mercoledì 6 luglio 2022

Ecologia e ghiacciai

dal web


 Oggi volevo ricominciare un poco delle mie relazioni di viaggio che trascuro da troppo tempo, ma qui gli eventi ti obbligano continuamente a cambiare rotta, visto che non si commenta altro e chi sono io per chiamarmi fuori dalla mia personale e certificata chiacchiera da bar? Dunque dato che le pagine del giornale sono piene, superati gli argomenti Covid (per altro in linea di ripartenza appena tutto il resto si sia smorzato) e il Donbass in stallo, come dopo ogni tragedia legata agli eventi naturali, ecco tutti i professori in pista, adesso si sono scomodati i glaciologi, ma temo che siano gli stessi di prima che hanno cambiato cartellino, come i metereologi che consigliano con questi caldi di vestirsi leggeri o gli economisti che ammoniscono, di questi tempi di stare attenti ai propri risparmi. Dunque a parte il cordoglio delle vittime, come diceva oggi bene una esperta alpinista himalayana, non stiamo a parlare di demenziali divieti o di avvertimenti imperiosi, queste sono solo belinate che servono agli americani per tutelarsi con le denunce assicurative. Chi vuol fare una attività rischiosa lo faccia a suo rischio e pericolo e non stia a chiedere i danni se un camoscio smuove una zolla e un sasso lo prende in testa. A seguito di tutto questo bailamme mediatico, ecco la sequela degli ammonimenti sul pianeta che ci dà l'ultimo avviso, anzi forse no è troppo tardi e Greta non prende più gli aerei (ma la barca alle fibre di carbonio sì) e tu, brutto schifoso, te ne freghi, neghi l'evidena e continui a mangiare prosciutto e melone, uno che consuma il mangime e l'altro tutta l'acqua della pianura padana, schifezza insensibile e negazionista. Qui, o si vuol far finta di non capire o non si ha proprio capito una fava e allora è inutile cercare di spiegarla, continuate pure ad andare in piazza con i cartelli che vedrete che serve a tanto. 

Se invece si vuole fare un discorso serio, bisogna partire dagli assiomi fondamentali. 1. L'uomo è una specie che per il solo fatto di esistere inquina. Respira, mangia, caga, si veste, si ripara, si sposta e per fare tutto questo inquina. 2. Questa attività incide sul clima, anche se nessuno è stato in grado di provare con precisione se lo fa per il 5% o per 95%. 3. Il pianeta ha un cosiddetto potere tampone in grado di assorbire questo inquinamento fino ad un certo limite che potrebbe essere di 200 milioni di persone che inquinano come gli americani o 2 miliardi che inquinino come gli africani. I numeri potrebbero essere differenti ma questo è il concetto. In ogni caso non può assorbire l'inquinamento ai tassi attuali di 8 miliardi di persone. 4. Il genere umano per vivere e moltiplicarsi come i conigli ha scoperto di poterlo fare solo attraverso il metodo più contro natura esistente, l'agricoltura e l'allevamento. Quindi a mio parere non ci sono soluzioni praticabili neppure in linea teorica per mettere argine a tutto questo, anzi è molto probabile che la corsa, non solo non si arresti ma proceda in maniera sempre più tumultuosa in quanto è presumibile che il quasi miliardo di persone che ancora soffrono la fame e il paio di miliardi che sono nella cosiddetta fascia povera, ambiscano (cosa eticamente non contestabile) a raggiungere i consumi dell'altra parte dell'umanità. Inoltre una direzione di "decrescita felice", oltre al fatto che dovrebbe essere accettata da tutti gli stati, da tutti i regimi e da tutte le persone, cosa manifestamente impossibile, agirebbe comunque solamente in direzione di rallentare, di posporre il problema un po' più in là, effetto che si annulla rapidamente per il fatto che la popolazione raddoppierà entro la fine del secolo, raddoppiando come minimo la richiesta di energia e di consumo. 

Non ci sono soluzioni dunque? Io penso di no, comunque di certo non quelle semplicistiche, risparmio, buon senso, riduzione di consumi, o peggio quelle che addirittura operano in senso contrario come il grande appeal delle auto elettriche o di una agricoltura/allevamento estensivo o "tradizionale" che come minimo raddoppierebbe o quadruplicherebbe il consumo di terreni. Solo soluzioni drastiche non dipendenti (almeno spero) dalla nostra volontà, epidemie catastrofiche, guerre nucleari, l'invio di miliardi di persone su altri pianeti o altro, che riducano l'umanità a un decimo o poco più potrebbero riportare la nostra produzione di scorie a livelli sopportabili per il pianeta. Diversamente nulla può essere ragionevolmente fatto per risolvere questo problema. Al massimo, ma solo per posticipare di un po', sperando di resistere fino all'utilizzo di tecnologie davvero innovative come la fusione nucleare su larga scala, si potrebbe tentare di impiantare almeno un centinaio di trilioni di alberi a rapido accrescimento, incrementare al massimo con la ricerca, la produzione di derrate alimentari, attraverso OGM, agricoltura e allevamento molto più intensivi di oggi e ad alto contenuto tecnologico, con riduzione delle lavorazioni tradizionali del suolo e pesticidi sempre meno invasivi e mirati, diminuendo anche un po' (non certo eliminando) i consumi di carne, cosa che tuttavia verrebbe rapidamente compensata da quei popoli che aspirano a nutrirsi in modo regolare e continuativo invece di morire di fame. Tuttavia insisto che questo, aanche se quasi inutile, dovrebbe essere fatto dalla totalità delle nazioni, nessuna esclusa e se questo vi sembra possibile, auguri. Quindi rassegnatevi e tranquilli, la nostra specie è tignosa al massimo e non scomparirà per così poco. Saprà adattarsi alle nuove situazioni, che per noi sarebbero insopportabili e tra una decina di generazioni, dopo sconvolgimenti e crisi inenarrabili, conflitti mostruosi, sofferenze indicibili, si ritroveranno a campare a 50°C su dune sahariane o in grotte profonde, lamentandosi che l'inverno sia un po' troppo freddo.


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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bravo Bo, mi è piaciuto molto il racconto, ben scritto, con quel poco di ironia che non guasta e che non ti manca mai. Un racconto importante e piacevole leggerlo.👌👍👋

Enrico Bo ha detto...

faccio quello che posso anche se mi girano gli zebedei.

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