sabato 17 agosto 2024

Caucaso 12 - I Monasteri dell'Imereti

La valle del Tskhalkhitela - Imereti - Georgia - aprile 2024
 

I due re martiri

Beh, con l'applicazione Yandex è semplice acchiappare il taxi che ci serve, comodo per cinque persone più l'autista, che calcolando la spesa diventa quasi più economico della marshrutkha e che in un attimo ci fa uscire della città e guadagnare la strada che si inerpica sulle colline. Pochi chilometri e siamo al piccolo monastero di Motsameta (del martirio) che gode di una spettacolare posizione su una valle solitaria, coperta di boschi fino all'inverosimile, dai bordi scoscesi e verdissimi. Il monastero, meno frequentato del vicino e più famoso di Gelati, è minuscolo e solitario e sorge su uno sperone roccioso a picco sul sottostante fiume Tskhalkhitela, che significa Acque rosse in seguito al terribile martiro dei due fratelli santi Davide e Costantino, signori della regione, che furono uccisi e gettati appunto nel fiume sottostante con una pietra al collo, nel 730 d.C. per avere rifiutato la conversione, dai sacripanti islamici in piena espansione e conquista. I corpi recuperati furono quindi sepolti nella chiesetta che tuttavia, dopo la cacciata dei musulmani, ridivenne luogo di culto. Il posto ha davvero una allure mistica, soprattutto per il suo senso di solitudine, immerso com'è nel fitto del bosco. Tre monaci sono seduti in fondo al piccolo porticato, forse immersi nella meditazione e contribuiscono ad aumentare l'aura di raccoglimento del luogo. 

Monaci

La brezza che spira dal vallone ti invita a sostare e rivolgerti verso l'orizzonte lontano di questa valle sperduta, piena di fascinazioni lontane che invitano a mantenere questo silenzio profondo. Anche il monaco più vicino a noi, che sembrava completamente assorto nei suoi pensieri, fa mostra di vederci, si toglie dagli orecchie due auricolari di buona fattura, coi quali di certo ascoltava corali sacre e ci fa cenni di entrare a dare un'occhiata. La piccola chiesa è oggi affrescata in toni moderni e brillanti. Fanno grande mostra di sé i due fratelli inginocchiati davanti ai due saraceni che li stanno percuotendo con nodosi bastoni, dopo aver loro legato al collo le pesanti macine della leggenda. L'ambiente è scuro e la poca luce aumenta l'atmosfera di magia che già senti vibrare nell'aria. Sostiamo ancora davanti alla piccola iconostasi del rito georgiano per ammirarne le icone dai fondi dorati. Il monastero rimane comunque ammantato nelle sue antiche leggente, inclusa quella che il passaggio di almeno tre volte sotto la tomba dei fratelli, consentirebbe di ascoltarli direttamente per l'esaudimento delle preghiere del caso. 

L'ingresso di Motsameta

Inoltre come si sa i montanari del Caucaso sono piuttosto vendicativi verso coloro che vogliono loro male, infatti sembra che i militi della polizia segreta sovietica che nel 1923 tentarono di portar via le ossa dei due martiri per metterli in un apposito museo, fecero tutti una bruttissima fine. Quindi occhio e rispetto. Però davvero sul ponticello che supera lo strapiombo e porta all'uscita ti senti avvolto da un potente senso di serena acquiescenza allo strapotere della natura che ti circonda, qualunque siano le tue credenze recondite. I buoni monaci intanto, sotto la percola sono ripiombati nelle loro meditazioni e noi procediamo verso la prossima tappa, dopo un lieve cenno di saluto. Siamo ad una quindicina di chilometri da Kutaisi e qui la collina è ancora più alta. Il monastero di Gelati è però davvero un capolavoro di grande maestosità. In un recinto murato di grandi dimensioni, le costruzioni dell'antico eremo, di robusta pietra scura, spiccano sul prato verde smeraldo che le circonda. Si parla di questo monumento come di una vera e propria Cappella Sistina georgiana, per le dimensioni e per la qualità artistica del ciclo di affreschi qui contenuto. In effetti siamo molto ansiosi di ammirarli, ma per l'ennesima beffa del destino barbaro che punisce il miscredente che non si avvicina a questi siti con la corretta predisposizione etico-religiosa, veniamo un'altra volta delusi. 

