sabato 31 ottobre 2009
Il dubbio.
Stamattina sono offuscato dal dubbio. Sarà la nebbia novembrina che sale e che fa sembrare tutte le macchine grigie metallizzate, chissà. Fatto è che l'altro giorno leggevo il mio giornale preferito, quando ho scorto un articolo che parlava di una cosa che, per esperienze passate di lavoro, conoscevo benissimo; mi ci sono subito attaccato come una cozza. Il giornalista non sembrava uno sprovveduto, anzi pareva una penna di taglio alto, scriveva usando con perizia l'arma dell'ironia, usando con abilità l'arma dialettica per demolire con sarcasmo duro e mordace un ente, indicato evidentemente come inutile. Tutto, dal nome stesso, alla sua presunta attività, veniva con intelligenza usato in questa opera utile di demolizione. Ebbene, conoscendo bene l'argomento dall'interno, raramente mi è capitato di leggere tutte assieme una tale sfilata di inesattezze, di castronerie validate, di cattiveria inutile e sfregiante, il tutto volto a dimostrare un teorema che non ha nessuna attinenza con la realtà. Ci sono rimasto male. A cosa può essere dovuto un livore così gratuito e degno di miglior causa? Così mi sono venuti alla mente casi analoghi che mi erano accaduti anni fa, proprio nell'esame di situazioni che conoscevo bene, quando era in atto la campagna di stampa per l'abolizione dell'atrazina, quando sui giornali a firma di penne che si dichiaravano competenti della materia, si leggevano cose talmente travisate o addirittura contrarie ad ogni logica, da denunciare una totale incompetenza del settore. Quasi che, con un disegno ben preciso, si incaricasse un abile scrittore di parlar male del sarchiapone. Ricordo l'unica mia esperienza diretta, quando un sedicente giornalista, che mi aveva intervistato a riguardo dell'andamento della produzione agricola del momento, pubblicò un pezzo che diceva esattamente il contrario di quanto da me dichiarato e interpellato su come avesse completamente rivoltato il mio pensiero, mi rispose: - Sa, sul giornale, noi dobbiamo dare un po' di colore alle cose per interessare i lettori.- Questo è il punto e qui nasce il dubbio. Ma allora, in tutti quei casi in cui l'argomento mi è sconosciuto, quindi nella maggior parte dei casi in cui si parla di cose in cui ho solo una conoscenza superficiale e che in base a fior di articoli, mi indigno, prendo parte psicologica a quanto viene raccontato e parteggio o in cui, grazie a quanto scritto, darei in testa agli infami, ebbene, ma non sarà che anche in questo caso negli articoli suddetti ci sono solo mari di scemenze gratuite, cose false e senza costrutto, buttate lì solo per fare colore o come esercizio di capacità retorica. Ricordo che alla scuola retorica di Atene, passava l'esame solo chi, data una tesi convinceva gli esaminatori e appena questi si dichiaravano d'accordo con l'assunto, doveva essere dimostrato esattamente l'opposto. Solo allora si veniva promossi. Mi dicono esperti in vari rami, medici, tecnici e così via, che quando leggono di cose in cui si ritengono esperti non riescono a capacitarsi delle scemenze che ci trovano. Ma se fosse davvero tutto così, se questa fosse la realtà globale del giornalismo, specie di quello alto, delle penne di qualità? Che dubbio, raga!
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venerdì 30 ottobre 2009
Montone arrosto.
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giovedì 29 ottobre 2009
Passare le acque.
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martedì 27 ottobre 2009
Fegato di merluzzo a colazione.
