lunedì 29 aprile 2019

Ancora in giro per Parma


Il teatro Farnese

La Certosa dal chiostro
Visto che le feste sono quasi finite e non sto più nella pelle di riportarvi sulle strade dell'Oriente, a me più consuete, se no che senso avrebbe il titolo di questo blog, oggi vi racconto ancora qualche cosa di Parma. Intanto mi sembra giusto dedicare due parole ad un monumento che, noto soprattutto per il grande romanzo storico stendhaliano è in realtà piuttosto negletto. L'altro giorno, in cui sono riuscito ad organizzarmi la visita, ho appreso che la Certosa di Parma, ha in realtà perduto la sua valenza di edificio religioso da oltre due secoli. Dapprima, già alla fine del 1700 il complesso dei suoi edifici erano diventati una fabbrica per la produzione del tabacco, poi concluso tale compito, nel '900 divenne riformatorio prigione e addirittura campo di concentramento per disertori nel '45, infine dal '75 è diventata sede della Scuola di Amministrazione Penitenziaria. I soli edifici del complesso che fanno riferimento al passato religioso, sono la chiesa la cui facciata ha subito un rimaneggiamento settecentesco e il chiostro imponente. C'è da dire che tutto il complesso ha poco a che vedere con il celebre romanzo che ne prende a prestito solo il nome, in quanto le descrizioni sono totalmente di fantasia e forse riferite a edifici romani come Castel Sant'Angelo. Inoltre la chiesa è stata seriamente danneggiata nel terremoto del 2012 ed è stata restaurata e riaperta al pubblico soltanto da pochi mesi!

Museo della Cina
Ecco quindi la possibilità di una visita tutto sommato interessante. La chiesa piuttosto maestosa, presenta tutta una serie di affreschi a trompe l'oeil sulle pareti che danno una sensazione di navate successive che si susseguano all'infinito, mentre gli arredi più preziosi, come le importanti pale di fine quattrocento dei Mazzola e di Amedei, attualmente alla Galleria Nazionale. L'edificio tuttavia, internamente conferisce una sensazione di teatrale monumentalità. Anche l'immenso chiostro alle spalle della chiesa, pur essendo spoglio, racconta di passati fasti e presenta ancora tutta la serie delle sue colonnine originali. Ciò detto, vi propongo un'altra chicca: il Museo della Cina ed Etnografico. Nato nel 1901 da un nucleo di oggetti cinesi, questo piccolo ma interessante museo si è via via ampliato fino ad aggiungere la parte etnografica con l'arrivo di molto materiale giunto attraverso appunto i Missionari che operavano in Congo, Amazzonia e Messico. La serie dei materiali esposti è davvero interessante e esibita con molta accuratezza, con l'accompagnamento di bei filmati. Bellissimi i dipinti, le statue e naturalmente i famosi vasi di varie dinastie. Per chi è interessato al genere direi che non bisogna perderselo, anche perché non è molto conosciuto dagli stessi parmensi. Esaurito questo capitolo non mi rimane che parlare del pezzo più ghiotto della città, naturalmente dopo il complesso Cattedrale, Battistero: il Palazzo Ducale della Pilotta.


Sala della famiglia Giulia
Non sto a raccontarvi tutta la storia del colossale edificio che doveva rappresentare la potenza dei Farnese prima e poi è ritornato a nuovi fasti con l'avvento dei Borbone. Solo un cenno al curioso nome, dovuto al fatto che nel grande cortile del Guazzatoio, i soldati spagnoli erano soliti giocare alla pelota, in epoca molto in voga, uso che ne ha segnato quindi il nome attuale. Il grande complesso di edifici che ha subito infiniti rimaneggiamenti nel tempo, inclusi i pesanti bombardamenti durante l'ultima guerra mondiale, oggi è contenitore, tra le varie altre cose, di quattro pezzi fondamentali. Il primo è il Museo archeologico nazionale, che contiene pezzi preziosi che partono dalla preistoria per passare ad una intera sala dedicata all'antico Egitto con bei sarcofaghi dipinti ed importanti papiri ed infine molta statuaria romana, con pezzi che provengono quasi tutti dagli scavi del Farnese sul Palatino, inclusi due colossi (Ercole e Bacco, esposti nella pinacoteca) ed una serie di statue rappresentanti i membri della famiglia Giulia fino a Nerone giovane. Una intera stanza è dedicata ad una raccolta numismatica, dalle monete della Magna Grecia, fino agli stati italiani. Il secondo settore di grande valore è costituito dalla Galleria Nazionale che comprende, assieme a moltissime grandi tele seicentesche, pezzi straordinari tra cui si annoverano Beato Angelico, Parmigianino, Guercino, Canaletto, Tintoretto e Correggio.


