domenica 11 agosto 2024

Caucaso 10 - Tra valli e etnie perdute

Per le vie di Kutaisi - Centro - Georgia - aprile 2024


Conducente
Per fortuna nel Caucaso tutti si conoscono e ognuno è parente dell'altro come nei nostri paesini di montagna, così il nostro O'Nasis aveva avvisato l'autista della marshrutkha, un suo cugino alla lontana, che ci ha tranquillamente aspettato senza problemi. E' un omone gigantesco, con un vocione basso e cavernoso, residuo di qualche milione di sigarette fumate in continuazione fin dall'infanzia, dall'apparenza burbera e litigiosa, ma che poi afferra i nostri valigioni come se fossero fuscelli e li stiva nel minuscolo spazio posteriore del mezzo, invitandoci a salire e a prendere posto dove più ci aggrada. Stavolta riusciamo a mettere le chiappe sui più comodi posti anteriori e ci accomodiamo per il viaggio che durerà tre orette o poco più, per Kutaisi, la terza città del paese, capitale della regione dell'Imereti. Finalmente il nostro gigante buono si issa al posto di comando e l'automezzo si mette in moto, uscendo dalla città con calma decisa. Ripercorriamo una parte dell'itinerario che arrivava da Tbilisi, attraverso queste valli spettacolari, che il gocciolare della pioggia rende ancora più verdeggianti. Passiamo per il forte di Atskuri le cui rovine troneggiano dalla collina, poi rivediamo i viali della stazione termale di Barjomi, che ha visto probabilmente altri fasti durante l'epoca sovietica e poi sfiliamo veloci verso il bivio di Khashuri, da dove ci si immette sull'autostrada. 

Sulla marshrutkha

E' una terra strana questa Georgia, dalla storia antica e complicata, sotto queste montagne immense e severe, da sempre scudo e protezione per tante genti che qui hanno trovato rifugio in ogni epoca, fin dai tempi più antichi. Terra anche per questo oscura e raccontata nei tempi passati come una Colchide lontana e piena di mistero, tra brume di miti favolosi, dove spingersi, quasi fosse agli estremi del mondo allora conosciuto per vivere avventure perigliose che ti permettevano di ritornare in patria carico di gloria imperitura, per essere infine cantato nei poemi dei secoli futuri. Così ecco gli Argonauti che si spingevano fino alle sponde di questa Colchide, regno fiabesco dove ricercare e razziare naturalmente, il Vello d'oro, questa preda immaginifica e raccontata nelle leggende, con tutto quello che queste storie hanno poi provocato nelle epopee dei poeti successivi. Leggenda in fondo non poi così peregrina visto che da queste parti i fiumi che corrono a valle tumultuosi, portano con sé proprio pagliuzze di quel prezioso metallo bramato dai predatori di ogni epoca ed è pensabile quindi che i racconti dei viaggiatori narrassero di mandrie di ovini nei cui velli erano andati a fissarsi proprio quelle preziose pagliucole. In fondo ogni mito ha sempre avuto un fondamento di reale. 

E quindi il nostro Giasone non era un folle in cerca di un Eldorado inesistente e solo sognato, ma uno di quei predoni che correvano per i mari dell'antichità in cerca di ricchezze da razziare, donne comprese, ben si intenda, Medee incluse da subornare e portare con sé almeno fino a che il desiderio durava. E poi successivamente questa è una terra che ha dato asilo, tra le sue valli nascoste e protette dalle catene invalicabili, a decine di etnie diverse, arrivate da più parti, straniere ed estranee tra di loro, che di certo facevano fatica a comprendersi, tra idiomi differenti e abitudini ancor più distanti, tutte cose, diciamolo pure fonti di incomprensioni e conflitti, che l'hanno resa casa di conflitti infiniti e dispendiosi di risorse già magre e difficili per un territorio aspro ed avaro di risorse. Etnie che tuttavia si sono abbarbicate a queste valli come realtà inestirpabili e resistenti a qualsiasi tentativo di cancellazione. Popoli magari capitati lì per caso e per caso rimasti a causa dell'impossibilità di andare altrove, visto che questa era ormai diventata ormai la loro nuova patria. E' il caso ad esempio, dei Doukhobors che un maligno zar, oltre tre secoli fa, ha estirpato dalla loro terra di origine, la città di Tambov, nella Russia meridionale, tra Voronez e Saratov, per essere deportati proprio qui, in una valle solitaria del Javakheti, un esilio che probabilmente allora equivaleva ad una pena perpetua, un luogo talmente lontano ed isolato da non consentire loro il ritorno. 

