domenica 31 ottobre 2021

Culti di morte

Vermont - Preparando Halloween


Vedo che oggi è halloween e quindi mi tocca come ogni anno sentire la tiritera consunta e insensata, di quelli che non è una festa della nostra tradizione, che chissà perché dobbiamo copiare gli americani, che io sono cristiano, con tutto il contorno del chiamarsi fuori, condito da orgogli senza costrutto, magari frettolosamente anche di un voler rimarcare appartenenze politiche che di questi tempi non guasta mai. Come chiunque sa, se ha voglia di informarsi, questo richiamo all'esorcizzare la morte è invece proprio di tutte le culture e proprio questa in particolare è proprio tradizionalmente nostra, subentrata a riti celtici e fatta propria dal cattolicesimo irlandese dove ha assunto questa forma passando poi all'America e traslata anche nel cattolicesimo latino con le feste gioiose e sguaiate de los muertos coi vari richiami a scheletrume vario che imperversa in tutta l'America latina. Da noi è dilagata anche nella cucina con i vari dolci dei morti, ossi di morto e altre prelibatezze e quando io ero bimbo, avrò avuto 5 o 6 anni, ricordo benissimo che mio zio, che portava il mio nome, mi regalava, oltre alla cassetta di cachi anche una zucca da intagliare coi denti aguzzi a cui mettere dentro la candela da esporre sulla finestra e stiamo parlando di 70anni fa, in barba alle zucche vuote odierne che con la bocca a cul di gallina proclamano a gran voce che io sono cristiano e non festeggio un bel niente. E suvvia, fate girare l'economia senza rompere le balle che ne abbiamo bisogno, dell'economia che giri intendo! 

Riconosciamo però che l'uomo è così, ha paura della morte e vuole esorcizzarla, il modo varia ma il senso è sempre lo stesso in tutte le culture. Vai un po' in giro per il mondo e lo capisci bene. Dipenderà dal fatto che siamo forse l'unica specie che si prende cura dei suoi morti e che ha compreso cosa sia la morte in se stessa, l'abbandono della vita. Infatti la cosa che più concreta che ci è rimasta del passato è proprio l'epitomia della morte. Immense necropoli ci sono rimaste, tombe monumentali, scavi ipogei meravigliosamente affrescati, piramidi e mausolei, proprio nell'ansia di non farci dimenticare, di far sì che dopo, qualcuno si ricordi ancora di noi ed il più a lungo possibile. I Toraja, una popolazione del centro di Sulawesi di cui vi ho già parlato, vivono tutta la vita nell'ansia di prepararsi un funerale fastoso che dimostri a tutti che nella vita sei stato un grande, per quanti bufali e belli, per quanti maiali e grassi, tu potrai permetterti di sacrificare, invitando anche migliaia di persone a questa festa, che di festa si tratta, di cui si dovrà parlare per anni. Magari si aspetta un anno a farlo, fino a quando non si è pronti, col cadavere semimummificato in una stanza del retro, che si definisce ancora malato grave, anzi gravissimo che non può guarire più, ma morto no, c'è infatti una parola apposta per definirlo, fino a quando non si è fatta la festa. Poi davanti alle caverne dove verrà messa a marcire la bara colorata, si metterà una statua delle fattezze del defunto, da andare a trovare, cambiandogli i vestiti man mano che diventano consunti per le intemperie. Perché coi morti bisogna stare allegri. 

Anche in Moldova, si va a fare il pastele, il pranzo coi morti su un tavolino appositamente preparato accanto alla tomba, così come in Giappone o in certe zone della Cina e nella vicina Romania a Sapinta c'è un cimitero dove sopra ogni tomba, la croce ha una targa dove il morto è preso in giro e raccontato in tutti i suoi difetti. In Madagascar,  la bara viene portata in un anfratto segreto tra i monti, facendo una strada contorta e tutta curve, tornando avanti e indietro più volte perché così il morto perda la strada per tornare a casa a disturbare tutti e solo quando è morto davvero, dopo 7 anni, si va a prendere la bara per metterla, con una festa, in un cimitero di famiglia. Nel Chapas in Messico, le tombe nella terra sono verticali e le bare vengono messe tutte una sopra l'altra, un po' perché tengano meno posto e poi perché rimangano tra loro, si tengano compagnia e si va a festeggiarli appunto in questo giorno. Gli hinduisti invece bruciano le salme con legni odorosi se hanno i soldi, se no, nei crematori comuni, poi i resti vengono abbandonati alle acque dei fiumi sacri che li portino lontano, pasto per i pesci. Tibetani e parsi lasciano i corpi agli elementi naturali affinché gli uccelli o gli animali selvatici cibandosene, rimettano in circolo la natura, i primi dopo aver smembrato i cadaveri, i secondi esponendoli agli avvoltoi nelle alte torri del silenzio. I mussulmani mettono i corpi nella terra nuda perché più velocemente la terra stessa si  riprenda ciò che è suo. Ma sia in India che in Egitto ci sono immensi cimiteri dove i vivi coabitano con i morti, vivendo tranquillamente nelle tombe, tenendosi compagnia. Gli uomini del mare li lasciano alle onde, quelli della montagna li mettono in piccoli cimiteri, presto coperti di neve a guardare quelle vette che sono state la loro vita. Ai simulacri, chi porta fiori, chi offerte, chi lascia messaggi d'amore, chi prega i suoi dei, chi si culla nei ricordi. Siamo esseri strani che sono certi di essere nel giusto, mentre tutti gli altri che non la pensano come noi sono solo nemici da sterminare.


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sabato 30 ottobre 2021

Il Palazzo Te di Mantova

Sala dei Giganti

 

S. Andrea
Ieri ho sistemato un altro appuntamento che avevo fissato da una quarantina di anni e che non riuscivo  a concludere. Sono stato tre o quattro volte a Mantova per godermi questa bella città, ma ogni volta, o era chiuso o in ristrutturazione o era sciopero, non ero ancora riuscito a vedere il Palazzo Te, un'altra delle meraviglie della città. Così l'altro ieri, lemme lemme, in linea con quelli che dovrebbero essere i miei giovedì culturali, in un paio di orette e poco più, di campagna piatta e triste olezzante di liquami di suino sparsi al vento (d'altra parte vi piacciono i prosciutti?), sono arrivato dritto dritto davanti al giardino che dà accesso a questa spettacolare residenza ducale e me la sono gustata per tutta la mattina. Una serie di sale immaginifiche che, d'accordo avevo già traguardato attraverso il web, ma dal vivo sono davvero magnifiche. L'esplosione del manierismo di Giulio Romano e dei suoi allievi, qui si apre in tutta la sua opulenza. Le eliche dei corpi, mai abbastanza esagerate si attorcigliano in pose plastiche ed quasi mostruose, la nudità dei corpi femminili, si contrasta con le muscolature di personaggi storici, dei, ninfe e fauni, tutti piuttosto dotatati, dato che, non dimentichiamolo, sempre presente era l'intonazione erotica che faceva di questo palazzo un luogo di loisir come si diceva a quei tempi. Via via passi la piccola camera delle Metamorfosi con la sfilata delle storie di Ovidio, stai a testa in su per ammirare il soffitto della sala del Sole e della Luna, ti godi gli spettacolari soffitti dell'epoca e non sai se stare con la testa in alto per non perderti i cassettoni o guardare in giù per ammirare i pavimenti colorati e i loro complicati disegni. 