Leonardo - Testa di fanciulla
E' presente proprio in fondo alla galleria uno straordinario disegno di una testa di fanciulla di Leonardo da Vinci, forse uno studio per qualcuna delle sue opere maggiori, di grandissima suggestione, presentato in una penombra ammaliatrice che vi farà rimanere a lungo seduti in ammirazione. Magnifica anche la serie delle pale tre e quattrocentesche.  All'interno di questa tuttavia, c'è quella che, a mio parere è la vera chicca del complesso intero, il ristrutturato Teatro Farnese, costruito per ragioni di pura rappresentanza e chiaramente sproporzionato ai bisogni, nel 1618 da Ranuccio Farnese e pesantemente danneggiato durante l'ultima guerra mondiale. Completamente costruito in legno di abete rosso friulano, dall'Argenta che si ispirò all'Olimpico di Vicenza del Palladio ed a quello di Sabbioneta dello Scamozzi, occupa un salone di oltre 80 metri di lunghezza nel quale è elevata una cavea ad U di quattordici gradoni che poteva ospitare almeno 3000 persone. Vi assicuro che con i suoi fregi, le sue statue lignee e i suoi stucchi, è di una maestosità senza pari e comunica assolutamente la sensazione di ricca potenza in base alla quale è stato voluto e progettato. L'odore di legno vecchio che pervade il gigantesco ambiente non può non affascinare qualsiasi visitatore e rappresenta sicuramente il pezzo forte di questo complesso.


La biblioteca
La sua storia è davvero curiosa, in quanto venne costruito da Ranuccio che aspettava la visita di Cosimo II, Granduca di Toscana di passaggio per Milano, tanto perché si sapesse in giro di cosa erano capaci i Farnese, ma Cosimo si ammalò e rinunciò al viaggio cosicché il teatro completato rimase inutilizzato per dieci anni e successivamente in quasi un secolo fu usato solo nove volte prima di piombare in totale decadenza. Finita questa visita, insisto assolutamente obbligatoria, non vi rimarrà che dare un'occhiata, sono solo due saloni, alla magnifica Biblioteca Palatina a cui si accede anche attraverso il maestoso scalone. Magnifico il colpo d'occhio sugli antichi volumi ordinatamente conservati sulle pareti nelle teche a soffitto. Tra gli oltre 700.000 volumi conservati, va sottolineata la presenza di oltre 3000 incunaboli e di moltissimi scritti e corrispondenze di Verdi oltre alla più importante raccolta di manoscritti ebraici del mondo. Al momento erano esposti anche una vastissima serie di libri e documenti riguardanti l'opera dello stampatore Bodoni e tratti dall'omonimo museo. Insomma direi che un giro per la Pilotta a cui consiglierei di dedicare almeno una mattinata, specialmente se sarete da queste parti in una giornata uggiosa, valga assolutamente la pena e sia importante per mantenervi nella memoria una immagine della città che vada un poco al di là dei soliti tortelli, torte fritte, salumi, prosciutti e parmigiani che voi crapuloni avete in mente già prima di partire. Una città che ha tanto da dare alla fine oltre che da mangiare.

La Certosa - Affreschi restaurati dopo il terremoto


SURVIVAL KIT
Affresco all'interno della chiesa della Certosa


Certosa di Parma - Ovviamente in via della Certosa alla periferia nordest della città, è aperta tutti i giorni (9-12, 14-16) festivi e sabato solo al mattino. Ingresso gratuito, la visita avviene accompagnati da una guardia, essendo il complesso di pertinenza della Polizia Penitenziaria, lasciando un documento. Informatevi per la celebrazione delle messe se siete interessati. Per la visita è sufficiente una mezz'oretta.

Palazzo della Pilotta - Come detto sede di importanti realtà museali, è aperto da martedì a sabato (8:30 -19), domenica 13-19; lunedì chiuso. Intero 10 Euro. Imperdibile.

Museo della Cina ed Etnografico - Viale S.Martino , all'interno del giardino dei Missionari Saveriani con parcheggio interno.  Chiuso Lunedì - Feriali 9-13, 15-19  Domenica 11-13 15-19 - Intero 3 euro. Sembra che sia uno dei più belli d'Italia.


Statuetta zoomorfa Tang

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domenica 28 aprile 2019

I musei del cibo di Parma


La cantina dei culatelli



Inscatolatrice di conserva di pomodoro
Che a Parma il cibo sia una cosa importante si può anche fare a meno di dirlo, basterebbe venire a dare un'occhiata al Cibus, salone biennale che ne celebra i fasti (il prossimo a maggio 2020). D'altra parte questo territorio ha tali e tante eccellenze  alimentari, note ed imitatissime in tutto il mondo, che non soltanto è un piacere assaggiarle in continuazione, ma anche conoscerne la storia, è peculiarità di certo interessante. Proprio per questo si è creato una sorta di circuito museale, che a partire dagli iniziali tre già piuttosto famosi e ben conosciuti (quello del Parmigiano a Soragna, quello del prosciutto a Langhirano e quello del salame a Felino), ne ha via via aggiunti altri e credo che non sarà finita qui. Approfittando quindi di questa nostra toccata e fuga in zona, ne abbiamo saggiati tre, mentre ci giunge informazione che ne è già stato aperto un altro a Collecchio, il museo del vino assieme all'ultimo nato il museo del Porcino a Borgotaro e al Museo Agorà Orsi Coppini sul tema dell'olio d'oliva, riportato in questo territorio da questa famiglia pioniera in materia,  aSan Secondo Parmense. Oggi vi parlerò soltanto degli altri tre, lasciandovi la curiosità di visitare in proprio i rimanenti.

