lunedì 13 gennaio 2020

Cina 31 - Intorno a Shangri La

La valle
 
Sorgo
La vallata di ShangriLa è amplissima con la parte più bassa occupata da un lago paludoso che si riempie via via, raggiungendo il suo massimo alla fine della stagione piovosa autunnale per ritirarsi poi durante l'inverno. Intorno, i rilievi collinari salgono di quota molto lentamente quasi con fatica come se l'altitudine provocasse anche alla terra l'ansimare faticoso della salita verso i 4000. I rilievi montuosi che bordano la provincia verso il confine con il Tibet appaiono come lontani e quasi irraggiungibili, in effetti invalicabili oggi, senza l'apposito pezzo di carta coperto di timbri rossi che te ne consente l'accesso. Non è molto diverso in fondo dal lasciapassare dell'imperatore Kubilai che teneva tra le mani il nostro Marco Polo, quando percorreva questa carovaniera, salvo che allora era vergato su una foglia di oro. Comunque non si può negare l'indubbia differenza paesaggistica tra questo territorio dalle dimensioni infinite che ti danno immediatamente la sensazione di spazio vuoto e spopolato, ostile alla presenza umana, con una vegetazione scarna e bassa, a contrasto delle strette valli dello Yunnan centromeridionale, coperte di fitte foreste verdeggianti. Qui respiri l'aria sottile dell'altopiano, la libertà della vita seminomade dei pastori, il camminare su sentieri lontani dalle strade. Facciamo un lungo giro tra le colline solitarie, di tanto in tanto passando attraverso simulacri di paesi composti di poche grandi case, molto lontane le une dalle altre, circondate ognuna da un alto muro a difesa e protezione della costruzione, sempre costituita dall'ampio cortile, un portico sostenuto da alte colonne di legno, la parte sottostante di servizio o completamente a disposizione degli animali, un piano superiore che funge da abitazione con una grande sala centrale, con la cucina in un angolo ed infine sopra, una zona magazzino, spesso aperta per consentire l'essiccazione dei materiali lasciati al passar dei venti forti .

Casa tibetana in abbandono
Molte sono semiabbandonate, i portoni decorati chiusi forse per sempre, chi le abitava si sarà trasferito in città, forse è più comodo vendere oggettini di corna di yak ai turisti che zangolare burro e abbrustolire tsampa su una vecchia stufa di ghisa in una stanza annerita dal fumo di generazioni. Voi potreste criticare questa scelta? Io non me la sentirei. Intanto attorno gli alti trespoli di legno esposti al vento su cui si mette il fieno ad essiccare sono semivuoti, qualcuno marcito alla base è già caduto a terra come la cultura e lo stile di vita che sottendeva. Non si vede nessuno in giro per la campagna, anche se ancora si notano stoppie di orzo tagliato e ciuffi di un qualche cereale, forse qualche cosa di simile ad una saggina. Di fianco a una casa evidentemente ancora in uso, file di cavoli invernali espongono le foglie esterne al gelo che sta per arrivare. Tutti aspettano la prima neve che dipingerà di bianco la valle. Unici punti neri rimarranno gli yak bizzosi sparsi sui fianchi delle colline, il lungo pelo scuro che scende fino al suolo, le lunghe corna ricurve levate verso un cielo che con l'inverno diventerà sempre più blu. D'altra parte la dieta tibetana, qui edulcorata da qualche ortaggio visto che siamo sotto i 4000 metri è composta prevalentemente di tsampa, che poi è orzo abbrustolito e thé mescolato al 50% con burro di yak, che tra le altre cose costituiva l'unica bevanda nei lunghi digiuni dei monaci. Per questo forse al termine di queste meditazioni che potevano durare anche mesi, erano più grassocci di prima. Prova a succhiarti una decina di tazze al giorno di thé e burro e poi cosa racconti al cardiologo che ti misura il colesterolo? 