Sala dei Cavalli
E poi gli effetti tridimensionali della sala dei cavalli, la sala del venti, quella degli stucchi, quella splendida degli imperatori, per citare solo quelle che più mi hanno affascinato. Il culmine ovviamente, è rappresentato dalla monumentale e famosissima, mai sufficientemente celebrata camera dei giganti, dove gli effetti trompe l'oeil della caverna e del palazzo che crolla schiacciando queste enormi figure che osarono mettersi contro gli dei, fanno da contrasto con la cerchia luminosa del cielo e delle figure divine che lo popolano e tutto pare precipitare intorno a te seppellendo definitivamente te ed il tuo orgoglio di mortale sotto le colossali colonne spezzate dalla furia dei fulmini di Zeus. Par quasi di udire le urla dei morenti e i loro immensi corpi seppelliti sotto questo terremoto innaturale completamente devastante, mescolate al rombo della terra scossa. Davvero un effetto che non poteva lasciare indifferenti i visitatori nobili e famosi che qui saranno convenuti da ogni parte d'Europa. Le fanciulle poi, condotte a vivere le feste di questa dimora garçonniere di dimensioni consone all'importanza del proprietario, chissà come saranno state intimidite da cotanta potenza pittorica. In maniera molto appropriata il luogo sta esponendo in questo periodo, una mostra ricchissima dedicata a Venere ed alla bellezza femminile, con una serie di quadri, stampe, disegni, statue di molti periodi storici che declinano le idee che ogni secolo ha dedicato alla bellezza muliebre, che, dite quel che volete è sempre un bel vedere. 

La rotonda
Poi ancora i larghi spazi ed i prati verdi del parco - giardino, fino all'appartamento segreto del duca, dove evidentemente si appartava con chi gli faceva più piacere. Insomma una mattinata notevole che mi ha appagato di questa attesa ultradecennale, d'altra parte si sa che il piacere a lungo rimandato è sempre il più intenso. Proprio di fronte all'ingresso abbiamo anche approfittato di un ristorante senza pretese lo Chalet Te, per assaggiare i piatti forti del territorio, tortelli di zucca, stinco e stracotto e polenta. Una buona scelta per mettere d'accordo i piaceri del corpo con quelli dello spirito, che bisogna saggiamente tenere sempre nel giusto equilibrio. Infine il pomeriggio è passato in un attimo passeggiando per il centro storico che si gusta con una piacevolissima passeggiata tra portici, la Cattedrale di S.Andrea dalle possenti dimensioni, le facciate degli antichi palazzi, la Piazza delle erbe, il Palazzo Ducale, la Rotonda. Un ripasso sempre piacevolissimo da fare di tanto in tanto, tenendo anche conto che dando continuamente la faccia contro i negozi dei portici, non puoi venire a casa a mani vuote, ti tocca prendere come minimo, un paio di accattivanti sbrisolone, capirà le vendono in coppia, e una torta spettacolarissima a doppio strato di creme, panna e nocciole, di cui ho scordato il nome perché è subito andata al volo tra ieri e oggi. Non trascurate naturalmente la mostarda o i salumi della zona. Ci sono un paio di negozi in cui è impossibile non entrare ed è difficilissimo uscire.  

Prima di andare comunque esaminate con cura questo sito, con belle visite virtuali di ogni sala. Palazzo Te a Mantova. E' molto ben fatto e completo.


Palazzo Te - Il cortile

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venerdì 29 ottobre 2021

Foglie secche



Un senso di tenera consuetudine, una carezza così leggera sulla guancia da non essere neppure certi se ci sia stata o solamente immaginata. Fare il giro dei cimiteri in una giornata di sole, con le foglie secche che crocchiano sotto i piedi e gli aceri rossi lungo la strada. L'aria frizzante, ma non ancora il freddo che offende e che ti fa tirare su il bavero, anzi ti lascia respirare appieno. Suoni gentili, nessuno grida al camposanto; anche i bambini guardano le tombe attorno e buttano l'occhio appena più in là lungo i vialetti di ghiaia e non corrono anche se ne avrebbero voglia. Senso di pace, di serena tranquillità; non ci può essere inferno neppure per i reprobi, dai che è così, anche se la voglia di vendetta ti farebbe desiderare che ci fosse, per gli altri naturalmente. 

Tanti piccoli visi che ti guardano dalle lapidi bianche; sorridono quasi tutti. Nessuno sollecita loro bollette da pagare, aumenti difficili da sostenere, problemi da risolvere. Stanno lì ad aspettare, a sognare. Quel fiore bianco che attende la prima gelata, foglie verdi di plastica che neppure quello temono. Quasi vogliono dire: ci sono sempre per te, non ti preoccupare, ti sei già messo la maglia più pesante? guarda che fa freddo, non correre troppo che sudi, la bambina come sta? Solo qualcosa cambia, ma sono sfumature perché in fondo tutto rimanga come prima. Non c'è più, fuori del portone del cimitero, il banco che vendeva il torrone che la mia nonna mi comprava appena usciti, dopo aver lasciato un fiore al marito e al figlio morto appena tornato dal campo in Germania. Io lo mordicchiavo contento, mentre lei mi stringeva la mano, tornando a casa. 


