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lunedì 16 novembre 2020

Luoghi del cuore 90: Parigi val bene una messa

Louvre - Parigi - ottobre 2007

Al Louvre

Continuo a parlarvi di luoghi del cuore e mi accorgo che non ho ancora citato Parigi. Ci mancherebbe solo di tralasciare questa città assolutamente magica, che al solo nominarla evoca aure da Belle Epoque, battelli che scivolano sull'acqua, fregi gotici, volute rococo di corti incipriate e rivoluzionari intenti a far saltare teste nobili e non solo. Pittori, poeti, filosofi e letterati, ballerine di cancan e nudi del Lido, libertà, tanta, fraternità magari meno, uguaglianza sulla carta. Parigi è una città che non riesce a lasciare indifferenti. Ho amato tanto passeggiare sulle rive della Senna, sedermi sulle panchine dei suoi sterminati giardini o per i prati del Bois, sui banchi di legno nell'ombra umida delle chiese illuminate solo dal colore delle vetrate, perdermi tra le opere dei suoi musei. Mangiare qualche cosa negli scomodi e microscopici tavolini dei suoi locali, ma come fai a non beccarti il virus, seduto a trenta centimetri di distanza dal tuo vicino e poi stare su un gradino aspettando che la gran torre di ferro si illumini di mille barbaglii intermittenti. Ammirare la città dall'alto del Sacre Coeur, quello sterminato insieme di tetti di ardesia grigia, compatti e unitari o considerare i boulevard diritti che si irradiano nell'Etoile o dalla cupola delle Galeries Lafayette fino allo skyline moderno che si aggrega lontano alla Defense. Gli input che ricevi, come turista naturalmente, non sono cambiati molto negli anni, in fondo questa meravigliosa città è cambiata poco nei suoi fondamentali negli ultimi decenni, in particolare per le sensazioni che riesce a comunicarti. Ricordo le stessi piacevoli momenti di freschezza mentre attraversavo il pont Neuf negli anni 80, quando andavamo da zio Mario e zia Blanche che vivevano proprio al di là del ponte, in un appartamentino a cui si arrivava attraverso scale ripide, coi pavimenti in legno scricchiolante, un'aria da fine '800 con vista sulla flèche di Notre Dame, che ho rivisto poi, una settimana prima che se ne andasse in fumo. 

Pont neuf

Zio Mario a Parigi ci era arrivato poco più che diciottenne, andandosene da quelle valli di povertà delle Alpi Cozie, come tanti in cerca di fortuna, lì non c'era un mare di flutti tempestosi da attraversare in gommone, attraverso quei valichi che allora erano ponti e non confini e in questa splendida città si era adattato benissimo, diventando più parigino dei parigini stessi, passando tutta la vita a consigliare vini e degustazioni in un locale del centro, quando ancora non circolavano i sommelier con la bocca a cul di gallina. La guerra, il nazismo, le deportazioni erano passate come un vento maligno di cui bisogna aspettare la fine, che arriva sempre non ostante tutto. Detestava i formaggi italiani, troppo magri se paragonati ai camembert o ai brin de paille a cui si era ormai abituato e non riusciva a bere un flut di champagne senza averlo prima un poco agitato con appositi biscottini secchi che richiedeva borbottando a zia Blanche, una normanna abituata alle brume ed alla concretezza del nord, che di queste raffinatezze avrebbe forse anche fatto a meno. Probabilmente chi arriva qui da fuori si adatta e si pariginizza più degli stessi residenti, come la mia amica Ivana che, capitataci per caso, è innegabilmente una parigina sotto tutti gli aspetti. Le donne infatti, prendono subito quell'aria elegantissima ed un po' distaccata che le fa apparire come esseri di un altro mondo, naturalmente superiore, avvolte come dee in foulard leggeri e delicati profumi, francesi ça va sens dire. Ma in fondo a Parigi, non devi cercare troppo, basta sedersi nel dehors di qualche locale e respirare l'aria della città, in senso metaforico naturalmente. Nei giardini davanti al Louvre e di fronte all'Opéra, avverti la grandeur, nei vicoli del quartiere latino, la vita di tutti i giorni; nel quadro di place des Vosges senti la storia, nelle tombe del Père-Lachaise la dolcezza del passato che si imputridisce in un ricordo malinconico. Parigi è una musica leggera di sottofondo, un organetto che scandisce note delicate, aspettando che passi la nottata. 