Macina romana
Dunque, arrivati a Collecchio, anzi alla sua periferia, ben segnalata, raggiungerete la Corte di Giarola, già sede medioevale di trasformazioni agroalimentari, poi nei primi del novecentosede di una industria di conserva di pomodoro. A piano terra dove prima c'era una stalla di allevamento bovino, è stato posizionato proprio il museo del pomodoro, che illustra con molta abbondanza di particolari la storia di questo ortaggio arrivato dalle Americhe insieme a Colombo, per secoli creduto velenoso e usato solo come pianta ornamentale ed infine diventato la base della nostra cucina mediterranea. Potrete vedere le differenti varietà disponibili, seguire la storia della necessità di conservare il prodotto sotto forma di salsa, poi le prime fasi della sua industrializzazione, la tecnologia della produzione della stessa e quella per i contenitori che avrebbero dovuto portarla e conservarla in giro per il mondo. Prima l'epopea della banda stagnata, con i vari sistemi di apertura; bellissima la collezione di apriscatole, naturalmente brevettatissimi, poi l'invenzione del tubetto in tutte le sue varianti. 

Museodel Pomodoro
Straordinaria la serie illustrativa dei marchi e dei manifesti pubblicitari dei vari prodotti a cui sono state chiamate anche illustri firme del design a partire da Boccasile. Infine ancora tanti oggetti interessanti a raccontare la storia di questo ortaggio dalla fase agricola a quella industriale, dove puoi ben comprendere come la poesia non è data da tutta la fuffa odierna che va a colorare una agricoltura immaginaria fatta di nocche nodose e di ecobiologia mal interpretata, ma da tanta tecnica e conoscenza, tanto miglioramento genetico per dare la possibilità a tutti di gustare un prodotto eccellente e di grande qualità. Chiude il museo l'ode al pomodoro di Neruda. Al piano di sopra ecco invece il Museo della pasta. Qui si racconta ovviamente del frumento in tutte le sue declinazioni, passando dai vari sistemi di coltivazione alla fase molitoria, le cui varianti attraverso i millenni vengono presentate con illustrazioni d'epoca e oggetti originali. Naturalmente si fa cenno, ma nella giusta accezione ai famosi o famigerati grani antichi, raccontandone la collocazione di nicchia, fatta più di curiosità commerciale che di reale valore sostanziale, come invece spesso si vuol far credere. 

Trafile al bronzo
Spazio viene quindi dato alle prime macchine per la produzione industriale della pasta ed alla sua storia, dai primi accenni dei famosi fili di pasta prodotti in Sicilia e citati attorno all'anno 1100 da un viaggiatore arabo in cerca di curiosità, ai maccheroni del Boccaccio e via via per arrivare ai giorni nostri. Bello lo spazio dedicato alle oltre 300 tipologie di pasta esistenti in Italia e alle relative trafile in bronzo, per non parlare ovviamente delle paste ripiene. Insomma davvero una godibilissima esposizione accompagnata da molti video esplicativi. Vi ricordo poi, che proprio al fianco della Corte partono i sentieri a piedi o in bici del Parco fluviale del Taro. Tralasciando dunque Parmigiano, prosciutto e salame, di cui magari vi parlerò un'altra volta, devo invece relazionarvi del Museo dedicato al re dei salumi, il Culatello di Zibello, sorto per volontà di privati proprio a fianco di Zibello, a Polesine Parmense, nel luogo in cui una famiglia legata alla norcineria, gli Spigaroli e che proprio nei pressi del traghetto che qui attraversava il Po aveva aperto una locanda di ristoro. Oggi i discendenti della famiglia hanno creato proprio qui in una antico cascinale/villa, già dei Pallavicini, che ancora conserva stanze completamente affrescate, il Relais Antica Corte Pallavicina con attiguo ristorante stellato che offre proprio i prodotti di eccellenza di questo territorio.

Maiale nero parmense
Volendo potrete farvi un giro nella retrostante lanca del Po dove l'azienda produce molti dei prodotti che offre e potrete vedere anche l'allevamento brado dei loro maiali neri, razza autoctona che proprio da questa famiglia è stata recuperata. Nelle cantine potrete poi seguire la storia di quello che è certamente il salume più prezioso del mondo, lungo un percorso museale che racconta la storia della norcineria, coni vari attrezzi necessari, illustra le varie tipologie di salumi che si ottengono dalle diverse lavorazioni ed infine potrete seguire le varie fasi della preparazione del culatello e della sua successiva stagionatura. Tuttavia il colpo d'occhio più strepitoso ed imperdibile, che a mio parere da solo vale la visita ed il suo biglietto, è la cantina, dove potrete camminare in una galleria continua, formata da oltre 5000 culatelli appesi a maturare i canonici 18 o 24 mesi, calcolate un valore venale di almeno un paio di milioni di Euro. Davvero una esposizione artistica inebriante. Ovviamente non potrete negarvi l'assaggio degustazione che comprende culatello 24 mesi, lardo di maiale nero e due fette di delizioso Strolghino, il salame di piccolo diametro che si produce con i ritagli della lavorazione del culatello. Da provare assolutamente.

