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lunedì 24 dicembre 2012

Confrontare e scegliere.

Big mac - dal web
La capacità di confrontare è forse una delle caratteristiche che contraddistinguono la specie umana dagli altri animali. Nel momento in cui una scimmia più o meno pelosa, guardò due frutti appesi ad un albero e decise di scegliere il più succoso e buono, base alle sue esperienze precedenti, ricordando i mali di pancia che le aveva procurato uno, magari più colorato nei confronti di un altro apparentemente meno bello ma più nutriente, si è probabilmente staccato un ramo di discendenza che ha diviso definitivamente quello che poi ha potuto fregiarsi del nome di Homo sapiens, appunto un animale nuovo, che ragiona, che pensa e sceglie. Ecco che questa caratteristica si è poi sempre di più affinata attraverso i millenni e ha fatto del confronto e della successiva scelta la base della nostra civiltà. L'importante è certo poter continuare a scegliere, cosa che non è consentita a tutti. A volte poi è difficile decidere, perché l'oggetto in questione, dotato di vita propria,  è diventato furbo e astuto, conscio della possibilità di essere scartato e quindi si è attrezzato con bei modi e lusinghe al fine di ingannare chi è lì, perplesso ed indeciso; ma in altri casi proprio la differenza è così tanta, così esageratamente a sfavore di una delle due parti da rendere incomprensibile il dubbio stesso. Ieri, ad esempio, che grande spettacolo. Da una parte vedere lo stereotipo stesso della serietà, della competenza e della correttezza, un mostrare insieme autorevolezza e comprensione dei problemi, saper dire le cose come stanno senza dare illusorie aspettative o nascondere le difficoltà reali che altri, colpevolmente, nella propria brama di razzia hanno provocato. 

Un mettersi a disposizione per continuare un lavoro che riesca a portare a una soluzione attraverso una strada difficile e faticosa, ma anche unica, perché non ci sono scorciatoie per arrivare ad uscire da quella stretta porticina di un inferno in cui altri, indecenti, ti hanno cacciato ed ora dan la colpa ad altri e dopo aver fatto il disastro vogliono tornare a risolverlo con le stesse armi che lo hanno provocato. Un mostrarsi credibile a quelli a cui, volente o nolente dovrai andare a chiedere, per poterli convincere a non strangolarti, perché altri hanno messo loro in mano il cappio che ti stringe il collo ed ora ti vengono a raccontare che avevano già capito tutto. Un sapersi mostrare ragionevole e non iroso verso coloro, spesso primi responsabili del disastro che ti insultano e ti deridono, ansiosi solo di ritornare alla greppia o di condurre la mandria verso inesistenti pascoli celesti. Dall'altra invece, lo squallore della continua menzogna, dell'imbonimento da piazza, dell'insistito disprezzo verso l'altro. Senti pronunciare parole come "morale" da chi le ha ormai cancellate da tempo dal suo vocabolario e non dovrebbe neppure essere autorizzato a ripeterle, vedi con orrore il siparietto della vellicazione delle prurigini più basse della plebe, odi promesse sempre uguali, alcune sempre poi disattese, altre foriere del disastro già una volta provocato eppur così ricoperte di giulebbe per apparir appetitose solo a branchi di scimmie ammaestrare a ingozzar la pancia nell'immediato. Una mancanza di vergogna che offende ad ogni richiamo alla verità, costruendo fantasiose teorie nel disperante tentativo dell'ultimo inganno. Sembra così facile scegliere, par non si ponga neppure il problema. Invece forse non è così. Tra un grasso e colorito hamburger   surgelato, malamente ricondizionato e ricoperto di mostarda, maionese e ketchup e un piatto di pasta, ceci e fagioli con un filo d'olio, qualcuno sceglie ancora il primo. Forse il genere umano sta di nuovo dividendosi in due specie diverse.

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Economia politica 1.

domenica 30 gennaio 2011

Mediterraneo in fiamme.

