mercoledì 15 gennaio 2025

Sudamerica 8 - Lasciando le cascate

Iguazu - Argentina - novembre 2024


Una sosta al bar è quello che ci vuole dopo la sgroppata di tutto il giorno nella foresta tra acqua e verde. Il tempo è stato decisamente clemente oggi quindi non ci si può davvero lamentare e sorbire un mate come fa la maggior parte della gente intorno a noi, è la cosa più squisitamente argentina che si possa fare per uniformarsi al paesaggio che ci circonda. Il ruggito della cascata è ormai una cosa lontana e fa già parte del magazzino dei ricordi, scolpito coi suoi pixel nella scheda delle nostre memorie, che ormai così dobbiamo ragionare, fino al momento in cui tutto dovrà essere completamente formattato e chissà se questi nostri banchi di memoria potranno mai, dopo il giusto reset, essere nuovamente utilizzati da qualche essere senziente purchessia, umano o androide; sarebbe bello e almeno qualcuno lo crede possibile. Vedremo, quantomeno senza rendercene conto. Forse qualche traccia digitale potrebbe rimanere, di quelle che ti ritrovano sempre gli indagatori di misfatti, almeno così sembra in tv, anche quando ti sei preoccupato di cancellare bene ogni cosa inerenti un delitto di cui non vuoi essere accusato, ma io che pur ho guardato a fondo dentro me stesso non ho trovato nulla di riconoscibile. Queste panoramiche spettacolari non erano mai entrate nel mio campo visivo, pur se me le ero immaginate molte volte quando ho progettato questo viaggio, quindi difficilmente sono stato qui in una delle mie eventuali vite trascorse, un Guaranì che pagaiava su una incerta piroga o un conquistador in cerca di oro e di tesori arrivato fin qui per fare danni. 

Intanto che si indugia in pensieri sciocchi, Juan ci aspetta col suo taxi già da un po', forse non credeva che quattro anziani se la sgambassero per tutta la giornata e immaginava che arrivassimo prima, così che di tempo dedicato alle giargiattole souvenir ben disposte sui banchetti e offerte a prezzi di affezione da finti selvaggi piumati e agghindati in vesti tradizionali, ne abbiamo dedicato ben poco. Consulto anche lui sulla strada del ritorno sulla situazione economica che, nonostante la litania consueta su come le cose vadano di male in peggio, di come non si riesca più a campare e che si debba lavorare di più per riuscire ad avere di meno, poi però apprezza appieno l'operato dell'attuale governo, a cui bisogna "dare tempo per poter risanare il paese", soprattutto dai vagabondi che non hanno voglia di lavorare, canzone che sentiremo più volte man mano che si procederà verso sud. Appare questo un consenso piuttosto diffuso (specialmente tra i tassisti, categoria che in tutto il mondo possiamo definire come del tutto particolare) ma d'altra parte, questo presidente è stato votato e nonostante tutto mantiene una certa approvazione da parte della maggioranza del paese, dunque non ce ne si può lamentare di conseguenza. Noi pensiamo invece a cercarci un ristorante carino per cenare. Intanto abbiamo anche il tempo per bighellonare un poco nel centro, pieno di localini dedicati ai turisti e che quindi non fanno testo come esempi di vita normale. 

Vediamo subito che i prezzi non sono popolari come pensavo, ma in compenso la scelta è ampia. Ovviamente veniamo subito attirati da un baruccio che propone meraviglie a base di Açai (Euterpe oleracea), un frutto diffuso nella foresta amazzonica dell'estuario, un vero e proprio superfood ricchissimo di straordinarie proprietà, che vanno dai grassi buoni ai precursori vitaminici, ai flavonoidi, agli antiossidanti e ai riduttori del colesterolo, insomma una autentica mano santa di quelle che vanno di moda adesso e che quindi sarebbe davvero un peccato  tralasciare. I due ragazzi che gestiscono il baretto giocano su questo punto e offrono tutta una serie di prodotti derivati, dal gelato ai succhi, alle macedonie fatte con questa sorta di mirtillo, considerando che alla vista è quasi uguale. Ci facciamo un gustoso aperitivo, il gelato me lo fanno assaggiare a parte, molto gentilmente e devo dire che è molto buono. La serata comincia bene anche se 7 dollari a cranio per due pine colade e due batide, sono quasi prezzi da Florian e qui siamo su quattro seggiole sbilenche su un marciapiede da telenovela sudamericana. Ma la cortesia dei ragazzi merita un piccolo sacrificio e ci dirigiamo dunque sulla piazzetta dove una specie di gazebo, al centro del quale è istallata una gigantesca griglia sfrigolante chiama a raccolta. Intorno una serie di supporti di ferro sui quali sono crocifissi quarti di manzo che da ore cuociono con la giusta lentezza, invitano ad avvicinarsi.

