi, autocondannandosi al fallimento, subito prendono la palla al balzo e vogliono annacquare la cosa al fine di continuare la loro ormai conclamata tratta degli schiavi (magari molti non lo sanno, ma i compensi degli "stagisti", ormai sono così tutti i nuovi lavoratori, sono inferiori agli stipendi cinesi). E tutti i partiti corrono loro dietro starnazzando nel pollaio. Il governo tenta di intaccare la voragine della spesa pubblica cominciando da tribunali inutili, arriva il Gabibbo a dimostrare l'impossibilità di farlo che anzi la spesa sarebbe ancora maggiore; chiudiamo ospedali che per la loro dimensione sono inefficienti e dove non si possono avere servizi adeguati, ecco che pazienti e dipendenti si strappano le vesti mostrando inattaccabili eccellenze che sarebbe un delitto distruggere; vuoi accorpare costosissime scuolette con un numero di allievi assolutamente incongruo, mamme e bambini si incatenano davanti alle porte in nome del diritto allo studio sotto la porta di casa. Non si riesce a fare niente di niente. Beh, dice il cittadino che ha in tasca la facile ricetta con cui si risolve tutto, l'uomo del so ben io quello che si dovrebbe fare, almeno le auto blu, quella è cosa davvero facile da ridurre. 

Praticamente impossibile. Ognuno ha la sua buona ragione per mantenerle. OK almeno un piccolo provvedimento che limiti a 1600, la cilindrata di quelle che verranno acquistate prossimamente. So che non ci crederete. Anche questo non va bene, alcune amministrazioni hanno fatto opposizione al provvedimento, motivando valide ragioni perché venisse cassato, mettendo in campo ambulanze e robe del genere. E se invece con un colpo di imperio si fossero abolite tutte? Poveri ingenui. Il giorno dopo Landini avrebbe fatto scendere in piazza gli operai cassintegrati causa diminuzione della produzione di auto, le assicurazioni avrebbero denunciato un tale calo degli utili da chiedere urgenti provvedimenti per poter applicare aumenti di tariffe, le famiglie rimaste senza lavoro dei circa 100.000 autisti delle stesse sarebbero in corteo permanente davanti a Montecitorio e voi dovreste fare attenzione a camminare al centro della strada per evitare i corpi dei carrozzieri in fallimento, che si lanciano dalle finestre per sfracellarsi al suolo finalmente liberi da Equitalia. Ma lo capite che in questo paese non si può fare niente! Siamo un popolo volgare che per decenni ha bussato alla porta di ogni politico di turno per farsi condonare la multa, per sistemare la veranda abusiva, per saltare il posto nella fila. La colpa è sempre degli altri e so ben io chi deve pagare, tutti col cappio in mano dove appendere il vicino di casa. E diamo la colpa a Monti quando i nodi vengono al pettine, ma mi faccia il piacere! Queste situazioni sono sempre sfociate in una dittatura. Molti nei discorsi da bar, già la auspicano. In Grecia si inneggia ai colonnelli. Noi siamo ad un passo.


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lunedì 7 maggio 2012

Eleggere e-leggere.

Ricevo dal caro amico Gian, questa meditazione sul tema elettorale, che mi sembra molto interessante ed attuale e non posso fare a meno di riportarvela pari pari.


Leggere scegliere eleggere. Prima di scegliere chi eleggere devi leggere il programma dei candidati. Il verbo latino eligere deriva da e- (da) e da lègere (cogliere, estrarre) e ha due traduzioni: 1) strappare, svellere; 2) scegliere, eleggere, nominare. Eligere aliquem ad imperium voleva dire “eleggere uno imperatore”. Cornelio Nepote scrisse “Elexit ad dispensandam pecuniam”: lo scelse per l'amministrazione del denaro. Electio, electionis è la scelta, l'elezione. Al plurale, la parola “elezioni” definisce la procedura con cui vengono eletti i candidati scelti dagli elettori. Candidati? Anche qui si ritorna al latino: candidatus era colui che indossava una “toga candida”. Ai tempi della Roma antica, infatti, coloro che si presentavano alle elezioni dovevano indossare una toga bianca per distinguersi. Oggi i candidati non devono indossare abiti bianchi. Certo sarebbero molto eleganti. E “visibili”: cosa ricercata e per la quale si gareggia in ogni sede. Ad ogni modo, come allora, i nostri candidati vanno in giro sorridendo, salutando, stringendo mani e distribuendo “santini” con l'immagine e il motto, meglio conosciuto come slogan. E' un termine che deriva dal gaelico scozzese sluagh-ghairm, pronunciato slogorm. È composto da sluagh (nemico) e ghairm (urlo) e originariamente significava “grido di guerra”. Lo slogan è fondamentale nella pubblicità. In ogni settore. Più del prodotto e più del programma. A volte è proprio un grido di guerra e viene urlato per sopravanzare gli altri sloganCosa significa candidarsi? Significa presentare la propria persona ad un gruppo di persone che, con il loro voto, scelgono la persona che vincerà quelle elezioni. Ci si candida per una carica politica, per una rappresentanza sindacale, per la presidenza di un ente, azienda, associazione. 