Presi dai problemini nostrani, sotto montagne di fetida monnezza, tra case e nipotine, sentiamo solo di sfuggita le grosse grane che stanno capitando ai vari zii che invece ci sono molto, molto vicini. Ragazzi, il Mediterraneo al completo è in fermento come non lo è stato da decenni, mai in maniera così corale ed epidemica. Stiamo sottovalutando un fenomeno che potrebbe produrre effetti assolutamente dirompenti in qualunque direzione si evolva, cosa ancora imprevedibile. I media nostrani, diciamocela tutta, non hanno tempo, spazio e voglia di raccontarci queste cose, sono presi da altro; intanto, praticamente ai nostri confini milioni di persone sono in strada, a far sentire che esistono e che non accettano quello che li circonda, qualcuno anche a morire. Il virus si è esteso, dalla Tunisia all'Algeria, di cui non si parla, ma dove si muore, al Marocco dove brontola sotterraneo, è passato quindi virulento in Egitto e poi nello Yemen. In Giordania c'è gente per le strade, nei Territori Hamas e ANP si scannano, così come a Beirut, per non parlare dell'Albania.

Tutti accomunati dalle stesse problematiche. Paesi dove sotto una finta democrazia di facciata, regimi semi totalitari, hanno avuto una pax imposta per legge a soffocare ogni dissenso, che ora complice la crisi economica è rapidamente arrivata ad un punto di rottura. E' sempre stato così, quando la corda è troppo tesa, prima o poi si strappa e qui lo strappo è una vera e propria deflagrazione. Qui vediamo solo qualche spezzone qua e là, preso tra quelli che fanno più spettacolo, violenze, morti e saccheggi. Dove non ci sono le nostre beghe da pollaio, i fatti sono coperti in modo più serio. Da Al Jazeera e da altre televisioni che coprono i fatti, i servizi mostrano una situazione di proteste più o meno pacifiche con gente comune che soltanto non ne può più di governanti ladri e corrotti, con frange violente molto circoscritte. Ancora una volta il vero flusso sanguigno di questo movimento è la rete, di cui nessuno riesce davvero a fermare la penetrazione capillare e a cui non si può più nascondere nulla. Un mezzo che terrorizza dittatori e camarille locali che cercano in tutti i modi di bloccare il vero e unico spazio di libertà che il mondo abbia creato. Può far risere ma può far meditare (vedi foto, vista da Cristiana) e allora sì che è pericolosa davvero.

Gli osservatori competenti dicono che per ora il fanatismo religioso non è presente in maniera attiva, però io non mi farei illusioni, povertà e repressione sono l'humus ideale per questo tipo di estremismo e guardando i video, cominciano a comparire le barbe che arringano alla folla. Il nostro mondo ha coccolato e sostenuto i regimi locali ritenendoli buoni per contenere questo problema, fregandosene se erano composti da ladri e grassatori corrotti, troppa fatica tentare di accompagnare questi paesi verso un futuro realmente democratico. Il totale fallimento dell'operazione Saddam ne è stato l'esempio più lampante. Però niente è gratis e la storia presenta il conto prima o poi. Le rivoluzioni anche se non generano nuovi regimi (magari teocratici come in Iran) hanno inevitabilmente un periodo più o meno lungo di semianarchia, in cui le persone (in questo caso decine di milioni) disperate cercano di andarsene e di raggiungere qualche paese vicino, più tranquillo e più ricco. Sbarrare loro la strada con le tonnellate di rifiuti potrebbe essere l'unica opzione praticabile che ci rimane.




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venerdì 10 dicembre 2010

Una carriera spezzata.

Non è mai troppo tardi per dare una sterzata di 180 gradi alla propria vita. Spesso si dice che ci vuole coraggio, per altri è questione di curiosità. Però buttarsi in una cosa nuova è stimolo, è passione, è vivacità di pensiero. Poi per un tuttologo, ça va sens dire, se una cosa non l'hai mai fatta, questo è già di per sé un incentivo irresistibile. E poi diciamola tutta, dentro di me questa passione ci deve essere sempre stata, sebbene abbia dovuto rinunciare alla carriera di ballerino troppo precocemente e poi anche a quella di suonatore (mi ero accorto che quello che suonava la chitarra era l'unico che alla fine non limonava, quando si spegnevano le luci), il mondo dello spettacolo ha sempre esercitato su di me un fascino inconfessato.