Ed eccoci di nuovo sul treno del sud. Anzi, adesso stiamo scendendo dai larghi predellini nella fumosa stazione di Cherckiesk, trascinando tutte le nostre masserizie con l'aiuto di Andrej che si prodiga a farci evitare l'intervento di interessati facchini (per meglio seguire i dettagli del viaggio, secondo suggerimento troverete in fondo una specie di mappa). Era un biondino giovane, Andrej, o perlomeno che sembrava giovane, con l'occhio furbetto di chi ha capito che in un mondo che sta cambiando devi salire sul treno giusto. Caricammo tutto su un pulmino cadente che ci portò subito all'unica struttura ospitativa della città: la gastiniza Kimik, un basso residuato di architettura sovietica di periferia, di proprietà del complesso Kimik appunto. Era usuale a quei tempi in cui in effetti gli alberghi non servivano se non ad ospitare incaricati delle varie organizzazioni, comandati a svolgere una attivività fuori sede, la kommandirovka, di avere delle strutture dove ospitarli. Una bionda e stanca addetta al bancone (erano solo le otto di mattina) emerse da un retro dove ronfava alacremente e stropicciatasi gli occhi azzurri e controllati i documenti, la mia camera (liux) passò di colpo da un dollaro a 35 dollari, essendo io straniero. Per bilanciare, Zhenja si accontentò della camera standardna a mezzo dollaro. Doccia calda per togliere le incrostazioni delle due notti in treno e poi, via decisi verso la colazione, in un club aperto appositamente per la nostra bisogna. Pare che nell'immaginario russo, l'occidentale mangi come un lupo feroce, per cui avemmo fegato di merluzzo con uova, filetto al coriandolo, una insalata, una scodelletta di smietana e gelato. Spendemmo l'equivalente della pensione della mamma di Zhenja che, stravolto dal fatto, svuotò tutti i piatti con una avidità atavica e l'occhio stranito. Quindi si parte per il primo dei molti incontri che Andrej ci aveva preparato. Era una fabbrichetta di maglie che necessitava di ammodernare alcune macchine. Il proprietario ci ricevette con grande entusiasmo. Era un sosia perfetto dei Bresniev nelle dimensioni, negli occhi sporgenti e soprattutto nelle cespugliose sopraccilia, con una tremenda tendenza ad abbracciarti strettamente con finale di classico bacio sulla bocca. Impreparato all'evento ci cascai facendo comunque buon viso a cattivo gioco. Quanti personaggi come questo avrei conosciuto negli anni a venire. Tutti maggiorenti del partito, apparatcniky con cariche più o meno importanti che avevano fiutato l'aria del cambiamento e adesso che spirava il vento della privatisazija si apprestavano a diventare proprietari di tutto, passando da un potere provvisorio alla possibilità, in un mercato quasi selvaggio, di vedere il vero colore dei soldi, quelli veri e verdi, i dollari, quelli con cui si sarebbe potuto fare tutto, questa era la vera libertà. Intanto questo tipo aveva fondato anche una banca, mettendo insieme alcuni amici, con cui si proponeva di entrare nel giro grosso. Non era molto difficile in quel momento avere di queste iniziative e credo che i pochi scogli venissere risolti con metodi alquanto spicci. Comunque, come di tradizione, voleva che ci fermassimo a pranzo, ma avendo già un altro programma, rimandammo per la cena. Non si poteva rifiutare saremmo andati alle otto nella nuova villa del fratello che per l'occasione, il giorno prima aveva proprio per noi ammazzato il montone. Impossibile rifiutare la tradizionale ospitalità caucasica.
lunedì 26 ottobre 2009
Un altro blogger alessandrino.
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diverse cosarelle indigene de' selvaggi d'America portate da lui stesso da quel lontano paeseo Madame de Stael che lo ricolma di sguardi languidi e gentilezze, oppure dell'incontro con la bellissima Duchessa di Castiglione, che in sua presenza, durante il ricevimento dall'imperatrice, viene colta da malore e che lui aiuta offrendole la sua boccetta di sali d'aceto che lei trattiene senza restituirgli. La rivede il giorno dopo ed ella lo ringrazia e anche se si scusa della dimenticanza:
votre petit flacon est toujours sur ma cheminée et me rappelle votre amablema se la tiene e lui non manca di far notare che
procedé
il mobilino , che era bello in verità, di cristallo tagliato a guisa di diamanteMolto alessandrino, come le molte descrizioni di fatti e di persone della città che egli racconta con il nostro solito stile, lodandone le doti ma immancabilmente stilettando i difetti alla fine, con il più classico in cauda venenum.
e tutto piccino ch'egli mi havea costato Lire 15.
La Marchesa di Sangiorgio era alta di statura, giammai bella...aveaAnche lui non resiste a tentar di definire il nerbo dell'alessandrinità:
sufficiente talento naturale e ben fornita d'istruzione. Nobile il tratto ma
mordace il parlare e quantunque di continuo applicata alle pratiche della
Religione, non era da taluno creduta veramente divota...Il suo tono allontanava
tutti da lei e non fu mai corteggiata e amata, quantunque il suo stato di fortuna
gli permettesse di ricever gente ed anzi ambivalo. Lasciò debole memoria di sé in tutte le classi e compianta, credo, da pochi.