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martedì 26 ottobre 2021

Corso di ecologia facile 3 - L'agricoltura

Allevamento brado - Val Chisone

Già ve l'ho detto ieri, l'agricoltura è probabilmente la maggiore responsabile delle emissioni di gas serra e quindi della percentuale (poco o tanto, ancora da chiarire) di responsabilità umana nel riscaldamento globale. Dunque chiariamo un altro concetto: non è tecnicamente possibile azzerare completamente queste emissioni alla luce delle conoscenze attuali, diminuirle in parte, magari piuttosto piccola, sì. Servirebbe quindi questo, allo scopo finale che è, ricordiamo, azzerare le emissioni di gas serra, no. Quindi o si abolisce l'agricoltura e si torna allo stato dei cacciatori raccoglitori, in questo caso il potere tampone della terra sopporterebbe forse un centinaio di milioni di individui, oppure si prosegue con l'agricoltura che, è bene rimarcarlo, perché spesso lo si dimentica ,è una delle cose più contro natura che abbia inventato l'uomo. (In natura, lo ribadisco per l'ennesima volta, ma basta pensarci una attimo, non esisterebbe un campo di grano o di mais, addirittura la pianta del mais non sarebbe neppure in grado di riprodursi da sola, non esisterebbe nessuno dei frutti e delle verdure che conosciamo, ma solo piccole bacche ed erbe selvatiche; non ci sarebbe nessun animale domestico simile a quelli che conosciamo). Alla luce della popolazione attuale e del suo aumento probabile, all'incirca un raddoppio prima di un naturale arresto, entro qualche decennio, si calcola che il fabbisogno delle derrate alimentari, visto che eticamente dobbiamo prevedere che tutti abbiano la possibilità di mangiare un numero minimo e sufficiente di calorie, sarà circa il triplo di quelle prodotte oggi. 

E facile predire che sia assolutamente impossibile, non già ridurre (se pure sarebbe inutile, spostando il problema in avanti di soli pochi decenni), ma non aumentare ed in maniera consistente la produzione agricola. Alla luce di questa situazione emerge senza dubbio la necessità di inventare un nuovo tipo di agricoltura che occupi meno territorio, che consumi meno acqua e meno energia. esattamente il contrario di quanto va propalando la cultura newage di moda oggi, che propone per sfamare il mondo orti urbani, coltivazioni biologiche e allevamenti non intensivi. Tutti sistemi che possono soddisfare il divertimento dei bancari che alla domenica vogliono assaporare il piacere ludico della campagna o i gourmet con la bocca a cul di gallina disposti a pagare dieci volte più del dovuto un ipotetico inavvertibile miglioramento gustativo. In realtà questi proposti sistemi sono mortali proprio per l'ecologia, agendo in senso esattamente contrario alla nostra esigenza, avendo la necessità almeno doppia di suolo a disposizione e di un aumento esponenziale dello spreco per carenze di conservazione non industriale. Per gli allevamenti poi la diminuzione della produzione non intensiva, avrebbe la conseguenza la necessità di aumentare i capi. 

Ricordo che le deiezioni animali sono tra le maggiori responsabili dell'effetto serra per la quantità che è indipendente dal modo in cui gli animali sono allevati. D'altra parte una auspicabile (per la salute umana) diminuzione del consumi di carne, (subito pareggiata dall'aumento della popolazione e dall'eticamente auspicabile miglioramento della qualità della loro dieta) avrebbe come conseguenza una pari diminuzione delle loro deiezioni, in realtà utilissime ed indispensabili per la fertilità dei terreni stessi. Diciamo che per produrre i milioni di tonnellate di derrate alimentari necessarie, l'unica soluzione praticabile per mantenere o ridurre di un poco (comunque lasciando insoluto il problema delle emissioni zero) è quella di nuove, fortissime innovazioni tecnologiche, quali una agricoltura sempre più intensiva ed altamente ingegnerizzata, che utilizzi meno aree, che consumi meno acqua, con antiparassitari sempre meno invasivi e più specifici, con un deciso puntare sul miglioramento genetico moderno (se non vi va di chiamarli OGM, parola ormai sputtanata e non più utilizzabile) ed una diminuzione della percentuale di perdita/spreco dovuto ai problemi di conservazione, trasporto, imballaggio. Tutto il resto sono chiacchiere da bar, utili solo a peggiorare la situazione. Rimanendo comunque impossibile sfamare il mondo senza emettere gas serra in maggiore o minore quantità.


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lunedì 25 ottobre 2021

Ecologia facile 2 - Energia

dal web


E procediamo, cominciando ad esaminare la "facili" soluzioni che vengono proposte dagli ecologisti della domenica che hanno, non una, ma mille soluzioni semplici in tasca, che non si sa perché nessuno pensa bene di adottare immediatamente, se sono così semplici e convenienti da applicare. Intanto ricordo un altro assioma da mai dimenticare (uno al giorno leva il medico da torno). Qualunque provvedimento, azione, decisione o soluzione che presenti ad un primo esame grandi ed irrinunciabili vantaggi, produce anche reazioni e conseguenze, che vanno esaminate sempre prima di dare il via alle operazioni, calcolando bene, se gli eventuali svantaggi non rendano l'azione stessa più dannosa dei presunti vantaggi che si pensa di ricavarne. Nessuna azione è esente da reazioni, quindi bisogna sempre accertarsi, prima di cominciare, che il tacòn non sia pegio del buso. Ad esempio, se uno dice che l'energia prodotta con centrale atomica produce meno CO2 delle altre, dice una cosa vera apparentemente, ma il conto bisogna sempre farlo in maniera completa, dai dieci anni circa che ci vogliono per costruire la centrale, ai venti anni circa di esercizio e dai costi ecologici dello smantellamento e alle problematiche complessive del sistema, produzione dell'uranio, consumo di acqua, fino alla più importante di tutte, lo smaltimento delle scorie, cosa a cui al momento nessuno dà risposta, visto che non si è ancora trovata soluzione alle scorie di Trino Vercellese e di Caorso, centrali  smantellate ormai più di cinquanta anni fa. 

Inoltre bisogna anche dare risposta al problema di chi paga i costi di questa operazione a confronto delle centrali tradizionali. E i pannelli fotovoltaici, si considera solo il costo di esercizio (anche in termini di emissioni) o anche i problemi della loro costruzione (miniere di estrazione dei materiali necessari) e dello smantellamento dopo i 20/30 anni di esercizio? L'importante è che i conti bisogna farli bene e non accettare pedissequamente quello che apparentemente sembra così semplice ed evidente e magari è solo spinto da una lobby di parte che ha interessi specifici. Vi ricorderete sicuramente quando fu abolita la inquinantissima benzina al piombo per sostituirla con la benzina "verde", i cui composti aromatici sono alla fine molto più nocivi ed inquinanti della prima, ma tutti al momento la presero come una panacea assoluta e guai a chi diceva il contrario, nemico della natura e dell'ambiente. Certamente ricorderete la battaglia contro l'olio di palma, che a conti fatti, se vi prendete la briga di farli, è il grasso meno inquinante in assoluto nel suo complesso, necessitando di un settimo di suolo per essere prodotto, praticamente senza concimazioni, consumo di acqua e di presidi sanitari, se confrontato con i suoi concorrenti (olio di colza, di soya, di mais, di girasole), ma la lobby di questi produttori è fortissima in Europa e negli Stati Uniti e ha fatto credere a tutti lucciole per lanterne, solleticando i sentimenti più teneri, dagli oranghi alle foreste tropicali, poco importa se per produrre la stessa quantità di prodotto richiesto si debbono abbattere aree delle stesse foreste 7 volte più grandi.