Il centro Pompidou

Place des Vosges
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Urali                                                            
Imputato alzatevi

mercoledì 17 aprile 2019

Taste of Paris 5



Alta tra i fiori
La freccia aguzza svetta
Fiamma brutale



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venerdì 12 aprile 2019

Taste of Paris 4


Le facciate di Parigi


La cupola dei Printemps
I tetti di Parigi sono grigi, come gli occhi delle belle donne misteriose e fatali che fanno innamorare semplicemente con lo sguardo e di Parigi ti innamori semplicemente guardandola, camminando per gli ampi boulevard, mentre ai tuoi lati sfilano le facciate omogenee e ben conservate che parlano di una città ricca, colta, senza paure delle diversità o provincialismo come tutte le grandi capitali mondiali. Nell'aria fresca del mattino passeggiare per le strade del XV, ti fa apprezzare la grandezza della civiltà di occidente e di quello che ha saputo costruire, per carità, pur succhiando risorse al resto del mondo, colpa che pagherà ancora per chissà quanto. Le insegne parlano chiaro nel mostrare un internazionalismo marcato, perché qui, come negli altri centri focali del mondo, devi trovare tutto, sia che si tratti di cibo o di griffes o di religione. D'altra parte proprio questo ultimo aspetto è un gran motore economico, lo sapevate che il turismo religioso, fa ancora oggi la parte del leone nei flussi di viaggio in tutto il mondo? I grandi santuari ne sono un esempio inoppugnabile. Anche qui, se vai alla Cappella della Madonna della Medaglia Miracolosa, ritrovi gli stessi stilemi che colorano Loudes, i templi di Tiruchirapalli, Medjugorje e i suoi veggenti, i grandi monasteri tibetani o le statue dorate del Myanmar, i muri dei pianti, le moschee più sacre o la Madonna di Guadalupe. Schiere di fedeli che si accalcano perseguire l'offizio e poi la fila per la benedizione delle medagliette che daranno di certo la grazia richiesta. 

Chèz Hermes
Sono i miracoli della fede, argomento che non si può discutere con la ragione e che effettivamente muove le montagne. Tra l'altro, ironia del caso, la nostra richiesta (banale, eh), sembra che stia per essere esaudita. Ssssst... Seguo la folla, morbosamente affascinato come sempre dalla potenza che emana da questi luoghi, sfilando lungo il passaggio con un infinito muro dove sono appese le piastrelle che recano il ringraziamento per le varie grazie ricevute, ma modeste qui, solo iniziali e data, rispetto ai colorati ex-voto di altri luoghi, spesso vere opere d'arte, basta fare un salto nel Santuario dei Centauri, proprio vicino a me, a Castellazzo Bormida, per vederne di meravigliosi. Ma poi è di nuovo la strada, dopo essere passato davanti all'imponente edificio dell'Hotel Lutezia, sfoggio di lusso di altri tempi, quando a Parigi arrivava tutta la nobiltà russa o coloro che, avevano creato ricchezze consistenti dopo una vita nelle colonie d'oltremare per soggiornarvi magari a vita, a condurmi lungo la sfilata di negozi di gran classe, molti aperti da poco o di recente ristrutturati da architetti famosi. Puoi entrare, dare un occhiata ale invenzioni stilistiche, come da Hermes, che espone le sue creazioni racchiuse in giganteschi tralicci di legni sagomati, poi uscire commentando i prezzi che comprendi bene dedicati soltanto ad un mondo molto particolare che tuttavia esiste e riveste una notevole importanza sotto l'aspetto economico. 

Il sacrario della santa
E' un mondo dorato che tuttavia fa spettacolo come molte altre cose e va considerato comunque, è un giro di grano che in ogni caso scende a cascata creando benefici secondari sempre utili. Se esiste un mercato di persone disposte a pagare cifre anche molto consistenti per l'esclusivo e distintivo surplus di un marchio, non bisogna farsele scappare, anzi è utile in ogni modo intercettarne i bisogni, soddisfarli e succhiare loro quanto più soldi possibile. Alla fine tutti contenti, chi compra, che ha dimostrato il suo potere e benessere economico, chi produce, chi lavora a cascata e lo stato che succhia tasse grasse, uno dei pochi modi per incamerarle consistentemente e senza troppe proteste o tentativi di fuga. Insomma grasso per tutti. Così ragionando tra me e me, saltiamo su un autobus, che parte dalla Port Maillot, davanti al palazzo dei congressi, per raggiungere il Bois, il gigantesco polmone verde proprio ai bordi del cuore della città, che ricopre quasi la metà della grande ansa che compie la Senna per uscire dalla città. Appena terminate le ultime case, entri in un'area che ti appare come aperta campagna. Accidenti, come non tornare a più di trenta anni fa, quando ci dormii, in un piccolo campeggio, col mio primo camper, quando navigavo per l'Europa in lungo e in largo e camminare tutto il giorno su e giù per i viali non mi sembrava così faticoso. 