Cosa bisogna fare per candidarsi? Beh, innanzitutto per candidarsi bisogna essere “candidi”. Ma candidi in che senso? Candidi nel senso di avere la fedina penale pulita, senza macchie. O anche candidi nel senso di avere candore. Il candor animi in Ovidio viene tradotto con schiettezza d'animo, sincerità, innocenza, lealtà. Tutte qualità positive ed encomiabili. Talvolta però candore è timidezza, timore, paura. Eh no! Bisogna essere “senza macchia e senza paura”. Proprio un bel motto per un candidatus che voglia essere onesto e anche intraprendente. Come i cavalieri senza macchia e senza paura della Tavola Rotonda. Peccato che ogni tanto la candidatura sia in realtà una “imbiancatura” di facciata. Come quando si dà il bianco in una stanza coi vecchi muri anneriti dal termosifone, ammuffiti dall'umidità, scrostati dall'incuria. E' l'immagine del candidatus che è “vecchio” dentro, annerito dalla coscienza sporca, ammuffito dalle frequentazioni inquinate, scrostato dai vincoli ricattatori. Viceversa l'appartamento magari non moderno, ma ben ristrutturato, ci dà l'immagine del candidatus con la coscienza a posto, le frequentazioni pulite, i vincoli solo d'affetto. E qual è il percorso di un potenziale candidato? Per arrivare a candidarsi ci sono diverse strade. La “via maestra”. E' larga (di progettualità), alberata (di buone intenzioni), ben lastricata (di solide basi culturali). Ma è anche molto lunga. Lunga da percorrere. Può indurti alla rinuncia, alla resa. Le “vie traverse”. Sono meno larghe, con poco marciapiede e asfalto accidentato. Ma sono corte. Rapide da percorrere. Possono indurti in tentazione. Infine, i “vicoli”. Sono stretti, sconnessi, poco illuminati. Sono molto corti. Li percorri in un attimo, senza fatica, senza occhi indiscreti, senza scrupoli. E allora? Candidarsi o non candidarsi: that is the questionEssere corruttibile o non corruttibile? Sia prima del voto, sia dopo la conseguita elezione. Caro candidato, non ci sono “vie d'uscita”. Tu dovrai sempre scegliere, eligereElezione è “lezione” di vita. Durante la campagna elettorale: lezione di stile, di buon gusto, di buone maniere. Dopo aver raggiunto la poltrona: lezione di umiltà, di dedizione, di esemplarità. 