Adesso invece è il gran momento della automobile elettrica. Chi si mette contro è un blasfemo antiecologista, come si fa a non capire che è la soluzione "verde" assoluta. Avrete notato che quando vuoi fare avere successo ad una idea devi sempre usare alcune parole chiave, verde è la principale, poi usate sempre sostenibile, biologico, biodiversità, naturale, saperi antichi e molte altre che non farete fatica a ricordare, perché le sparano a zero ogni giorno per propagandare qualunque prodotto che, costa un po' di più, capirà, ma è molto più sano, naturale e biologico quando non biodinamico per giunta. Tutte scemenze assolute che non vogliono dire assolutamente nulla se non sono supportate da sostanza vera, anzi nella maggior parte dei casi vengono usate solo per coprire la fuffa di un ecologismo inesistente o addirittura, a volte, dannoso all'ambiente. Dunque cominciamo a pensare che la miniera dell'elettricità non c'è e che per produrla è necessario partire in qualche caso da fonti cosiddette rinnovabili (ma che hanno anch'esse nella loro vita completa, produzione di scarti e inquinamento) oppure da tradizionali fonti fossili, carbone, petrolio, gas che prima devono essere trasformati in energia elettrica e successivamente in energia cinetica, con una perdita consistente ad ogni passaggio come insegnano bene nei corsi primari di chimica e fisica. Certo ci sarebbe un lieve miglioramento nell'aria delle città, pagato con un aumento notevole della produzione di CO2 e altri gas serra. 

Ma questo è l'attuale interesse delle aziende automobilistiche, un po' in affanno nella produzione tradizionale ed alle quali non par vero proporre di buttare via tutte le macchine circolanti per sostituirle con macchine elettriche e chi non lo farà sarà additato come nemico dell'ambiente da abbattere. Una cosa è certa, dato il previsto aumento della popolazione, pur con una curva meno ripida di prima e più li fai star bene e meno figli faranno, quando si dice di voler dimezzare, ad esempio, le emissioni di CO2 entro il ecc., nessuno vuole rendersi conto che entro il famoso ecc. i fabbisogni energetici sono destinati quantomeno a raddoppiarsi, dato che c'è almeno metà del mondo che, guarda caso, "pretende" di stare un po' meglio e di avere accesso a beni di consumo, non dico come il mondo occidentale, ma almeno la metà. Avete idea, se quella metà di mondo (India, Africa, sudest asiatico, sudamerica) riuscisse a mettere nel piatto la metà delle proteine di carne che ci mettiamo noi, di quanto dovrebbe aumentare la produzione di bovini, suini, polli e compagnia cantante e la produzione di tutte le altre derrate alimentari necessarie? O devono continuare a morire di fame perché voi avete caldo e non respirate bene. E qui si apre la discussione sul problema agricolo, che se non lo sapete è il più grande responsabile del global warming. Ma di questo, che è un altro argomento molto complesso e di cui se ne dicono di ogni, ne parliamo domani. 


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domenica 24 ottobre 2021

Facile parlare di ecologia

immagine dal web

 E' un mondo strano il nostro, ma forse è sempre stato così anche in passato e probabilmente lo sarà anche in futuro, a meno che, come spera il mio amico ufologo, non intervengano una buona volta gli ET a sistemare le cose. Tuttavia, tra gli sproloqui dei no-tutto, dei complottisti e di tutti quelli che in tasca hanno la magica e semplicissima ricetta per salvare il pianeta, non se ne può davvero più, per lo meno io non ne posso più. Pertanto ho deciso, tanto non ho voti da chiedere, cariche a cui aspirare e cose da vendere a parte i miei libri, di dire la mia, anche se controcorrente, sul problema dell'econaturalcarbonorganicnaturalogia, su cui tutti hanno verità certe ed inoppugnabili che solo i fessi, i furfanti e i pagati dalle multinazionali, non vedono. Sempre stato un ecologista della prima ora e assoluto amante della natura, ma da quando sento la marea di cazzate che monta come la panna, ribollo come la lava del Vesuvio in attesa di eruttare. La cosa che mi fa più dispiacere è il vedere come la montagna di fuffa, di menzogne, di mezze verità usate per provare inganni da chi ha pesanti interessi in gioco e su queste cose ci campa, abbia confuso e diciamolo pure ingannato un sacco di ragazzini, che fanno tenerezza per le loro certezze esibite, ma che alla fine saranno quelli che domani prenderanno le decisioni. 

Quindi non abbiatevene a male, ma voglio dire la mia su questo argomento dell'"ecologia", anche se temo che, data la sua complessità, non c'è mai niente di semplice purtroppo, come vorrebbe l'ascoltatore dei dibattiti, mi terrà occupato per molti post. Intanto cominciamo dal presupposto che bisognerebbe tenere separati argomenti che sembrano parte dello stesso problema e in parte lo sono, ma che a volte, nelle proposte soluzioni sono addirittura in contrasto tra di loro e mi riferisco al Riscaldamento globale (Global warming) e all'inquinamento in generale (Pollution). Il primo potrebbe avere una influenza potente su tutto il pianeta cambiandone i parametri di abitabilità, mentre il secondo è solamente un problema di parziale fastidio, che assente l'uomo, il pianeta assorbirebbe in pochi millenni. Cominciamo da alcuni assiomi, che bisogna dare per buoni, come si faceva nelle prime dimostrazioni dei teoremi geometrici. Innanzitutto bisogna farsi ragione che l'uomo, per il solo fatto di esistere, inquina l'ambiente che lo circonda, perché deve respirare, nutrirsi, proteggersi con vesti e abitazioni, riprodursi, spostarsi e avere, quasi unico tra gli altri viventi, attività ludiche, producendo scorie, che poco o tanto "inquinano" il pianeta deteriorandolo. 

