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domenica 22 settembre 2019

L'estate è finita




Ma allora l'estate è davvero finita? A vedere la situazione sulla spiaggia non appena il sole è sparito o non ha ancora intenzione di mostrarsi e dove solo pochi giorni fa facevi fatica a trovare un posto dove stendere l'asciugamano, si direbbe proprio di sì. Allora il pensionato nullafacente e affamatore dell'INPS, ente che si augura una sua veloce di partita, per auspicare la sua sopravvivenza economica, deve proprio tirare materialmente i remi in barca e ritornare alla base? Temo proprio di sì. Settembre andiamo è tempo di tornare diceva il vate a i suoi (amati?) pastori, noi allora lasciamo gli stazzi e torniamo verso la pianura, che verde non è come i pascoli dei monti, ma... non è chiaro se ancora rovente o ormai freddagnola e nebbiosa in attesa che cominici a "scarnebbiare" come si usa nella mia mesopotamica città di anziani senza futuro. Già l'arrivo dell'autunno inclina al pessimismo ed alla micraniosa melanconia, incentivata dagli anni che si accumulano sul groppone, a nulla valgono le iniziative di chiassosi festeggiamenti che la città tenta disperatamente di organizzare nel difficile tentativo di mostrare vitalità e di allontanare l'idea dell'inevitabile declino. 

Intano cominciamo ad arrivare a casa e preoccuparci delle varie bollette giacenti nella cassetta della posta e di tutte quelle altre incombenze che ti sei illuso di non dover affrontare nella tua calda estate. Lo abbiamo già detto, è finita. Bisogna cominciare a definire la progettualità che ci aspetta, che qui siamo in un ritardo pazzesco e che anzi ti fa dubitare di poter realizzare quello che, in quella mente bacata e sempre in cerca di stimolo incongruo con l'età, hai macinato durante il periodo di dormienza estiva. Sarò l'unico animale che ha un letargo mentale durante il periodo caldo? Comunque forza diamoci da fare che novembre arriva in fretta. Saranno pure finite le ferie estive ed già l'ora di pensare alle ferie autunnali per quelli che riescono a sopravvivere ancora un po', mangiando quei pochi fondi che l'Ente teneva nei forzieri più nascosti o quei quattro soldi che sono riusciti a mettere da parte, in questo caso comunque benedetti dal sistema, perché se non fatti girare, non producono PIL. Questa deve essere la vita dei rami secchi che la società ha ormai espulso dalla vita attiva. Quindi, non voletene a questi poveri scarti del paese attivo, dovete farvene una ragione, è un po' la nostra vendetta. 


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giovedì 19 settembre 2019

Gorbio, un pays percé




L'arriere- pays della Costa azzurra è tutto un seguito di paesini deliziosi e ben nascosti, come ho già avuto modo di dirvi ieri, arroccati su una montagna aspra e raggiungibile attraverso stradine strette e tortuose. Naturalmente sono molto più affascinanti al di fuori del periodo estivo quando sono completamente deserti e ti puoi aggirare tra le case semi abbandonate che danno quel giusto senso di spettrale abbandono ed al contempo ti liberano della folla di visitatori che comunque vengono attratti dalla possibilità di fuga dalla calura estiva. A chi volesse dare un'occhiata quando si trovi da queste parti consiglio Gorbio, solo cinque chilometri di curve e contro curve alle spalle di Mentone. Scavalcherete un costone che nasconde l'abitato alla vista dalla litoranea e vi troverete di colpo persi in un passato di vecchie case di pietra dove un tempo la popolazione di queste zone, rada, schiva di incontri e timorosa dei pericoli che arrivavano dal mare, si rifugiava, sempre pronta in caso di arrivi pericolosi, che si potevano comunque tenere d'occhio da una torre di osservazione, a filarsela ancora più in alto in attesa di tempi migliori. 

