Vermont - Preparando Halloween |
Vedo che oggi è halloween e quindi mi tocca come ogni anno sentire la tiritera consunta e insensata, di quelli che non è una festa della nostra tradizione, che chissà perché dobbiamo copiare gli americani, che io sono cristiano, con tutto il contorno del chiamarsi fuori, condito da orgogli senza costrutto, magari frettolosamente anche di un voler rimarcare appartenenze politiche che di questi tempi non guasta mai. Come chiunque sa, se ha voglia di informarsi, questo richiamo all'esorcizzare la morte è invece proprio di tutte le culture e proprio questa in particolare è proprio tradizionalmente nostra, subentrata a riti celtici e fatta propria dal cattolicesimo irlandese dove ha assunto questa forma passando poi all'America e traslata anche nel cattolicesimo latino con le feste gioiose e sguaiate de los muertos coi vari richiami a scheletrume vario che imperversa in tutta l'America latina. Da noi è dilagata anche nella cucina con i vari dolci dei morti, ossi di morto e altre prelibatezze e quando io ero bimbo, avrò avuto 5 o 6 anni, ricordo benissimo che mio zio, che portava il mio nome, mi regalava, oltre alla cassetta di cachi anche una zucca da intagliare coi denti aguzzi a cui mettere dentro la candela da esporre sulla finestra e stiamo parlando di 70anni fa, in barba alle zucche vuote odierne che con la bocca a cul di gallina proclamano a gran voce che io sono cristiano e non festeggio un bel niente. E suvvia, fate girare l'economia senza rompere le balle che ne abbiamo bisogno, dell'economia che giri intendo!
Riconosciamo però che l'uomo è così, ha paura della morte e vuole esorcizzarla, il modo varia ma il senso è sempre lo stesso in tutte le culture. Vai un po' in giro per il mondo e lo capisci bene. Dipenderà dal fatto che siamo forse l'unica specie che si prende cura dei suoi morti e che ha compreso cosa sia la morte in se stessa, l'abbandono della vita. Infatti la cosa che più concreta che ci è rimasta del passato è proprio l'epitomia della morte. Immense necropoli ci sono rimaste, tombe monumentali, scavi ipogei meravigliosamente affrescati, piramidi e mausolei, proprio nell'ansia di non farci dimenticare, di far sì che dopo, qualcuno si ricordi ancora di noi ed il più a lungo possibile. I Toraja, una popolazione del centro di Sulawesi di cui vi ho già parlato, vivono tutta la vita nell'ansia di prepararsi un funerale fastoso che dimostri a tutti che nella vita sei stato un grande, per quanti bufali e belli, per quanti maiali e grassi, tu potrai permetterti di sacrificare, invitando anche migliaia di persone a questa festa, che di festa si tratta, di cui si dovrà parlare per anni. Magari si aspetta un anno a farlo, fino a quando non si è pronti, col cadavere semimummificato in una stanza del retro, che si definisce ancora malato grave, anzi gravissimo che non può guarire più, ma morto no, c'è infatti una parola apposta per definirlo, fino a quando non si è fatta la festa. Poi davanti alle caverne dove verrà messa a marcire la bara colorata, si metterà una statua delle fattezze del defunto, da andare a trovare, cambiandogli i vestiti man mano che diventano consunti per le intemperie. Perché coi morti bisogna stare allegri.
Anche in Moldova, si va a fare il pastele, il pranzo coi morti su un tavolino appositamente preparato accanto alla tomba, così come in Giappone o in certe zone della Cina e nella vicina Romania a Sapinta c'è un cimitero dove sopra ogni tomba, la croce ha una targa dove il morto è preso in giro e raccontato in tutti i suoi difetti. In Madagascar, la bara viene portata in un anfratto segreto tra i monti, facendo una strada contorta e tutta curve, tornando avanti e indietro più volte perché così il morto perda la strada per tornare a casa a disturbare tutti e solo quando è morto davvero, dopo 7 anni, si va a prendere la bara per metterla, con una festa, in un cimitero di famiglia. Nel Chapas in Messico, le tombe nella terra sono verticali e le bare vengono messe tutte una sopra l'altra, un po' perché tengano meno posto e poi perché rimangano tra loro, si tengano compagnia e si va a festeggiarli appunto in questo giorno. Gli hinduisti invece bruciano le salme con legni odorosi se hanno i soldi, se no, nei crematori comuni, poi i resti vengono abbandonati alle acque dei fiumi sacri che li portino lontano, pasto per i pesci. Tibetani e parsi lasciano i corpi agli elementi naturali affinché gli uccelli o gli animali selvatici cibandosene, rimettano in circolo la natura, i primi dopo aver smembrato i cadaveri, i secondi esponendoli agli avvoltoi nelle alte torri del silenzio. I mussulmani mettono i corpi nella terra nuda perché più velocemente la terra stessa si riprenda ciò che è suo. Ma sia in India che in Egitto ci sono immensi cimiteri dove i vivi coabitano con i morti, vivendo tranquillamente nelle tombe, tenendosi compagnia. Gli uomini del mare li lasciano alle onde, quelli della montagna li mettono in piccoli cimiteri, presto coperti di neve a guardare quelle vette che sono state la loro vita. Ai simulacri, chi porta fiori, chi offerte, chi lascia messaggi d'amore, chi prega i suoi dei, chi si culla nei ricordi. Siamo esseri strani che sono certi di essere nel giusto, mentre tutti gli altri che non la pensano come noi sono solo nemici da sterminare.