Certo, lo so bene, per certe cose devi esserci portato, il fisico ha un suo ruolo fondamentale, ma anche la passione fa la sua parte e dalla mia c'è una naturale ed istrionica capacità di porsi che ha dominato anche la mia vita di lavoro, la mia ben nota maschera tragica, la pur sempre importante ed indispensabile conoscenza dei classici. Inoltre la vicinanza e gli insegnamenti che mi ha inconsciamente trasmesso l'amico Nunzio nelle nostre frequentazioni ad Honk Kong, da cui si intuiva il suo futuro già tracciato di attore e regista, e stiamo parlando di uno che ha calcato le scene di Broadway, non so se mi spiego (anzi date un'occhiata al suo sito), possono ben avere giocato un ruolo importante, rimanendo a lungo sottotraccia nel subconscio, ma permeando poi insindacabilmente l'attitudine al proscenio. Possiamo dunque affermare, senza timore di essere tacciato di immodestia, che il metodo Stanislawsky ha per me, ben pochi misteri.

Dunque questa mattina il dado è stato tratto e mi sono presentato al casting per la fiction risorgimentale Violetta, un lavoraccio di dozzina che si sta per girare nella Cittadella di Alessandria, una ennesima opera di bassa macelleria che infesterà il piccolo schermo di qualche TV commerciale. Dovevano mettere insieme un gruppo di un'ottantina di comparse per fare la folla di una manifestazione e forse anche i carcerati rinchiusi nelle segrete. In primis necessitavano, come da volantino, uomini dai venti ai sessanta con barba e baffi. Io, invero, avevo già un po' barato sull'età, ma quando l'ardore dell'arte spinge, ci vuol altro.

Ho riempito il mio bravo modulo con i dati e le misure; alla voce taglia ho messo uno speranzoso 58 e ho consegnato il tutto ad una cortese signorina con macchina fotografica che dopo avermi squadrato mi dice, tra il serio ed il faceto, che non hanno costumi oltre la taglia 50. Avete capito ? Scartato perchè troppo grasso! Se questa non è discriminazione son so più cosa dire. Così si infrange miseramente la mia entrée nel rutilante mondo dello spettacolo. Mi toccherà cominciare seriamente questa dieta, se no, mi sa che non mi prendono neanche a fare la velina.


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martedì 16 novembre 2010

Vieni via con me.

Mi sono preso una settimana di tempo per vedere la seconda puntata prima di dire la mia al riguardo. Il successo come si sa è figlio di tanti padri, ma non si può negare che tutto quello che Fazio tocca diventa oro, anche se tutti cercano di dargli una mano. Intanto la polemica con Masi sembra fatta ad hoc, non credo che nessun esperto di immagine avrebbe potuto inventarsi qualche cosa di più efficace per guadagnare share. Detto questo, bisogna dire che la grande invenzione questa volta, è stata quella di studiare una trasmissione televisiva che più antitelevisiva non poteva essere. Credo che proprio qui stia il segreto, oltre ai contenuti naturalmente, che però riguardano solo la platea dei fedelissimi.

Facendo un discorso puramente metatelevisivo, bisogna rimarcare che la totale mancanza di ritmo, che al contrario di solito è la prima cosa che viene richiesta nella televisione moderna, ha dato al programma una sua teatralità che ha saputo stupire e comunque affascinare lo spettatore. E non è che sia stato tutto oro. Un Abbado completamente fuori ruolo, ha tenuto il suo pezzo con grande difficoltà, il buon Saviano rigido e chiaramente poco tagliato per lo show, ha anzi saputo fare di questa mancanza un pregio, dando la netta impressione di credere in quello che fa, anche se francamente i suoi interventi sono un po' troppo lunghi e si sa che non si riesce a mantenere l'attenzione delle persone, qualunque cosa si dica, per più di venti minuti. Forse è questo che la gente chiede. Stanca di sentire proclami, vuole ascoltare gente credibile.