Qui vedi i terrazzamenti ancora non completamente smangiati dall'abbandono, che raccontano di una agricoltura misera e faticosa, mentre al mare allora si andava solamente per la pesca e null'altro, certo non per fare il bagno. Il paesino è davvero piacevole da investigare, camminando tra le strette e tortuosissime scalinate che ne dividono le abitazioni, tutte serrate comunque le une alle altre da passaggi, archi e ponticelli che mantengono l'abitato solido e resistente, ricordando che qui ogni tanto ci sono stati pesanti terremoti. Ora c'è ancora un certo movimento, si espongono vecchie foto, un negozio di cose vecchie espone materiali di uso antico, nella torre una mostra che si avvia alla chiusura per la fine della stagione. Qualcuno sulla viuzza principale che taglia il paese, gioca a bocce quadre, che con quelle normali, vista la pendenza del selciato, rischierebbe di andarsele a riprendere a mare. Su tutto, la splendida vista dall'alto, sul vallone che scende verso la costa, poi puoi percorrere con calma i vicoletti osservando i gatti che sonnecchiano sulle soglie antiche; andare fino al vecchio mulino/frantoio dove ancora si spreme un raro olio di olive piccole e profumate, per lo meno fino a quando non arriverà fin qui la famigerata xilella e poi se non vi fermate a pranzo nel ristorantino che già offre polenta e coniglio, sarà ora di tornare alla spiaggia, rinfrancati però e non certo delusi.


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mercoledì 18 settembre 2019

Il plateau de St.Barnabé


Zona di atterraggio OVNI


Quel che c'è di bello che in questo mari(questo vale anche per la liguria naturalmente), basta fare pochissimi chilometri anche meno di una ventina e ti ritrovi subito nella pace dei 1000 metri e oltre, temperatura deliziosa anche in piena estate e paesaggi di montagna scabra e selvatica ma col sentore mediterraneo in pieno. Con due cari amici, ieri abbiamo fatto proprio una di queste scappate dietro Nizza, sul Plateau di St. Barnabé. Paesaggio severo e solitario, magnifico per buttare lo sguardo lontano, dove indovini il mare e la costa tormentata di capi e insenature, alle tue spalle infossature paurose di piccoli corsi d'acqua che hanno scavato la montagna con unghiate di furie tempestose nel corso di milioni di anni. Tracce di greggi che popolano queste lande sperdute, seppure a due passi da una costiera sovrappopolata sempre, i pastori si rifugiano in case nascoste, che raggiungi a fatica anche se lì vieni compensato da formaggi di affezione. Posto ideale per un tranquillo picknick, nel nostro caso praticamente un ricco déjener sur l'herbe, visto la ricchezza del materiale scaricato dal bagagliaio della macchina.Tra antipasti al formaggio, quiches, melanzane e altri bocconcini vari, passando poi per polli fermier (noir d'Auvergne, tanto per dire) e trionfo finale di torte alle mele  e alle mandorle, diciamo che ci siamo appesantiti non poco, ma quando si sta tra amici a parlare di comuni interessi, tutto è consentito, tanto poi si cammina e si smaltisce. 

Tra l'altro, il praticello scelto per la bisogna ha anche una particolarità importante. Sembra che qui, più volte siano discese navicelle di UFO (in Francia come in Italia si chiamano OVNI, tanto per non essere troppo anglofili). Di tanto in tanto qui convergono gruppi di amatori che rimangono la notte in attesa della comparsa di qualche navicella, anzi sul terreno ci sono anche tracce di segnalazioni che richiamano punti di discesa, (non come quelli di San Michele (Alessandria), dove gli omini verdi erano scesi davvero una quarantina di anni fa e il giorno dopo andammo tutti a constatare le tracce bruciaticce dell'atterraggio sul campo di grano. Comunque noi non abbiamo visto niente, anche se abbiamo fatto un giro intorno almeno per arrivare fino alla scarpata dove quasi mille metri più in basso scorre il Loup, ora esile rigagnolo ma che deve avere avuto una bella dimensione per fare tutto quel buco. Un ultima sosta un un baretto con vista sulla valle ai 1100 metri di Cousegoule, un paesino delizioso, ormai deserto della folla che lo riempie a luglio ed agosto e poi via verso Cagne e ilmare. Insomma proprio una giornata piacevole e ritornare bord de mer fino a Mentone ha messo il suggello finale.
Le gorges du Loup