Fontanella
Intanto sul vialone principale che lo attraversa, oggi come allora è pieno di filles de joie che si imbellettano tra i cespugli in attesa di clientela. Anzi no, guardando bene, sono cambiati alcuni parametri, evidentemente e mi sembra proprio che al momento la presenza sia costituita per lo più da trans piuttosto vistosi. Ci fermiamo al terzo stop e dopo una breve passeggiata si arriva alla Fondazione Louis Vuitton, le cui fantasiose forme emergono tra le cime degli alberi radi su una strada laterale. Anche senza saperlo individui subito l'opera dell'architetto americano Gehry, lo stesso evidentemente del Museo Guggenheim di Bilbao, stesse masse argentee curve e incastonate le une nelle altre, una sorta di grande nave dalle vele spiegate, circondata dalle acque di un piccolo lago, opera d'arte usata essa stessa per contenerne altre, la cui modernità identifica immediatamente un manifesto di contenuti. Al di là della raccolta stabile di opere contemporanee che occupa i cinque piani del museo e che necessitano a mio parere di un po' di studio e informazione per poter essere apprezzate anche dagli zotici, che arrivano dalla campagna come me, in questo giorni e fino al 17 giugno, avrete la possibilità impagabile, anzi pagabile con 16 Euro, di vedere un centinaio di spettacolari capolavori, di tutti i grandi maestri dell'impressionismo della collezione Courtauld, (date un'occhiata al sito) un ricco mercante inglese di rayon.

Hotel Lutetia
Negli anni '20, costui mise insieme uno spettacolare gruppo di lavori di questi artisti (oltre 500 dipinti e decine di migliaia di disegni, fino ai post-impressionisti), donandoli poi alla fondazione che porta il suo nome e che li custodisce nella Somerset House di Londra. Interessante il libro che riporta l'elenco delle opere possedute con i prezzi pagati per l'acquisto, tipo 8.000 sterline per un Van Gogh o 12.000 per dei Gauguin del periodo tahitiano. Va bene che anche allora erano bei soldi, tuttavia, si può dire che aveva buon naso l'amico. A parte il fatto che a maggior parte delle opere esposte sono di un tale splendore da abbacinare chiunque, eppure, pensate che, solo una trentina di anni prima, l'autoritratto di Van Gogh con l'orecchio tagliato, non se lo filava nessuno. Quindi anche per questo non voglio sparare giudizi sui contemporanei dei piani superiori. Chissà tra cento anni. Poi, con gli occhi ancora pieni di bellezza, si può salire e dare un'occhiata all'esterno, dal tetto, sul magnifico panorama che circonda il vascello d'argento che naviga i prati del Bois a vele spiegate. Poi se vuoi c'è la navetta che va fino all'Etoile, se no te ne torni a Neuilly, a mangiarti una spettacolare entrecote. Intanto il sole se ne è andato e ha lasciato il posto alla notte con il suo vestito nero imbrillantato, quel sole che fin dal mattino l'aveva violata come dice Prévert nella sua bellissima Encore une fois sur le fleuve: 

Le grand soleil paillard bon enfant et souriant  
Plonge sa grande main chaude dans le décolleté de la nuit 
Et d’un coup lui arrache sa belle robe du soir.