La cupola centrale di Gelati

Praticamente tutto l'interno della chiesa e parte dell'esterno è debitamente impacchettata da almeno un paio d'anni per permettere che vengano effettuati minuziosi e definitivi restauri a quella che in effetti è una importantissima e ponderosa opera d'arte. Ci facciamo largo all'interno cercando di non inciampare nei tubi di acciaio che reggono le impalcature e cerchiamo di scorgere qualcuno dei lavori più importanti attraverso i varchi scoperti dei teloni che ricoprono il tutto più o meno bene. In giro non c'è nessuno da tapirare per tentare di farci accedere a qualche cosa di più visibile. Tuttavia bisogna effettivamente considerare che quel poco che riesci a scorgere è davvero affascinante e non sfigurerebbe assolutamente rispetto ai grandi cicli di affreschi pittorici medioevali italiani. Questa chiesa principale della natività, dalle grandi dimensioni è stata iniziata attorno al 1100 dal re David detto appunto il Costruttore e ne conserva la tomba, che aveva deputato questo monastero come un importante centro culturale teologico e filosofico, tanto che veniva conosciuto nel medioevo georgiano come la nuova Grecia o il nuovo Monte Athos, così grande era la sua fama ed il numero di sapienti che qui convergevano per i loro studi. Insomma un luogo che meriterebbe una visita più approfondita non appena saranno finiti questi benedetti restauri. 

I restauratori all'opera

Per fortuna, la dedizione viene sempre premiata e mentre mi aggiro negli angoli più distanti dalla grande navata centrale ecco che scorgo una zona seminascosta con le porte aperte dalle quali traspare una luce intensa. Sarà il bagliore della santità stessa del luogo? No, si tratta della zona dove un gruppo di restauratori sta lavorando alla luce delle fotoelettriche. Qui le pitture sono tutte completamente scoperte e ce le possiamo godere al meglio corredate di esperti al lavoro che ci si stanno dedicando, pure ignorandoci completamente. Cristo pantocratori che giganteggiano dalle absidi, Santi barbuti dalle fattezze ancora bizantine, re e regine che portano doni e garantivano fedeltà imperitura. Diciamo pure un luogo molto suggestivo. Non oso immaginare come debba essere il colpo d'occhio della intera volta della chiesa una volta che sarà liberata dalle pastoie. Diamo ancora un'occhiata alle due chiesette più piccole ai lati del grande cortile e poi ci fermiamo a chiacchierare con un gruppo di ricercatori tedeschi intenti a scandagliare tutto il terreno circostante con speciali strumenti alla ricerca di altri reperti che pare nella zona pullulino assolutamente. Fanno una ricerca sistematica percorrendo tutto il terreno circostante suddiviso da cordicelle in piccoli riquadri, sotto il quale dovrebbero esserci ancora un sacco di vestigia in attesa di essere portate alla luce.  

Affresche

Il punto negativo della questione però, se badiamo banalmente al concreto, è la completa assenza di un baio, cosa che obbliga i visitatori ad aggiustarsi alla meglio, evitando per quanto sia possibile i monaci che sorvegliano il luogo, occultandosi tra le siepi fiorite ai margini del bosco. Ce ne andiamo infine ripercorrendo le ripide vie di uscita lastricate di grandi pietre rettangolari. Sulla piazzetta antistante l'antico portale di ingresso c'è la marshrutkha delle cinque che ci consente di scendere verso la città in totale tranquillità, scivolando lenta tra le colline e lasciandoti il tempo di pensare a quanto ti circonda. In effetti questo è un territorio pieno di complessità difficili da comprendere, per chi straniero arriva qui senza minimamente conoscere tutte le vicende, quantomeno del passato recente che ne hanno acuito i problemi. In effetti avendo tempo a disposizione da queste parti, molti sarebbero i luoghi interessanti da visitare e che contribuirebbero a meglio illustrare la storia della regione. Ad esempio molto vicino verso nord c'è la zona di Tskhaltubo, un tempo nota per una fioritura di sanatorij ex sovietici meta di vacanza per tutti i lavoratori meritevoli russi e che, subito dopo la guerra civile succedutasi al disfacimento dell'URSS, tra la Georgia e la sua provincia secessionista dell'Abkhazia, sobillata e sostenuta dalla Russia, ha dovuto ospitare le migliaia di profughi.