Un non so che di protervo germina nell'animo alessandrino che fa distinguereIndipendenza che avrà sempre fortissima quando dal gossip cittadino e dalle maldicenze licenziose gustosissime, passa ai commenti politici criticando duramente, con battute di un sarcasmo feroce il governatore Galateri inviato dalla Corte Sabauda per mettere a posto questa città di furfanti ( e in quel periodo si fucilava con una certa scioltezza), mettendone in ridicolo le manie di rendersi bello e presentabile o raccontandone con voluttà tutte le gaffes di quel "imbecille ed inetto governatore" che ogni giorno si immagina, venissero commentate con sarcasmo al Caffè o nel ridotto del Teatro . Ma non voglio più oltre togliervi il piacere di scorrere queste memorie raccolte da Panizza (direttore dell'Archivio) e Ivaldi con le dottissime note di Livraghi, tanto più che rivolgendovi all' Archivio di Stato di Alessandria potrete ottenere copia gratuita dei primi tre volumi pubblicati che vanno dall'inizio al 1836. Tanto per essere alessandrini fino in fondo.
ovunque i suoi rampolli. Io il credo conseguenza della origine di questa
città che contrasse fin dal suo principio un non so che di rozzo nei modi e di
indipendente nel carattere che alimentossi di continuo nelle vicende delle guerre
... e le alternate vicende politiche la fecer cambiar di padrone tante volte in
pocho tempo, e impararon gli abitanti dall'esperienza acquistata ad esser cauti,
prudenti e ristretti in sé stessi, onde evitare le reazioni disastrose che
portan seco l'avvicendar de' governi di diverso colore e non v'ha dubbio che
l'uomo che si sia formato in quelle qualità, acquista energia nel pensare e
quindi l'indipendenza dell'opinione.
sabato 24 ottobre 2009
индийский или китайский?
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venerdì 23 ottobre 2009
Odore di formaggio.
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giovedì 22 ottobre 2009
Il treno per il sud.
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mercoledì 21 ottobre 2009
Il colbacco di volpe.
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Continua...
martedì 20 ottobre 2009
Due ruote.
Che giornata bigia. Magari tra un po' piove, così tarpa definitivamente le velleità degli sportivi, siano essi runner (ormai in partenza per la grande mela) che ciclisti (vista la fine delle grandi classiche). Che si appendano le biciclette al piolo in cantina. Beh mica tutti lo fanno. Certo Angelo non lo faceva. Chi è della mia città e frequentava il cenacolo (nel senso che era frequentato da un certo Ceni) del Bar Baleta, non può dimenticarselo certo. Da anni, aiutava, se pur già anziano pensionato, il buon Gino nei vari servizi del bar, curando con occhio benevolo le schiere di giovani sfaticati e gli studenti poco diligenti che, marinando le lezioni (che vocabolo di sapore antico!), passavano le mattinate ai biliardi. Ma Angelo aveva una passione smisurata e gli occhi, un po' tristi quando serviva le gazzose, si accendevano improvvisamente di viva luce, quando qualcuno gli allungava una battuta sulle biciclette e il ciclismo. Aveva corso forse un paio di stagioni tra i professionisti in gioventù e la bici e le gare gli erano rimaste nel sangue e in fondo al cuore aveva un grande sogno, forse simile a quello che tutti coltivano quando si appassionano ad uno sport: diventare campione del mondo. Certo detta così suona un po' velleitario e pietistico, ma quell'idea che stava in cima ai suoi pensieri non era poi così folle. Benchè ormai ultrasessantenne, partecipava infatti ogni anno ai campionati del mondo di ciclismo per amatori che si svolgevano in Austria e che erano divisi per categorie di cinque anni in cinque anni. Questa gara mondiale era un appuntamento autunnale a cui dedicava tutto il suo tempo libero nel corso dell'anno. Allenamenti scientifici alle sei di mattino sulle colline intorno a Novi che a suo dire avevano caratteristiche del tutto simili al circuito salisburghese, ore di fatica e sudore per preparare il fisico alla prova annuale. Aveva un grande nemico, un belga fortissimo, di un anno più giovane, che era stato un buon professionista e che tutte le volte lo fregava in volata. Quando lo sollecitavamo sull'argomento, storceva la bocca con un sorriso amaro e diceva: " Sì, sì va forte, ma io lo so che roba prende prima della corsa" e se ne andava borbottando col vassoio dei bicchieri vuoti, meditando contromisure e bombe miracolose per la successiva stagione. Si sa, il doping è sempre stato parte integrante del ciclismo di tutti i tempi ed un aiutino viene giustificato con connivenza negli ambienti delle due ruote e la sua bomba era il Vov di cui faceva grande uso prima di ogni allenamento perchè gli dava a suo dire grande energia. Quell'anno però era diverso. Aveva, credo appena superato i settantacinque e ci raccontò che sarebbe passato nello scaglione di età successiva, lasciando l'arcinemico nella categoria 70-74. Quell'anno ce l'avrebbe fatta sicuramente a diventare campione del mondo. Era il più forte e cominciò già in inverno una preparazione forsennata in un crescendo continuo fino all'estate. Ma il destino aveva mescolato diversamente il mazzo di carte anche quella volta. La discesa che affrontava senza paura, era sempre stata la sua grande forza. Ma un camion o forse da solo, spinto dalla sua sola voglia di vincere, fermò il suo sogno e il suo sorriso amaro lungo le strade amiche della sua fatica, quando al termine di una di quelle velocissime discese, lo trovarono, dopo l'ultima curva, in fondo ad una scarpata. Chissà se qualcuno conserva ancora una foto di Angelo da mandarmi.