Le sale di Corte Pallavicina

SURVIVAL KIT

Corte Pallavicina
Tour Musei del Cibo - Biglietto cumulativo 12 Euro, per gli orari controllate il sito
Museo della Pasta - del Pomodoro - del Vino (a Collecchio) - del Salame (a Felino) - del Prosciutto (a Langhirano)- del Porcino ( a Borgotaro) - del Culatello (a Polesine) - del Parmigiano (a Soragna)

Relais Antica Corte Pallavicina - Da visitare la corte col museo del Culatello (7 euro - 5 per over 65) - Ristorante stellato con diversi menù a 90 Euro - Degustazione salumi a 5 Euro nella Hosteria del maiale con gastrobottega. Possibilità di un giro a piedi nelle lanche del Po retrostanti su un percorso di circa 1,5 km 

La bicicletta del norcino

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sabato 27 aprile 2019

Andando per castelli nel parmense

Rocca Sanvitale a Fontanellato

Il cortile della Rocca Sanvitale
Bisogna proprio dire che questa è una terra straordinaria. Naturalmente voi ghiottoni penserete soltanto ai profluvi di parmigiano, salame, prosciutto e culatello, accompagnati dalle varie paste ripiene, la torta fritta e chi più ne ha più ne metta. Ma fatti non foste a viver come bruti, accidenti, pensate dunque anche allo spirito e a pascervi di bellezza e vedrete che qui ne avrete in abbondanza. Questa infatti è anche terra di castelli che punteggiavano la collina e la piana come una rete incredibile, per conclamare possessi da parte dei signorotti locali, che fin dal tardo medioevo si aggiravano da queste parti come cani da caccia che segnavano i territori, schizzando qua e là per manifestare la loro presenza. Nell'area dell'ex ducato di Parma e Piacenza, uno di quegli staterelli in cui si divideva il paese, quando ancora l'Italia era serva di dolore ostello, ne sono rimasti più di una ventina e uno più bello dell'altro, che rendono piacevolissimo percorrere le valli che scendono dall'Appennino e poi la bassa passando da uno all'altro per godersene le differenze e i molti ambienti interni che ancora conservano gelosamente. Oggi non voglio parlarvi dei più famosi, come Torrechiara o la reggia di Colorno, che da soli meriterebbero un post dedicato, ma di qualcuno che ingiustamente potremmo definire minore, quasi li prendessimo a caso.

Abbazia di S. Benedetto - Priorato
Visto che oggi siamo nella pianura che si stende a nord della via Emilia, cominciamo da Fontanellato, dove al centro del paese sorge la Rocca di Sanvitale, dal nome della famiglia che da castello difensivo presente già nel XII secolo, trasformò questo castellotto in fastosa residenza, abitandola per secoli, fino all'ultimo dopoguerra quando l'ultimo conte, rimasto senza eredi lo vendette al Comune. A pianta quadrata e ancora circondato da un maestoso fossato, il castello alza le sue torri mostrando loggiati eleganti, alcuni dei quali ancora riccamente affrescati. Le grandi camere interne ed i saloni di rappresentanza mostrano arredi e decorazioni davvero interessanti, ma la vera chicca dell'edificio è la camera del Parmigianino, vero gioiello prezioso che il conte Galeazzo Sanvitale affidò alle cure del giovane artista allora soltanto ventenne che lavorava nel Duomo di Parma alla scuola del Correggio, nel 1523, intuendone le grandi doti. L'affresco, che ricopre completamente il soffitto e la parte superiore delle pareti di una camera cosiddetta di meditazione e riposo, a cui si accedeva da una sola porta, racconta il mito di Diana e Atteone, circondato  con grazia da una teoria di deliziosi putti. La volta si apre al centro mostrando il trompe l'oeil di una ampio squarcio di cielo, secondo la moda lanciata dal Correggio.

Il templare Guidone Pallavicino
La camera si è miracolosamente salvata, dal costume di ricoprire il tutto di calce corrosiva, come avvenuto per le molte altre camere, durante le pesti ricorrenti, tra le quali la più pesante fu quella di manzoniana memoria, proprio per l'essere isolata dalle altre. Durante questi momenti infatti la porta veniva sbarrata a tutti e adesso ce la possiamo godere ancora perfettamente conservata. Altrettanto piacevole è il paesino che circonda il castello, magari lasciatevi pure affascinare dalla varie botteghe che offrono le specialità culinarie di cui vi ho già accennato, da asporto o da consumare direttamente ai tavoli, anche se non capirete bene se si tratta di gastronomie o gioiellerie. I ravioli vengono venduti a numero tanto per capirci. Anche all'intorno del paese potrete vedere cose interessanti, come il famoso labirinto verde di bambù della Masone di Franco Maria Ricci, il più grande del mondo e dal quale certamente non uscirete senza l'apposita piantina, per visitare le sue collezioni di arte. E ancora la parrocchiale di Santa Croce in paese o a un paio di chilometri, la chiesa di San Benedetto nella frazione di Priorato, abbazia benedettina con adiacente Canonica (aperta solo al mattino). A soli quattro chilometri poi a Fontevivo, c'è l'Abbazia Cistercense di S. Bernardo dall'ampio chiostro e l'imponente chiesa basilicale di impianto romanico.