Già, essere di esempio ai collaboratori e ai concittadini. Poi, a fine mandato, essere di compiacimento per gli elettori. Cicerone chiamava i cittadini più ragguardevoli viri electissimi civitatisElezione è lezione? Sì, in ogni caso è sempre una lezione. Eleggere è leggere? Quasi mai. Chi legge il programma del suo candidato? Chi cerca di leggere nel pensiero dell'uomo o della donna che voterà? Leggere nel pensiero!? Sì, per scoprire le sue vere intenzioni, le cose che “vorrà” fare e le cose che sa di non “dover” fare. I candidati, per farsi eleggere, dovrebbero farsi leggere nel pensiero. Come? Sottoponendosi, spontaneamente, alla macchina della verità. Così, però, sarebbe troppo comodo! Tu, elettore, non dovresti neanche più eligere, scegliere. La macchina della verità infatti (se non è adulterata, cioè se dice la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità) ti toglierebbe la fatica della scelta. Attento! Ti toglierebbe la “libera scelta”, tesoro impagabile dei paesi non totalitari. Eligendi potestas: la facoltà di scelta. Il libero arbitrio. Sì, la macchina ti direbbe chi è l'onesto, chi il volenteroso, chi il disponibile. E sceglierebbe al tuo posto. Peccato che sarebbe un'altra delle tante macchine e macchinazioni programmate e costruite dal Deus ex machina di turno. Meglio rischiare di scegliere, di leggere e di eleggere chi ti pare. Magari facendo come Cicerone che scriveva minima malorum eligere, scegliere il male minore. Quindi, corriamolo questo rischio. Ci sono tanti proverbi che i progenitori ci hanno predisposto, sul rischio. Non mandiamolo in estinzione, il rischio. Costruiamoci una piccola, personale “riserva” del rischio. Un angolo della nostra mente dove tenerlo pronto e farlo uscire al momento opportuno. Nel momento in cui dobbiamo scegliere. Carlo Maria Martini, pastore della diocesi ambrosiana dal '79 al 2002, ha detto: “Chi non prende decisioni si lascia sfuggire la vita. In confronto, il rischio di prendere una decisione sbagliata, che andrà corretta, è inferiore.”


Mi pare comunque che questo invito alla partecipazione come minore dei mali, sia stato colto appieno, a dispetto delle previsioni, magari ne parleremo meglio domani ad urne aperte, dopo aver elaborato anche quanto accaduto in Francia e soprattutto in Grecia.


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lunedì 15 novembre 2010

La fine dell'Impero Romano

Pur se sick and tired, voglio riportarvi il contenuto di questa antica pergamena che ho ritrovato in fondo alla mia biblioteca. In alcuni punti è illeggibile e inoltre la traduzione che ho tentato di fare è assai approssimativa, date le mie scarse rimembranze del latino tardo (o forse sono io il tardo).

Manlius Lentulus Simplicio suo salutem,
Persuade tibi hoc sic esse ut scribo, ma quanto ogni giorno passa sotto i miei occhi mi provoca malessere e disperazione. Sono oramai passati oltre mille e cento anni e più ab urbe condita e l'Impero, invece di trovare forza nel suo splendido passato, va scivolando inevitabilmente verso la fine. L'Imperatore ormai lontano dalla vita civile, non si cura né del governo, né del buon andamento della cosa pubblica. Circondato da empi sacerdoti è ormai dedito a sfrenati baccanali, passando da una all'altra delle sue splendide villae, dove tutte le ricchezze accumulate negli anni dorati vengono dissipate senza cura. Drappi trasparenti che arrivano dai lontani Sinii e costose porpore di Tiro adornano le lascive lupae che ormai lo circondano di giorno e di notte, per dare sollazzo alla sua insaziabile cauda salacis. Al punto che a qualcuna di queste concede cariche civili e le ricopre di importanti prebende. Il Senato non è più luogo di discussione tra uomini nobili e virtuosi che solo hanno a cuore il bene dello Stato, ma lupanare dove si scambiano favori e ..... (parte illeggibile)...

... le famiglie mandano le loro figlie più belle ai templi di Venus Fellatrix, ogni giorno ne vengono aperti di nuovi e più splendenti, ritenendo questa carriera come buona e onorevole per giungere ai fasti ed alla ricchezza. I teatri abbondano di femmine impudiche che esibiscono i loro corpi callipigi per avvicinarsi al potere. Chi si oppone, ricordando la morale antica dei nostri maggiori, viene mandato in esilio sul Ponto Euxino o indotto ...(parte illeggibile)... Davanti alle porte dei potenti, orde di clientes, ogni mattina aspettano di riscuotere la mercede delle loro nefandezze. Intanto i barbari sono alle porte e spingono sgretolando ogni giorno un pezzo di quell'impero che un tempo guidava con giustizia i popoli dalle Colonne d'Ercole alla Sogdiana.

