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martedì 27 maggio 2014

Ancora sulle Europee



Ancora due parole sui numeri di domenica, ma riferiti alla loro dimensione europea, che poi dovrebbe essere anche la più importante. Come ho già detto, mentre il risultato italiano con le sue valenze interne, mi ha davvero stupito, quello generale mi ha spaventato e molto. Il fatto che la gente in quasi tutti i paesi abbia appoggiato, facendole diventare addirittura primo partito, forze pesantemente xenofobe, di estrema destra, quando non partiti che si autodichiarano nazisti è una cosa che dovrebbe fare riflettere tutti. Certo il deputato tedesco che i nazisti mandano in Europa pur essendo terrificante, può essere considerato soltanto un simbolo, mentre la consistenza della Le Pen o addirittura il 30% dell'UKIP di Farage è realtà così sbalorditiva e pesante da  indurre tutti ad una profonda riflessione, da un lato, in quanto questa gente sdogana definitivamente idee che sembravano per sempre sepolte o nascoste nel fondo più buio dell'orrore dell'animo umano, dall'altro perché si presenterà il problema di arginare in qualche modo la chiara intenzione espressa da costoro di uccidere l'Europa e la sua idea in quanto tale. Saranno anni difficili da gestire che, solo se ci sarà una fortunata coincidenza di congiuntura economica favorevole che consenta una risalita dalla crisi generale, si potrà contrastare efficacemente. Vedremo. Diversamente, le forze centrifughe che potrebbero portare ad una disgregazione dell'Unione diventeranno sempre più impellenti e pericolose, aprendo scenari di un ritorno ad un passato che davvero non auguro ai nostri discendenti, anche perché sarebbe abbinato ad una decadenza non più arrestabile. 

Come sempre in questi casi mi prende una malinconia diffusa, popolata dai fantasmi del mio stesso passato. Come ho già raccontato più volte ero là, quando si stava disfacendo un'altra Unione, che per decenni era apparsa fortissima e non scalfibile. Nel '92 le diverse Repubbliche Sovietiche, chiedevano a gran voce "libertà", nella pratica un liberarsi dalle imposizioni e dalle regole dettate da un governo centrale burocratico e imperialista che imponeva cose, a giudizio della gente, favorevoli solo alla Russia, il più potente degli stati di quella Unione. La crisi economica e la sua debolezza cronica, resero facile l'ottenimento della dissolunzione di quei trattati, che erano stati imposti un tempo con la guerra e non con la forza delle idee. Allora ero sulla piazza centrale di Kiev, quella che avete visto più volte recentemente occupata dalle barricate. La moglie di Valerij che mi accompagnava, aveva gli occhi accesi di passione. "Ormai ci siamo" mi diceva quasi sussurrandomelo all'orecchio, c'era un abitudine a non dirle troppo forte le cose, allora, che non si sapeva mai come potesse andare a finire, "Presto saremo indipendenti e avremo finalmente la nostra moneta nazionale, che potremo controllare noi e non farci dettare le condizioni da Mosca! Lo sanno tutti, i Karbovanzy sono già stati stampati (usava il vecchio nome dei soldi del passato precomunista), ce ne sono stanze intere piene, presto li metteranno in circolazione al posto di questo schifo di Rubli" e sognava un avvenire di benessere e di vita serena, stringendomi il braccio, pensando ad un futuro prossimo in cui i negozi pieni di code di gente e poveri di merci sugli scaffali, si sarebbero trasformati nel paese del Bengodi. 

1 dollaro veniva cambiato al nero con 3 rubli e dopo qualche giorno apparvero i Kuponi la nuova moneta che li sostituiva, con lo stesso valore di facciata, una roba tipo i Patacones che giravano in Argentina dopo il crack, mai nome più descrittivo. Tutti sapevano che ci sarebbe stata un po' di svalutazione ma si diceva, questo aiuterà l'economia generale. Si vedeva che era una valuta stampata in fretta e furia, niente monete, troppo costose da coniare, solo rettangolini di carta di qualità scadente, non pareva neppure filigranata e i tagli da 1, 3 (curioso retaggio del passato Rublo, unica moneta mai apparsa in questo taglio), 5, 10, 25, 50 e 100 parevano davvero per dimensioni e consistenza i soldi del Monopoli, in particolare quella blu da 5. Sono collezionista di tutto e Alexieij me ne procurò subito un set completo che parevano ancora belli freschi di stampa. Li conservo ancora in un cassetto di ricordi. La moglie di Valerij comperò una torta per festeggiare. Era alta un palmo tutta ricoperta di panna bianca. Un po' troppo dolce, davvero troppo, così mi parve allora mentre brindavano con Sovijetskoie Sciampagne. Marina mi abbracciò felice quando mi accompagnarono alla stazione a prendere il treno per Minsk, dove anche loro stavano uscendo con nuovi rettangoli di cartaccia da pacchi con una serie di animaletti sopra; quella da 50 rubliey, rossa, aveva un simpatico leprotto. "Arrivederci a presto qui nella nuova Ukraina libera", mi salutò Marina, anche se c'erano stati un sacco di problemi, coi i passaporti e i nuovi visti richiesti che avevano notevolmente rallentato la mia partenza. La facciata era tutta bardata di bandiere della nuova Ukraina, libera. Le cose si mossero in fretta da quel momento. Nel 94 ero a Sinferopoli in Crimea. 