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Ecco qua, la foto è arrivata, Grazie Gino, anche il nostro Forrest Gump aveva i suoi momenti di gloria.
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lunedì 19 ottobre 2009
Mù
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domenica 18 ottobre 2009
Dune 2
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sabato 17 ottobre 2009
Dune.
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venerdì 16 ottobre 2009
Ovulo o porcino?
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giovedì 15 ottobre 2009
Tavolo verde.
Chi, tra i miei lettori, mi sa dire cosa sta succedendo a Piazza Affari? Anche se non se ne parla molto, la Borsa sta salendo a più non posso dall'inizio dell'anno. Ma non c'è la crisi?E le migliaia di aziende che chiudono? In qualità di analista da bar, ho notato che stanno salendo anche gli indici legati al mercato obbligazionario. Questo è molto strano, in quanto le due cose sono antitetiche, direbbe uno studente del primo anno di economia. Quando uno sale l'altro scende e viceversa, nella logica del soldo. Mmmmm..... gatta ci cova. Mi direte, ma com'è che sei così morbosamente interessato a questo arido argomento, tu, poeta tuttologo così distante dalle sirene speculatorie dell'affarismo? Devi aver cura di patrimoni milionari? Niente di tutto questo. La realtà è che fin da piccolo sono sempre stato affascinato dalla meccanica dei giochi; non tanto il giocare in sé, ma capire l'intrinseco che sta alla base del funzionamento di un gioco, di qualunque tipo esso sia, dalle carte (qualche volta magari parliamo di poker e di bridge) alla matematica, a tutto quanto metta in moto una competizione ludico mentale. E checché se me dica, la borsa è uno dei giochi più interessanti che siano stati inventati, altro che risparmio e investimento produttivo. Tutte balle. Laciamo stare i cassettisti, per cui valgono altri tipi di ragionamento e non dovrebbero neanche leggere le pagine economiche dei giornali per non farsi venire mal di testa, ma per tutti gli altri, la borsa è il più grande tavolo verde esistente, dove si puntano somme considerevoli con la speranza di moltiplicarle tra una miriadi di varianti, gradualità di rischi, decisioni ragionate, colpi di fortuna e non ultimo le grandi emozioni in gioco, posto che le cifre interessate sono importanti per chi le rischia, non come il pokerino in famiglia dove si azzardano i cento euro per passare la sera o i due euro del superenalotto. C'è tutto in questo gioco, l'emozione della perdita (o della vincita), che è una delle componenti importanti dei giochi, il calcolo ragionato (ci sono specialisti che passano la vita a studiare grafici e curve), l'azzardo e la strategia, il tutto calibrato con rara complessità per un gioco che diventa così non comune. Dunque come in ogni gioco, ognuno pensa di avere la propria strategia vincente, come i martigalisti appassionati della roulette per intenderci. Io, in più di 35 anni, nel mio piccolo, ho maturato la mia, che vi passo su un piatto d'argento, così come l'avevo captata anni fa da un vecchio bancario pensionato, frequentatore della borsa a cui erano rimaste due passioni, il golf ed il cosiddetto parco buoi. Era alto e segaligno e passava qualche ora al mattino nella saletta contrattazione di una banca a commentare con altri sventurati come lui, l'andamento dei titoli che si dipanavano sul monitor, in attesa, atteggiamento tipico di tutti i giocatori professionali, di assestare il colpo decisivo. L'unica cosa importante per guadagnare in borsa - diceva con occhio astuto - è quella delle fonti. Bisogna avere un buon contatto, con uno, meglio se due o tre, grandi esperti del mercato, e prenderli come punti di riferimento. Quando vuoi entrare con un acquisto od una vendita allo scoperto, li devi consultare con fiducia, chiedere come va il mercato rispetto a quel titolo ed avere il loro spassionato consiglio da amico, e che sia motivato logicamente. Dopo di che, fare l'esatto contrario. Ti dicono che è certo che il titolo, sta per salire, grazie a buoni fondamentali o a notizie appena giunte e quindi bisogna comprare decisamente? Tu vendi senza stare a pensarci troppo. Quell'altro titolo sta per crollare perchè il mercato lo giudica troppo gonfio o esposto a rischio, tu compra deciso. Non sempre andrà bene, certo, ma è la media che conta ed alla fine si guadagna sempre (quasi). C'è un motivo? Certo; schiere di analisti bocconiani, con master nelle migliori università di economia prevedono un andamento? E' giusto, perchè il mercato ha una sua logica e delle regole che segue e quindi sono prevedibili e studiabili, ma in questo mondo diventa poi preponderante l'inatteso, l'evento imprevedibile che capovolge la previsione e che accade nella maggior parte dei casi. Intanto, in questo momento mi sembra che il mercato si stia gonfiando oltremisura, insomma che si stiano tirando le reti in attesa che si riempiano di pesciolini, come si diceva una volta. Voi comportatevi di conseguenza e specialmente se avete inteso che io sia un grande esperto, continuate a comprare!