La Tour
E l'ultimo coup de foudre della notte ce l'hai dal Trocadero dove siamo scesi un ultima volta a godere lo spettacolo della Tour Eiffel che ad ogni ora si imbrillanta tutta di mille luci sbarbaglianti. Fattici largo tra la folla in attesa, prendi posizione sui gradini tra coreani, americani, cinesi e venditori neri di piccole torri luccicanti di ogni dimensione, stese su un telo, da far su in un attimo se per caso arriva la Police. Poi allo scoccar dell'ora ecco che la struttura di ferro nero si accende di colpo di mille lucine tremolanti che ne disegnano la sagoma sul cielo nero. Chissà cosa avrebbe detto Prévert e chissà se avevano fatto il computo costi benefici, prima della contestatissima costruzione, tanto che mi sembra che abbiano rinunciato all'abbattimento solo per una ragione di ulteriori spese. Comunque ce ne torniamo a casa sfilandole vetrate delle banche ricoperte di compensato. Domattina è sabato e i Gilet Jaunes hanno preannunciato un altra giornata calda. Noi invece ce la filiamo la mattina presto, alle 6.00 siamo già alla Gare de Lion. Caffè e croissant per tenerci svegli il tempo di salire sul TGV. Il tassista dice che a quest'ora i casseurs dormono ancora. Au revoir Paris et un grand merci à Ivana e Jean Maurice per la loro amicizia.

L'Opéra

SURVIVALKIT

Crevettes
Le relais de Venise - 271 Boulevar de Pereire, Port Maillot a 900 m. dall'Arc de triomphe. Ad onta del nome è un classico Restaurant de l'entrecote. Menu fisso che prevede un'insalata con le noci, una entrecote tagliata, di porzioni generose con una salsina speciale segreta assolutamente deliziosa e una montagna di frites. Col vino della casa e acqua spenderete circa 30 Euro, 35 con un eventuale dolce, che per Parigi è assolutamente ragionevole vista la qualità della carne. Attenzione non accetta prenotazioni ed è sempre affollatissimo. Due turni alle 7 e alle 9, in cui conviene arrivare e mettersi in coda una mezz'oretta prima. Servizio velocissimo e molto gentile. La solita pecca dei ristoranti francesi, lo spazio assolutamente misurato su tavoli strettissimi. Bagnetto unico microscopico. L'importante è sapere prima che non c'è scelta e che c'è sempre un sacco di gente. Se vi dà fastidio cercate altro. Per il resto assolutamente da consigliare. 


Coquillage

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giovedì 11 aprile 2019

Taste of Paris 3



Fiori di pruno
Nascon da muri grigi
E i gilet gialli?


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martedì 9 aprile 2019

Taste of Paris 2


La cupole delle Galeries Lafayettes

Quartiere Latino
Quasi quasi verrebbe la voglia di fermarsi qui, intorno alla fontana, seduto su una sedia a godersi il sole della incipiente primavera, circondato dai tulipani fioriti e dallo scorrere lento del fiume. Di quaggiù non riesci ancora a scorgere il lontano arco dell'étoile, vedi solo sulla collina la sagoma del Sacre Coeur e più vicino le strutture del Grand Palais che gigioneggiano sui tetti. C'è una sensazione di vacanza in tutta la gente che passeggia nei vialetti tra le aiuole, voglia di farsi carezzare il viso dai raggi ancor solo tiepidi di questo sole che di tanto in tanto si nasconde dietro gli sbuffi bianchi come panna montata. I portici infiniti di Rue de Rivoli sono un passeggio affollato; gruppi di studenti in gita scolastica, in fuga dal Louvre, passano a folate con gli auricolari bianchi ficcati nel cranio, desiderosi solo di isolarsi nella massa, nascondendosi al professore-guida; gli orientali invece formano mucchietto compatti che inseguono una bandierina alzata; al tuo fianco sfilano negozi così lussuosi che fatichi ad immaginarti i prezzi della merce esposta. Guardavo un bell'orologio ben disegnato, da 90.000 euro, eppur senza brillanti od altri gadget che ne giustifichino il prezzo, con l'occhio di chi ammira un quadro al museo tentando di valutarne il costo e per fortuna che non porto orologi, ormai il tempo non ha più, per me, l'importanza che aveva una volta e poi, diciamolo, mi danno fastidio i cinturini. 