Le cose erano precipitate di colpo. In pochi mesi il cambio era passato da 1dollaro contro 3 Kuponi a 1 Dollaro contro 200.000 kuponi. C'era anche la banconota da 1 milione. La piazza di Sinferopoli era quasi deserta, solo qualche raro passante che camminava rasente i muri tappezzati da manifesti che mettevano in guardia contro la ricomparsa della peste bubbonica, dettando una serie di prescrizioni sanitarie, lo so sembra una barzelletta. Nei pochi negozi aperti erano esposte merci, ma non c'era più nessuno dentro che le comprasse, così erano sparite le code. Avevamo assunto Valentin, un ex maggiore dell'armata rossa in pensione. Doveva essere stato una persona piuttosto importante, perché aveva un sacco di entrature, aveva addirittura una macchina, cosa infrequente anche prima, una vecchia Pobieda degli anni quaranta che usavamo solo quando si riusciva a procurare tramite qualche amicizia e i miei dollari, la benzina necessaria. Quando era andato in pensione, tre anni prima, pensava di trascorrere una vecchiaia serena dalle parti di Feodosja sulla costa della Crimea; la gente, prima, ci andava addirittura in vacanza premio, la cosiddetta putijovka, se era scelto come operaio meritevole della fabbrica. Però adesso la sua pensione aveva un valore di 10 dollari e quando mi portò a comprare, la spese tutta per un pezzetto di carne di maiale marinata, una borsa di cetrioli, un sacchetto di rape e di patate e un cavolo, le cose meno care del mercato. La moglie invece che era stata bibliotecaria, aveva solo 5 dollari di pensione e li aveva finiti da tempo. Quando ti raccontava degli anni precedenti, cominciava sempre la frase con "Eh, ai bei tempi... " e finiva il discorso dicendo: "Speriamo che le cose vadano meglio tra qualche anno". Chissà se è ancora vivo.


















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lunedì 8 ottobre 2012

Il colore dei soldi.

Era un ragazzetto giovane e con l'aria apparentemente dimessa, Kostija. Biondastro e magrolino, cercava di dare l'impressione di essere molto diverso dalla media dei russi legati alla vecchia mentalità sovietica che evitava con cura le responsabilità, nascondendosi dietro una nervosa iperattività davanti al superiore di turno. Soprattutto tendeva a marcare la differenza rispetto ai suoi concittadini del nord Caucaso, come se lui, russo capitato lì per chissà quali vicende familiari, non volesse aver niente da spartire con quei "culi neri" di ceceni, ingusceti, ossetini, balcari o circassi che il diavolo se li portasse via. Ti voleva però far capire che dovevi passare attraverso uno come lui, se volevi penetrare in quel mondo, lui che ne conosceva le strade ed i modi, le abitudini per essere ricevuto, per avere credibilità, per accedere al bisnès che le nuove liberalizzazioni promettevano. Parlava a bassa voce e con un tono quasi melenso come per rivelarti segreti a cui solo lui aveva accesso, facendo intendere, senza dire troppo chiaramente la possibilità di incontri con personaggi emergenti con larga disponibilità finanziaria e potere, che dispiegavano lo scenario di poderosi investimenti. Ecco, la disponibilità finanziaria, era un po' questa la chiava di tutto. D'altra parte, noi stessi ponevamo sempre come prima domanda interlocutoria "dienghi iest?", i soldi ci sono? prima di cominciare a studiare se valeva la pena andare ad un incontro, impiegare del tempo prezioso, in lande così lontane e remote, ricevendo immancabilmente risposte positive e assicurazioni precipitose, salvo poi scoprire spesso solo sogni e idee strampalate e prive di sostanza. 