Castello di Roccabianca

All'interno conserva una interessante madonna in trono attribuita all'Antelami e la bella e inquietante lastra tombale di Guidone Pallavicino, cavaliere templare, ricordato, oltre che per le sue celebrate gesta, soprattutto perché donò la corte all'Abate. Ma lasciamo Fontanellato per trasferirci, tra campi ubertosi di frumenti già alti e accompagnati dal verde accecante dei prati polifiti punteggiati di ranuncoli e margheritine in fiore, veri tappeti trapuntati che appagano l'occhio e che ospitano, perse tra i viottoli di campagna, piccole pievi come quella di San Genesio, a San Secondo Parmense, che ospita anch'esso un pregevole castello, la Rocca dei Rossi. In parte dirupato, ma che conserva una maestosa torre ed all'interno una superba sala, quella delle Gesta Rossiane, affrescata con storie dell'Asino d'oro di Apuleio, perfettamente conservate. Ancora un salto di neppure venti chilometri ed eccoci a Roccabianca, dove perfettamente tenuto nei suoi magnifici contafforti difensivi è un'altro gioiellini dei Rossi, costruito dal Magnifico Pier Maria Rossi. grande capitano di ventura che sembra avesse oltre cinquanta tra torri e castelli per segnare i propri territori, per l'amante Bianca Pellegrini, di cui vi verrà raccontata la triste ed incompiuta storia durante la visita. Non mancate di salire fin sulla torre centrale (un centinaio di gradini) da cui avrete una magnifica vista dell'Appennino e nelle giornate più limpide fin del Torrazzo di Cremona, che comunque coi sui 112 metri è il più alto campanile in muratura del mondo.


Rocca Meli Lupi - Soragna
Il castello è ora di proprietà delle distillerie Faled, noti produttori di Nocino e non solo, per cui il castello che mantiene ampie sale di rappresentanza, può mostrare anche, una bottaia di invecchiamento con spazio per la stagionatura dei culatelli, tanto per dire, anche se durante la mia visita, le catene pendevano miseramente vuote e nude, orfane del mirabile salume. Ma, oltre ad un piccolo museo della distilleria, anche una bellissima acetaia di balsamico, invecchiato qui per almeno 15 anni nelle piccole botticelle di dimensione calante, dove il pregiato prodotto viene trasferito di anno in anno. Nel negozio di rappresentanza potrete assaggiare ogni cosa, compreso qualche goccia del prezioso balsamico, vediamo poi se resistete dall'acquistarne almeno un boccettino (10 cl, 12 euro). Se avrete voglia e tempo potrete arrivare poi fino a Soragna dove al centro dell'abitato potrete trovare la Rocca Meli Lupi con i suoi spettacolari saloni splendidamente affrescati, dove sembra si aggiri ancora il fantasma disperato di Donna Cenerina, brutalmente assassinata dal cognato nel 1573. Già che siete qui non perdetevi l'interessantissimo Museo del Parmigiano che vi permetterà di conoscere da vicino tutti i segreti del re dei formaggi.

La Rocca dei Rossi - San Secondo


SURVIVAL KIT


L'acetaia della Faled
Rocca di Rocca di Sanvitale - Fontanellato - Aperto tutto l'anno salvo il lunedì - Visite guidate . Percorso completo 8 euro - Foto all'interno chissà perché vietate.
Rocca dei Rossi di San Secondo - San Secondo Parmense - Aperto da marzo a ottobre Sabato e domenica - Solo visite guidate di 1 ora - 6 euro
Castello di Roccabianca - Roccabianca - Da marzo a ottobre- Sabato e domenica. Solo visite guidate di 1 ora circa - 6 euro
Rocca dei Meli Lupi  di Soragna - Aperto tutto l'anno con orari diversi escluso il lunedì - Visite guidate - 6 Euro
Labirinto della Masone - Fontanellato - Aperto tutto l'anno tranne il martedì e con orari diversi. Intero 18 euro
Per gli orari precisi e i differenti prezzi dei biglietti, gruppi, ridotti , ecc. consultate i vari siti che vi ho linkato. Forse c'è anche un passi che permette di vedere tutti i castelli del circuito.

Madonna in trono - attribuita all'Antelami

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giovedì 25 aprile 2019

Central India 17 - Marble rock a Bhedagath


Le cascate di Bhedagath


L'autostrada 
Uttal è assolutamente soddisfatto di averci presentato la sua famiglia, di cui è evidentemente orgogliosissimo. Stasera saremo a Jabalpur la seconda città del Madya Pradesh e lui riuscirà ad andare a trovare suo figlio che abita proprio lì. La strada, che diventerà l'autostrada n.7, uno degli assi che dovrebbe attraversare l'India centralmente da nord a sud, è in lenta ma continua costruzione, per cui tratti, brevi, già finiti, in cui si scorre in maniera abbastanza rapida, salvo le solite intromissioni di mandrie di bovini o di capre che la percorrono trovandola molto più comoda che tagliare per i prati, si alternano a lunghi pezzi dove addirittura il terrapieno è ancora in costruzione. Ci sono già i casotti per i pedaggi, però, dove amabili signorine rilasciano biglietti stazzonati, mentre qualcuno annota a mano i singoli passaggi. Qui si può anche prendere anche l'andata e ritorno con un congruo sconto. Arriviamo in città che è ormai sera, attraversando una vasta periferia di costruzioni di lamiera, la consueta distesa di esercizi commerciali più vari che si dispongono lungo le strade, nascondendo le baraccopoli che, appena dietro scendono verso cloache e canali in cui defluisce l'acqua. Anche il centro, come di consueto congestionato, parla di una città dove uno sviluppo tumultuoso e disordinato  affastella nuove costruzioni che si vorrebbero moderne, ma che spesso, in relazione alle disponibilità diventano uno specchio del vorrei ma non posso. 