Le Galeries Lafayettes
Anche Rue de Castiglione ha gli stessi templi dell'alto consumo da esibire, mentre prosegue verso Place Vendome. Chissà se la celebre Contessa stava da queste parti quando cercava di intortare i francesi per conto di Cavour, che di certo non andava a dire in giro cazzate per farseli nemici, anche se probabilmente gli stavano su un piede, ma si sa, lui era un politico, uno statista, non un pagliaccio fanfarone ed incapace, uno che davvero cercava di fare gli interessi del suo paese. Non gli serviva sparare cazzate un giorno sì e l'altro pure per raccattare voti dal popppolo! Poi attraversi rue Saint Honoré e subito un pensiero va ai santi amati dai piemontesi, sui quali primeggia Sanbajùn e sei subito in vista della famosa colonna che punta il cielo in mezzo alla piazza, circondato dalle gioiellerie più famose del mondo, da Cartier a Damiani, scusate se anche noi possiamo dire la nostra in merito. Ecco, nell'angolo, il portone dal quale uscì sgommando Diana per la sua ultima corsa. Appena più in su, in fondo a Rue de la Paix la massiccia ed inconfondibile sagoma dell'Opéra, un tempio così imponente da farti rimanere per qualche minuto in attenta adorazione. Ai fianchi i labari delle opere in programma, il bel canto italiano come sempre la fa da padrone. Subito dietro un altro appuntamento che si pone come obbligatorio se transiti da queste parti, le Galeries Lafayette.

Les Printemps
Mi ricordo ancora lo stupore estatico di fronte alla grandiosa ed elegante bellezza della cupola, quando ci venimmo tanti anni fa con mia suocera e gli zii Blanche e Mario. Un luogo magico che ti incanta con le sue vetrate e le volute liberty, adesso che hanno messo una passerella che ti porta fino al centro della cupola, puoi sentirti sospeso nel vuoto circondato di lusso e bellezza. Ci sta anche di prendere un café noisette sulla balconata guardandola gente che gira intorno. E' un po' come essere in un palco dell'Opéra insomma. Però mi sembra che la gente guardi intorno, più che altro, senza comprare alcunché. Nei vicini magazzini Printemps altre cupole meravigliose e prezzi d'affezione. Ma come faranno a stare in piedi questi posti non lo so. Un'altra sosta premiata, su un ristorante sui tetti, da qui vedi tutta Parigi, di fronte hai la Madeleine, poco più in là campeggia orgogliosa la Tour Eiffel, alla tua destra, lontano, la massa indistinta dei grattacieli della Defense. Sotto, il Boulevard Haussmann. Che panorama, accidenti! Questa è la sensazione che ti dà la città, spazi larghi e costruzioni maestose, ricche, omogenee. Passeggiare sui marciapiedi spaziosi, bordati dai dehors degli innumerevoli bar e dalla infinita serie di tavolini rotondi e microscopici, con ragazze eleganti sedute pigramente, signore in attesa di un caffé che si guardano attorno con nobile disinteresse, uomini d'affari che si gingillano con i croque messieurs, con degnazione affettata.

La tour
Città senza dubbio ricca e scafata, che sa bene quale è la giusta faccia da presentare al visitatore, una signora agé che sa truccarsi con cura, prima di uscire per farsi offrire una cena in un ristorante elegante. Facciamo due passi alla Muette, quartiere tranquillo e delizioso al tempo stesso, nel quale non cambia affatto il mood. Eleganza, pulizia, sereno vivere, almeno così pare, fino a sabato per lo meno quando arriveranno i gilet jaunes, ma noi ce ne scapperemo alle sei della mattina, quando dormono ancora. Due passi nel Jardin de Ranelagh, come se avessi da far fare due passi al tuo cagnolino, perché si apparti con degnazione a fare quello che deve, poi qualche giro nei supermercati della zona, anche qui di livello, con reparto frutta-gioielleria, con le meline o le arance a 4/5 euro al chilo. Ho dato anche un'occhiata alla valanga di cartelli delle agenzie immobiliari. Niente a meno di 10/12.000 euro a metro quadro tanto per intenderci. Volete un bell'appartamentino di 80 m2, con qualche lavoretto da fare, ve la cavate con 998.000 euro, sconticino e strizzatina d'occhio. Insomma non è una città per poveracci, per quello potete andate nelle banlieues, magari in monopattino. Noi ci consoliamo con la squisita ospitalità dei nostri amici, cena sontuosa e la piacevole conoscenza di nuovi amici gradevoli e simpaticissimi. Domani sarà un altro giorno. 