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venerdì 26 giugno 2015

Museo Picasso ad Antibes


Eccomi qua, dopo una pausetta dovuta alle connessioni, neanche i francesi sono  perfetti tuttavia. Si sa che tutta la zona della Cote d'Azur è stata meta privilegiata per gli artisti degli ultimi due secoli. E come potrebbe essere diversamente, basta rimanere solo un attimo a sentire questa luce incredibile che avvolge la costa e l'arrière pays e ne rimani avvinto anche se sei una zucca vuota come me, figurati un grande artista. Li avevano condotti qui sul finire dell'800, proprio quelli che nella luce e nel plain air ricercavano la loro ispirazione prima, poi l'ondata successiva. Alla fine della della guerra, nel 46, c'era anche Picasso. 

Chissà come doveva essere straordinaria quella parte di costa, ancora intonsa dall'orda turistica che arriverà qualche decennio dopo. Ci si fermò un po' di tempo e per un paio di mesi rimase qui a castello di Antibes a lavorare. Non era la sua stagione migliore, secondo me, tuttavia, in questa ricca collezione che ha lasciato dentro le antiche mura, leggi la sua ansia di ricerca, in quelle linee, gettate sui fogli con iterazione concitata, più opere ogni giorno, con piccole varianti alla ricerca di nuova espressione nella raffigurazione dello spazio sul piano. È il periodo dei fauni e della mitologia, ma anche delle centinaia di ceramiche, che forse la vicina Biot, con la sua tradizione, gli ispiravano. 

Dalle decine di piatti che ricoprono le pareti, ridono facce che ti immagini tracciate con un rapido colpo di dita, scene di corrida e ancora fauni ed animali. Qualche nudo e tanti segni alla ricerca di una nuova forma femminile, quando ormai il peso della materia cubista sta cedendo lo spazio alla linea pura,  che già stava trovando il suo trionfo privo di colori in Guernica. Il pezzo più bello secondo me, uno splendido disegno di una capra, dove la spettacolare tecnica di tratto di cui aveva padronanza infinita, compone un' opera davvero magistrale. Se passate di qui fateci un salto prima di andare a fare il bagno. 6 euro intero, 3 gli anziani.

venerdì 27 giugno 2014

Cote d'azur: Cap Ferrat



Villa Ephroussi -Cap Ferrat

Come avrete capito sono in terra di Francia, quindi fino al mio ritorno devo contentarmi delle connessioni posticce che trovo qua e là.  Tuttavia mi corre l'obbligo, essendo come mio solito alla spasmodica ricerca della bellezza, di relazionarvi della mia giornata di ieri, trascorsa in quel luogo di delizie per i sensi che è Cap Ferrat. Davvero non si stenta a capire come, chi avesse il grano e in quantità consistenti, venisse da queste parti a trascorrervi porzioni durevoli del proprio tempo. È stato il caso della baronessa Beatrice Ephoussi de Rothschild, rampolla della famosa famiglia di banchieri europei (sulla cui storia c'è un interessante libro di cui ho parlato qui), che costruì nel punto più panoramico dell'istmo che collega la penisoletta alla terraferma una villa bellissima, circondata da giardini spettacolari (ingresso 13 €, parking incluso). Qui potrete ammirare la vera joie de vivre della belle epoque, forse uno dei periodi di splendore più felici che ebbe l'Europa. La baronessa che qui dava feste e ricevimenti all'altezza della sua rilevanza nella società del tempo, provvide anche a riempirla di tesori di ogni genere, che da ricca ed appassionata collezionista quale era ne fanno oggi un museo di tutto rispetto. 