Già i dienghi, che poi non bastava fossero soldi, ma dovevano essere dollari, verdi e americani, gli unici ad avere valore in quello sfacelo di paese, che benché ricchissimo di risorse, aveva dichiarato default e non aveva pagato i debiti, precipitandolo in una spirale inflattiva che aveva distrutto tutti i risparmi della popolazione, le loro pensioni ed i loro accettabili stipendi, trasformando il paese in una massa di gente alla fame in perenne ricerca di piccoli affari arrangiaticci per scovare qualche dollaro con cui campare. Sognava i soldi, il nostro piccolo Kostija, quando gli occhi azzurri si appannavano un poco, almanaccando auto tedesche, viaggi in Italia, jeans di marca, pranzi al McDonald e mille altri piacevolezze che non riusciva neanche ad immaginare, ma sapeva bene che esistevano. Mi guardava con uno sguardo basso e assetato, quando controllavo i miei dollari, prima di andare dal cambiavalute, prima di partire per il nostro giro. Era continuamente assillato dalla famiglia che chiedeva beni di consumo con i ragazzi che volevano il computer nuovo, ma Pentium, non 483 mi raccomando; la moglie invece sognava profumi francesi e di vedere Venezia o magari la Sicilia, così bella e calda, conosciuta attraverso le innumerevoli repliche della Piovra e del bellissimo Commissario Catania (Cattani si era così trasfomato per rendere ai russi più comprensibile il nome), l'archetipo dell'italiano desiderabile, che ti prende e ti porta via con lui nel paradiso dell'occidente. Che dramma quando l'avevano fatto morire. Non era giusto! 

Guardava il soffitto con gli occhi neri ed infuocati della circassa, così diversa dalle russe tipo, mentre ci preparava qualche insalata italiana, così laggiù chiamano l'insalata russa, tristi e perduti nel sogno impossibile, perché lo sapeva di essere ormai una staraja kuritza, una vecchia gallina, come le faceva forse capire il biondino e che l'unica opportunità rimasta era che il marito facesse un po' di soldi con una ditta occidentale per darle l'agiatezza immaginata. Spalancava gli occhi di piacere quando, arrivando dall'aeroporto,  le portavamo dal Duty free qualche boccettino di Dolce &Gabbana o di Laura Biagiotti. Roma o Opium, usciva dalla scatola come una magia e lei se lo guardava quasi carezzando le coste del vetro che nascondeva il poco liquido ambrato, mentre la mente volava lontano. Non le andò bene. I figli, appena cresciuti se ne andarono in America a cercare le opportunità sognate; lei ovviamente fu mollata, non appena il biondino riuscì a mettere insieme un po' di dollari di provvigioni e si cercò, come si usa da quelle parti una segretaria giovane e disponibile. Un russo ricco che non lasci la vecchia moglie non è neanche concepibile nella nuova Russia moderna ed à la page. Noi lo mollammo a nostra volta non appena scopertolo con le mani nella marmellata, mentre passava ordini a nostri concorrenti che lo pagavano meglio. 


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lunedì 23 aprile 2012

La Fenice non muore mai.

Basta ascoltare la gente per la strada. A nessuno interessa nulla di come stanno andando effettivamente le cose, è vanno male non c'è dubbio. Ciascuno, in generale, se pur sfiorato minimamente dai tentativi di rimettere in piedi il malato in coma, si considera derubato nel profondo, scarnificato fino all'osso, colpito in maniera insopportabile e vorrebbe vendetta contro chi si permette di toccargli anche la minima parte del suo superfluo. E, tranquilli, ce ne sono ancora montagne di grasso da sciogliere. Ieri passeggiavo serenamente e mi ha assalito un dentista che ululava contro quei bastardi che fanno pagare il conto sempre agli stessi, ancora tasse a chi ha sempre pagato, sì, avete capito bene, proprio un dentista e non aggiungo altro! Il fatto è che ognuno di noi vorrebbe che a pagare fosse sempre suo vicino o comunque qualcun altro a caso, chi se ne frega, basta che non sia lui stesso e questo è in fondo abbastanza umano, eppure stranamente, questo governo, che pure deve fare solo provvedimenti decisamente impopolari se pure obbligatori e comunque duramente mediati col cagnaio dei senza vergogna che dopo aver provocato il disastro che stiamo vivendo, devono votarli, ha ancora il gradimento di quasi la metà degli italiani. Dunque non è poi così vero che la gente è disponibile a farsi facilmente trascinare dai Masaniello di turno, dalle cavallette comiche, dai cantanti vestiti da profeti, uomini qualunque et similia pronti a spandere scemenze ammantate di candidi pepli dorati. 