Sarmate arroganti e giovani ermafroditi dagli occhi bistrati invadono le insulae portando le mollezze d'Oriente mentre eserciti di Etiopi spauriti passano il mare periglioso per aumentare la massa degli schiavi che un giorno si ribellerà travolgendoci. I Celti, rozzi e ignoranti che con malizia si sono ormai insinuati nella guardia imperiale, fingendo di difendere l'Imperatore, oramai maschera di sé stesso, stanno per pugnalarlo alle spalle e prenderanno presto il potere, deponendolo con ignominia. Anche i popoli un tempo nostri sottoposti, oggi ci deridono con epigrammi feroci. Amico mio, Simplicie fidelis, mala tempora currunt... (parte illeggibile) .... perché come è detto maioribus nostris: 'sera parsimonia in fundo est' e quando si consuma la fiaccola del potere non rimane la parte più piccola ma la peggiore.
O mio Simplicio ave atque vale.

Mi chiederete perché, in questo grigiore tardoautunnale, occuparsi di cose così lontane nel tempo. Avete ragione sono solo elucubrazioni un po' inutili per farmi ingannare il tempo in attesa che mi passi la diarrea.


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sabato 6 marzo 2010

Cronache di Surakhis 27: Moralità assoluta.

Paularius si rigirò nel grande letto a levitazione magnetica più volte. Era tutto inutile, cercare di riposare era impossibile. Aveva cacciato via le due multitrans Vegane con stizza, da più di un'ora, neanche loro riuscivano più a dargli piacere, eppure erano le sue preferite con i loro tentacoli morbidi a rigidità variabile. Il problema era nella sua testa e lo capiva bene, ogni giorno più depresso e demotivato, stufo, stanco di tutto quello schifo che lo corcondava. Stava andando tutto a rotoli su Surakhis, sembrava che la moralità fosse un ricordo di altri tempi; la stessa Chiesa Universale del Bene e della Pace tra le Genti aveva inopinatamente deciso di fare un repulisti nei suoi templi di reclutazione; anche loro avevano ceduto a questa ventata malefica che voleva mutare tutto quanto era sempre andato così bene e se la prendeva addirittura con quei poveri sacerdoti che godevano dei giovani apprendisti, come se non fosse nel loro pieno diritto e, tra l'altro, di utilità nel forgiare le future menti all'obbedienza. Non bastava tutto quel fango gettato su quei poveracci che si sbattevano dal mattino alla sera, al MinCulCor, il Ministero della Cultura della Corruzione per stabilire le corrette quote di tangenti per ogni ordine e grado dei partecipanti ai lavori pubblici e privati. Stuoli di Morigeratores impazziti si aggiravano per le strade cercando di rovinare tutto quello che pazientemente era stato costruito in decenni di onesto lavoro, additando al pubblico ludibrio poveri politici mentre si riposavano dalle faticose sedute parlamentari con le solite ragazze rifornite dal competente Ufficio Postribolare, come se questo non fosse un loro preciso e sacrosanto diritto. Addirittura si pretendeva che venissero rispettate le regole! Ma come, in un mondo che aveva fondato la sua ricchezza ed il suo benessere sulla saggia, pragmatica e selettiva violazione delle regole, adesso saltava pure fuori che chi era dalla parte giusta ne dovesse anche rispettare qualcuna. Ma era proprio la fine del mondo! Proprio su questo concetto esteso della possibilità di violazione delle regole da parte di chi le faceva e della costrizione a rispettarle di chi le subiva, si fondava tutta la filosofia e l'etica postpartitica. Da qui era nato il potere assoluto dell'Imperatore. Se anche lui avesse dovuto rispettare delle regole sarebbe stata la fine, la sua fine di certo e la fine di tutti quelli che lo amavano e che lui nella sua infinita bontà beneficava. Si alzò di botto, tanto non sarebbe riuscito a dormire. Suonò nervoso e due schiavi arrivarono di corsa con le sue vesti da Senato. Voleva arrivare presto per la seduta del giorno dopo. Finalmente si sarebbe votato il santo decreto taglia-regole. Eliminate tutte le vecchie, che sarebbero rimaste in vigore solo per le classi inferiori e per le opposizioni, sarebbero state fatte nuove e pesanti regole ed ognuno, anche quei cani di Morigeratores avrebbero avuto in distribuzione gli elenchi delle caste di coloro che le avrebbero dovute comunque rispettare, di quelli che corrompendo secondo i diversi coefficienti-status le avrebbero potute aggirare e di quelli che di quelle regole avrebbero fatto l'uso che meritavano, quello di essere stampate sulla carta igienica per i multiani dell'ammasso stellare M32.





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