Disclaimer
La presente va intesa come scemenza quotidiana e non come sollecitazione al pubblico risparmio. Ehehehe...
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mercoledì 14 ottobre 2009
La scoperta dell'America.
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martedì 13 ottobre 2009
Spuma di Atlantico
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domenica 11 ottobre 2009
Rosso anguria
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sabato 10 ottobre 2009
Economia e linguistica africana.
Ho visto che l'interrogativo sulla valuta dello Swaziland, quesito linguistico peraltro, più che economico, non ha riscosso molto successo. Mi dispiace che i problemi dell'Africa siano così di scarso interesse. Il continente dimenticato è lo specchio del pianeta, la cartina di tornasole che illustra le malattie future della terra e di chi la popolerà. Comunque per chi, timido per esporsi, ma comunque curioso di sapere come è andata a finire, ricordo che la lingua Swati appartiene al gruppo delle lingue Bantù presenti in tutto l'est-Africa. Una delle curiosità di questa lingua è che sono presenti i toni, ed un'altra, ed è quello che interessa nel caso esaminato, che i sostantivi sono composti sempre da un corpo e da un prefisso che è la parte che subisce le variazioni. In particolare il plurale che si forma in una decina di differenti variazioni del prefisso. Nel nostro caso la valuta dello Swaziland è il Lilangeni che al plurale diventa Emalangeni. Quindi non confondetevi e non fatevi prendere dal panico, se capiterete, come me, in questo piccolo paese, quando vi chiederanno di pagare 2 Emalangeni per una bibita al bar e frugando nel portafoglio troverete solo due monete da 1 Lilangeni. Non dovrete tornare dal cambiavalute insomma. Tenete infine conto che queste regole linguistiche, per quanto strane, sono di grande aiuto nella vita comune ed anche politica, in quanto, dovendo decidere in che modo fare cominciare la parola, bisogna per forza pensare un po' di più prima di aprire bocca e questo evita anche lapsus ed aiuta a non dire cose che sarebbe meglio solo aver pensato. E' un paese piccolo sì, ma con regole certe ed il re non ha bisogno di emalangeni per pagare né avvocati, né giudici, in quanto è capo unico degli avvocati e capo unico dei giudici egli stesso e può quindi non perdere tempo in queste cose e dedicarsi ad incrementare il numero delle sue seconde mogli e a pianificare le molte feste nazionali che si svolgono nel suo palazzo e nei ritagli di tempo governare il paese che, essendo piccolo non ha bisogno di grandi cure. Oltretutto la millenaria cultura del suo popolo gli fornisce pozioni che gli danno grande vigoria e può quindi agevolmente prendersi cura di tutto.
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venerdì 9 ottobre 2009
In mezzo al Drakensberg.
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giovedì 8 ottobre 2009
Una mattina a Mbabane.