Questo, dal canto suo ha per natura una cosiddetta capacità tampone che gli permette, fino ad un certo punto di assorbire senza modificarsi, queste scorie. Tuttavia superata una certa quantità, non ce la fa più e comincia ad accumularle. Probabilmente si calcola che questo potere tampone (ai ritmi attuali di produzione) non superi i 500 milioni di individui o forse meno. Quindi tu puoi ridurre, limitare, risparmiare quanto vuoi, ma il problema rimane irrisolto comunque, dato il numero troppo grande degli abitanti di questo pianeta, che in ogni caso è in continuo aumento e soprattutto in continua richiesta di crescita del fabbisogno di energia. Dobbiamo comprendere che, a parametri attuali, solamente un drastico calo della popolazione (epidemie potenti come nel passato, guerre totali, drastiche riduzioni della natalità imposte, ovviamente con tutto quello che ne consegue e quindi probabilisticamente quasi impossibili) risolverebbe il problema e probabilmente sarebbe pure insufficiente. Chi pensa che basti risparmiare (energia, cibo, movimenti, ecc.) non si rende conto che il fattibile, con grandissima fatica e a prezzo di sconvolgimenti economici potenti, sarebbe velocemente vanificato dal continuo crescere della popolazione, che tra poco sarà di 10 miliardi e dalla pretesa, forse per qualcuno dei "risparmisti" insensata che hanno tutte quelle genti, costituite da poveri o poverissimi, al momento marginali nel conto dei consumi, di arrivare ad una posizione di "benessere" quantomeno pari alla loro. 

Forse pensano che sarebbe ingiusto che i popoli dell'Africa aspirino ad avere un frigorifero per bere un bicchiere di acqua fresca o un condizionatore nella loro baracca, per meglio sopportare i 40°C? Pretesa eticamente ineccepibile, che porterà ad un rapido aumento, come minimo ad raddoppio della richiesta di energia in un paio di decenni, altro che riduzione. Nella parte Global warming, c'è poi anche un altro problema collaterale che potrebbe vanificare anche soluzioni validissime e risolutive, quando mai si escogitassero. E' certo che l'attività antropica influisca su questo fenomeno, tuttavia nessuno ha ancora potuto valutare con una certa precisione se questa provochi l'aumento del riscaldamento del pianeta per il 10% oppure per il 90%, dato che pretenderebbe la ricerca di una soluzione molto differente nei vari casi. Da queste prime osservazioni capite che la facilità con cui si blaterano soluzioni evidenti e chiare che solo i furfanti non capiscono, è un poco campata per aria e finché a spargerle nell'aere come nuovo verbo è una ragazzina manovrata da chi ha interesse a farlo, questo sì che è blablabla, è accettabile anche con una certa simpatia, ma quando si mettono a pontificare quelli che si dichiarano sapienti, lo è un po' meno. Domani adiamo avanti esaminando più da vicino le varie soluzioni che vengono date come inoppugnabili e semplici verità che solo la malevolenza velenosa dei cattivi, rifiuta.


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giovedì 21 ottobre 2021

Fattori alla GAM

Il muro bianco


 Anche oggi un piccolo consiglio a chi si interessa di manifestazioni artistiche. A Torino alla GAM, è stata aperta da pochi giorni una interessante mostra che presenta una sessantina di opere di Giovanni Fattori, il principale rappresentante dei macchiaioli. Nell'elenco sono presenti alcuni dei suoi capolavori assoluti come Gotine rosse, una delicatissima chicca, tra l'altro già visibile nello stesso luogo in quanto presente nelle collezioni del museo stesso e Il muro bianco (Di vedetta) che con quella parete luminosa e abbacinante che occupa la maggior parte dell'opera, dà conto di quanto i macchiaioli abbiano appreso dell'importanza della luce, dai colleghi impressionisti francesi. Vedendo questa serie impressionante di capolavori, che includono anche molte grandi opere come Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta, che lo fece conoscere al mondo e Le fanterie italiane alla Madonna della scoperta, senza escludere lo spettacolare Mercato di bestiame, apprezzerete sicuramente il valore assoluto di questo artista, certamente uno dei grandi della sua epoca, di certo capostipite di un movimento, quello della macchia, un po' trascurato dal panorama internazionale. Sono inoltre presenti molti dei suoi ritratti più famosi e due autoritratti che ne ricordano le capacità introspettive. Insomma una serie di lavori piuttosto completa che vi faranno apprezzare questo grande artista livornese e magari serviranno ad interrogarvi come mai le quotazioni dei macchiaioli sul mercato internazionale, siano meno di un decimo di quelle dei corrispondenti impressionisti, con i quali a mio parere hanno assolutamente pari dignità. E mi raccomando dedicate anche una quindicina di minuti a guardare il bel video che racconta bene la vita dell'artista, per chi non la conoscesse. 13 euri ben spesi. Attenzione che chiude alle 18.



martedì 19 ottobre 2021

La mostra di Carrà

Carrà - Lacerba e bottiglia, 1914

 Domenica mattina ho fatto un salto, passando davanti al nuovo monumento di Baleta per guardarlo senza il tripudio di folla di sabato, a vedere la mostra di Carrà che al Palatium Vetus è in esposizione da maggio. Alla faccia di chi dice che ad Alessandria non si fa mai niente. Interessante, una quarantina di opere esposte, alcune decisamente importanti come la maternità e il collage della bottiglia del 1914, una serie di lavori che illustrano, mi sembra, abbastanza bene, l'opera globale e i vari momenti artistici dell'autore alessandrino. A corona, come a circondare questa esposizione in un abbraccio mandrogno, una serie di altri artisti alessandrini, dei quali giustamente la Fondazione ha voluto mostrare pubblicamente le opere in suo possesso. Già che ero lì mi sono fatto un giro di ripasso per vedere il resto del palazzo con l'esposizione permanente, che ha comunque dei pezzi di valore, considerando che siamo in fondo, una piccola cittadina di provincia, fuori dei centri turistici, che hanno la possibilità, di tenere collezioni come questa negli scantinati, avendo molto di meglio da mostrare, siamo realistici. Ho dato un'occhiata anche alla piccola esposizione acoté, nel porticato del cortile, ricca di stampe e rari documenti riguardanti la battaglia di Marengo, tra cui molte chicche interessanti. Perdeteci una mezz'oretta esaminando editti e piante della battaglia. Oltretutto ho potuto usufruire dell'accompagnamento di una esaustiva visita guidata, eseguita per un solo fruitore, me stesso, dato che non c'erano altri visitatori, cosa che capita poche volte. Capisco che ormai dopo diversi mesi che la mostra è aperta, da maggio mi sembra, e ad Alessandria chi voleva è già venuto, tuttavia, l'ho vissuto come un piccolo privilegio, graditissimo. A chi non è ancora andato, ricordo che la mostra è stata prolungata fino al 5 Novembre, tutti i sabati e domeniche (9-13e 15-19). Ingresso gratuito. Già che c'è non perdetevela, non facciamoci riconoscere.