Tetti di Parigi



Opéra
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lunedì 8 aprile 2019

Taste of Paris


I giardini dietro Notre Dame

Una fermata
Avrete notato, dai post di questi giorni, che mi sono assentato un attimo. Invitato da amici carissimi, infatti, mi sono ritagliato una breve vacanzina (tenete conto che sono in vacanza già per tutto l'anno), nella ville lumière, città che mi ha sempre affascinato e che ho trovato ancora più piacevole. Tenuto conto che ci sono già stato sei o sette volte, sono stato attratto proprio dal fatto che avrei potuto dedicarmi a questa scappata, senza l'affanno di itinerari precisi da seguire o cose da vedere, spuntandole dal calepino che mi accompagna, anzi questa volta non me lo sono neppure portato, proprio per lasciare spazio all'improvvisazione del momento e quindi flaner pour la ville senza una meta precisa. Devo dire che la piacevolezza di un tempo soleggiato ancorché freddo è stato di grande aiuto per farmi godere al massimo di questa, come vogliamo chiamarla, pausa spensierata. Intanto il TGV che pur non essendoci ancora il famoso buco, ti fa arrivare a Parigi in sei ore,che non fai neanche in tempo a mangiarti il panino che ti eri portato dietro e a finire il fascicolo di sudoku, distratto come sei dalla meravigliosa campagna che scorre al tuo fianco, prati verdi di smeraldo e quadrati infiniti dove la colza ha fatto esplodere il suo giallo vivo ed effimero, collina basse ed ondulate punteggiate di bianche charolaises che brucano pascoli recintati da siepi e poche case spargole. 

Vetrate
Genti non ne vedi staranno tutte dirigendosi verso la capitale col gilet giallo nascosto nella scarsella.  Passano un paio di gendarmi gentili a controllare ii documenti, in cerca di qualche negrotto nascosto tra le valigie. L'ossessione perdura, tuttavia la politica ha bisogno di dimostrare dura fermezza o che almeno tenti di fermare lo scorrere dell'acqua con le mani. La gare de Lion è già nel cuore della città e percorrendo in taxi le vie del centro, già ti comunica la scorrevolezza che si ottiene quando disponi di una rete di trasporto pubblico capillare ed efficiente. Il senegalese alla guida, di stazza imponente, quasi mi abbraccia quando gli racconto che in Italia Uber è stato messo al bando, ah, paese felice che rispetta i tassisti e si fa carico dei loro problemi e intanto mi alleggerisce di trenta euro. Come vedete i problemi cambiano aspetto a seconda della parte da cui li guardi. Intanto raggiungiamo la nostra meta, il quartiere della Muette a Passy, nel XVI arrondissement, ragionevolmente centrale, sulla rive droite, che contiene anche il Bois de Boulogne. La zona è deliziosamente tranquilla ed elegante, leggermente in discesa verso la Senna dove arriva fino al Trocadero. Quasi da ogni parte si ha la sensazione di trovarsi proprio di fronte alla Tour Eiffel. Un bel colpo d'occhio non c'è che dire. 

L'ingresso
Il fatto di essere nel centro comunque lo hai immediatamente vedendole vetrine rotte dai casseur di sabato scorso e dagli sbarramenti previsti per la tornata del sabato che sta arrivando. Quel plaisir, insomma. Anche alla mattina presto il quartiere è già in moto, la gente fila veloce verso gli autobus e la metro; impressiona il fatto che quasi nessuno utilizzi la macchina, anche se sui bordi dei marciapiedi, nelle zone sempre più ridotte dove ci sono parcheggi, compaiono molte colonnine per il ricarico delle auto elettriche. Sicuramente è un bidone ecologico, ma se così va la demagogia, diciamo che la città è preparata. Quasi ad ogni angolo ci sono rastrelliere di bici comunali (elettriche), che evidentemente qui nessuno ruba o vandalizza, anzi la gente si avvicina, traffica col telefonino e poi se ne va tranquillamente pedalando con la baguette di traverso. Ma soprattutto compare un fenomeno, evidentemente nuovo, che colpisce lo straniero in visita calato dalla montagna. Ad ogni stazione di autobus o di metrò, ma anche in molti altri luoghi di aggregazione, monumenti, aree turistiche, magazzini o altro, in schiera o apparentemente abbandonati, file di monopattini elettrici che poi vedi sfrecciare continuamente lungo i viali e le strade. Non mi è chiaro assolutamente come funzioni la cosa, visto che non ci sono aree segnalate, ma appaiono spesso abbandonati qua e là senza una specifica modalità. 