Iconostasi

Questi disgraziati, al pari di tanti altre etnie in epoche diverse, ma del tutto simili in quanto a sanguinose disgrazie,  arrivavano proprio dall'Abkhazia per sfuggire alla pulizia etnica scatenatasi tanto per cambiare sotto le bianche vette di questa minuscola repubblichetta autoproclamatasi indipendente e naturalmente da nessuno riconosciuta se non dalle due altre disperate Ossezia del sud e Transnistria, dalla analoghe vicende, che si sono trovate costrette a costituire la Comunità per la democrazia e i diritti dei popoli, unione vaga e riconosciuta reciprocamente solo da loro tre e da nessun altro e che le pone in pratica sotto al cappello russo a tutti gli effetti. E pensare che l'Abkhazia, così almeno si dice, sembra un paese bellissimo da visitare, con spiagge bellissime ed era, nel periodo sovietico, considerata dai russi come luogo di vacanza per eccellenza, con le sue montagne meravigliose. Io stesso, nei lontani anni '90, ero stato proprio a Dombai, sotto la montagna più alta, nella Circassia dall'altra parte del confine e ne ero stato affascinato. Una piramide dalle pareti a strapiombo come quelle del Cervino che ergeva i suoi oltre 4000 metri tra valli strette e misteriose, sicuramente ricche di fascino. 

Le chiesette secondarie

Inoltre questo piccolissimo paese gode di un clima subtropicale magnifico che la rende ricca di frutta e con una produzione agricola di eccellenza. Insomma un posto in cui varrebbe la pena di farci un salto, almeno fino al mare ed alla sua capitale Bathumi, cosa al momento non facile, vista la situazione politica, che proclama queste frontiere come invalicabili. Ma non siate pigri e rinunciatari, per chi vuole fortissimamente come il nostro celebre astigiano, non ci sono barriere che tengano e se si vuole davvero tutto si può fare, basta trovare le strade giuste e se si è determinati tutti i traguardi si possono raggiungere. Comunque sia se invece siete solamente appassionati di luoghi urbani abbandonati, avrete il tempo di buttare un occhio alla succitata Tskhaltubo, vedrete un impressionante seguito di resort inizio secolo dagli interni colore pastello divorati dall'abbandono ed invasi dalla vegetazioni come fossero templi d'oriente lasciati all'abbraccio mortale della jungla. I profughi sono stati da poco rilocati, così almeno mi è stato detto e queste strutture fatiscenti che li hanno ospitati per quasi trent'anni possono ora riposare e abbandonarsi all'abbraccio della natura definitivamente. Intanto il nostro mezzo, su indicazione di Gianluca si ferma lungo una collina ricca di case sparse. Scende la sera e scendiamo anche noi per dedicarci all'attività che ci terrà impegnati per la fine della giornata. La nostra cooking class georgiana!

Nartece


SURVIVAL KIT

Croce georgiana

Visitare l'Abkhazia - Per chi volesse mettere il naso in questo piccolissimo paese di circa 9000 km e 500.000 abitanti, posso assicurarvi che non è impossibile. Basta ottenere, di certo un po' laboriosamente, l'apposito permesso, che si deve richiedere via mail, ma questo richiede molti mesi di attesa e pazienza, poi muniti di questo documento è possibile spingersi con una macchina privata fino a Bathumi. Il mio amico Gianluca di cui vi ho già parlato si può occupare di ottenere il rilascio di tale permesso. Eventualmente scrivetegli. Per chi fosse interessato alla sua complessa storia e soprattutto al suo, da noi assolutamente sconosciuto seguito degli ultimi anni, consiglio di dare un'occhiata alla voce di wiki che la racconta abbondantemente. 

Un santo


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