I rematori
Il nostro albergo invece si rivela come una soluzione di una certa classe. Il cameriere che ci serve a tavola poi, esibisce modi da ristorante di lusso, anche se il menù rimane nell'ordine della consuetudine. Tuttavia si riesce ad ottenere piatti non troppo speziati, cosa apprezzabilissima in verità. Non rimane che procedere verso il sonno del giusto e preparasi al domani quando ci aspettano altre meraviglie. In effetti la città non ha nulla di particolare da mostrare, quindi appena svegli si procede verso est, seguendo il corso del fiume Narmada che scava in questa regione un corso particolarmente contorto in un territorio fatto di roccia e di marmi duri e dai colori intriganti. In effetti a pochi chilometri fuori dalla città, ci fermiamo nei pressi di Bhedagath, dove ampie scalinate conducono alla gola scavata dalle acque tumultuose del fiume, che qui arrivano dopo una serie successiva di cascate che includono quelle più famose di Duandhar, chiamate, forse con un poco di esagerazione, il Niagara indiano. Qui le acque si calmano un poco allargandosi e penetrando un dedalo di gole scavate nei momenti di piena, tra altissime sponde di roccia viva dai contorni via via morbidi o taglienti a seconda delle spaccature provocate dalle variazioni di temperatura. Una barca a remi è già lì pronta a raccoglierci per un itinerario a zigzag tra queste quinte a picco che precipitano nell'acqua, Profonda in alcuni punti quasi 200 metri, specchiandosi  con i loro colori variegati. 

Gath lungo le rive
I due rematori impongono un ritmo di voga abbastanza impegnativo, visto anche il peso dell'imbarcazione che procede lenta nella gola, lasciandoti tutto il tempo per goderti lo spettacolo delle sfumature del marmo vivo. Le spaccature formano un reticolo che regala alle pareti ulteriore bellezza e fantasia; ad ogni curva un nuovo colpo d'occhio, una nuova istantanea. In qualche fenditura è riuscito a crescere qualche tronco di albero contorto e rattrappito, paiono proprio i bonsai giganti della pubblicità, che resistono magicamente in un terreno ostile alla vegetazione, dove la pietra pura fa da padrona e non consente sviluppo alla vita. Rifacciamo all'indietro il percorso a serpentina lungo i meandri del corso d'acqua e dopo aver debitamente mancificato i rematori, risaliamo i gath dove una serie di piccoli templi sono già pieni di fedeli per la puja del mattino, che sarà probabilmente seguita da un bagno purificatore. Le scale sono poi popolate da una lunga fila di banchetti che provvedono alle necessità votive. C'è sempre posto per i mercanti nel tempio. Gli indiani amano le espressioni naturalistiche che accomunano sempre al trascendente. Quindi in tutti i luoghi che presentano una loro naturale bellezza, fiumi, monti, cascate, troverai sempre un fiorire di templi e altre manifestazioni della religiosità popolare, in particolare vicino alle acque, sempre sacre e al cui contatto sia il corpo che lo spirito sapranno trovare beneficio. 

La gola
Ecco quindi che la gita per andare a vedere un qualche luogo bello e panoramico, accomuna sempre una valenza religiosa che sappia beneficare anche l'anima oltre che il semplice piacere mondano. E infatti è una processione continua di gente che viene ad ammirare lo spettacolo della natura e poi si ferma a pregare compunta e ad offrire una collana di fiori o un frutto al primo Shiva lingam che incontra sulle gradinate. Poco vicino alle Marble rock cliffs, un'altra bella cascata, quella di Bhedagath, compie il suo salto con maestosa plasticità, sotto gli occhi di una vera folla, che si scatena a suon di selfie, dotati ognuno di apposito bastoncino di ordinanza; casomai ti mancasse c'è chi li vende. Lungo la strada è tutta una serie di banchi di street food, soprattutto dolciumi che attirano gruppi di bambini, che poi vanno a sguazzare nell'acqua bassa tra le rocce. Anche qui noi siamo un po' una rarità e veniamo continuamente attenzionati da gruppi di ragazzi o famigliole in vacanza che impongono una serie infinita di scatti coi telefonini branditi come armi letali. D'altra parte noi facciamo esattamente la stessa cosa,quindi non possiamo sottrarci alla cerimonia. Sul bordo roccioso del fiume uomini santi seminudi fanno le loro abluzioni rituali, esibiscono lunghe barbe e capelli fluenti, in attesa di qualche moneta lasciata nelle rosse coperte davanti a loro.

Ammasso della canna
Qualcuno si inginocchia adorante e chiede consigli sul proprio futuro e per risolvere i propri problemi. Come diceva De André, chi lancia un bacio, chi getta un fiore, chi si prenota per due ore. Non ci rimane che risalire sul nostro mezzo e procedere lungo il nostro cammino che oggi è ancora piuttosto lungo. Bhopal è ancora molto lontana, ci aspettano almeno otto ore di guida, ma prima dell'arrivo avremo ancora, credo, un altro interessante intermezzo. L'area pianeggiante che stiamo attraversando è coperta da una attività agricola piuttosto ricca e rigogliosa all'apparenza. Si alternano frumenti in levata e canna da zucchero quasi pronta per la raccolta. In effetti di tanto in tanto la strada è quasi completamente intasata da file di carretti a perdita d'occhio carichi di prodotto appena tagliato che attendono il loro turno per scaricare a qualche zuccherificio. A volte la teoria del carri fermi è lunga chilometri. Piccoli trattori che trainano grandi carri strabordanti da ogni parte, si alternano a buoi dalle corna lunate davanti a carretti di dimensioni più contenute. Fuori del villaggi, le tende di cerata sdrucita, semplici teli gialli e blu, per dare ricovero a gruppi di fuori casta che nella stagione dei raccolti vanno di villaggio in villaggio seguendo il ritmo delle mietiture. Schiavi a giornata, che ricordano altri raccoglitori, disprezzati anche qui dove tutto si giustifica però con una motivazione religiosa. Tranquilli, dappertutto per questo si trova sempre una buona ragione discriminante che consente di risparmiare sulle paghe. 