L'ora di approntamento è prevista per le otto e noi andiamo a pendere posto all'interno del Parador de Edith, un locale per famiglie dove ci becchiamo una parrillada mista memorabile; d'altra parte visto che siamo qui, questa è una delle esperienze culinarie che bisogna volenti o nolenti, forzatamente provare e noi ci sottoponiamo al cimento con dedizione e giusto spirito di sacrificio. A questo punto non resta che tornare in albergo ritirare i bagagli e dirigerci in aeroporto dove ci aspetta una lunga notte di trasferimento visto che abbiamo scelto il volo notturno con cambio nel secondo aeroporto di Buenos Aires, il J. Newbery. Ora è chiaro che sarà la solita sfacchinata epocale, che passare la notte in aeroporto è come si dice una bella menata, ma alla fine questa era la soluzione migliore, visto che in primis non ci sono voli diretti, poi ogni altra soluzione (di giorno) aveva un costo sproporzionato, oltre il doppio, e per buona pesa questa scelta consente anche di risparmiare una notte di hotel, visto che tanto per capirci che, da bravi braccini corti, qui siamo al massimo risparmio. Dunque eccoci a mezzanotte nell'areoportino minuscolo di Iguazu, addirittura più piccolo del suo confratello in terra brasiliana che dista solo una decina di chilometri, ma che le barriere doganali rendono duplicazione obbligatoria (ce n'è anche un terzo in Paraguay tanto per non farsi mancare nulla). 

Buenos Aires

Il nostro è l'unico volo della notte ed in breve i saloni si spopolano e rimangono solo i disgraziati come noi che hanno scelto questa soluzione da giovani backpakers. Piano piano, verso le due e mezza, arrivano tutti, che poi alla fine i voli adesso sono sempre pieni e non capisco come, e piano piano ci imbarcano come cavie da laboratorio, Qui comunque c'è poco da aspettare, solo al limite auspicare un ritardo in modo che il tempo da trascorrere a Buenos Aires sia un po' più corto, invece come è giusto in questi casi e secondo la ben nota legge di Murphy. il volo arriva alle 5:30 in perfetto orario, anzi un pochino prima per essere tranquilli. Poi si tratta di far venire le 13:40 tanto per capirci, otto ore sono lunghe, ce n'è da farsi venire il latte alle ginocchia, maledicendo la logistica e l'avarizia. Però questo almeno è un grande aeroporto comunque internazionale, puoi farti un giro per negozi, anche se trovo incomprensibile che uno si compri un Rolex da 12.000 dollari o un gioiello di pari valore così, di passaggio, tanto per gradire e ci ritrovi subito il movimento consueto. Alla fine tanto per far passare il tempo si decide pure di fare una colazione in uno dei tanti stalli dalle sigle uguali in tutto il mondo. Scegliamo una catena francese dal nome ammiccante Le pain quotidien, che ci propina materiali che si rivelano subito orrendi, beveroni immondi e pastacce pesanti come macigni da ingollare un morso dopo l'altro, bevendo fino in fondo l'amaro calice, il tutto condito da un prezzo ignobile e rapinoso. 

Le Ande

Per la verità visto le otto ore di sosta avremmo anche avuto tempo di fare il City tour con l'apposito bus in partenza anche dall'aeroporto, ma se devo dirvi tutta la verità alle sei di mattina, eravamo piuttosto cotti per metterci in marcia di botto e non abbiamo più vent'anni. Però se ci riuscite è fattibile, eh! Infine arriva la chiama, imbocchiamo il budello e finalmente riusciamo a fuggire dalla capitale, che rivedremo se Dio vuole tra tre settimane circa e a salire sul nostro aereo così che in meno di tre ore ecco apparire le cime innevate delle Ande. Il panorama dall'altro è straniante, un susseguirsi di pascoli di altura, radure e boschi assolutamente solitari e desolati, inframmezzati da piccoli specchi d'acqua blu lapislazzulo che punteggiamo tutto il territorio, sullo sfondo la chiosa delle montagne incappucciate di neve che si perde all'infinito. Mentre aspettiamo il taxi, un sole che non morde illumina le pensiline esterne, mentre un vento forte e tesissimo spazza via ogni cosa sollevando polveri lontane. Dalla posizione dei pochi alberi capisci immediatamente che questo è l'aspetto che condiziona la vita dell'altopiano e ti consegna alla vita di questi territori fatti di terre di mezzo e popoli solitari. Il tassista è anche lui un grande ammiratore di Miley (come poteva essere diversamente) che con la sua motosega disbosca senza pietà la giungla delle corruttele e dei nullafacenti. Anche da queste parti l'immagine degli statali deve essere abbastanza disarmante. Così discorrendo arriviamo in città ancora abbastanza presto, almeno sufficientemente però per fare ancora un giro in centro.

SURVILL KIT

El parador de Edith - Av. Cordoba - Ristorante popolare che propone un buffet da asporto a peso e la classica grigliata mista che cuoce a vista nella piazzetta antistante. Viene servita con un antipasto di una empanada e insalata. La carne per il nostro gusto è sempre un po' coriacea e un po' troppo cotta, anche se molto gustosa. Molto abbondante con le bevande abbiamo speso 34.000 Pesos in 4. Molto affollato, personale gentile.

Volo Iguazu - Bariloce - Non essendoci il diretto abbiamo optato per il volo AR1193  delle 3:35 che in due ore arriva a Buenos Aires, di lì con AR 1676 delle 13:40 in 2h e mezza si arriva a Bariloche. Costo 190 € a testa incluso 40 di bagaglio da stiva di 15 kg. La scelta del volo notturno è stata per guadagnare tempo e denaro visto il costo molto inferiore alle altre soluzioni e anche per risparmiare una notte di albergo. Aerolineas argentinas, usata per tutti gli spostamenti interni, si è rivelata comunque sempre precisa e senza ritardi.

Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche
 interessare:










Nessun commento:

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!