Era davvero bella Mei Li, una ragazza come se ne vedono poche, con quella bocca piccola e rossa come i coralli del suo banchetto, con quei piedi piccoli e aggraziati che lasciava intravedere appena, anche se sempre coperti dalle calzine colorate. Occhi grandi e capelli neri come il giaietto che sembravano mandare bagliori luminosi quando piegava la testa graziosamente di lato, per lanciare un'occhiata da sotto con la bocca appena incurvata in un accenno di sorriso ammiccante. Anche quando camminava sotto il sole estivo di Bei Jing, nei grandi viali che conducevano al mercato, non aveva quell'andatura ciondolante e volgarotta delle contadine che hanno da poco lasciato la campagna; quel gettare di lato la gamba col piede piatto e non abituato alle scarpe col tacco, come lo sono le ragazze di città, ma sembrava incedere come una principessa, diritta e sicura lungo la strada che a piccoli passetti la conduceva fino al mercato. Arrivava lì ogni mattina presto, al suo banchetto dei coralli e tirava fuori le sue cose con cura maniacale, lenta e precisa, esponendo le collane e i bracciali in perfetto ordine secondo le sfumature di colore, secondo le dimensioni delle palline, rotonde, perfette, attenta a non mescolare quell'armonia cangiante di rossi e di rosa sfumati e precisi. Di lato metteva i turchesi, ma pochi, quasi a non voler turbare la perfezione del quadro.
Non guardava nessuno di quelli che la circondavano vociando, come perduta in un suo mondo di sogno, anche lo sguardo sembrava sperso in un vuoto di sogni e di poesia . Carezzava i fili rossi che pendevano dai gancetti e la sua mente pareva correre lontano, verso giardini di peonie bianche, chiusi ad occhi indiscreti da muraccioli bassi e curati, piccoli stagni d'acqua con le carpe dorate che venivano a prender cibo in mucchio al bordo della vasca tra le grandi foglie di ninfea. Ti pareva di sentire, dal suo sguardo perduto nella linea dell'orizzonte, il canto di storie lontane, di fanciulle innamorate in attesa di un uomo partito a cavallo per la capitale. Le piccole orecchie quasi tese a cercare di sentire, tra il frastuono del mercato, vecchie poesie o il tocco leggero delle corde del Pi Pa che suonava canzoni antiche. Mentre i suoi vicini, quelli del banco dei tessuti e quegli altri che vendevano piccoli vasi di giada di terza scelta e paccottiglia varia per turisti, sghignazzavano volgari, ingozzandosi a tutte le ore di bocconi bollenti di maiale, mentre con le bacchette pescavano da un ciotolone comune mappazze di noodles in brodo, macchiando qua e là quei pantalonacci già unti e bisunti, scatarrando continuamente, con sputi e risate chiocce, lei a pochi metri, pareva immersa in un altro mondo, così distante, così lontano.
Quando qualcuno le chiedeva il prezzo di una sua collana o di un paio di orecchini, lo dava con degnazione, ma senza scendere alla contrattazione in cui si affannava il resto del mercato, come per non sporcarsi, quasi per non scendere ad un livello così volgare. Un piccolo sorriso, poi lo sguardo vagava altrove perduto nel sogno. Se il cliente comprava, con piccoli gesti incartava il pacchetto e ritirava il denaro sudicio che le veniva consegnato, toccandolo appena con due dita quasi per non esserne contaminata. Poi si risedeva sul suo trespolo a continuare il sogno. Un sogno che diventava ogni giorno più netto e preciso, un sogno che coltivava fin da bambina, quello del giorno in cui un anziano ma ricchissimo commerciante di polli o di maiali, sarebbe venuta a chiederla in moglie, dandole la disponibilità di un conto in banca illimitato, una grande villa col tetto all'europea, nella nuova area di espansione fuori città, dove solo i grandi ricchi potevano abitare nello spazio recintato intorno al grande lago artificiale e dove lei avrebbe potuto godersi una vita ricca, grassa e senza pensieri, mostrando alle sue conoscenti, che avevano visto la bella Mei Li bambina, l'oro dei suoi gioielli e una grande Mercedes nera coi vetri oscurati con l'autista che l'avrebbe portata a fare spese in città.
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