Shiva lingam e Nandu

SURVIVAL KIT

Hotel Khalchuri Residency - 2, Residency road- Jabalpur. Hotel molto bello, grande, nuovo, ben posizionato in centro. Camere doppie sui 50 Euro. Spaziose e ben dotate. Acqua bollente. TV, frigo, AC e stufetta. Bagno molto bello. Piscina e zona fitness. Free wifi anche in camera, ma nel nostro soggiorno non funzionava benissimo. Personale gentilissimo. Colazione in camera. Ristorante elegante interno, con disponibilità di cibo non troppo speziato. Consigliatissimo.

Il punto più profondo
Marble rock a Bhedagath - A pochi km a sud della città di Jabalpur. Visitatissimo dai locali, prevede un giro in barca a remi sul fiume Narmada, lungo un percorso di circa un ora lungo una gola scavata tra pareti di marmo colorato. Probabilmente più suggestivo al tramonto quando il sole crea delicate sfumature colorate sulle pareti. Ci si arriva scendendo grandi scalinate verso l'imbarcadero al Ghat Bandar Koodini. Molte bancarelle di souvenir in marmo locale. Costo a barca di 300 R. Dopo mezz'ora circa vi verrà chiesto se volete proseguire ancora per mezz'ora con supplemento di prezzo. Al ritorno prevista mancia per i rematori (100 R a testa). Poco vicino le cascate di Bhedagath, dove potrete anche mangiare in diversi ristorantini, lungo il tortuoso percorso che dalla strada le raggiunge. Possibilità di trekking lungo le rive del fiume per raggiungere altre cascate, tra le quali quelle di Dhuandhar.

Il canon



Marble rock
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mercoledì 24 aprile 2019

Central India 16 - A casa di Uttal

L'orma di Sher Khan

Cighiale
Accidenti che bagnata ieri, peggio dei pulcini sotto le secchiellate di acqua. Comunque dopo la notte di tregenda, imbaccuccati sotto le coperte con la roba stesa intorno ad asciugare e la stufetta ad un metro dal naso, timorosi di doppie polmoniti o quantomeno di febbri micidiali, ci svegliamo al mattino ancora vivi e vegeti, anzi, per la verità stiamo benissimo! Pronti per la colazione ed in attesa di decidere sul come organizzare la giornata. Certo ci aspetterebbe l'ultimo giro mattutino nel parco, ma pioverà di nuovo? Il nostro amico, conscio di bruciarsi la mancia è già fuori dal cancello dalle 5, gli inservienti stanno lì con viveri e thermos caldi per la colazione del safarista ed una pila di coperte con le quali imbozzolare il turista in modo che se ne stia appollaiato sui sedili della jeep senza morire, ma rimanendo in quello stato di semiincoscienza che prelude all'imbalsamazione crioscopica. Insomma si decide alla fine di partire comunque, un occhio al cielo nero, ma sono solo le sei, un altro al bosco scuro come la foresta di Harry Potter, succeda quel che deve succedere, tanto questa volta la capotte di protezione ce l'abbiamo pronta sotto il sedile. Così, per la felicità del nostro Dino che intanto per sicurezza decide di installare l'aggeggio, visto che ci vuole almeno una decina di minuti a completare l'operazione, lasciando quindi il tempo di una lavata completa in caso di apertura delle danze del dio della pioggia, si parte ben protetti anche dall'aria gelata.

Chital
Il parco però appare mogio con questo tempo. Gli animali, anche se non piove ancora, sembra che se la stiano aspettando e se ne stanno ben rintanati tra i cespugli più fitti. Anche i grandi cacciatori evidentememnte non amano andarsene in giro sotto l'acqua. Alla fine vedi solo qualche ombra scura tra gli alberi, mentre le radure e gli specchi d'acqua sono desolantemente vuoti. Solo un grande cinghiale, nero come la notte, grufola vicino alla strada scavando nella terra fresca per cercare qualche tubero selvatico. Poi da dietro un enorme tronco, compare un grande mascho di chital con un trofeo di corna davvero magnifiche. Si guarda intorno quasi per voler mostrare la sua bellezza altera temperata solo dalle tenere froge umide e poi si china di nuovo a brucare. L'atmosfera però è limpida come sempre dopo la pioggia e nell'aria senti quella specie di magia, da bosco incantato che ti accende la speranza di trovare davanti a quanche tronco secolare un dio dalla pelle azzuzza che medita davanti ai loti o il re delle scimmie che prepara il suo esercito per invadere Ceylon dove lo aspetta il gran palazzo del demone Ravana. Invece no, non vedi nulla e anche un quell'isola lontana, adesso hanno altro a cui pensare tra bombe ed odio che si sparge sempre di più, come un torbido veleno ad ottenebrare le menti, uccidendo la com-passione. Intanto, come previsto comincia a piovere a tratti. Fortunatamente siamo ben protetti ed il rammarico rimane solo rivolto agli animali che non si mostrano più. 