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sabato 16 ottobre 2021

Baleta 1929

Baleta 1929

Non avevo voglia di uscire questa mattina, anche se un bel sole autunnale e l'aria frizzante incitavano all'impresa; tuttavia c'era in città un appuntamento a cui non volevo mancare. Questa mattina infatti si inaugurava un monumento a ricordo dello storico bar alessandrino Baleta, offerto alla cittadinanza dalla famiglia. Sono passati trenta anni da quando Gino ha tirato giù la serranda per l'ultima voltaesembrava impossibile che mai accadesse, in quella porticina del vicolo Dell'Erba, seminascosta e quasi invisibile a quelli che venivano chiamati i "turisti", eppure a neanche dieci metri dal centro della città, quella piazzetta delle Lega, che ne è decisamente cuore e simbolo. Un locale che, come si dice spesso abusando di una frase fatta, ma è la pura verità, ha segnato un'epoca, aperto nel 1929, dal padre di Gino, Carlo, detto appunto Baleta e che ha rappresentato per generazioni di abitanti di questa città un modo di essere e di pensare, quella alessandrinità così ben raccontata tante volte da Eco. Ci abbiamo passato pomeriggi e sere interminabili in quelle sale, a parlare facendo i cosiddetti inutili discorsi da bar. Lo abbiamo detto tante volte, quel locale era una palestra di vita, una scuola reale, un addestramento al mondo; un club dove si veniva accolti con gradualità e senza fretta, per gradi. Da ragazzotto arrivavi in quella specie di ingresso passaggio dove c'erano i flipper, quasi sopportato e solo dopo alla sala biliardi dove fare la gavetta ascoltando i discorsi degli abitué, dove si imparava quella ironia sarcastica, spesso anche crudele che si dice propria di questa città. 

Solo dopo potevi accedere alle sale dove si giocava a carte, a scacchi a majong (credo unico locale del nord Italia) e sedere ai tavoli dove si chiacchierava, appunto le chiacchiere da bar oppure venivano narrate le storie epiche avvenute nel locale, gli scherzi sanguinosi, le prese in giro più crudeli, i fatti più strani avvenuti che ad ogni ripetizione si arricchivano di particolari sempre più esagerati. Nessun obbligo scritto, ma lo sentivi subito se eri fuori posto. I discorsi cambiavano, si facevano meno sciolti e liberi. Un locale, come ha ben ricordato Carlo Gemme dove o non resistevi cinque minuti o rimanevi legato per tutta la vita. Forse oggi qualcuno inorridirebbe dalla totale mancanza di politicamente corretto dei toni di quei tempi, anzi, parole che oggi farebbero inorridire qualunque benpensante venivano usate con leggerezza e senza enfasi, ma prive in effetti della valenza offensiva con cui verrebbero avvertite oggi. Sentire qualche pistolotto odierno su frasi pronunciate a sproposito su generi o discriminazioni varie, verrebbe tacciato da un'alzata di sopracciglio, al più da un: "ma lasla bùi" pronunciato a mezza bocca da Gino mentre asciugava distrattamente un bicchiere dietro al bancone. 

Certo che oggi in mezzo a quella folla, accidenti quanta gente c'era, avevi l'impressione di stare in mezzo ad un raduno di reduci, girando l'occhio attorno per cercare di riconoscere le facce che i decenni hanno cambiato e quelle che invece hanno mantenuto in pieno quei tratti che le contraddistinguevano, gli stessi nasi per esempio. E mentre i discorsi delle autorità cittadine, la giunta comunale al completo ha voluto pronunciare la necessaria sequenza di discorsi celebrativi, si svolgevano a ritmo sindacale, ti pareva di vedere l'occhio sorridente di Gino, nascosto tra la gente, che di certo, anche se commosso al vedere un suo disegno di cinquanta anni fa, diventato opera monumentale, avrebbe buttato lì qualche battuta corrosiva sull'evento, per lo meno al vederlo eretto al posto del originale vespasiano, che faceva utile prova di sé proprio dietro a quell'angolo. Tanta gente, qualche ciglio umido, qualche risatina trattenuta, tanta voglia di ricordare un passato tenuto al caldo nella tenerezza dei ricordi. Un ripescare battute, fatti, scherzi, risate che il tempo ha fatto diventare piccoli acquarelli della memoria. Tanta gente, tanti vecchi come come me, che si guardavano l'un l'altro, in cerca forse della loro gioventù, a ricordare quei tanti ancor più vecchi che ormai più non ci sono, forse ancora impegnati come allora in qualche luogo, assieme a Gino a discutere animatamente di quanto pesasse un'aquila, il dilemma irrisolvibile che rimarrà tale fino al giudizio universale.


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venerdì 15 ottobre 2021

XVIII giornata di istruzione dell'AMAP

Il parco e la villa di Borgo Cornalese

E' proprio vero, come vi ho raccontato ieri, che basta guardarsi attorno e si ha spesso l'opportunità di trovare proprio vicino a voi gemme di bellezza e punti di interesse come difficilmente si potrebbe immaginare. Lo so che è una banalità, ma in fondo ci si pensa e ci si crede poco, anche se si dice spesso. Questa realtà è un altro dei, forse pochi, ma comunque qualcosa c'è, residui buoni che ci lascerà questo benedetto virus il giorno che finalmente ci consentirà di vivere in pace. Così l'altro giorno, riprendendo le sempre piacevolissime giornate di istruzione dell'Associazione Museo dell'Agricoltura del Piemonte, siamo arrivati alla XVIII, che ci ha condotto ad assaporare due piccoli borghi della campagna alluvionale del Po a sud di Torino, Borgo Cornalese e Carignano. Il primo, decisamene sconosciuto ai più, a me sicuramente, alle porte di Villastellone, è di antichissima origine, pare fondata attorno al Mille durante le scorrerie degli Ungari e dei Bulgari, usata in seguito come pascolo dai monaci cistercensi e costituisce un esempio di borgo agricolo medioevale autosufficiente. Il complesso edilizio, inserito nel suo contesto agricolo, è rimasto praticamente inalterato così come si è sviluppato nel corso dei secoli ed ha mantenuto un buon rapporto con il territorio coltivato circostante. Il luogo è formato dal Borgo medievale, il Mulino sulla Gora di Borgo ( o Bealera dei Mulini), la Villa settecentesca con Parco cintato e fabbricati accessori, la Chiesa, la cascina settecentesca, il Cimitero. Proprio questa area ha ottenuto una certa notorietà recentemente, essendo stata utilizzata per una fortunata fiction televisiva di Rai 1, La strada di casa, che racconta la villa ed il parco circostante in tutto il suo splendore. 