Dalle porcellane (Meissen, Sevres) ai tappeti e gli arazzi delle manifatture più famose (Gobelins, Savonnerie) a mobili di artisti famosi, per non parlare ovviamente di quadri e statue di ogni epoca, dagli antichi italiani, ai fiamminghi e ai francesi naturalmente. Passaggiare nelle sale riccamente arredate della villa è una continua sorpresa e la meraviglia continua nei quattro ettari di giardini che la circondano, suddivisi in una serie ordinata di temi, dal fiorentino, al giapponese, allo spagnolo, al provenzale, a quello esotico ricchissimo di essenze importate e piante grasse di ogni parte del mondo e infine a quello alla francese. Nel centro, ogni venti minuti, una serie di giochi d'acqua mirabili,  zampillano seguendo il ritmo di musiche di corte. Un insieme davvero coinvolgente che si appaia al panorama dei due versanti sul mare azzurro come non mai e non potrebbe essete diversamente dato il luogo, dove, terminata la visita, potrete gettarvi, dalla vicina spiaggetta di Beaulieu, fatta di pietroline finissime che non rimangono attaccate ai piedi, mentre alle vostre spalle un'altra costruzione famosa,  la villa greca Korylos, domina la punta dell'altro piccolo capo che chiude graziosamente l'insenatura. Un  lungo bagno con la splendida vista prepareranno la vostra serata ad essere ornata da una congrua marmitte du pecheur, batemi retta e seguite il mio consiglio. 

I giardini

lunedì 17 settembre 2012

Museo Léger a Biot.


 La Provenza e la Costa Azzurra, hanno per diversi motivi esercitato un richiamo irresistibile per molti artisti del secolo scorso ed è facile capirlo, basta fermarsi un momento a guardare il mare tra gli uliveti della costa o rimanere all'ombra avara della vegetazione mediterranea ad aspirarne i profumi,  per essere abbagliato da una luce e da colori che non hanno uguali. Quindi, per chi ne ha voglia, tra un bagno e l’altro c’è occasione per dare un’occhiata ad una serie di musei tematici davvero interessanti. Lasciate dunque Cagnes-sur –Mèr, dove avrete visto lo splendido museo Renoir, di cui se non sbaglio vi ho già parlato, e dopo qualche chilometro eccovi a Biot, villaggio dove potrete perdervi nel vecchio centro e girovagare tra i tanti atélier de poteries e vetrerie che lo fanno famoso , ma appena fuori del paese troverete una grande costruzione che ospita un lascito degli eredi di Ferdinand Léger, con oltre 300 opere di questo straordinario artista. A partire dal giardino, dove sono esposte diverse grandi sculture, alla costruzione stessa, letteralmente foderata con giganteschi mosaici progettati dall’artista per sedi di tutto il mondo.

All’interno, ben esposte, assieme ai suoi primi rarissimi (perché nella maggior parte Léger stesso distrusse le opere di questo periodo ritenendole indegne di rappresentarlo) lavori postimpressionisti e qualcuno in cui compare netta l’influenza di Cézanne, ecco diversi lavori cubisti e poi ecco subito le grandi tele che fanno riconoscere al primo colpo d’occhio il suo stile caratteristico, dove dominano i colori primari ricchi e gioiosi, e la forma netta che lo contraddistingue. E’ tutto un rutilare di immagini gigantesche dove vince il suo amore per il ritmo, per le macchine, la poesia degli oggetti e la bellezza della città moderne, un tema che ha affascinato anche tanti altri artisti di quel periodo. Accanto al lavoro e alla città industriale, ancora lo splendore evocativo del colore riempie la natura dove si inneggia alla gioia della vita o il fantastico universo del circo. Vedere il lavoro di certi artisti riprodotto in un libro o averli di fronte nella realtà, non ha davvero paragoni. La forza e la poesia che ti comunicano I tuffatori policromi, i costruttori o i suoi ciclisti baffuti, visti da vicino, ti lasciano davvero senza fiato. Per riprenderti è almeno necessario pensare alla bouillabaisse che ti aspetta al porticciolo di Villefranche, un poco più indietro.


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