Gaur
In fondo alla radura, solo l'imponente mole di un Gaur, il bovino selvatico dalle calze bianche, che mostra la groppa poderosa mentre si dirige verso il bosco per ripararsi. Così, mestamente ci dirigiamo verso l'uscita, dopo le tre ore canoniche, ma proprio quasi davanti al cancello ecco l'ultima sorpresa, infrattata ta i cespugli l'ultima tigre, anzi addirittura una coppia di felini, fanno capolino forse per salutare gli ospiti che se ne vanno e non lasciarli delusi per questo giro che si sono incaponiti a fare comunque. E' solo un attimo fugace, ma quel guizzo di striscie nere e gialle rimane sempre una grande emozione. Anche qui Sher Khan non ha paura di mostrarsi a Mowgli, anche se ha capito che comunque gli sfuggirà sempre alla fine, per tornarsene al suo mondo di plastica. Rimaniamo ancora un poco lì fermi, speranzosi che gli animali tornino fuori dal folto per mostrarsi in tutta la loro potenza, ma la speranza rimane appesa al desiderio che è destinato a rimanere inappagato. Solo una grande orma sul bordo della strada sta lì, muto testimone che non si è trattatodi un sogno. Si torna, si distribuiscono le dovute mance regolamentari previste e quindi è già ora dipartire. Uttal è già impalato sull'attenti davanti al portellone della macchiana aperta, nella sua giaccchetta/divisa da autista professionista, con la testa eretta e lo sguardo nel vuoto, il baffo teso, mentre aspetta i suoi trasportandi. Per Jabalpur ci sono ancora 150 km, ma circa a metà strada, c'è proprio il suo villaggio, in mezzo alla campagna verde. Lui ce la racconta mentre i campi sfilano attorno a noi. E' evidente che ama la sua terra, di cui magnifica la fertilità che la rende ricca di messi e che consente agli agricoltori una vita abbastanza serena e tranquilla.

A casa di Uttal
Prendiamo una stradina laterale che lascia la nazionale e si dirige sollevata su un terrapieno verso i campi, poi subito un gruppo di case, attorno ad un'area scoperta, il centro del paese. Sono tutte case in muratura piuttosto grandi e posizionate attorno ad un cortiletto al centro su cui danno le varie stanze. Una scaletta laterale porta sul tetto, costituito da un grande terrazzo dal quale si domina la campagna circostante, un piccolo orto e altre costruzioni, una stalla per un paio di vacche magre ed un pollaio. Tutto quanto consente una vita da agricoltori. Il nostro Uttal, che il contadino lo fa soltanto a tempo perso, dispone anche dello stipendio da autista e forse per questo la sua casa è un po' più ben messa delle altre. Lo capisci subito dall'aria soddisfatta con cui parcheggia la "sua" auto sulla soglia e il piglio padronale con cui ti fa strada verso l'ingresso dove ci aspetta la moglie ed il resto della famiglia. Il suo atteggiamento è decisamente diverso, qui lo senti padrone di casa, probabilmente invidiato dai vicini, cosa che lo rende orgoglioso del suo status, di certo è l'unico del paese che ha l'occasione di ricevere stranieri. Thé e biscotti portati dalla bella figlia, da poco sposata in una grande stanza dipinta di fresco. Alle pareti manifesti e quadri di divinità. La moglie non parla, un poco intimidita, ma cosciente di avere un marito importante, di cui certo si vanterà coi vicini. Il figlio più grande, sposato, vive invece in città e si occupa di un distributore dibenzina.

Le torte di sterco
In casa c'è ancorail terzo figlio, il più piccolo, che ha diciassette anni, ma studia, questo, Uttal ci tiene a rimarcarlo, perché qui l'istruzione è ancora considerarata la possibilità principale per prendere l'ascensore sociale e lasciare la campagna, per avere una vita migliore. Poi, accompagnato dal figlio, ci vuole accompagnare a visitare la scuola. E' di certo un avvenimento a giudicare da come ci accolgono i maestri. Subito tuttii ragazzi vengono richiamati dalla ricreazione e posizionati in bell'ordine nelle classi, dove si fa lezione seduti per terra. Le più brave, anche qui sono sempre le ragazze oramai, vengono chiamate a cantare una canzone patriottica. Facciamo le foto di rito, è tutto un brandire telefonini, e di certo siamo subito finiti su Facebook come visitatori di riguardo. Uttal gongola e poi ci riporta verso la macchina, quasi una parata davanti ai vicini delle case circostanti la sua. Sul bordo della strada davanti ad ogni casa file interminabili di torte regolari di cacche di vacca, seccano al sole, ottimo carburante per le cucine che scaldano il dal negli angoli di ogni cortile. Le ragazze che ci hanno cantato le canzoni nella scuola le avranno certo raccolte diligentemente al mattino presto e posizionate per bene dopo averle impastate con cura. Questo è uno dei loro compiti, adesso non devono neppurepiù andare al pozzo a prendere l'acqua visto che ormai arriva direttamente nel cortile di ogni casa. Sono usciti fuori anche i parenti di Uttal e mentre ce ne andiamo, tutti ci salutano. Lui annuisce soddisfatto, la sua bella figura l'ha fatta anche oggi.

Ricreazione

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