Mi è piaciuto poco anche Rossi, un po' confuso, mentre la conferma di uno stepitoso Albanese, ha bissato il buon Benigni che, anche se è partito, sottotono e un po' ingessato, ha finito in un crescendo irresistibile, forse il momento topico delle due serate. Comunque il nostro buon Fabio, che di certo ha tratto ispirazione dalle liste del penultimo libro di Eco, ieri sera era nervosissimo, si mordicchiava frequentemente il labbro inferiore, mostrando la classica salivazione azzerata di chi è sottoposto ad uno stress pesante. Mettersi in gioco ogni volta, circondato da un cerchio che aspetta solo il momento buono per farti lo sgambetto, non deve essere facile. La presenza dei due politici con il loro comizietto, chiave indispensabile purtroppo per l'aumento dell'ascolto, hanno dimostrato ancora una volta i minimalia della politica italiana. Mirabile il finale degli Avion Travel. Per le prossime due puntate, se ci saranno, consiglierei qualche coup de theatre. Comunque il fatto che di certo anche ieri sera, il Grande Fratello, sarà andato sotto, si può definire consolante in senso lato.



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mercoledì 13 ottobre 2010

L'Uni3 ai Ferrovieri.


Noto che questa storia di Marco Polo mi ha coinvolto decisamente. Come mi ero accorto, scorrendo il libro, che le descrizioni, puntuali ed intriganti dei luoghi da lui visti, coincidevano perfettamente con la descrizione che ne avrei potuto dare io, settecento anni dopo, vedo che più ne esamino le pagine e più mi colpisce con le sue osservazioni sulla cucina, sulle abitudini, sulla politica di quei mondi lontani. Anche dalla collaborazione così intrigante con Acquaviva, saltano fuori ogni volta spunti interessanti e curiosi. Dato che evidentemente ne parlo spesso, lunedì scorso, ho accolto con piacere l'invito dell'amico Vittorio Babolin a farne l'argomento di una chiacchierata all'Università delle Tre Età di Alessandria. Devo dirvi che è stata una esperienza davvero piacevole, in quanto i miei dubbi che il tema presentato, già fin troppo conosciuto ai più, si rivelasse troppo scontato o noioso, sono stati subito fugati di fronte ad un pubblico assolutamente attento e partecipe, oltre che numeroso, che ha mostrato di apprezzare soprattutto il confronto tra le parole del libro con la realtà odierna sia dei luoghi che delle situazioni.

Di certo salire su quel palcoscenico del Dopolavoro Ferrovieri mi ha dato una bella sensazione, ma non solo per l'occasione specifica. Erano molti anni che non entravo più in quella grande sala, oggi rinnovata completamente (adesso si chiama Ambra , ma per noi rimarrà sempre I Ferrovieri), però, varcata la soglia, non ho potuto fare a meno di tornare ad emozioni antiche ma perfettamente presenti nella mia memoria. Sono passati più di cinquanta anni, da quando ragazzino, per mano a mio papà, a piedi d'inverno, con la mia bicicletta gialla col cambio di cui ero molto orgoglioso in estate, si veniva qui tutti i giovedì sera. Nella grande sala si sospendevano le proiezioni del film e ad un quarto alle nove, dopo Carosello, cominciava, attesissimo, Lascia o Raddoppia. C'era sempre un sacco di gente, quasi nessuno aveva un vicino in possesso di un televisore e le sale si erano organizzate, diversamente nessuno sarebbe andato più al cinema. Così guardavo con attenzione ed appassionandomi, tra i commenti furibondi degli spettatori, le performances dei vari concorrenti guidati dal buon Mike, già inevitabile futura icona del nuovo mezzo di comunicazione che molti desideravano, che pochi credevano di poter possedere nel loro futuro prossimo.

Mentre ci si meravigliava per le complesse risposte che venivano snocciolate nei canonici sessanta secondi, ben attenti al fatto che -La prima risposta è quella che conta! -, c'era sempre attesa sulle decisioni dei vari personaggi, se sarebbero caduti, se avrebbero tentato o meno di raggiungere i mitici 5 milioni del premio finale. Che non era mica poco, più o meno cinque anni degli stipendi dell'epoca. Ho ancora ben vivide le uscite estrose di Mariannini, il caso del controfagotto e la signora Longari caduta sull'uccello. Poi si vedeva il film, allora ai ferrovieri si faceva la terza visione e mio papà, socio di diritto in quanto Deviatore capo, aveva lo sconto sui biglietti, che mi pare costassero 80 lire. La sala era piena zeppa, gente in piedi e nuvole di fumo azzurrognolo che aleggiavano sulle teste. Emozioni antiche. Forse gli anni mi hanno reso troppo sensibile. Il mio, ormai amico, Marco Polo, avrebbe valutato piuttosto i soldi risparmiati con lo sconto sui biglietti e i rapporti costi/benefici dell'operazione.