Che bellezza scrutare all'interno di queste residenze antiche, tuttora abitate e quindi spiranti di vita vera. Gli arredi antichi conservati con la cura di chi ci abita, i giardini in cui traspare l'amore per la vita di campagna. Qui vive ancora l'antica famiglia Da Maistre, il padre, squisito incisore di elegantissime acqueforti naturalistiche, la figlia, disegnatrice e ritrattista di grande piacevolezza, che ci hanno aperto la loro casa mostrandocene segreti e scenari, entrambi eredi di quel De Maistre che qui scrisse il famoso Voyage au tour de ma chambre, 42 mirabili capitoli in cui l'autore, misurando i trentasei passi che misura la stanza in cui era stato confinato, descrive ogni oggetto presente ricollegandolo ad episodi della sua vita passata. Il romanzo è della fine del '700, scritto proprio da quel Xavier de Maistre che raccontava come il piacere del viaggio dipenda soprattutto dall'atteggiamento mentale con cui si parte che non dalla destinazione scelta, concetto che mi è molto caro e che in fondo, vivere il nostro ambiente quotidiano con lo spirito del viaggiatore, può avere lo stesso interesse del vivere le alte montagne o le giungle tropicali. Il parco è davvero imponente con querce secolari e prati verdi a perdita d'occhio, la balconata che dà sui campi circostanti ed i rustici, tutt'uno con il complesso. 

Certamente questa dimora, come tutte le altre simili, sono costantemente alle prese coi problemi di una manutenzione così costosa da renderla in alcuni casi impossibile da sostenere ed in questo caso, combinazioni come quella dell'utilizzo come location televisiva possono aiutare a risolvere tanti problemi pratici. Carignano, borgo più noto, poco lontano, presenta un centro storico molto omogeneo, fatto de portici bassi e scuri, con i grandi pilastri squadrati tipici di questa parte del Piemonte e molte antiche case, tra le quali spicca l'imponente chiesa, anomala anche questa per le dimensioni sproporzionate all'abitato e per la navata curva a semicerchio, una vera curiosità di grande interesse architettonico. Che piacere passeggiare per questi vicoli antichi quasi spopolati, dove ancora spirano atmosfere senza tempo alla ricerca della supposta casa del Gran Bastardo personaggio di spicco della storia locale! Per arrivare infine all'ultima chicca della giornata, appena fuori del paese, una chiesuola in mezzo alla campagna, dalle dimensioni minime ed esternamente anonima esternamente e che rivela invece all'interno una insospettata e complessa architettura nella progettazione della cupola che si innalza tra affreschi, volute, camere di luce, fino al pinnacolo centrale, opera del Vittone che aveva imparato molto dalla osservazione del lavoro del Bernini. Questo santuario del Valinotto, dono appunto alla vicina cascina, nel 1738, per i contadini ed il suo fondo, come recita l'atto costitutivo è davvero una gemma inattesa, contenete tra l'altro una pregevole Madonna del latte cinquecentesca, piccolo affresco di grande emozione. Che dirvi altro, se non che guardarsi attorno per scoprire piccole meraviglie può essere cosa di grandi soddisfazioni. 


La cupola del valinotto


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giovedì 14 ottobre 2021

Dolce Monferrato

Sala M.to

Che bella giornata autunnale, davvero piacevole per festeggiare una ricorrenza che mi è particolarmente cara, dato che, quanto è accaduto 49 anni fa, ha fatto sì che la mia intera vita avesse un senso. Queste cose vanno festeggiate, nei modi più o meno consoni alla tua sensibilità. Così stamattina, mentre ancora una leggera bruma avvolgeva la collina attorno alla mia città, ho seguito stradine di campagna, ricoperte di vigne ormai spoglie di grappoli, coi tralci che stanno ormai virando al rosso vivo, uno spettacolo a cui non si può resistere. Sali e scendi lungo sinuose linee aggirando colline dolci, mai alte o prepotenti, con casolari sparsi e minuscoli paesi che coronano i bricchi di coppi rossi che paiono mettersi in concorrenza con i boschi che le circondano. Così entri in paesi così piccoli da essere avvolti con uno sguardo, da carezzare con un solo sorriso, come la persona che ti sta accanto e che completa la tua soddisfazione. Olivola, col piccolo centro e le casupole di pietra gialla tufacea, i muri torti che disegnano vie antiche, le case che paiono senza vita, la chiesa sempre apparentemente sproporzionata all'importanza dell'abitato. il belvedere da cui traguardi Vignale, e Altavilla, Moncalvo, Casorzo e i tanti altri minuscoli borghi senza nome più lungi. Frassinello col piccolo castello al vertice, meglio villa di pietre antiche, dal cortile di acciottolato e le viti selvatiche che si arrampicano sui muri di mattoni. Fregi antichi, silenzi moderni, carichi della solitudine del nostro tempo. Solo qualche piccola gru qua e là, un chiacchiericcio di muratori rumeni, anche qui il 110 ha colpito come una insperata manna dal cielo, lavoro e opportunità per una economia esausta. 


Una collina più in là, al culmine di una strada erta, Moleto, che forse nei mesi estivi ha un rigurgito di vita, addirittura una parte tra le vecchie case inibita alle macchine nei mesi di punta, chissà che folla, forse anche ai cristiani nella persa stagione. Altri belvederi e piccole cappelle dalle minuscole absidi coronate di archetti, affacciate sulla valle. I filari a cavalcapoggio della malvasia scendono con curve leggere, fino a boschetti da cui si levano alte querce solitarie. Le grandi panchine che ormai costellano tutto questo Monferrato ritrovato, quasi improvvisamente risvegliatosi dopo aver scoperto la sua bellezza nobile e mai perduta, solo temporaneamente dimenticata forse, segnale comunque di un punto meritevole di sosta per traguardare altri panorami di quinte continue che si perdono all'orizzonte, dei più lontani dei quali avverti  solo più le punte dei campanili, spilli segnalatori su una pergamena antica e preziosa. Certo qualcuno arriverà di sicuro anche qui in estate, magari dalla perfida Albione, convinto che non ci siano colli più belli di questi, tanto che ci si è sentiti in dovere di mettere cartelli in inglese, perché non si indulga a dar cibo ai famosi orsi maggiori del Monferrato (dont feed the bears), poco citati nella vulgata in quanto non ancora in pericolo di estinzione. E ancora più in là Ottiglio coi suoi su e giù per vicoli ripidi e contorti fino alla balconata superiore e infine Sala Monferrato, un altro versante ancora per presentarti altri colli, altre vigne, altri acquarelli dalle tinte pastello che toccano tutte le varietà di gialli, ocre, rosati, verdi. Quasi nessuno in vista,rare le auto, un trattore lontano che segna un campo rivoltando una terra scura e umida. Due asinelli con lo sguardo interrogativo. Che piacere lasciare che lo sguardo vaghi a lungo, mentre la persona che più ti è cara, stringe il tuo braccio, ti lascia capire che anche per lei tutto questo merita di essere vissuto. Certo, per questa ricorrenza, sognavamo tre settimane in Polinesia. Magari il prossimo anno se il virus ce lo consentirà, dato che allora saranno 50.

