venerdì 23 agosto 2024

Caucaso 16 - Tra le torri di Ushguli

Lo Svaneti

Torri

La macchina di Luka è scesa verso valle e ci aspetterà alla fine dei cinque paesetti che sono collegati da un sentiero carrozzabile. Noi cominciamo intanto a scendere adagio adagio lungo i sentieri fangosi e selciati che corrono tra le casupole dei paesetti che si allineano sotto la chiesa, cercando di non inciampare sulle pietre nascoste. Certo che il colpo d'occhio delle torri che spuntano tra le case di pietra, danno al panorama un aspetto irreale, quello di un regno di orchi ed elfi, popolato di esseri sconosciuti e minacciosi, forse in agguato dietro quelle porticine appena accostate o che ti spiano dalle finestrelle piccole e velate per non fare entrare il gelo dell'inverno. Rischi di scivolare ad ogni passo, per la mota che si è formata tra i sassi, spessa e grassa, fatta probabilmente non solo di terra, visto il continuo passaggio di piccole mandrie e di schiere di maiali che sguazzano qua e là grufolando in cerca di qualsiasi forma di cibo. Ogni tanto qualche figura, avvolta in pesanti pastrani, passa in fretta per sparire di colpo dietro agli angoli tra le case, quasi volessero sfuggirti, forse per timore, forse per preparare qualche agguato più oltre. Hanno, per quanto puoi scorgere, le facce dure, dai lineamenti marcati, dei popoli di alta montagna, dalle pelli consumate dal gelo dell'inverno e dalla ferocia del sole che col tempo scava rughe profonde a segnare visi vissuti da fatiche e privazioni. 

Casa museo

Non sono le facce belle e lisce, curate dai cosmetici delle ragazze di città, che tengono alla presenza accattivante condita da gote rosa, labbra rosse e mani delicate. Qui siamo sui monti tra i più aspri e solitari della terra e anche gli sguardi sono induriti da queste condizioni estreme, le mani callose per il troppo lavoro e gli insulti del gelo. Pensate ai tempi passati e mica da molto, quando si doveva pensare anche a guardarsi le spalle temendo da un momento all'altro che qualche parente lontano di vicini a cui la tua famiglia aveva fatto uno sgarro anni prima, una figlia non sposata dopo una mezza promessa, un campicello o un pascolo invaso da qualche bestia irrequieta e maleducata, arrivasse in forza con i maschi della famiglia a cercare soddisfazione, costringendoti a rifugiarti nella tua casa-torre per giorni e giorni, posto che avessi pensato per tempo a rifornirla di cibi, acqua e di tutte le altre masserizie necessarie. Insomma una vita dura, certo che anche le facce, gli atteggiamenti e le abitudini si sono via via incattivite. Si parla poco tra i vicoli di Ushguli e non ti resta che scendere adagio, guardando a terra per non scivolare, intorno per trovare la strada che scende verso valle ed in alto per goderti ad ogni angolo la nuova torre che svetta sopra le tua testa, come un monito o come un segnale che ti indichi la via. Tra le case, sopra una porticina malandata, un'asse sbilenco segnala la presenza altisonante di un sedicente museo etnografico. 

Daga svaneti

La gente si industria, se fin qui arriva qualcuno da lontano, perché non proporgli, tanto per integrare in qualche modo il magrissimo reddito della montagna, un locale ricavato in un'antica casa, in cui sono raccolti vecchi oggetti agricoli e pastorali, strumenti per lavorare lana e altre fibre, antiche vesti e mobili di un tempo neppure troppo lontano, ma anche robuste daghe che evidentemente avevano avuto un utilizzo non troppo pacifico, vista la lunghezza ed il peso. La signora che ci ha fatto entrare in quello che poi è un antro oscuro, ride mostrando una chiostra di denti piuttosto spettinati e carenti, la vita da queste parti non è facile neppure dal punto di vista odontoiatrico evidentemente, ma appare allegra e serena nonostante tutto, ci mostra i vari oggetti, tentando di spiegarcene l'uso, ma la nostra conoscenza della lingua svan non è sufficiente ad avere un punto di contatto soddisfacente, tuttavia l'interno dell'edificio, che poi altro non è che la base di una delle torri, è molto interessante, per la disposizione degli ambienti e per tutti gli oggetti che contiene, inclusi i diversi piccoli telai con cui venivano utilizzate le lane delle greggi allevate nei dintorni. La signora ci fa grandi saluti all'uscita e per l'emozione per poco non scivolo nel fango spesso della carrareccia che scende verso valle. 


Queen Tamar Castle

La frazione successiva, quella di Chvibiani, almeno credo così si chiami, ha anche un paio di trattorie di montagna e vista l'ora, ci si ferma a vedere cosa offrono. Beh qui sono ormai abituati ai turisti che passano e il Cafè Koshki ci propone su un grande tavolone comunitario una grigliata di carne piacevole anche alla vista, accompagnata da una khachapuri doppia, non vale la pena rinunciare, così ci rimpinziamo, solo naturalmente per recuperare le forze e fare fronte ai disagi della quota. Poi, sazi ma non domi, andiamo fino alla piccola altura successiva, dominata da un'alta torre nera, effettivamente un po' cupa e inquietante, Si tratta della cosiddetta Queen Tamar castle, così chiamato forse in onore della famosa regina che attorno all'anno 1000 fu personaggio di grande rilievo nel regno di Georgia, grande affermazione femminista del tempo, ricordata tutt'oggi anche come simbolo di affermazione della donna. Da questo punto innumerevoli sono i colpi d'occhio eccellenti sulle torri che si elevano sui gruppetti di case circostanti; è tutto uno crepitare di otturatori, anche se il cielo comincia a scurirsi, in montagna si sa il tempo cambia in fretta e bisogna essere pronti a tutto. Scendiamo velocemente dal rilievo, infilandoci tra le case, seguiti da due cani che ormai ci hanno preso evidentemente in simpatia anche se non disponiamo di niente di mangiabile per farceli amici.