Oggi indovinello geografico, visto che, causa schiena, non ce la faccio ad andare a cercare una diapositiva nel cumulo degli scatoloni del passato. Qualcosa bisogna pur offrire ai lettori, se no si stancano di storielle e lamentazioni varie. Dunque, lo Swaziland è uno staterello africano, incastrato tra il Mozambico ed il SudAfrica, grande più o meno come le province di Cuneo e di Torino messe assieme. Colline digradanti, foreste basse, terra rossa, povertà e malattie come nell'Africa che lo circonda. Forse qui i conflitti sociali sono meno esplosivi, probabilmente a causa del fatto che è governato da una monarchia assoluta e quindi se qualcuno ha qualcosa da dire, alza la mano così gli rompono subito la testa e la cosa finisce lì. Lo si attraversa in una giornata e se non ti fermi in qualche riserva faunistica ad osservare gli animali, non ti resta molto da vedere. Siamo arrivati a Mbabane, la capitale, di prima mattina. La cittadina stesa pigramente sui fianchi di una serie di basse colline, si stava svegliando con le cime delle case più alte che emergevano lentamente dalle nebbie. Poca gente per le strade che, a poco a poco prendevano vita con le caratteristiche africane di sempre, rumori, allegria, odori, lento fluire del tempo. Niente di particolare da segnalare, ma una cosa ci colpì. Anche qui, come in molti stati a monarchia assolutista o quantomeno dove il capo dello stato ambirebbe a questa condizione di potere assoluto, da ogni parte, campeggiavano grandi cartelloni di sei metri per tre che raffiguravano il re, sorridente ed in abiti regali, sul trono accampagnato dalla prima regina. (Ah sì, oltre alla regina ufficiale, come in molti altri posti simili del resto, il re ha un intero harem di giovani fanciulle, seconde regine , diremmo, ma ad ogni festa, che conduce con grande sfarzo nel suo palazzo reale, ne invita altre, tra le quali sceglie sempre una ulteriore regina provvisoria con cui trascorrere lietamente la serata). Potremmo dire che questo re non ha molto a cuore le sorti del suo paese devastato tra mille altre nequizie dalla piaga dell'AIDS, con una delle percentuali più alte dell'Africa. Invece, guardando con attenzione i grandi cartelloni di cui vi ho parlato, notammo che non erano soltanto elogiativi dei meriti del sovrano, come capita altrove, ma che gli augusti reali si prestavano ad una importante campagna. Infatti, sia in inglese che in swati, recitavano, "proteggiti dall'AIDS, anche noi usiamo il preservativo", che infatti, colorato in rosso, faceva bella mostra tra le mani dell'augusta coppia. Selvaggi, direte voi, ma l'esempio che arriva dall'alto, nel bene e nel male secondo me, serve. Ma basta parlare di capi di stato che controllano l'informazione, d'altronde ormai sono rimasti pochissimi, Corea del Nord, Iran, Cina, qualche stato africano e pochi altri e veniamo invece al quiz che era il vero scopo della chiacchierata. Senza aiutini eh! Come si chiama la moneta dello Swaziland e soprattutto in lingua swati, quale è il suo plurale? Solita Nutella virtuale in premio e vediamo se almeno questo vi smuove.
mercoledì 7 ottobre 2009
Un liuto
Oggi sono un po' giù di corda, quindi non vi tratterrò a lungo, cosa del resto richiesta da molti; vi prego soltanto di porre la vostra attenzione su questo pensiero di Liu Chang Chin, uno dei più grandi poeti del periodo Tang.
Ascoltando il suono del liuto.
Sul tintinnare del liuto a sette corde,
sento il sibilo calmo del vento tra i pini.
Amo quel brano, anche se è antiquato;
la gente d'oggi, del resto, per lo più non sa suonare.
Ascoltando il suono del liuto.
Sul tintinnare del liuto a sette corde,
sento il sibilo calmo del vento tra i pini.
Amo quel brano, anche se è antiquato;
la gente d'oggi, del resto, per lo più non sa suonare.
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martedì 6 ottobre 2009
Cronache di Surakhis 21 : autunno.
L'autunno su Surakhis era cominciato da poco; l'aria rinfrescava già un po'. la temperatura ormai era sempre attorno ai -20°C e cominciavano a sfarfallare, quasi ogni sera le flocculazioni di metano che al mattino coprivano il terreno di un bell'azzurro pallido. Paularius era esasperato, i dolori alla schiena lo avevano talmente sfinito che si era fatto trapiantare una colonna vertebrale nuova, ma si sa, su Surakhis la sanità era quello che era e nonostante tutti i crediti che aveva dovuto cacciare, avevano dovuto sacrificare tre donatori per avere una colonna decente. Dato che per queste operazioni non era conveniente tenere in vita il donatore si era fatto innestare anche le iridi del terzo che erano di un blu intenso. Ci aveva sempre tenuto ad avere uno sguardo ammaliante. Aveva invece soprasseduto ad utilizzare anche un apparato riproduttore nuovo, perchè le mani da quelle parti gliele avevano già messe una volta e non era stata una passeggiata. Adesso si sentiva un po' meglio, ma tutte quelle iniezioni gli avevano reso le chiappe insensibili anche alle vibromassaggiatrici. Non se la sentiva ancora di lavorare, ma, approfittando della sua momentanea assenza dal ponte di comando, tutti i succhiasangue ne avevano approfittato per saltargli alla gola. Era persino venuta fuora quella vecchia storia di corruzione con cui si era impadronito della miniera, roba che ormai nessuno ricordava più ed era anche ampiamente prescritta, ma sfruttando il fatto che il suo gruppo di corruptores non aveva potuto seguire la faccenda e pagare il giusto ai giudici era stato condannato a cacciare un miliardo di crediti al suo avversario di sempre, Cirricus il finanziatore. Quei dannati corruptores, incapaci di prendere una decisione se non gli si dice tutto, esecutori di quarta categoria buoni a nulla, mentre lui era malato, avevano trovato la scusa di non poter più intervenire a causa dell'opinione pubblica stanca di quei trucchetti. Ma quale opinione pubblica, quella ce l'aveva in mano completamente, grazie anche ai trattamenti subliminali che legalmente erano ormai stati inseriti in tutte le trasmissioni e dunque lo adoravano. Presto sarebbe stato anche nella terna tra cui scegliere i nuovi Santi. Certo quei crediti non li avrebbe mai cacciati fuori, c'erano ancora i rimanenti undici gradi di giudizio, ma era il fatto in sé che lo disturbava e il non avere tutto sotto controllo come al solito. Intanto si imponeva di sostituire il responsabile della sua squadra di corruptores, quell'avvocato Molini che già da un po' stava sulla lama del rasoio. Diede l'incarico ad un tetraploide vegano ermafrodita, che lo aveva già aiutato in molte occasioni e poi si catafottessero tutti, l'importante era avere il controllo dei plasmatori mentali e dei rubinetti dei contatori dell'aria. Decise di andare a stendersi un po'; tutte quelle storie gli avevano fatto venire mal di testa e anche un po' di febbre.
