mercoledì 23 luglio 2014

Albania 11: Pozzi di petrolio


L'area petrolifera a sud di Elbasan

Pozzi e pagliai
La strada corre quasi rettilinea su un terreno ondulato vicino alle colline. Questa è terra buona, irrigua e i campi sono coltivati intensamente, frutteti, serre, campi di mais rigoglioso, non come gli stentati campicelli della montagna o le terrazze sui fianchi delle colline alte, che a poco a poco si stanno rinselvatichendo. Lavoro immane di migliaia di persone che il regime aveva costretto al lavoro forzato collettivo, tentando di riscrivere l'orografia del territorio, nello sforzo di rendere autosufficiente il paese. Quaranta anni di sconvolgimenti che non riescono a trovare pace e sistemazione neppure oggi, anche se è ormai passato più di un ventennio, dopo la caduta del regime. Infatti uno dei problemi di più difficile soluzione dei contenziosi legati al passato, rimane proprio questo delle vecchie proprietà. Tutte le terre confiscate agli antichi proprietari terrieri, erano state date in gestione a queste cooperative, delle specie di comuni che hanno coltivato e provveduto per decenni alla sistemazione dei terreni, con titaniche opere di terrazzamento e regimazione delle acque. Capovolta la situazione, dopo il '91, si pensò di compensare i tanti anni di duro lavoro imposto a questa gente dando loro in gestione, con una sorta di usufrutto, le aree da loro coltivate o gli alloggi che avevano occupato per tanti anni. Tutto questo, tuttavia va a confliggere con i diritti di quanti, perseguitati politici e internati nei campi di concentramento e dei loro eredi, hanno tentato di rientrare in possesso dei beni loro espropriati. 

I contenziosi non si contano e proseguono tuttora con gran goduria di avvocati e di quanti sulle beghe legali ci campano. L'area a sud di Elbasan sta per essere interessata da un gigantesco progetto di centrale idroelettrica che formerà un lago di grandi dimensioni a ridosso delle montagne e già si vedono gli effetti di colossali sbancamenti, che allo stesso tempo portano anche strade moderne e veloci. Alle spalle, il territorio prosegue ondulato, con pochi casolari sparsi tra le colline. Tra i campi  e gli orti che si susseguono disordinatamente, quello che non ti aspetti, una serie infinita di tralicci, alti pochi metri, neri e malandati, ricoperti di ruggine e di untume di oli pesanti. Questi erano i vecchi campi petroliferi albanesi che davano al vecchio regime una certa autonomia energetica. Sono quasi tutti in disuso, le pompe ormai consumate e stanche, i pozzi esausti. Qualcuna continua ancora il lento movimento altalenante per estrarre le ultime gocce di quel materiale, croce e delizia, fortuna e maledizione al tempo stesso per tanti paesi. Pare ancora di ascoltare se tendi l'orecchio verso la valle, il cigolio delle bielle, l'ansimare stanco delle pompe dalle guarnizioni consunte. Adesso quanto rimane o è stato scoperto di nuovo, viene estratto con metodi moderni ed efficienti ed è gestito da ben altri complessi multinazionali, che sono subito arrivati ad offrire i loro servigi. 

Pozzo in disuso
Qui rimangono solamente gli scheletri di un passato prossimo, le carcasse di un mondo che non c'è più, ma ancora ben visibile, un monito mescolato ai pagliai ed agli orti di pomodori, alla base dei quali razzolano le galline e da cui anche i deliziosi asinelli grigi che pascolano lungo il sentiero, si tengono lontani, come non volessero sporcare il morbido pelo grigio con quel nero appiccicoso. Quasi non trovi paesi lungo la strada, solo piccoli gruppetti di case, all'apparenza deserte, al centro delle quali, al massimo, quella più grande ha qualche seggiola fuori e un paio di tavoli, con una insegna della birra Tirana. Ti puoi fermare a bere qualche cosa, ma se vuoi mangiare, devi convincere il ragazzo che sta lì a chiacchierare con gli amici a lasciarti andare direttamente in cucina e a lasciarti preparare direttamente qualche cosa, un'insalata, yogurth, un po' di pesche succose. Lui lascerà fare, intento com'è a discutere con gli amici del campionato del mondo o se è ancora il caso di emigrare in Germania o in Svizzera. Le cicale intanto, continuano il loro assordante lavoro.

Bar di paese


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2 commenti:

raffa ha detto...

descrizione precisa e puntuale e poi il ricordo di quella cucina vivo nella memoria

Enrico Bo ha detto...

@Raffa - Grazie carissima e viva nella memoria rimane anche la compagnia dei gradevolissimi compagni di viaggio!

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 114 (a seconda dei calcoli) su 250!