Sistemazioni

Qui anche i cani dei pastori devono essere più feroci dei lupi dai quali devono difendere i loro armenti, per non parlar dei loro padroni. Ma questi si limitano a strusciarsi contro le nostre gambe e a cercare di leccarci le mani con occhi buoni. Questo deve essere il paesino che pochi anni fa è stato completamente spazzato via da una valanga, le pareti delle montagne intorno sono imponenti infatti; ci furono parecchi morti, ritrovati poi al disgelo in primavera. Solo le torri resistettero alla massa nevosa che si rovesciò tra le case, evidentemente i costruttori sapevano il fatto loro e se queste costruzioni sono ancora lì, ben in piedi dopo mille anni ci sarà pure un motivo. Intanto comincia a nevicare, tanto per farci capire dove siamo e cosa significa vivere tra questi monti in alta quota. Più che di neve si tratta di una vera tormenta che spira da monte portando con sé aghi di ghiaccio taglienti che sferzano il viso, mentre ci ripariamo alla meglio tra le case dell'ultimo paesetto, Murkmeli, molto oleografico da lontano, con le sue torri quasi artisticamente ben disposte nell'intreccio dei vicoli, meno mentre ci passi in mezzo cercando di ripararti alla meglio tra i tetti spioventi di pietra. Due vecchi stanno seduti in un canto protetto da una tettoia larga tra due case, senza parlare, guardano il cielo e quello che arriva dall'alto con occhi abituati, aspettando che arrivi la sera. Ci fanno un cenno di saluto, forse un poco stupiti dal vedere questi strani personaggi, che cercano di saltabeccare tra fango e pietre, riparandosi alla meglio dalla nevicata, invece di fermarsi e aspettare tranquilli che tutto passi, come del resto ha sempre fatto da secoli tra questi monti. 

Anziani Svan di Vittorio Sella

Piano piano arriviamo alla fine della strada, mentre allo stesso tempo smette di nevicare e riappare addirittura un raggio di sole, giusto in tempo per mostrare ancora una magnifica vista delle torri che ormai abbiamo lasciato in alto. La macchina di Luka ci aspetta lungo il torrente, è ora di tornare a valle. Torniamo verso Mestia godendoci il panorama dei boschi che si susseguono con toni di verde sempre diversi, sempre più intensi, lavati dalla nevicata che ha lasciato timidi spruzzi solo sulle creste. Vicino alla città vicino al ponte che scavalca il fiume che spumeggia ancor di più dopo le precipitazioni che qui sono state di pioggia fitta, c'è il grande Museo storico ed etnografico dello Svaneti (ingresso 20 Lari), da poco aperto che di certo merita una sosta. L'esposizione è molto ben fatta, a partire dai reperti preistorici, quelli che invece riguardano la storia più recente e quindi icone e oggetti religiosi salvati dalle vicine chiese e poi vestiti, armi, gioielli. Davvero molte cose interessanti e ben presentate. Infine in una grande sala, la mostra delle foto del nostro grande esploratore Vittorio Sella che fu tra queste montagne un secolo fa e che ci mostrano la vita di questo popolo isolato dal mondo, con una splendida serie di immagini. La gente che ti guarda attraverso la luce tenue della sala non è poi molto diversa da quella che abbiamo incontrato durante il nostro giro.

Nel museo

Sono gli stessi occhi, le stesse rughe che tagliano i visi, a raccontare di una vita dura e complicata allora come forse ancora oggi, nonostante tutto. Uomini barbuti dagli sguardi duri e cupi, ragazze con grandi fazzolettoni sul capo, donne invecchiate precocemente per la fatica dei lavori di montagna e per la cura del bestiame, tutti davanti alle porticine delle case di pietra che abbiamo appena lasciato adesso più a monte. Certo il bianco e nero un poco ingiallito di queste immagini raccontano del tempo che è passato, ma se riusciamo ad immaginarci i colori e le sovrapponiamo a quelle che abbiamo appena scattato noi, forse la forchetta degli anni tende ad annullarsi e ti fa capire come qui, secondo quello che sancisce la letteratura russa, cento chilometri non sono distanza e cento anni non sono tempo. Intanto scendendo a valle, il clima è migliorato decisamente e un raggio del sole che sta scendendo dietro le montagne illumina di traverso la chiesa che domina sulla cima della collina sopra la città, quasi volesse proteggerla. Noi salutiamo Luka e andiamo a finire la giornata in un ristorantino del centro, il Lile Bar, dove un paio di bellissime ragazze che di certo non hanno memoria delle loro nonne di quelle foto lontane, con i loro jeans fascianti e le camicette alla moda, ci servono spiedini di carne mista, pollo, maiale e vitello, patate e magnifici funghi al forno ricoperti di formaggio che ti rincuorano alla sola vista. 

Torri



Ushguli
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