Lo stabilimento termale tra le montagne
Intanto poi non facciamoci ridere dietro parlando di burro di yak. Lo yak è solo maschio, la femmina si chiama dri, quindi non utilizziamo una locuzione che ha un significato anche piuttosto volgare come potrete facilmente comprendere e questo per vostra conoscenza la fine di non fare brutte figure. Il nostro lungo giro sulle colline, unito alla mattinata passata al tempio, mi ha ormai immesso completamente nel mood tibetano e mi riporta indietro di quindici anni, all'epoca del mio giro tra quelle straordinarie vette, quegli spazi severi e crudi, senza la mediazione di boschi e nemmeno arbusti, solo terra e roccia nuda che sale verso l'alto con la promessa di luoghi ancora più inospitali e ostili alla tua presenza, per questo forse ancora più carichi di fascino. Così vario e stupefacente è questo pianeta e così poco il tempo per percorrerne le rotte! Arriviamo in un'area rocciosa e leggermente sopraelevata che sembra dominare quasi l'area circostante. Una formazione di pietra martoriata dagli elementi la domina come una spessa spina che la attraversa. Ai suoi fianchi un corso d'acqua ne ha inciso profondamente  la polpa viva creando due fenditure scoscese che nascondono una ferita profonda, anzi scendendo lungo i fianchi ed osservando meglio ti accorgi che l'acqua ha addirittura scavato completamente la roccia creando un grande arco, un ponte di pietra sotto il quale ormai passa senza ostacolo. Ecco spiegata la ragione dei due corsi di acqua che apparivano separati da lontano. Sotto la caverna esce dello spesso fumo.Si tratta in realtà di una sorgiva vulcanica che esce dalla roccia a quasi 90°C e finisce poi nel torrente, come è immediatamente comprensibile appena scendi sottovento e le zaffate sulfuree ti accolgono festose con il loro delicato profumo di uova marce. 

Monaco alle terme
Davanti l'acqua è stata deviata in una grande piscina ed è stato creato un volenteroso stabilimento termale, con tanto di spogliatoi, albergo, bar e attrezzature varie inclusa moquette verde similerba sui bordi. Nella roccia ci sono delle caverne in cui si accumulano i vapori della sorgente che consentono saune calorose. Stanno arrivando diversi clienti, addirittura un monaco, evidentemente queste delizie sibaritiche non gli sono vietate, anzi potrebbero essere d'aiuto nella pratica meditativa. Toniamo verso valle, in realtà non risento assolutamente della quota, dipenderà anche dal fatto che ormai siamo quaggiù da una decina di giorni e l'acclimatazione è stata abbastanza regolare. In ogni caso non ho avuto disturbi di alcun genere. La città ci riaccoglie tranquilla sul bordo del lago. Lungo la riva prima di arrivare in prossimità della parte vecchia, si passa di fianco ad un chorten, la bianca costruzione votiva in stile tibetano, a forma di Buddha stilizzato con l'alta punta rivolta verso il cielo, che di norma contiene qualche reliquia sacra, parti del corpo, capelli, unghie, ossa o altro di qualche monaco santo, defunto da queste parti. Le più famose contengono addirittura denti del Buddha stesso, ne sono registrate centinaia, forse doveva avere una bocca piuttosto particolare. Questo che è stato terminato solo lo scorso anno è assolutamente gigantesco; la punta svetta per almeno una cinquantina di metri o più e la base, grandissima, contiene un salone dalle proporzioni immense che ospita una serie di statue soggette alla venerazione dei fedeli. Lo spazio intorno è completamente ricoperto da lunghi nastri di bandiere di preghiera e le pareti ospitano centinaia di mulini da far ruotare ossessivamente in un percorso circolare prima di entrare all'interno.