Certo i partiti si stanno suicidando da soli pur di non rinunciare a qualche grassa prebenda, ma alla fine non è un bene. Come ho già sottolineato altre volte, quando si apre un vuoto di potere a causa dei troppi latrocini (vedi '92) il posto lasciato libero viene subito occupato dai peggio populisti che fanno danni assai peggiori dei ladri, ed essendo incapaci sognatori nella migliore delle ipotesi, non mangiano solo parte del formaggio come i topi che hanno sostituito, ma fanno andare a male tutta la forma. Eppure è così facile farsi ammaliare dalle sirene, pensate basta dire non dobbiamo pagare il debito e uno si sente subito meglio ed è incline ad ascoltare anche il resto. Trascuriamo pure il fatto morale che i debiti, dato che li ha fatti ognuno di noi nel suo piccolo, anche se aiutati dai cattivi governati che ci siamo scelti, ben contenti di potersi rotolare in quel brago grasso e piacevole, tra persone civili dovrebbero essere sempre onorati (soprattutto se ne devi chiedere altri in prestito, ehehehhe), ma chi accetta questa pensata, sa cosa succede quando uno stato non onora il suo debito? Nei paesi delle nostre dimensioni, non quelli di 300.000 abitanti che avevano un debito pari a quello di una nostra cittadina di provincia, il debito è per oltre la metà costituito dai risparmi dei cittadini. Proprio i nostri risparmi, quelli di tutta la vita che non verrebbero dunque restituiti, carta straccia da buttare bel cesso anche, anzi peggio ancora, per coloro che hanno messo da parte solo quattro soldi di liquidazione con cui speravano di integrare una pensioncina. 

Pensioncina che verrebbe praticamente azzerata da una devastante ipersvalutazione, come accade di norma in questi frangenti. Dirai, beh, sono i giovani che vorrebbero questo, non hanno nulla, ne risparmi , né lavoro, né speranze, che gliene frega se salta tutto, tanto non hanno niente da perdere. Invece sono proprio i giovani che perderebbero ancora. Intanto adesso, se riescono a resistere cercando di aspettare tempi migliori, lo possono fare proprio solo grazie a quei risparmi di nonni e genitori che scomparirebbero completamente, poi il default, basta guardare cosa è capitato in quei paesi dove è avvenuto (Argentina, Russia, ecc. tra l'altro in condizioni ben diverse e migliori di noi, potendo contare su una risalita successiva fondata sulla ricchezza delle risorse naturali che noi non abbiamo e grazie ed in cambio delle quali qualcuno continua a fornire altri prestiti) per almeno un decennio è accompagnato da una caduta libera dell'economia interna, chiusura di quasi tutte le fabbriche, pagamento degli stipendi pubblici con i cosiddetti patacones (nessuno se li ricorda vero?) con cui ti ci pulivi il sedere, fame (quella vera, di cui qui non si porta memoria) e miseria e di solito un bel populista che prende in mano la situazione in maniera tosta, cosa a cui non non siamo più tanto abituati. Cari detentori delle facili verità, fatevi pure ammaliare dal pifferaio grillereccio, che intanto Burlesquoni si sta preparando al ritorno della Fenice, come dice Attila Invincibile, un amico di feisbùc sta per tornare il momento di "o la Spa o la vacca". 


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martedì 12 luglio 2011

Too big to save.