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domenica 4 ottobre 2009
Soluzione.
Allora, visto il grande successo e il notevole interesse suscitato dal problemino, non volendo più ulteriormente essere sottoposto a pressioni troppo insistenti, passo a stendere la soluzione senza passare nella fase degli aiutini. Trattavasi di un problema ben conosciuto, come molti mi han fatto notare, a cui avevo cercato di mettere un vestitino nuovo, ma ai marpioni della logica-matematica non sfugge nulla, così....
Dunque cominciamo dal primo dato che recitava: la somma dei primi tre quadrati, quindi ovviamente (non riesco a scrivere i quadrati perciò...)
1 x 1 x 2 x 2 x 3 x 3 = 1 x 4 x 9 = 36
che sarebbe anche il risultato del prodotto delle tre quantità di confetti.
Le soluzioni possibili che danno 36 come prodotto sono 8:
36 x 1 x 1
18 x 2 x 1
12 x 3 x 1
9 x 4 x 1
9 x 2 x 2
6 x 6 x 1
6 x 3 x 2
4 x 3 x 3
E' pertanto giustificata la risposta di non poter dare una soluzione esatta essendocene 8 possibili. La seconda indicazione è che la somma delle tre quantità corrisponde al numero dei tavoli. Subito proviamo a fare le somme che normalmente darebbe la soluzione del problema (solo che voi solutori non conoscete il numero dei tavoli , eheheheh).
36+1+1=38
18+2+1=21
12+3+1=16
9+4+1=14
9+2+2=13
6+6+1=13
6+3+2=11
4+3+3=10
Appare evidente che l'informazione risolutiva è data dal fatto che la risposta sia "Non posso dare la soluzione" che data la mia ben nota intelligenza, avrei potuto dare senza problemi in sei di questi otto casi. L'impossibilità di dare una risposta quindi deriva dal fatto che il numero dei tavoli doveva essese 13 (che tra l'altro porta pure male agli sposi) e questo da due soluzioni possibili:
9+2+2
6+6+1
L'ultimo aiuto risolve il problema perchè se la soluzione fosse stata 6+6+1 non si sarebbe potuto dire "Ce ne sono rimasti di più al cioccolato" in quanto ci sarebbe stato un pari merito con un'altra tipologia di confetti. Quindi l'unica soluzione possibile rimane:
9 - 2 - 2
Mi è sempre piaciuto questo problemino che può essere risolto anche dai bambini che conoscano almeno la moltiplicazione e la somma (come ha segnalato giustamente Giovanna) e che non contiene nell'enunciato che un solo numero, il 36.
Visto che non ho stimolato più di tanto la vostra fantasia, però, il barattolo di Nutella che era in premio, dovrò slapparmelo io.
Dunque cominciamo dal primo dato che recitava: la somma dei primi tre quadrati, quindi ovviamente (non riesco a scrivere i quadrati perciò...)
1 x 1 x 2 x 2 x 3 x 3 = 1 x 4 x 9 = 36
che sarebbe anche il risultato del prodotto delle tre quantità di confetti.
Le soluzioni possibili che danno 36 come prodotto sono 8:
36 x 1 x 1
18 x 2 x 1
12 x 3 x 1
9 x 4 x 1
9 x 2 x 2
6 x 6 x 1
6 x 3 x 2
4 x 3 x 3
E' pertanto giustificata la risposta di non poter dare una soluzione esatta essendocene 8 possibili. La seconda indicazione è che la somma delle tre quantità corrisponde al numero dei tavoli. Subito proviamo a fare le somme che normalmente darebbe la soluzione del problema (solo che voi solutori non conoscete il numero dei tavoli , eheheheh).