Tanti auguri a noi Tiziana



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lunedì 11 ottobre 2021

Libri

L'ultimo libro pubblicato


Ho scoperto con orrore, controllando qua e là il mio blog, devo dire che sono proprio inadeguato a seguire queste cose tecniche, che i link che avevo messo sotto le copertine dei miei libri e che conducevano direttamente alla mia vetrina (che è questa) su Lulu.com (il mio editore) per chi avesse voluto procedere all'acquisto, non funzionavano affatto, anzi mandavano ad una pagina bianca con segnale di errore e page not found! Questo è l'atroce motivo per il quale quasi nessuno acquistava i miei libri on line!!!! E io che pensavo ad un disamoramento dei miei fedeli lettori ammirati e che so sempre interessatissimi alle mie Sguide di viaggio (ahahhahahahah)! Allora con un lavoro certosino, questa mattina, rinunciando ai mille impegni che avevo, ho provveduto a ripristinare tutto o quasi a seconda delle mie, come ho detto, scarse capacità informatiche e adesso chi volesse può con facilità procedere all'acquisto, cliccando sui link evidenziati in violetto. Se no andate sulla apposita pagina I miei 24 libri del blog stesso. Vi ricordo che Natale è ormai vicino e regalare un libro, meglio un libro di viaggio, vista la mancanza da Covid, meglio ancora un mio libro di viaggio è la soluzione ideale che fa felici grandi e piccini e naturalmente me. Grazie a tutti.


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Il terzo libro: Indocina

domenica 10 ottobre 2021

Haiku sognatore


 un bianco giglio

tra l'erba si offre nudo -

sfrontato o timido?


venerdì 8 ottobre 2021

Castagne d'India

foto dal web

Complice il tempo mi sono incarognito nel mio bozzolo, scivolando in una pigrizia preletargica. Lo avrete notato. Scarsa attività, soprattutto intellettiva che era già scarsissima precedentemente e, noto con un certo spavento, sempre di più. Certo, al momento della fine delle vacanze, la cosiddetta rentrée, come dicono i nostri cugini di oltralpe (ma avete visto come giocano al pallone? Saremo pure i campioni d'Europa, ma accidenti, che piacere guardare certe partite), impone di risolvere tutta una serie di compitini sgraditi ed oltremodo fastidiosi. Sicuramente è una palla mostruosa uscire, già svogliatamente perché devi risolvere una decina di commissioni e rientrare alla fine della mattinata, avendone concluse più o meno la metà e avendo fallito le rimanenti. Nei restanti casi ti sei scontrato o con la macchina burocratica o con gli orari o peggio con la dura constatazione che alcune cose non sono risolubili, almeno come le avevi pensate. Quindi il giorno dopo ricominci, altre delusioni, altri giri a vuoto, ma credo che in fondo questa sia la vita ed il suo sale e che si debba accettare così. Ecco perché in una spettacolare giornata di sole, l'aria frizzante e l'assenza completa di nubi che offuscassero i pensieri, ieri sono andato a rifare un salto sulle mie montagne, tanto per controllare l'andamento dei lavori che dovevano essere finiti verso la seconda metà di luglio. Campa cavallo. Ma non serve farsi il sangue amaro, meglio godere di quel pizzicorino sulla pelle che procurano i raggi solari, anche quando la temperatura è attorno ai dieci gradi e stare al sole, per un metereopata come me, è un misto tra il fastidio e il piacere, chissà se una sensazione simile a quella provocata ai seguaci del barone von Sacher-Masoch, che nello stesso nome ripropone questa dicotomia sincretica tra la dolcezza e l'amaritudine. 

Seduto quindi davanti ad una stupenda distesa di boschi che alternavano il verde cupo dei pini, ai gialli ed ai primi rossi vivaci di un foliage che si appresta ad avvolgere la mia valle, ho trovato a terra una minuscola castagna d'India, appena liberatasi dal riccio verde, che spiccava tra il selciato di pietre sconnesse attraversate da un rivolo d'acqua. La buccia marrone era ancora lucidissima, umida, non ancora appannata dall'esposizione all'atmosfera. La piccola tacca chiara superiore faceva l'occhiolino, come per attirare l'attenzione, come a dire, scegli me tra le tante compagne sparse a terra. Un grande ippocastano, padre evidentemente disinteressato all'avvenire delle sue tante figliole disperse qua e là, faceva stormire le sue fronde, lasciando una scia di foglie secche, anche loro inconsapevoli di avere terminato la loro funzione, polmoni avvizziti destinati alla inevitabile marcescenza. Mi è tornato subito alla mente il mio papà, quando mi portava, bambino piccolo, a passeggiare nei bei giardini della stazione. Si girolava sotto gli alberi, fermandosi un poco ad ammirare l'orologio di vasi di fiori o il busto di Andrea Vochieri, che la maestra ci aveva segnalato, una volta si faceva memoria di queste cose, poi, quando trovava a terra una castagna d'India, ma piccola, la più piccola possibile, lucida e fresca, appena caduta, la raccoglieva e dopo averla coccolata un po' se la metteva in tasca. Diceva che lo avrebbe protetto dal raffreddore per tutto l'inverno. Che idee strane, un tempo. Eppure, me lo ricordo benissimo, a mio papà non veniva mai il raffreddore o l'influenza. L'ho raccolta anch'io, la mia castagna e l'ho riposta nella tasca più segreta della mia giacchetta. Chissà, d'altra parte sempre di un coronavirus si tratta e, vaccino a parte, le precauzioni non sono mai troppe.


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Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 119 (a seconda dei calcoli) su 250!