I bunker di Hoxha |
Come sempre viaggiando attraverso ad un paese vieni a contatto con la sua storia ed allo stesso tempo con la storia di tante persone. Molte di queste interesserebbero qualunque ascoltatore anche distratto, altre invece ti lasciano senza fiato, a sentirle raccontare e fatichi ad identificarle con vite realmente vissute, tanto il destino riesce a costruire trame così drammatiche. Quella di oggi è una storia a lieto fine e chi te la racconta ride mentre ricorda e il suo sguardo è sereno, ma da parte nostra bisogna riflettere, almeno un poco su molte cose e a quanto ti può accadere se ti capita di nascere in una delle tanti parti sbagliate del mondo. Intanto bisogna ricordare che l'Albania è stata per circa 45 anni, uno dei regimi dittatoriali insieme più chiuso e crudele tra quelli che si conoscono. Appena terminata la guerra, Enver Hoxha, preso il potere, chiuse il paese ermeticamente e diede inizio ad una serie di purghe spietate per eliminare qualunque tipo di opposizione. Il nonno di Enkli, ufficiale di marina, con vaghe accuse di spionaggio e connivenza con l'occidente, fu imprigionato e dopo qualche anno di prigionia, giustiziato sommariamente. La sua famiglia, catalogata quindi come dissidente fu inviata in uno dei tanti campi di lavoro forzato nelle campagne. Suo figlio quasi laureato in medicina ebbe comunque il compito di esercitare questa professione nei paesi del circondario. Qui conobbe una ragazza anche lei di una famiglia di supposti oppositori e si fidanzò.
Ma per il comitato politico questo non era ammesso e pertanto il matrimonio fu vietato, nonostante per i canoni dell'epoca, la ragazza, ormai fidanzata, fosse irrimediabilmente compromessa. I ragazzi si sposarono ugualmente e per questo furono puniti con rigore, con l'invio in un campo molto più duro, in una zona di bonifiche attorno a Durazzo, dove lui continuò a esercitare di nascosto alla sera la sua attività clandestina di medico. Nacquero tre figli, che come figli di condannati non avevano troppi diritti in verità, ma Enkli, che era molto brava a scuola ottenne, pagando, il permesso di frequentare le scuole medie a Durazzo. Certo Enkli era una ragazzina un po' particolare, ribelle e poco incline a soggiacere agli ordini e alle consuetudini, in particolare, mentre l'adolescenza cominciava a bussare alle porte, il suo terrore era quello di essere promessa in sposa a qualcuno contro la sua volontà. Tendeva l'orecchio in casa, quando sua madre parlava sottovoce con papà e cominciava a sospettare che si cominciassero a fare dei progetti su di lei, tanto che aveva già detto che lei, in questo caso sarebbe scappata addirittura dal paese, anche se sapeva quanto fosse impossibile, rimediando ogni volta una scarica di botte, non tanto per la ribellione in sé, ma perché bastava che qualche vicino curioso avesse sentito certe dichiarazioni di principio e fosse andato a denunciare e le conseguenze avrebbero potuto essere davvero pericolose, in un tempo in cui quando sentivi bussare alla porta al mattino presto, potevi essere sicuro che non fosse il lattaio.
L'unica sberla da suo padre invece, se la beccò quando prese in giro la sorellina che si lamentava per una sbucciatura ad un ginocchio, deridendola perché aveva fatto il giuramento al Partito e non poteva frignare per così poco. Ebbene a quei tempi, anche per una ragazzina, scherzare sul Partito, poteva avere conseguenze davvero pericolose. Così trascorreva il tempo, mentre Enkli si concentrava nello studio, facendo la ginnastica militare al mattino e il campeggio estivo dove si insegnava la difesa contro il nemico che da un momento all'altro avrebbe attaccato i sacri confini della patria e cominciando a farsi le prime confidenze con le amiche del cuore su argomenti che non si potevano affrontare neppure con la mamma. Nel '91 cominciarono ad accadere cose molto strane ed inusuali, che Enkli, che allora, aveva soltanto 14 anni, neppure capiva. C'era gente per strada che gridava, molti si richiudevano in casa, alla periferia si erano sentiti anche spari. Quel giorno a scuola c'era un'atmosfera molto strana e una gran confusione tra gli insegnanti. Enkli, che doveva essere interrogata in matematica e ci teneva a ricevere il premio come prima della classe, era piuttosto nervosa, quando arrivò in aula il responsabile scolastico e disse che le lezioni erano sospese e che tutti se ne dovevano tornare a casa. Enkli era un po' arrabbiata perché aveva studiato tutta la settimana per quella interrogazione, ma uscì di corsa con il suo gruppo di amiche. Fuori c'era una gran folla vociante che andava verso il porto. Con la curiosità delle ragazzine, furono trascinate dalla gente fino alle banchine.
Giravano voci incontrollate. Qualcuno vicino a lei le disse che quella nave andava in Italia e chi voleva poteva salirci sopra. Le amiche spaventate scapparono, lei rimase a guardare come ipnotizzata quella grande nave con le fiancate grigie e arrugginite, coperte di scale di corda su cui qualcuno aveva cominciato a salire. D'un tratto si trovò davanti un parente lontano che le gridò di scappare a casa, che era pericoloso. Lontano, dietro i giardini si sentiva lo scoppiettare di qualche mitragliatrice. Enkli era come in trance, gettò la cartella dei libri in mano allo zio e come spinta da una forza sconosciuta, corse verso la nave, si arrampicò sulle corde, qualcuno la aiutò a salire e si trovò di colpo sul ponte a guardare la riva che si allontanava. Di colpo le prese la paura per quello che aveva fatto, mentre intorno le voci si rincorrevano, chi diceva che sarebbero andati al di là del mare e sarebbero stati messi in prigione o rimandati indietro, chi scrollava la testa, sicuro che la nave sarebbe approdata poco più in là a Valona e che sarebbero stati tutti fucilati, come accadeva normalmente a chi cercava di scappare dal paese. Nella notte non riusci a dormire, terrorizzata per quello che sarebbe potuto accadere ai suoi, per quello che lei aveva fatto e per il luogo sconosciuto dove sarebbe finita, ma tuttavia era ferma nella decisione presa e senza pentimenti. All'alba la nave era davanti ad una costa sconosciuta. Un'altra nave l'aveva affiancata ed i due scafi stavano immobili davanti alla riva.
(continua)
Il porto di Durazzo |
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