L'importanza economica dell'Italia è più o meno doppia di quella di Grecia, Portogallo e Irlanda messe insieme. Il nostro debito pubblico è il terzo tra i più ricchi, ma il nostro PIL è solo il settimo o l'ottavo, in compenso la nostra crescita è nell'ultimo decennio è una delle ultime del mondo. Questo debito (che potete vedere nel suo sviluppo continuo nella casella a fianco) è, caso anomalo nei paesi occidentali, per oltre la metà nelle mani delle famiglie italiane, nota da un lato positiva in quanto dà una minore volatilità speculativa e funge da cassa sociale, mentre il lato negativo (per chi lo detiene) è rappresentato dal fatto che un eventuale default, colpirebbe i singoli, cosa che non renderebbe utile alla comunità internazionale, un salvataggio, al di là delle dimensioni dell'impresa. Quindi non vorrei che qualcuno si illudesse che gli altri paesi ci salvino. Il cucuzzaro è troppo grosso per essere salvato e soprattutto i salvatori presunti non sono nostri creditori (come per gli altri PIGS, che se non li salvi non pagano te). Gli scossoni speculativi conseguenti, benché amplifichino notevolmente la situazione, non sono in generale sostanziali più di tanto, sono solamente indicativi di un trend e possono mutare direzione con la stessa rapidità con cui sono cominciati. Tuttavia le vie di uscita da queste posizioni sono ben note, per essere accadute molte volte nel passato ed in molte aree del mondo. 

Non interessa, per capire cosa potrebbe accadere, individuare di chi sia la responsabilità di tutto ciò e chi vuol sottolineare che chi ha governato negli ultimi otto anni su dieci, ha portato il debito da 1400 a 1900 miliardi, forse solo perché sfortunato, compie solo un esercizio retorico di poca utilità. Di norma si esce da queste paludi in tre modi. Il più consueto, consiste nel default dello stato che per quelli come il nostro privi di risorse naturali, porta al disastro totale, la fame (quella in cui la gente non ha più da mangiare tanto per capirci) per la maggioranza della popolazione, una ipersvalutazione che in pratica annulla il debito ed i beni mobili e che conduce quasi sempre a contrasti sociali così gravi da sfociare in soluzioni totalitarie. Un secondo, un po' più sofisticato ed al contempo più morbido, consiste nel dare via libera ad una forte svalutazione (analoga a quella degli anni settanta) che presuppone comunque una uscita dall'Euro, unica diga che ci protegge dalla svalutazione selvaggia, che di norma è accompagnata da una provvisoria dinamicità economica data dalla migliore competitività monetaria che innalzerebbe velocemente il PIL migliorandone il rapporto col debito. 

Questa soluzione brucerebbe velocemente la massa di risparmio oggi in mano ai cittadini che si troverebbero in mano un valore fortemente decurtato, quasi carta straccia, risolvendo allo stesso tempo il carico percentuale delle pensioni e degli stipendi pubblici che dimezzando o peggio il loro potere di acquisto, inciderebbero assai meno sul bilancio totale. Naturalmente nella speranza che la perdita di consumi interni fosse compensata dalla competitività acquisita nell'export. Tutto questo è di norma un sollievo piuttosto labile i cui effetti vengono rapidamente compensati, salvo la mazzata sui risparmi e sul potere d'acquisto. Rimane un ultima soluzione, che è il rientro graduale ma deciso del debito. Per fare questo sarebbe necessario una serie di manovre di tagli e di tasse, ripeto di tasse, tasse, tasse ed ancora tasse, talmente forti ed esagerate che la gente neanche riesce ad immaginare. Vi ricordo solo che la tremenda manovra di cui si discute in questi giorni e su cui tutti gli italiani si strappano i capelli, taglierà quest'anno 2 miliardi. La gente dovrebbe soltanto cercare di immaginare cosa significherebbe portarne a casa 70 o 100 come almeno servirebbero alla bisogna. 

Certamente tutti grideranno che bisogna tagliarli agli sprechi, ai politici e comunque agli altri, senza rendersi conto, che tagliare metà o più dei compensi dei politici, dei furboni e delle pensioni e stipendi dorati, cosa che comunque andrebbe fatta per ragioni di esempio morale per fare accettare il resto e per essere credibili (Obama chiede sacrifici e per prima cosa si riduce lo stipendio), porterebbe a casa neanche un decimo di quanto serve. I soldoni, quelli necessari, li porti a casa solo tosando qualche centinaio di euro ai 20 milioni di conti bancari o raddoppiando il prezzo della benzina o con una ulteriore tassazione feroce sugli immobili. Nessuno è in grado di fare questo, che rimane comunque la più indolore delle soluzioni, se non un governo composto di persone che non abbiano interesse alla rielezione. Certo la gente attendata nelle nostre istituzione è molto lontana da tutto questo, non vi preoccupate, le lacrime e sangue saranno solo teoriche e se ne discuterà per mesi per salvare questa o quella prebenda. Meglio lasciare andare tutto alla malora. Oppure andare in vacanza, ma mi raccomando sconsiglio il mare, meglio i Monti (ma uno solo, non tre, mi raccomando).


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