lunedì 20 settembre 2021

Recensione: A. Roy - Il ministero della suprema felicità

 


Arundhati Roy è una grande scrittrice. Il fatto che sia fortemente schierata, cosa che le fa assumere spesso posizioni estreme e non condivisibili, non inficia assolutamente il fatto che quando si mette a raccontare, il suo scrivere scorre leggero e coinvolgente, scava a fondo nel cuore, delinea con rara delicatezza gli aspetti più nascosti dei suoi personaggi e soprattutto, cosa che la pone per questo tra i miei autori preferiti, racconta l'India vera, concreta, nei suoi particolari più crudi e realistici. Chi conosce almeno un poco il subcontinente indiano (perché in tutta questa area spaziano le sue storie) non può non apprezzare questo aspetto che riporta direttamente ai profumi, agli odori, ai miasmi di questa terra straordinaria, dipinta sempre senza oleografie e ammiccanti aspetti esotici di circostanza. Soprattutto chi si avvicina a queste vicende, scoprirà la tremenda violenza che opera in questo mondo apparentemente dolce e gentile, che rappresenta comunque circa un quarto della popolazione della terra. Stragi, massacri e morti nella maggior parte dei casi assolutamente poco conosciuti, dimenticati o neppure sfiorati dal racconto dei nostri media, negli anni e nei decenni passati. Laggiù, quando parte qualche protesta o lotta tribale o religiosa o perché no, politica, si parla sempre di migliaia di morti, quando non di decine o centinaia di migliaia. Le basi di questa inesplicabile follia è data principalmente dall'odio e dalle vendette trasversali provocate dalle religioni e questa terra è il crogiolo di tutte le religioni del mondo che si intersecano e si moltiplicano in tutte le loro più minuscole varianti. Non ne manca nessuna. 

Questa particolarità, mescolata alle centinaia di etnie, tribù e caste provoca un viluppo di contrasti che può esplodere in qualunque momento e per qualsivoglia minima provocazione. E' in questo ambiente pericoloso e sempre sul punto di esplodere che si dipana questa bellissima storia che segue la vita di alcune donne, diverse tra loro eppure alla fine legate dalle vicende della vita. Donne dell'India moderna, allo stesso tempo disinibite e legate dai vincoli delle tradizioni millenarie che le costringono in lacci inestricabili; donne non donne, e qui si racconta molto bene lo stato assolutamente anomalo degli Hijra, la casta di transessuali che costituisce da secoli un unicum assoluto, con tutti le sue particolari tradizioni e regole di vita. Un romanzo duro, col sottofondo della rivolta del Kashmir (chi ne ha mai sentito parlare), tuttora in atto, con le sue migliaia di morti, repressioni e torture che ha trasformato quella terra di straordinaria bellezza, in un luogo di terrore; di quella del Punjab seguita all'uccisione di Indira Ghandi e allo sterminio di migliaia di Sigh; quella dell'Orissa dove i gruppi tribali di Adivasi hanno costituito bande di ribelli o terroristi maoisti, con conseguente durissima repressione ed infine la violenza quotidiana delle grandi megalopoli, provocata da una autorità minata dalla microcorruzione. Insomma un libro che piacerà moltissimo a chi ama l'India, che contribuirà molto a farla conoscere nella sua realtà a chi ne ha solo sentito parlare da lontano e che la renderà ancora più insopportabile a chi già non la sopporta. Comunque un libro da non perdere assolutamente.


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