Il grande stupa
La costruzione si trova proprio in mezzo alla strada principale e praticamente funge da rotonda spartitraffico, come quella del centro di Lhasa, solo che è enormemente più grande, per questo si nota da ogni parte della valle e di notte, essendo illuminata sarà il vostro riferimento fisso in qualunque punto o villaggio dei dintorni nel quale vi troverete. E' stato costruito in sostituzione di uno antico ma molto più piccolo .Intanto è uscito di nuovo  il sole, le nuvole sono scomparse del tutto ed il cielo ha assunto la colorazione blu cobalto che caratterizza le alte quote. Alla fine però, gira gira non abbiamo messo niente sotto i denti. Con la scusa di rifare un salto nella città vecchia, si va alla ricerca del posto giusto dove mettere qualche cosa sotto i denti. Alla fine troviamo il locale che ci aveva suggerito Apple, che nel frattempo sembra si sia ripresa completamente. Proprio tra le vecchie case, quelle che si sono salvate dall'incendio, c'è una bellissima costruzione tradizionale a cui si accede attraverso una porta antica e scolpita. Nel cortile e sotto sembra una casa di campagna semiabbandonata piena di roba vecchia ed in disuso. Salita la stretta scala entri nella grande sala superiore che è stata magnificamente adattata a ristorante, direi addirittura lussuoso, in una atmosfera di penombra deliziosa. Le ragazze ci coccolano amorevolmente, sarà ancora presto per la verità, ma siamo solo noi e veniamo trattati con ogni attenzione. Alle pareti ed intorno oggetti tradizionali della casa che la trasformano quasi in un museo delle tradizioni tibetane. Il thé ambrato va giù alle belle golate e riscalda il corpo e la mente. Niente da fare, il thé è bevanda che dispone obbligatoriamente alla mentalità orientale, alla calma, alla meditazione, al contrario del caffè che ti dà la sveglia nervosa utile all'occidente per farti lavorare come uno schiavo per tutta la vita senza perdere tempo.

Danze in piazza
Una sosta davvero premiante questa e all'uscita, la vista dei tetti dorati del tempio Da Gui Shang sulla collina, ti indirizza nella giusta direzione verso la grande piazza centrale, dove alle otto si radunano gli abitanti per ballare. Questa è una tradizione piuttosto frequente in ogni paese della Cina, evidentemente residuo dell'epoca delle comuni o forse anche precedente. Fatto sta che un bel numero di persone, molte in costume cominciano a ballare in circolo nella piazza, al suono di canzoni contadine. I passi non sono complicati anzi sembrano fatte apposta per invitare tutti a partecipare. Infatti molti turisti cinesi, alcuni evidentemente consueti a queste danze, altri chiaramente alle prime armi, si gettano nella mischia. Tutti sembrano divertirsi moltissimo, anche da spettatori, ridono e battono le mani segnando il ritmo. C'è una decisa aria di festa popolare che invita alla partecipazione. Molte le vecchiette coi costumi colorati, i larghi grembiali blu, i cappelli tibetani rossi col pelo che sgambettano ritmicamente; anche diversi anziani con la barbetta e la giacca imbottita e ricamata. I bambini invece non vengono sottratti alla moda cinese classica di badarli in tutine gonfie come omini michelin con cappellini a forma di animali che li trasformano in deliziosi orsetti, conigli o draghetti coi cornini rossi. Una bimba vede la mia barbaccia accompagnata dall'incongruo nasaccio da gua lò e si rifugia terrorizzata tra le braccia della mamma che ride estasiata. Di tanto in tanto leva un poco la testolina dall'incavo del braccio e guarda di sguincio con un occhio se il mostro è ancora presente, rifugiandosi quindi subito nell'abbraccio protettivo. La festa continua animatissima, poi verso le nove e mezza la gente scema assieme alla temperatura. Ce ne andiamo anche noi, sperando di trovare la macchina al parcheggio che ci riporti fino al letto.

L'arco naturale

SURVIVAL KIT

La sala ristorante del Karma cafè
Karma cafè & Inn - 3,  Lunhuolang Jinlong -Old Town -Shangri La - In una antica casa del quartiere vecchio, perfettamente conservata ed addobbata, quasi un museo, cenerete in una gradevole atmosfera tibetatana, con piatti assolutamente ottimi. Abbiamo avuto una spettacolare e tenerissima bistecca di filetto di yak con puré e verdure, incluse le bevande ed il thé per 170 Y in due (tenete conto che si tratta di circa 12 Euro a testa). Il prezzo è considerato caro per la città, ma ne vale assolutamente la pena, sia per il luogo che per la qualità del cibo che per il servizio, accuratissimo. Lo consiglio assolutamente, la miglior cena che abbiamo avuto nello Yunnan.
Casa tibetana



Palchi per l'essiccazione del fieno
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I mulini di preghiera




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