Murales di Kutaisi

Questo popolo arrivò così tra queste montagne e in questa valle solitaria fondò otto villaggi, rimasti isolati fino ad oggi, mantenendo inalterati i suoi costumi, la sua lingua, la sua stessa vita. Ancora oggi questa comunità di ortodossi protestanti, vive in antiche case, molte delle quali dai tetti ancora coperti di terra inerbita, secondo i ritmi di un passato contadino che li pone ai margini della modernità, indossando spesso i loro colorati costumi tradizionali e partecipando a feste antiche e ricche di tradizioni, inevitabilmente destinate, nell'epoca di internet, a perdersi per sempre. A Gorelovka, il villaggio principale della valle, puoi ancora vedere le belle case di legno tradizionali e la semplicità delle loro costruzioni, dato che le loro abitudini rifiutano i simboli materiali come le icone, le croci, i pope ed i rituali ecclesiastici, enfatizzando invece quelli delle nascite, dei matrimoni e della morte. Si fanno guidare quindi da leader spirituali, molti dei quali donne, a testimonianza di un forte culto della femminilità. Tuttavia i tempi cambiano e molti giovani stanno lasciando la comunità e attualmente qui non rimangono più di 150 famiglie. Forse anche questa è una delle tante realtà destinate a scomparire e ad uniformarsi in un mondo più globalizzato, certamente più semplice e facile da vivere, anche se culturalmente più povero. 

Arrivati

Intanto la strada scorre e mentre cala la sera siamo arrivati alla periferia di Kutaisi, triste come tutte le periferie, immaginate quelle ex sovietiche, ricche solo di krushiove cadenti, dai muri scrostati, allineate lungo i viali che portano verso il centro. Al contrario, proprio il centro è piacevolmente popolato di vecchie case d'epoca che si allineano su strade acciottolate, rese lucide dalla pioggia. Il nostro è uno dei tanti appartamenti che seguendo le moderne forme di turismo, sono stati attentamente ristrutturati per renderli fruibili alle nuove richieste che arrivano da tutto il mondo, creando naturalmente un problema ai residenti, che si trovano di colpo affitti alle stelle ed immobili dai prezzi diventati inaccessibili. Certo ogni cosa ha il suo rovescio e non è facile di un fenomeno riuscire a cogliere solo gli aspetti positivi, minimizzando le parti negative. Non ci resta quindi che buttarci sulla cena, anche se l'atmosfera serotina della città inviterebbe ad una passeggiata per i vicoli del centro che appaiono affascinanti, solitari e densi di un'aria di un tempo passato. Tuttavia l'insegna dell'Aura, un ristorantino accattivante dall'altra parte della strada, invita ad entrare. Meglio non farsi pregare troppo, le khachapuri mostrate nelle foto sono davvero irresistibili, il profumo dei calici di vino altrettanto, non facciamoci pregare troppo.

Palazzi a Kutaisi

SURVIVAL KIT

Da Memo

Guest house Memo - Saraghatze str. 6 - Kutaisi - Deliziosi appartamenti appena finiti, molto ben arredati, molto comodo perché in pieno centro storico. Camere piccoline, ma bagno ben dotato, AC, frigo, fan,  free wifi, (evtl navetta gratuita per aeroporto). Molto pulito. Circa 35 € la doppia.

Aura restaurant - Proprio dall'altro lato della strada di fronte alla guesthouse. Ottimi piatti tradizionali georgiani. Abbiamo avuto un khachapuri al doppio formaggio e shashlik di maiale e gelato, tutto molto buono con un paio di calici di vino, pe r 130 Lari in 4. Personale molto gentile


Quartieri di Kutaisi


Palazzi storici
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