La Seine
Sono dotati sul manubrio di un Qcode, su cui appoggiare il telefonino, ma non ho capito come il giri meccanismo. Comunque sfrecciano dappertutto e anche piuttosto velocemente sui marciapiedi, cosa anche alquanto pericolosa, bisogna buttarci un occhio insomma. Intanto la RER, il treno veloce, ci deposita proprio davanti a Notre Dame, il centro logistico cittadino. Chissà come è, mi sembra meno imponente dell'ultima volta che ci ho alzato lo sguardo. E' una cosa tipica, credo per tutti i monumenti famosi, a forza di verderli in foto bellissime e di immaginarli nella fantasia del ricordo, ti appaiono sempre meno esagerati dal vivo. Pure i grandi portali con gli strombi accuratamente scolpiti da schiere di santi ed angeli, hanno una imponenza che incute rispetto mentre penetri all'interno. Non c'è neppure la coda e le grandi navate scure ti immergono nella consueta atmosfera della cattedrali gotiche, colorata dalla luce delle mille vetrate e dai rosoni superbi, che a mio parere rappresentano davvero il punto di meraviglia di questa cattedrale, assieme alla magnifica serie di sculture che ricoprono la parete posteriore del coro. Diciamo una rivisita obbligatoria, un ripasso necessario da fare ogni volta che si passa di qui. 

Louvre
Anche perché ti consente di fare un passaggio nei giardini retrostanti la chiesa, oggi messi perfettamente a punto, rasati, imbellettati e che risplendono sotto il sole di aprile, mostrando una parata meravigliosa di alberi coperti completamente di una fioritura bianca e violetta, così carica e fastosa che ti invoglia a fermarti su una panchina a godertela tutta, pur nella costante incertezza se volger l'occhio verso i contrafforti grigi delle mura esterne o rimanere incantati dal lento fluire della Senna sottostante, con la sua serie di ponti che si susseguono fino all'orizzonte lontano come in un gioco di specchi che paiono moltiplicarli all'infinito tutto intorno a te, così come il gran numero di battelli strapieni che trasportano il loro carico di genti, transumandola su e giù per il fiume con gli sguardi al cielo e le bocche spalancate di fronte a tanta meraviglia. Certo la maggior parte di coloro che ti circondano sono turisti, senti tutto un florilegio di lingue che si inseguono, di richiami e di volti chiaramente estranei a questa cultura, tuttavia questo è forse il più grande business della capitale e bisogna misurarsi con esso. Passiamo il Pont Neuf e scorrendo lungo il bordo del fiume dove stanchi bouquinistes non hanno neppure la forza di magnificare ai passanti le loro stampe, i vecchi giornali, le foto d'epoca rifatte e la varia paccottiglia da turista, palle di vetro con la neve che cade incluse.

Tuileries
Ci buttiamo allora nel quartiere latino, godendo della sua confusione, dei suoi negozietti e dei tanti locali che offrono colore e coquillage. Qualche banco sugli angoli offre ostriche fresche di dimensioni mostruose e gamberoni ancor più invitanti, ma non è ancora l'ora della pappa e intanto siamo arrivati fino al boulevard Saint Germain. Meglio ritornare verso il fiume, tra viuzze popolate di negozietti etnici e gastronomie gourmand. Gira gira ecco che siamo già sul fianco del Louvre, che allunga le sue braccia distese in avanti verso les Tuileries quasi volesse abbracciarle. Qualche foto di rito, tra l'arco e la piramide, che oramai ha perso il suo effetto dirompente e diventa un oggetto di consueta conoscenza, come fosse lì da secoli. Certo ci sarà pure il sole, ma nello spazio aperto tra i giardini, pur magnificamente fioriti, tira un aria gelida che consola. Siamo al nord c'è poco da fare e per noi mediterranei fa sempre freddo, anche se sei circondato da ragazze sbracciate che si fanno i selfie tra aiuole di tulipani sfrangiati dai colori smaglianti. Ma che bello passeggiare così senza una meta precisa, godendoti gli spazi di questa città fantastica, accogliente per il turista, che ci lascia il grano, sempre tesa a mostrargli il suo lato migliore. Quasi  non ti accorgi dei chilometri, la strada ti è lieve, circondato come sei dalla serie infinita di palazzi d'epoca in ordine omogeneo che caratterizzano la nobile perfezione di questa capitale. 

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