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Campagna irlandese - EIRE - agosto 1992 |
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Scegliendo la strada |
Aveva appena finito di piovere. L'aria era pulita e si
vedeva lontano nel bagliore verde scontato, del trifoglio che più verde non si può. Certo che se l'Irlanda non fosse così verde
non avrebbe senso. Così parcheggiammo il camper vicino ad una piccola baia, sul
mare, vicino al Connemara National Park, un minuscolo molo con quattro barche e
poche case basse tra cui una locanda antica con i soffitti bassi e le sedie di
legno pesante che si spostano con fatica. Scegliemmo un tavolo vicino ad una
finestra da cui si apprezzava il sole che minuto dopo minuto magnificava i
colori. Dopo poco non fummo più soli. Entrarono in fila indiana sei giapponesi
che si disposero subito con ordine nel tavolo vicino al nostro, lasciando al
posto d'onore, vicino alla finestra che godeva della vista sulla baia, il più
anziano, evidentemente persona di rango, che, tra i consueti inchini a cui
rispondeva con piccoli cenni, veniva trattato con particolare deferenza. Se ne
stava silenzioso tra il cicaleccio discreto dei suoi, osservando con attenzione
tutto quello che lo circondava, come volesse imprimere negli occhi stanchi ogni
sensazione, ogni particolare. Rimase infine, dopo avere appena assaggiato il
piatto che gli era stato proposto, ad osservare la baia che ad ogni mutar della
luce, che andava via via rafforzandosi tra le nubi grige ancora gonfie,
ravvivava i colori cambiandone la composizione. Dato che la nostra bambina si
era concentrata con decisione su di un gigantesco trancio di salmone al burro
fuso e non richiedeva attenzioni, mi dedicai ancora ad osservare quell'uomo.
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Il mare |
Mentre la sua compagnia mostrava grande apprezzamento per la tavola, con un
piccolo cenno chiese ed ottenne dalla giovane che gli era più vicina, una
piccola scatola che aprì con cura e depose sul tavolo al posto del piatto
appena toccato. Ne estrasse un pennellino, i colori, un blocco di piccole
dimensioni di spessa carta porosa e un bicchierino che riempì con poche gocce
di acqua. Bagnato il pennello rimase ancora un poco ad osservare la baia, poi
pochi colpi leggeri lambirono il foglio. Vedevo distintamente il lavoro che
stava prendendo vita. Un tocco di azzurro, una linea quasi indistinta, un tono
monocromatico e acquoso a confondere cielo, nubi e mare. Si fermò un poco,
piegando la testa da un lato, pensoso, poi, umettato per un ultima volta il
pennello e caricatolo di colore, diede un ultimo ma decisivo colpo, un fendente
di lama, una virgola rosso vivo, una piccola barca sul bordo dell'insenatura.
Rimase ad osservare il cartoncino mentre si asciugava, perfetto nell'armonia
della sfumatura che la porosità della carta fondeva con gradualità, lasciando
scandire lo spazio alla pugnalata vermiglia che ne giustificava l'esistenza.
Asciutto, lo girò rivelando le righe di una cartolina su cui vergò con cura un
indirizzo formato da eleganti caratteri kanji con un apposito pennellino nero
da scrittura. L'angolo della bocca era piegato in un leggero sorriso di
soddisfazione. Quando noi ci alzammo dovette scostarsi un poco per lasciarmi
uscire. Guardai lui ed il cartoncino che teneva ancora tra le mani,
dicendogli:"Domo arigatò, Sensei". Il Maestro sorrise abbassando
leggermente il capo. La mia bambina, mentre uscivamo mi disse: " Papà, hai
visto che bella barchetta ha disegnato quel signore?".
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Un Pub |
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Abbazia |
3 commenti:
Trés beau texte !
Jac.
Merci Jackie
Interessante,non conosco l'Irlanda purtroppo!
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