36+1+1=38
18+2+1=21
12+3+1=16
9+4+1=14
9+2+2=13
6+6+1=13
6+3+2=11
4+3+3=10
Appare evidente che l'informazione risolutiva è data dal fatto che la risposta sia "Non posso dare la soluzione" che data la mia ben nota intelligenza, avrei potuto dare senza problemi in sei di questi otto casi. L'impossibilità di dare una risposta quindi deriva dal fatto che il numero dei tavoli doveva essese 13 (che tra l'altro porta pure male agli sposi) e questo da due soluzioni possibili:
9+2+2
6+6+1
L'ultimo aiuto risolve il problema perchè se la soluzione fosse stata 6+6+1 non si sarebbe potuto dire "Ce ne sono rimasti di più al cioccolato" in quanto ci sarebbe stato un pari merito con un'altra tipologia di confetti. Quindi l'unica soluzione possibile rimane:
9 - 2 - 2
Mi è sempre piaciuto questo problemino che può essere risolto anche dai bambini che conoscano almeno la moltiplicazione e la somma (come ha segnalato giustamente Giovanna) e che non contiene nell'enunciato che un solo numero, il 36.
Visto che non ho stimolato più di tanto la vostra fantasia, però, il barattolo di Nutella che era in premio, dovrò slapparmelo io.
sabato 3 ottobre 2009
La mortella.
C'è stato un periodo all'inizio degli anni novanta in cui in URSS non girava un soldo, o meglio non girava un dollaro, perchè di pezzi di carta senza valore ne giravano un sacco e non era semplice portare a casa la pagnotta nella nostra attività di trading, così si pensò di tornare all'antico, recuperando il sistema più vecchio del mondo, quello che precedette l'invenzione del denaro, il barter per dirla in maniera moderna, ovverossia il baratto. Si cercarono i prodotti più classici della santa madre, dal legno, ai concimi, ai rottami di alluminio o al compensato, per arrivare alle pellicce. Niente fare, già tutto in mano a giri di antica data, in cui era meglio non andare a cercare di infilarsi e te lo si faceva capire subito con chiarezza. Così cominciarono a venire fuori le cose più strane e arrivavano in ufficio telex che proponevano materiali di cui prima si doveva capire l'uso e successivamente se quella roba era vendibile da qualche parte. Arrivavano anche campioni ineccepibili per dimostrare la qualità della merce, che per un po' fecero bella mostra di sé nelle nostre bacheche come ad esempio le corna di cervo giovane, disponibili in grande quantità in Čita e in Yakuzjia, che arrivavano già affettate in sottilissime slides (forse con uno strumento tipo mandolina), già pronte per il ricco mercato farmaceutico tradizionale cinese oppure il veleno d'api offerto a grammi, di cui le repubbliche caucasiche sembravano avere grossa produzione. Una volta ci proposero, da una zona siberiana, una bile d'orso in cambio di tre Toyota (veniva assicurato che quella era la quotazione regolare del mercato), ma anche qui, a mio parere latitavano i compratori. Un tizio a cui avevamo proposto una macchina imbustatrice di sementi da orto (il mio passato di esperto sementiero, mi attraeva morbosamente verso questo mondo), ci offrì in cambio un vagone di semi di zucca. Non parliamo dei girasoli ukraini, con i cui campioni andammo avanti mesi a sgranocchiare in ufficio. L'unico affare che andò in porto in effetti furono un po' di TIR di semi di erba medica e trifoglio di pessima qualità per altro, che ritirammo in cambio di una fornitura di caffé. Però il tarlo più grosso che rimase in testa per parecchio tempo riguardava una offerta che si ripeteva di tanto in tanto per grosse quantità di "клюква" di cui il dizionario (invero un po' datato ma preciso) dava il lemma: "mortella di palude". Ce n'erano a disposizione tonnellate e tonnellate. Solo che nessuno sapeva a cosa servisse. Doveva essere una specie di bacca che pullulava tra i sarmati e i siberiani e di cui queste genti evidentemente andavano ghiotti, se ne raccoglievano queste quantità. Qualcuno per caso l'ha vista o assaggiata? Datemene eventualmente conto, per favore. Chissà se l'amico Xesco che fa il cuoco da quelle parti, l'ha mai utilizzata nella sua cucina che mi dice, unisce tradizione e sperimentazione. Rimase un buco nero nelle nostre conoscenze ed ancora oggi, ogni tanto, ritorna alla mente questa, forse, grande occasione perduta. Poi tornò a girare il dollaro e queste cose a poco a poco svanirono nei ricordi. Ogni insuccesso è una opportunità che non si è saputa cogliere e questa dovrebbe essere la riflessione di oggi, cari Michelle e Obama.
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giovedì 1 ottobre 2009
Rosa confetto.
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