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mercoledì 2 giugno 2010

Il mio amico Arnold.

Mi faceva morir dal ridere. Sono passati già una trentina d'anni, eppure quella faccetta di gomma nera che aveva delle espressioni talmente accattivanti che mi sorbivo degli insulsi telefilmetti come fossero capolavori shakespeariani. Credo che tutti se lo ricordino, agli inizi di quegfli anni 80 della Milano da bere. Qualche giorno fa se ne andato per caso, perseguitato dalla maledizione che ha accompagnato tutti quelli che partecipavano a quella serie. Todd Bridges che interpretava il fratello, fuori e dentro le galere, tra droga e compagnia; Dana Plato, che la sorellastra biondina e simpaticissima, morta di overdose e suo figlio, suicida qualche anno fa e lui Gary Coleman, sfortunato da subito. Per una disfunzione renale non ha mai superatio il metro e trenta, caduto nel dimenticatoio è finito in galera per violenza, ha tentato la carriera politica contro niente di meno che Swrzenegger, ma è arrivato ultimo su nove concorrenti, come potevi dare credito a quel facciotto rotondo quando ti diceva che avrebbe calato le tasse. Così è caduto da una scala, coma irreversibile, gli hanno staccato la spina qualche giorno fa. Lo aveva già scritto in quegli occhi birichini, ma in fondo un po' tristi.



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lunedì 12 gennaio 2009

Orsi polari

Non ne posso più! Adesso mi sembra proprio che si sia toccato il fondo. Ogni certezza svanisce. Proprio io, che facevo del dubbio la mia religione, una cosa, almeno, la ponevo nella bacheca delle verità scolpite nel cristallo. I ghiacci si stavano ritirando drammaticamente. I pinguini Vigorsol lo testimoniavano anche ai più scettici (ma ormai non ce n'erano più) e contribuivano comunque ad arginare il problema con una loro soluzione originale. Il polo nord era solo nominale, la banchisa un lontano ricordo; clip di orsi bianchi alla deriva (probabilmente gli ultimi della specie ormai quasi estinta) erano seguiti da elicotteri voyeristi che ne spiavano la nuotata appesantita, con un deprofundis lacrimevole di una giovane giornalista (?) specializzata in notizie drammatiche. I documentari abbondavano di alci che per il gran caldo si tolgono la pelle contro le betulle, volpi che non diventano più bianche ma rosse di rabbia, foche in bikini ad abbronzarsi, gatti delle nevi con accessori da sabbia, husky canadesi con la lingua che tocca terra, mammuth che spuntano fuori quasi vivi dal permafrost siberiano diventato pappetta. Anche le navi rimpiangevano di non aver più iceberg contro cui andare a sbattere, mentre agli eskimesi venivano inviati aiuti sottoforma di canottiere caraibiche. Intere nazioni sommerse dalle acque, acquistavano terreni negli stati vicini per poter migrare legalmente i propri abitanti reietti, nei prossimi roventi decenni. Da qualche giorno, i giornali e quelli che li scrivono (ma ha senso chiamarli giornalisti) ci raccontano che è tutta una balla, che si sa bene da più di un anno, che la banchisa polare non è mai stata così estesa, che il suo spessore sta crescendo, che il numero degli orsi polari è in costante aumento (per cui sarà bene cominciare a pensare ad abbattimenti selettivi), addirittura è quasi certa una nuova (piccola, per fortuna; anche questo è certo) era glaciale. Ma questa gente (giornalisti mi pare una parola grossa) dove le prende le notizie? Perchè si dà retta a tutti quelli che aprono la bocca e danno fiato, oppure lo fanno perchè hanno interessi, devono vendere qualcosa o devono farsi votare o farsi ascoltare da qualcuno e ne fanno cassa di risonanza, dando per certe ipotesi prive di conferme reali. Poi la gente ci crede, dà per scontati gli assunti e vota o si comporta di conseguenza rinuncando a verificare, a controllare, a non dare per certo, a pensare. Adesso basta! Marocchino con Nutella. Ma sarà poi buona davvero?

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 121 (a seconda dei calcoli) su 250!